Salutiamo con gioia la delegazione
internazionale di donne andata in Rojava il 25 novembre e riportiamo il loro
comunicato.
In esso e nella
conoscenza diretta la delegazione parla che questa rivoluzione in corso in
Rojava "sta realizzando nella pratica un'elaborazione teorica molto
avanzata di messa in discussione in modo profondo di tutte le forme di
oppressione di genere, di classe, provenienza culturale ed etnica...".
Questa elaborazione,
come è scritto nel testo "Interventosulle posizioni di Ocalan/PKK su donne-lotta al maschilismo e strategia”, fatto
da una compagna del mfpr e del PCm Italia,
mostra "...il legame organico, molto evidenziato dalle compagne curde,
tra movimento/organizzazione delle donne e Partito, in cui l'organizzazione
delle donne è frutto dell'applicazione della linea, strategia, concezione di
partito di cui le compagne sono parte determinante...".
Questa
elaborazione è importante e va analizzata, anche perchè come dicono le donne
nel comunicato:"La resistenza delle
donne è una lotta per la libertà delle donne kurde, arabe, siriane e di tutte le donne del mondo. È una
lotta per la dignità e l'umanità".
Per questo il
testo “Intervento...” l'ha analizzata, mettendo in evidenza, proprio nel
rispetto e nella chiarezza che vi deve essere tra forze rivoluzionarie, sia ciò
che viene condiviso sia quelle teorie che invece vengono criticate.
Invitiamo,
pertanto, per chi non l'avesse fatto, a leggere questo testo, pubblicato in
questo blog e ripreso dal sito UIKI (Ufficio di Informazione del Kurdistan in
Italia).
Comunicato
della delegazione internazionale di donne in Rojava per il 25 novembre 2014
Siamo appena
tornate dal Rojava, la regione liberata del Kurdistan nel nord della Siria, e
vogliamo innanzitutto dirvi che
le donne e gli uomini hanno fatto e stanno facendo la rivoluzione femminista.
Le donne hanno assunto un ruolo centrale nella costruzione della nuova società
democratica radicale, che è basata sulla liberazione delle donne e sulla
costruzione di nuovi soggetti liberi. Questa rivoluzione sta realizzando nella
pratica un’elaborazione teorica molto avanzata di messa in discussione in modo profondo tutte le forme
di oppressione di genere, classe, provenienza culturale ed etnica,
in collegamento con un’analisi radicale degli ultimi 5000 anni di civiltà e di
storia delle donne e con una prospettiva di autorganizzazione contro gli
interessi del potere colonialista, imperialista e guerrafondaio.
La delegazione di
donne è nata per iniziativa dal movimento delle donne kurde in Europa, in
collaborazione con il movimento femminista autorganizzato. In 7 donne, femministe e lesbiche, da Italia, Germania, Austria e
Francia, di età compresa tra i 25 ed i 75 anni, siamo andate in Kurdistan
irakeno e in Rojava, dal 22 al 29 novembre.
Mentre in Europa
le donne sono scese in piazza in molte città per il 25 novembre - giornata internazionale di lotta
contro la violenza maschile sulle donne - abbiamo voluto portare la nostra solidarietà concreta alla
rivoluzione delle donne in Rojava e alla resistenza di Kobane.
Abbiamo anche portato i messaggi di solidarietà al movimento delle donne in
Rojava da parte di 12 organizzazioni di donne e gruppi femministi.
La delegazione
di donne è stata bloccata per due giorni al confine da parte del governo
regionale kurdo nel nord dell’Iraq.
In Rojava il
movimento delle donne ha organizzato per il 24 novembre un congresso in cui
hanno partecipato circa 300 donne e il 25
novembre ci sono state manifestazioni di donne in tutte le città dei tre
cantoni. Il nostro scopo, come delegazione di donne, è stato
quello di incontrare le donne e conoscere le strutture delle organizzazioni
delle donne e capire le loro analisi, richieste e prospettive.
Siamo andate in
Rojava con la consapevolezza che nelle
guerre in Medio Oriente e contro la libertà del movimento kurdo sono
coinvolti gli interessi del potere politico ed economico dell'Ue,che
traggono vantaggi dalla guerra,
dall'esportazione di armi e dallo sfruttamento del petrolio.
Siamo andate sapendo che nei mass-media europei le
donne kurde combattenti nella resistenza armata sono fatto oggetto dello
sguardo sessista, piuttosto che come soggetti in lotta per la
democrazia radicale, basata sulla liberazione delle donne.
La resistenza delle donne è
una lotta per la libertà delle donne kurde, arabe, siriane e di tutte le donne
del mondo. È una lotta per la dignità e l'umanità. Le donne combattono al fronte, come forza
armata indipendente, contro Daesh/Is, e combattono
contro il sistema patriarcale all’interno delle strutture
tradizionali delle società kurda, yazida e siriana, così come nelle strutture
patriarcali moderne che esistono in Siria e in Europa. La loro resistenza sfida
radicalmente e profondamente il razzismo e l'eurocentrismo.
Grazie
all'impegno di una di noi, partecipante alla delegazione come avvocata per i
diritti delle donne e per i diritti umani, a Erbil/Hawler, capitale del governo
regionale autonomo del Kurdistan nel nord dell’Iraq, abbiamo incontrato un
rappresentante della comunità yazida e una donna yazida fuggita dalla prigionia
del Daesh/Is. Dalle prime indagini risulta che sono scomparse tra le 2 e le 7 mila donne e ragazze yazida, mentre 305
donne sono riuscite a fuggire dalla prigionia di Daesh/Is e dalla schiavitù
sessuale. La loro liberazione e la loro fuga sono parte della
resistenza nella regione.
Il primo giorno
in Rojava abbiamo visitato il campo rifugiati Newroz, in cui vivono 5-6 mila
yazidi. Il campo ha una struttura autorganizzata, ma mancano alcuni beni di
prima necessità, per esempio stufe per le tende, visto che l’inverno sta
arrivando, e macchine da cucire per aggiustare i vestiti. Molti generi di
soccorso e soldi promessi dall'Europa e dall’Onu non sono mai arrivati al
campo.
Negli altri
quattro giorni, in collaborazione con una rappresentante del movimento delle
donne, abbiamo visitato varie strutture
del movimento delle donne. Tutte le donne che abbiamo
incontrato si definiscono femministe. Abbiamo incontrato le rappresentanti di
Yakadiya Star, le lavoratrici di una cooperativa tessile di donne, le compagne
di una delle Case delle donne NPZJ (Navenda Perwerde û Zaniksta Jin), che sono
state costruite in ogni distretto, l'organizzazione delle donne Sara contro la
violenza maschile sulle donne, le rappresentanti dell'Accademia delle donne
Star e dell'Accademia di giurisprudenza per la democrazia e la libertà, le
donne della prima università in lingua kurda, una unità di Asayisa Jiné (le
forze di sicurezza di donne nella società) e una unità delle YPJ (Unità di
protezione delle donne). Tutte le rappresentanti, attiviste e combattenti non
prendono soldi per il loro lavoro e ricevono ciò di cui hanno bisogno dalle
strutture collettive.
Abbiamo visto la
decostruzione dei ruoli di genere
e la costruzione della nuova
società femminista, con le sue ripercussioni nelle case, nelle
relazioni, nel modo di reagire alle violenze, negli atteggiamenti degli uomini,
nell’assunzione cosciente dei ruoli di potere affinché non diventino di
prevaricazione, nelle strutture organizzative sociali che permettono di
prendere coscienza, studiare, riconoscere, reagire, inventare...
Siamo state
ospiti delle famiglie e abbiamo vissuto con loro la vita quotidiana,
comunicando con gesti e risate, parlando del lavoro quotidiano, dei cambiamenti
nella vita quotidiana delle donne e delle storie di carcere e di resistenza.
Siamo molto
impressionate e commosse dagli incontri e ringraziamo tutte le compagne che abbiamo incontrato per il loro impegno
e ospitalità.
La rivoluzione delle donne
è possibile.
Il movimento
delle donne in Europa si deve impegnare nella solidarietà con il Rojava e per
sviluppare la lotta comune per la rivoluzione sociale basata sulla liberazione
delle donne.
Le donne in Rojava stanno facendo la loro parte, adesso tocca a noi.
Jin jiyan azadî (le donne vivono in libertà)
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