Pubblichiamo la traduzione (a cura di Sguardi Sui Generis) di un articolo di Alex Shams comparso oggi su maannews.net che riprende la questione (già approfondita qui)
del ruolo della violenta retorica contro le donne palestinesi emersa
all’interno della più vasta offensiva israeliana contro Gaza.
[IMG:
Una donna che indossa solo una bandiera israeliana durante una
manifestazione di fronte alla Nazioni Unite 28 Luglio 2014 a New York.
(AFP/ Stan Honda)]
Mentre le bombe cadevano su Gaza nelle
ultime quattro settimane, un'altra guerra era in corso, con in palio i
cuori e le menti del pubblico globale.
Anche se meno letale,
questa guerra di parole offre uno sguardo eloquente sui cambiamenti in
corso tra gli intellettuali mainstream israeliani e sionisti, rivelando
che ciò che gli esperti sostengono è una visione del mondo sionista
sempre più violentemente razzista e sessista.
Diana Buttu,
avvocato palestinese ed ex membro del gruppo di negoziatori dell'Olp, ha
detto a Ma'an che, da quando è iniziato l'assalto israeliano, è stata
sommersa da centinaia di e-mail cariche di odio e minacce violente.
Anche se lei è "abituata" a ricevere odio per posta, ha detto che il
tono e la quantità era "senza precedenti".
"In passato ricevevo
messaggi in cui mi chiamavano pazza o fuori di testa, ma ora dicono cose
come 'dobbiamo uccidere tutta la feccia musulmana', senza scordare i
gruppi organizzati di israeliani che inviano regolarmente messaggi di
posta elettronica per insultarmi."
Ha detto che ogni singola mail
delle centinaia che ha ricevuto in questi ultimi giorni ha usato sia un
linguaggio razzista che sessista - comprese le minacce di stupro -
praticamente nessuna ha espresso un dissenso educato o argomenti
sostanziali.
Buttu ha detto a Ma'an in un'intervista Skype che lei
pensa che il cambiamento di linguaggio e l'aumento della violenza
sessualmente espressa, come metafora della guerra, è indicativa delle
tendenze più ampie del pubblico israeliano.
"Quando si ha un primo
ministro che definisce la persone che hanno ucciso i tre coloni
israeliani ‘animali umani’, o come Ayelet Sheked (membro della Knesset)
che chiama le persone ‘serpenti’ che devono essere ‘sterminati' ...
Questo si riflette nel livello dei commenti e delle lettere di odio che
riceviamo."
Buttu sostiene che, dal momento che la propaganda del
governo israeliano ha sempre dipinto la causa palestinese come una
"costola" di Boko Haram, ISIS, Fratelli Musulmani, e "praticamente di
tutto ciò che di male sta accadendo nel mondo," l'idea che la "lotta
palestinese sia una lotta nazionale ed una lotta per la libertà, è
completamente sparita."
La seconda tendenza che Buttu ha
sottolineato nel raccontare le mail di odio ricevute era quella del
sessismo violento, diventato tradizionale nel discorso sionista.
Buttu
racconta come una nota ironica centrale del discorso è l'uso di un
linguaggio esplicitamente sessista contro le figure pubbliche
pro-palestinesi, anche se i sionisti sostengono che Israele sia un
presunto "paradiso" per i diritti delle donne.
Ha evidenziato le
recenti dichiarazioni di Mordechai Kedar, studioso israeliano di
letteratura araba e docente presso l'università religiosa Bar-Ilan, che
ha detto che "l'unico modo" per scoraggiare i "terroristi" palestinesi
fosse minacciare di stupro le loro madri e sorelle. Ha fatto questa
dichiarazione come parte di un più ampio paragone tra Israele e le
"società arabe", suggerendo che la violenza sessuale fosse l'unica
lingua che gli arabi comprendono e suggerendo che i soldati ebrei
dovessero usarla.
"Poiché credono che i diritti delle donne siano
protetti e valorizzati in Israele, questo dà loro il permesso di
utilizzare questo tipo di linguaggio sessista di violenza contro le
donne", ha detto Buttu. "Nella convinzione che, poiché loro sono così
liberali e splendidi, questa è una parte considerevole del loro discorso
e le donne devono solo imparare ad accettarlo."
"E' un veleno
completamente diverso dal precedente. L'hasbara israeliano è stato
sistematicamente incentrato a disumanizzare i palestinesi nel corso
degli ultimi 6 anni", ha detto.
"L'odio che riceviamo è un puro riflesso di quello che sta succedendo in Israele."
[Tweet:
"Avere a che fare con Hamas è come aver a che fare con una donna pazza
che sta cercando di ucciderti - puoi solo tenerla dai polsi prima di
essere costretto a schiaffeggiarla" ]
L'oggettivazione dei corpi palestinesi come metafora della brutalità
Simona
Sharoni, presidente del Dipartimento di Studi di Genere e delle donne
della SUNY Plattsburgh, e specialista di Genere e Militarizzazione
Israele/Palestina, ha detto a Ma'an via e-mail che, in confronto a
prima, le immagini di violenza di genere diffuse durante l'assalto in
corso sono "più estreme, più crude, ed al limite della pornografia."
"Nel
contesto dell'assalto israeliano su Gaza, le donne palestinesi vengono
occupate e violate sia come palestinesi, sia in quanto donne. E' chiaro
che l'oggettivazione del corpo delle donne palestinesi è una metafora
della brutalità di questa operazione, della vulnerabilità delle sue
vittime e della mancanza di responsabilità per gli autori", scrive.
Anche
se non costituisce una novità, "questo terribile attacco ha legittimato
l'uso di minacce razziste, omofobe e sessiste contro chiunque si
opponga", ha aggiunto, sottolineando che in tempi di guerra questi
attacchi guadagnano sempre più ampia legittimità, anche contro gli
israeliani ebrei che esprimono opposizione all'assalto.
Ha inoltre
sottolineato che la violenza di genere è già "radicata nella cultura
altamente militarizzata di Israele", aggiungendo che la chiamata dei
soldati ad impegnarsi nella violenza in nome della "sicurezza
nazionale", così come i morti israeliani per questa causa, ha reso il
fenomeno più visibile.
Sharoni ha sottolineato che, dal momento
che i soldati israeliani hanno cominciato a morire durante l'assalto,
sono proliferati un certo numero di gruppi Facebook, caratterizzati da
donne ebree israeliane che si espongono sui social media per "sostenere
le truppe." Le donne condividono fotografie di parti del loro corpo con
messaggi a sostegno dei militari israeliani in gruppi come "Standing
with IDF", e, ha detto a Ma'an, questo è un fenomeno nuovo.
"Il
fatto che i soldati israeliani si sentano autorizzati all'accesso al
corpo delle donne, soprattutto in tempi di guerra, non è un fenomeno
nuovo. Ciò che è nuovo è il fatto che questo diritto venga accolto
pubblicamente dalle donne."
Questa accettazione pubblica del
discorso della violenza sessuata sembra essere correlato al più ampio
sostegno pubblico dato all'attacco a Gaza, così come alla crescente
diffusione dell'immagine di Israele come un "avamposto della civiltà
occidentale" e nei diritti delle donne, che permette un'accettazione
cosciente del liberalismo, unita al simultaneo scatenarsi di un'intensa
violenza contro l'"altro" palestinese.
Sebbene queste tendenze
siano state parte integrante dell'ideologia sionista anche da prima del
1948, il pensiero intellettuale post 11 settembre che ha rinforzato
l'idea di una guerra tra Occidente e Islam ha notevolmente cambiato il
quadro, e molti affermano che ha scatenato un nuovo tipo di odio che
sostiene una visione del mondo più sfacciatamente razzista e sessista,
sostenendo contemporaneamente di difendere il liberalismo.
'Bibi, finisci dentro'
Youssef
Munayyer, direttore esecutivo del Centro palestinese di Washington DC,
in un'intervista telefonica ha detto a Ma'an che negli ultimi 10 anni di
lavoro sulle questioni del Medio Oriente, la tendenza alla violenza
sessuale è diventata molto più esplicita.
Munayyer ha notato
un'immagine che era stata ampiamente diffusa sui social media israeliani
nel corso dell'ultimo mese, che mostra una donna in niqab sdraiata su
un letto con la parola "Gaza" scritta su di lei e la didascalia: "Bibi,
questa volta finisci dentro!", firmato come "cittadini in favore
dell'attacco via terra".
"C'è stato un cambiamento più esplicito
che non solo paragona la situazione attuale allo stupro, ma accetta
anche quelle dinamiche di potere e le applaude", ha aggiunto. "Questo è
un livello di crudeltà che non abbiamo mai visto prima".
"Le
radici sono profonde", ha detto, "ma ora è in superficie, ed è evidente
in un modo in cui non lo è mai stato prima. E' davvero inquietante".
"Mentre
sostengono di essere i difensori dei diritti delle donne, il tipo di
linguaggio utilizzato nei confronti delle donne palestinesi e dei
palestinesi più in generale dimostra di avere ben poco riguardo per le
donne in assoluto".
Munayyer lega la diffusione una retorica
sempre più sessualmente violenta alle più ampie tendenze razziste nella
società israeliana, mettendo in luce il crescente "nativismo" che ha
preso di mira e disumanizzato non solo i palestinesi ma anche i migranti
africani. Sostiene che la prova di questo cambiamento era visibile
anche nelle campagne fatte tra la società israeliana per "proteggere le
donne ebree dagli uomini arabi", come fa ad esempio il famigerato gruppo
anti-matrimonio misto Lehava che pattuglia gli spazi pubblici per
evitare mescolanze razziali.
[IMG: Adesivo del gruppo Lehava a Gerusalemme che avverte gli arabi di non "pensare di toccare" le donne ebree ]
"Non
si tratta solo di proteggere le donne ebree, si tratta di proteggere la
tribù e la battaglia costante per la demografia che è alla base dello
stato di Israele e la preoccupazione per quanti bambini palestinesi ed
ebrei stanno nascendo."
"Quando si parla di alcuni esseri umani
come di una minaccia esistenziale, questo legittima tutto ciò che si
potrebbe fare contro di loro - il razzismo, la violenza sessuale, e così
via."
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