Dopo il nostro intervento l'11 dicembre alla Fca Sata di Melfi – prima tappa della marcia delle lavoratrici del Movimento femminista proletario rivoluzionario – una studentessa ci ha scritto:
“...Sto portando avanti delle ricerche per la mia tesi di laurea sulla Fca di Melfi, su come la riorganizzazione del processo produttivo tramite introduzione del Wcm ed Ergo Uas abbia influito sulle condizioni di lavoro. Se le aspettative di miglioramento della qualità del lavoro e dell'ergonomia delle postazioni nonché il paventato coinvolgimento dell'operaio fiero di dare un suo attivo contributo, abbiano avuto risultato, riscontro nella realtà o siano solo il risultato di un'ampia pubblicistica manageriale atta ad occultare un'intensificazione dello sfruttamento.
Vorrei capire cosa accade davvero in fabbrica, secondo la letteratura manageriale, ogni gerarchia dovrebbe essere annullata...
Ovviamente da altri riscontri si deduce l'esatto contrario. Sto cercando di capire di più.
So che l'11 vi siete incontrate a Melfi con le operaie Fca. Vorrei chiedervi se possibile quali sono le criticità più dibattute, i malumori.
Mi hanno detto operaie di Melfi che puntate molto su una protesta da far partire proprio da Melfi, come stabilimento simbolo, ma perchè più sotto i riflettori, giusto, dato che è l'unico a ciclo continuo?...”
Cerchiamo di rispondere sinteticamente, anche se c'è molto da dire.
In generale alla Fca-Sata di Melfi si costruisce una fabbrica in cui conta solo il padrone e il suo profitto, e gli operai vengono quasi obbligati a privarsi di diritti e libertà sindacali che non siano compatibili con i piani e gli interessi di Marchionne. Turnazioni, salari, condizioni di lavoro e sicurezza vengono stabiliti nell'esclusivo interesse del mercato e per estrarre il massimo profitto.
Dignità e condizioni dei lavoratori non contano nulla.
Una fabbrica in cui gli operai e le operaie si devono sentire 'fortunati e felici' di lavorare perchè i profitti del padrone vadano bene.
Una fabbrica la cui l'organizzazione del lavoro Ergo-Uas, WCM, ha lo scopo di estorcere il massimo sfruttamento e la riduzione dell'operaio a un'appendice della macchina produttiva.
Una fabbrica laboratorio delle leggi del Jobs act del governo Renzi, per trasformarla nella fabbrica modello dei licenziamenti individuali e collettivi senza articolo 18.
Una fabbrica in cui in cambio di assunzioni precarie si afferma un lavoro senza diritti, stabilità e sicurezza per tutti. Una fabbrica in cui i giovani sono assunti come carne fresca da sfruttare a minimi costi.
Una fabbrica in cui le donne operaie sperimentano l'unica “parità” che i capitalisti sono in grado di dare, quella di essere ugualmente sfruttate ma doppiamente penalizzate come operaie e come donne, nel corpo, nella dignità, nelle condizioni di lavoro e di vita.
Una fabbrica in cui gli scioperi sono “disciplinati” dall'azienda. Lo sciopero può essere indetto solo se approvato dalla maggioranza dei delegati di fabbrica. A chi non la rispetta si sospendono pro tempore i diritti sindacali.
Una fabbrica in cui di fatto è vanificata la contrattazione aziendale, perchè c'è “la possibilità automatica, laddove ce ne fosse bisogno, di aumentare o cambiare i turni settimanali senza alcuna contrattazione. Quindi l'azienda potrà manovrare meglio sulla contrattazione individuale anche del singolo dipendente. Si dice: “In fabbrica ci sarà meno gerarchia”, ma questo vuol dire solo che la gerarchia è una sola, quella di Marchionne.
Quindi, alle tue domande: “Se le aspettative di miglioramento della qualità del lavoro e dell'ergonomia delle postazioni, nonché il paventato coinvolgimento dell'operaio fiero di dare un suo attivo contributo, abbiano avuto risultato, riscontro nella realtà o siano solo il risultato di un'ampia pubblicistica manageriale atta ad occultare un'intensificazione dello sfruttamento”, la risposta è decisamente NO per la prima, e SI per la seconda: c'è una intensificazione scientifica dello sfruttamento degli operaie e delle operaie!
Il Sistema Ergo Uas e WCM (vedi approfondimento a fine articolo) è fino in fondo oggi scienza del capitale. Apparentemente presentata asettica, volta anzi a mettere in relazione il lavoro con il rispetto delle possibilità del corpo dell'operaio, quindi una disciplina che studierebbe una migliore integrazione tra lavoro umano, macchina e ambiente di lavoro, finalizzata, quindi, al maggior rendimento del lavoro stesso e al rispetto dell'operaio; in realtà essa è finalizzata unicamente ad analizzare ogni parte del corpo, quasi ogni muscolo, ogni nervo, ogni movimento delle braccia, delle gambe, del torace, ecc., sia singolarmente che nelle loro relazioni, per spremere da essi il massimo di utilizzo, di sfruttamento, per raggiungere il limite massimo, per spingerlo all'estremo...
Quindi, si potrebbe dire, il massimo sviluppo delle forze produttive corrisponde nel sistema del capitale al massimo uso dell'operaio come appendice delle macchine; si può dire che alla massima divisione del lavoro corrisponde una massima divisione dello stesso operaio.
La condizione degli operai della Sata già pesante anni fa con il sistema del TMC, sta diventando sempre più dura.
La questione pesantissima delle pause, dei turni ne è l'esempio più chiaro.
Gli operai sono soprattutto stanchi fisicamente. Alle ridotte pause (in cui non c'è tempo neanche per andare nei bagni, perchè posti anche lontano), si aggiunge l'intensità del lavoro (nel reparto verniciatura si è passati da 170 pezzi a più di 500 pezzi), la pretesa del lavoro anche nel pomeriggio della domenica, ecc. Dopo alcune ore di lavoro – dicono gli operai - ci si sente già esauriti.
Per le operaie gli effetti sono più pesanti, più complessi e più generali (vedi inchiesta a fine articolo)
A Melfi si sta sperimentando la fabbrica sempre in produzione. Gli operai sono la carne per farla andare, per quattro soldi, a ritmi impossibili, lavorando sempre, vivendo per lavorare, senza più riposi di sabato e domenica, le turnazioni sono programmate in modo tale da utilizzare consecutivamente la forza lavoro senza soluzione di continuità e gli operai avranno riposi infrasettimanali di due giorni durante l’arco della settimana, arrivando ad avere in alcuni casi un solo un giorno tra un turno e l’altro.
Nel nuovo sistema retributivo anche il salario viene sempre più calcolato sulla base dell'efficienza produttiva dello stabilimento, parametrato all'indice raggiunto del sistema Wcm.
E' una sorta di neo automatismo salariale realizzato direttamente dall'azienda, che oscilla tra un valore medio del 5% del salario base e, in caso di over performance, e un massimo del 7,2%. Sostanzialmente una sorta di “scala mobile” di efficienza e produttività e Wcm, a totale misura degli obiettivi e degli interessi dell'azienda.
La campagna, quasi ideologica, portata avanti da Marchionne tra gli operai e soprattutto tra le operaie che stanno da anni e anni, e dove “il più sano” ha quanto meno una tendinite, ecc., non sta, nella maggioranza degli operai, ottenendo i risultati di coinvolgimento voluti dall'azienda. Timore, paura, sì, c'è; a volte speranza (ma nel momento in cui lo dicono già sembra che neanche loro ci credano) che questa intensificazione del lavoro, questa fatica duri solo per un certo periodo, finchè Marchionne raggiunga i suoi obiettivi economici, e che dopo finisca; c'è a volte rassegnazione. Ma in generale si tratta di una rassegnazione rabbiosa, del tipo: "Ma è possibile che...".
Tra i giovani, dopo le prime illusioni, ora molti vorrebbero andarsene. Non ce la fanno. Si confidano di nascosto con gli operai e operaie “anziani”. Molti hanno iniziato con entusiasmo, altri con rassegnazione: ma ora anche loro fanno i conti con la fatica e non sono pochi quelli che hanno già abbandonato la fabbrica. E cominciano a voler capire come è veramente la situazione.
Potremmo dire che gli operai si vanno dividendo in tre fasce, una “destra”, minoritaria nei fatti, che segue i sindacati di Marchionne e affida al padrone, ad essi e a Renzi il futuro del proprio lavoro e della propria vita; un centro rappresentato da operai che non sono d'accordo con quello che succede, non si uniscono ai sindacalisti partecipativi (come dicono loro stessi), sentono tutto il peso dello sfruttamento e della dittatura che esiste in fabbrica ma non hanno ancora la forza di ribellarsi e soprattutto non vedono come farlo; e una sinistra che denuncia la situazione e cercano di ribellarsi – questo, come si vede, soprattutto le operaie.
Per questo, noi diciamo che le operaie possono essere il “tallone di Achille” di Marchionne.
Per questo vogliamo che parta dalle operaie della Fca Sata il nuovo sciopero delle donne. Che non è una “protesta”, ma molto di più.
Proprio dalla condizione delle operaie di Melfi – ma anche dalla condizione delle lavoratrici più sfruttate, discriminate e oppresse negli altri settori, vedi le braccianti donne sono colpite, non solo in alcuni aspetti della loro vita, ma a 360° gradi! Non ne possiamo più! E hanno non una ma mille catene da spezzare.
Quindi, uno "sciopero delle donne", costruendo dal basso una nuova piattaforma contro padroni e governo, contro i doppi attacchi che le lavoratrici sia come classe che come donne; e in cui le operaie, le lavoratrici più sfruttate e oppresse prendono in mano la loro condizione, siano le protagoniste, non solo le partecipanti della lotta sindacale. In questo modo lo sciopero delle donne diventa anche una rottura nell'andazzo del movimento sindacale, e pone anche tra gli operai la necessità di un cambiamento.
Uno sciopero delle donne visto come una marcia, che abbia una sua prima realizzazione intorno all'8 marzo, ma che vada avanti e si estenda, trasformando ogni scintilla in nuovi fuochi, uno sciopero a "macchia di leopardo", che colleghi via via i vari fuochi e rafforzi nelle iniziative la rete diretta tra le varie realtà delle lavoratrici.