Su proletari comunisti l'intervista completa, fatta durante un campeggio quest'estate:
Turchia - Kurdistan.. Irak ..Intervista a Pinar Aydinlar, artista e
militante comunista rivoluzionaria
pc – Nella riunione di
'Donna Nuova' che ho seguito e a cui ho portato il saluto
delle nostre compagne, ti ho sentito proporre una campagna
internazionale a sostegno delle combattenti curde della
regione di Rojawa/Kobane. Una lotta di cui nel nostro paese si
sa poco. Potresti parlarmi meglio di questa lotta?
Pinar – A Rojawa c’è una
guerriglia di liberazione nazionale che va avanti da molto tempo
e che negli ultimi mesi sta vivendo una situazione molto
difficile, sotto attacco congiunto delle forze dell’ISIS e degli
altri eserciti che combattono nel Kurdistan siriano. Ma,
rispetto ad altre guerriglie e lotte rivoluzionarie di
liberazione nazionale, la particolarità di questa lotta è il
ruolo importante che vi giocano le donne rivoluzionarie curde.
Donne che hanno rifiutato il ruolo
subordinato, gli affetti familiari, per prendere le armi e
combattere. E, cosa più importante, nessuna di loro si è mai
arresa. Io, nel mio piccolo mi sento vicina a loro. Anche io ho
scelto di essere qui, in questo campeggio a fare il mio lavoro
di attivista culturale rivoluzionaria, invece di prendermi cura
dei gemellini che ho avuto da poco, e sento di dover fare di più
per queste rivoluzionarie, per questo voglio impegnarmi in una
campagna internazionale a loro sostegno.
È una lotta antimperialista.
L’imperialismo si oppone da sempre all’autonomia del popolo
curdo nella regione e, soprattutto, perché sa bene che questo
movimento è diverso dagli altri movimenti autonomisti, proprio
grazie al ruolo in esso delle donne rivoluzionarie.
Quando son stata a Kobane, la regione
turca al confine con Rojawa, ho conosciuto una situazione
durissima e difficilissima, fatta di guerra, stupri, massacri di
bambini, ma ho visto anche come a questo 300 compagne
rivoluzionarie curde hanno fatto la scelta di attraversare la
frontiera per unirsi alla guerriglia di Rojawa.
Nei prossimi giorni Partizan lancerà
ufficialmente un appello internazionale per una campagna e una
delegazione che vada a Kobane per realizzare un progetto
concreto di solidarietà. Ma anche prima dell’appello, già ora è
importante chiamare tutti a prendere posizione e realizzare
iniziative di solidarietà. Sono lieta e ti ringrazio
dell’opportunità che mi dai di comunicare alle compagne in
Italia l’importanza di questa lotta, l’importanza di questa
campagne.
Questa non è certo una campagna solo
“delle donne”, ma, proprio per il ruolo che in essa vi svolgono
le donne assume un grande valore per tutti i rivoluzionari, i
comunisti, gli antimperialisti e, allo stesso tempo, chiama
tutte le rivoluzionare a assumere l’iniziative e avere un ruolo
in prima linea a sostegno di questa lotta antimperialista.
In questi giorni mi hai parlato della
campagna fatta dalle compagne in Italia con il popolo di Gaza.
Ho visto i vostri manifesti contro che chiedono di far pagare ai
sionisti il sangue e le lacrime di donne e bambini palestinesi.
Anche a per Rojawa vale lo stesso discorso, anche lì donne e
bambini sono le prime vittime della guerra e dell’ideologia
dell’ISIS, ma, molto più che a Gaza, le donne di Rojawa non sono
solo le prime vittime, sono le prime combattenti.
Come a Gaza, riguardo ad Hamas, non
contano le differenze che abbiamo con la direzione di questa
lotta, che a Rojawa è dei peshmerga dell’YPG. Per noi conta che
è una lotta di liberazione di un popolo che l’imperialismo vuole
sottomesso e, soprattutto, che il ruolo in essa delle donne
rivoluzionarie ne fa una lotta per la liberazione sociale, non
solo nazionale.
Le donne che lasciano le case per
combattere non lottano solo per l’autodeterminazione del loro
popolo, lottano per la loro stessa liberazione.
Esse chiedono alle donne di non stare a
casa, di prendere le armi e questo la rende una lotta
rivoluzionaria. E se si guarda alla condizione delle donne nel
resto del Medio Oriente e alla loro posizione all’interno della
lotte che si sviluppano nella regione, risalta ancora di più
l’importanza di questa lotta, che è una “rivoluzione di donne”
potremmo dire.
Quanto a me è parte del mio lavoro di
artista rivoluzionaria dare voce come posso a queste
combattenti, e pagarne il prezzo, se occorre".
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