Alle compagne, alle donne ribelli, dalle mondine alle partigiane di oggi, il nostro BELLA CIAO
Alla mattina, appena alzata
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Alla mattina, appena alzata
al lavoro mi tocca andar.
Il capo in piedi, col suo bastone
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Il capo in piedi, col suo bastone
E noi curve a lavorar.
Oh mamma mia, oh che tormento
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
O mamma mia, oh che tormento
Il mio capo mi ha licenzià
E ora lavoro senza salario
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
E ora lavoro senza salario
Per la carogna del mio padron
Lavoratrice, disoccupata
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Compagne donne, la nostra vita
non vuol dire schiavitù
E verrà il giorno che pagheranno
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
E verrà il giorno che pagheranno
la miseria e la schiavitù
E verrà il giorno, che tutte quante,
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
E verrà il giorno, che tutte quante,
Lavoreremo in libertà
E verrà il giorno che tutte quante
Seppelliremo il capital
31/12/14
30/12/14
Lettera dal carcere di Vercelli: anni di carcere per il presunto furto di un paio di orecchini!
Angela, donna di 30 anni, tre bellissimi figli, un compagno che la ama e un lavoro fisso. In un giorno la sua vita è cambiata, è stata spezzata. Una denuncia e dopo un accanimento giudiziario l’hanno catapultata in un altro mondo, strappata ai suoi figli e all’uomo che ama. Perde il lavoro.Ora Angela è sola nella sua squallida cella nella prigione di Vercelli.
Continua a dirsi “Sono innocente. Perché questo? Perché a me?”.
Le compagne la consolano “Stai tranquilla, Angela, che vai a casa”. Lei si tranquillizza, ma anche questa tranquillità viene spezzata…
Viene chiamata in matricola dopo due giorni dal suo ingresso in carcere. Le viene notificata la revoca di tre anni di indulto, la sua pena ora supera i sei anni…
Un silenzio improvviso in sezione. Rimbombano solo le urla strazianti di Angela. Incredule con gli occhi pieni di lacrime ascoltiamo la sua disperazione.
Non è più consolabile, Angela è una donna e una madre distrutta dal dolore. Non se ne capacita, non se ne fa una ragione, è sconvolta, è scioccata. Le lacrime non smettono di scorrere dai suoi occhi, il suo lamento le spezza il cuore.
Angela sta pagando un reato che non ha commesso. Condannata a tre anni e mezzo, dicono che carta canta… ma la sua carta non ha cantato. Tutte le prove che la scagionano non sono neanche state prese in considerazione da i magistrati, eppure lei è innocente.
Ha voluto fidarsi della “giustizia” “Io sono innocente, i giudici vedranno”. Ma i giudici hanno chiuso gli occhi e l’hanno condannata, distruggendo Angela e la sua famiglia.
Il reato che le viene contestato?? Il furto di un paio di orecchini.
Con che diritto fanno queste cose? Come può questa gente avere tanto potere tra le mani? Questi sono reati che andrebbero puniti. Troppi giudici e magistrati sbagliano sulla pelle della povera gente. Non ci posso credere che non si può fare niente per contestar loro e quegli sbirri che hanno raccolto dichiarazioni fasulle su Angela, che non hanno trovato nessun riscontro nella realtà dei fatti e hanno così condannato un innocente. Dovrebbero essere loro a pagare.
Ho scritto questa lettera perché vorrei che la storia di Angela venisse allo scoperto, perché non deve rimanere sola, deve poter sperare che la verità venga a galla, deve poter sperare di riabbracciare e crescere i suoi figli, deve poter dare un senso a questa storia senza senso.
Angela io ti sono a fianco e combatterò per te e con te.
Bandita
Metà Dicembre 2014
Per scrivere a "Angela":
Consuelo Pavan
Via Del Rollone 13
13100 - Vercelli
Continua a dirsi “Sono innocente. Perché questo? Perché a me?”.
Le compagne la consolano “Stai tranquilla, Angela, che vai a casa”. Lei si tranquillizza, ma anche questa tranquillità viene spezzata…
Viene chiamata in matricola dopo due giorni dal suo ingresso in carcere. Le viene notificata la revoca di tre anni di indulto, la sua pena ora supera i sei anni…
Un silenzio improvviso in sezione. Rimbombano solo le urla strazianti di Angela. Incredule con gli occhi pieni di lacrime ascoltiamo la sua disperazione.
Non è più consolabile, Angela è una donna e una madre distrutta dal dolore. Non se ne capacita, non se ne fa una ragione, è sconvolta, è scioccata. Le lacrime non smettono di scorrere dai suoi occhi, il suo lamento le spezza il cuore.
Angela sta pagando un reato che non ha commesso. Condannata a tre anni e mezzo, dicono che carta canta… ma la sua carta non ha cantato. Tutte le prove che la scagionano non sono neanche state prese in considerazione da i magistrati, eppure lei è innocente.
Ha voluto fidarsi della “giustizia” “Io sono innocente, i giudici vedranno”. Ma i giudici hanno chiuso gli occhi e l’hanno condannata, distruggendo Angela e la sua famiglia.
Il reato che le viene contestato?? Il furto di un paio di orecchini.
Con che diritto fanno queste cose? Come può questa gente avere tanto potere tra le mani? Questi sono reati che andrebbero puniti. Troppi giudici e magistrati sbagliano sulla pelle della povera gente. Non ci posso credere che non si può fare niente per contestar loro e quegli sbirri che hanno raccolto dichiarazioni fasulle su Angela, che non hanno trovato nessun riscontro nella realtà dei fatti e hanno così condannato un innocente. Dovrebbero essere loro a pagare.
Ho scritto questa lettera perché vorrei che la storia di Angela venisse allo scoperto, perché non deve rimanere sola, deve poter sperare che la verità venga a galla, deve poter sperare di riabbracciare e crescere i suoi figli, deve poter dare un senso a questa storia senza senso.
Angela io ti sono a fianco e combatterò per te e con te.
Bandita
Metà Dicembre 2014
Per scrivere a "Angela":
Consuelo Pavan
Via Del Rollone 13
13100 - Vercelli
Le SSS del Capitale: ti Stresso, ti Sfrutto e ti lascio Senza voce
Centralinista perde la voce, la procura indaga per lesioni il manager del call center
L'azienda nel documento di valutazione dei rischi professionali non aveva indicato la "cordite cronica" tra quelli possibili
Un destino doppiamente sfortunato. Niente più voce a causa del lavoro, e niente più lavoro perché l'azienda ha chiuso i battenti. Tutto nell'arco di pochi mesi. È la storia di una donna torinese di 43 anni - primo caso ufficiale di malattia professionale da call center - che per nove aveva lavorato come centralinista della società Voice Care, prima di Seat Pagine Gialle, e dal 2010 della Contacta di Gabriele Moretti. Per una malattia cronica alle corde vocali era stata costretta nel 2012 a mettersi in malattia, e dai suoi referti medici era partita una inchiesta penale per iniziativa del procuratore Raffaele Guariniello che si era accorto che quella cronica perdita di voce poteva assomigliare a tutti gli effetti a un infortunio sul lavoro. Oggi è ufficiale: la "cordite cronica" di cui soffre è una malattia professionale tant'è vero che la procura di Torino ha iscritto al registro degli indagati il responsabile legale dell'azienda per lesioni personali colpose. L'accusa è rafforzata dal fatto che all'ispezione dell'Asl risultava che l'azienda non aveva correttamente informato i dipendenti del rischio professionale collegato al lavoro, che il documento di valutazione del rischio (obbligatorio per legge) non menzionava la perdita della voce o la malattie della gola collegate all'attività di call-center. Turni di lavoro senza regole, 40 minuti di conversazione telefonica ogni ora. Per 80 ore al mese di chiamate. È una malattia dei tempi moderni. Il call-center oggi come la catena di montaggio una volta.
29/12/14
In Marina a La Spezia Il ricatto alle marinaie: «Se non ci stai vai a pulire l’amianto
da http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/12/pc-29-dicembre-in-marina-la-spezia-il.html#more
LA BASE DEL COMSUBIN AL VARIGNANO
La Spezia - Non ci sono solo gli abusi sessuali, si indaga anche per possibili reati ambientali. L’inchiesta sulle sette marinaie molestate da due superiori - due sottufficiali di 54 e 34 anni, all’interno della caserma del Comsubin - assume contorni nuovi. Ed emerge una questione legata a due aree, Punta della Castagna e Santa Maria, dove sono presenti delle lastre di eternit deteriorate.
Nei giorni scorsi le zone sono state sigillate, rese impenetrabili. Sul posto si sono recati gli agenti della squadra di pg della polizia municipale, sono loro ad occuparsi del filone ambientale dell’inchiesta, mentre per il resto procedono i carabinieri dell’Arsenale. Sono state scattate foto, effettuati dei rilevamenti. La Marina Militare le aveva già rese off-limits. Vengono citate nell’ormai famoso esposto, anonimo, recapitato all’autorità giudiziaria nei mesi scorsi, lo stesso in cui si facevano i nomi delle sette marinaie prese di mira da due sottufficiali.
Oltre ai palpeggiamenti, alcune delle sette parte offese sarebbero state incaricate a effettuare delle opere di manutenzione. Si tratta delle stesse zone che oggi sono state messe in sicurezza. La Marina Militare è intervenuta subito, non appena si è palesato il problema.
Il sostituto procuratore Federica Mariucci, titolare dell’inchiesta portata avanti dalla procura spezzina (procede anche la procura militare di Verona) però vuole vederci chiaro. E procede sui due entrambi i fronti, riguardanti gli abusi sessuali e reati ambientali. Le due questioni potrebbero essere anche collegate in qualche modo.
A quanto risulta al Secolo XIX, essendo parte dello Sdi (servizio difesa installazioni) in quota alla Brigata marina “San Marco”, nessuna delle sette giovani marinaie avrebbe dovuto occuparsi di simili compiti. Nessuna di loro avrebbe dovuto recarsi da quelle parti.
Chi ha impartito l’ordine? Gli inquirenti non sono ancora riusciti a stabilirlo con certezza, i fari però sono puntati sui due superiori finiti nei guai. Gli inquirenti stanno verificando ognuno dei punti indicati nell’esposto. La Marina Militare ha chiarito come il tutto sia partito da un esposto trasmesso dai propri uffici a quello dei carabinieri dell’Arsenale. Le ultime indiscrezioni trapelate, riferiscono del fatto che alcune delle parti offese nei mesi scorsi avrebbero riferito delle molestie subite ad un medico della Marina.
24/12/14
L'Aquila - militare stupratore e massacratore della caserma fogna rivendica di fatto, tramite l'avvocato complice prezzolato, lo stupro
Francesco Tuccia
L’AQUILA - È stata fissata per
giovedì 8 gennaio 2015, presso la Corte di Cassazione, l’udienza
aFrancesco Tuccia, ex militare originario di Montefredane (Avellino),
condannato in Appello a 8 anni di reclusione per la violenza sessuale
verso una studentessa universitaria di Tivoli, nel febbraio di 2 anni
fa fuori dalla discoteca Guernica di Pizzoli (L’Aquila).
La ragazza venne lasciata, fuori dalla discoteca, in una pozza
di sangue tra la neve e salvata dal personale della sicurezza.
Nel ricorso l’avvocato Antonio Valentini evidenzia come “non sono stati individuati gli atti che Tuccia avrebbe posto in essere al fine di superare la contraria volontà, peraltro non manifestata, della giovane. La pratica del fisting - aggiunge - presuppone una particolare posizione della donna, assolutamente incompatibile con le modeste ecchimosi refertate sulla ragazza e soprattutto con il fatto che aveva, sebbene scesi, i pantaloni addosso”.
Valentini evidenzia alla Cassazione che non è stato spiegato lo svolgimento dell’abuso sessuale e l’atto induttivo.
“Tra i due ragazzi vi fu consenso esplicito - si legge nel ricorso - Se vi fu dissenso quando si manifestò e se vi fu dissenso fu percepito da Tuccia? Questi passaggi sono stati completamente ignorati dalla Corte territoriale”.
http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/12/pc-24-dicembre-militari-stupratori-e.html
Nel ricorso l’avvocato Antonio Valentini evidenzia come “non sono stati individuati gli atti che Tuccia avrebbe posto in essere al fine di superare la contraria volontà, peraltro non manifestata, della giovane. La pratica del fisting - aggiunge - presuppone una particolare posizione della donna, assolutamente incompatibile con le modeste ecchimosi refertate sulla ragazza e soprattutto con il fatto che aveva, sebbene scesi, i pantaloni addosso”.
Valentini evidenzia alla Cassazione che non è stato spiegato lo svolgimento dell’abuso sessuale e l’atto induttivo.
“Tra i due ragazzi vi fu consenso esplicito - si legge nel ricorso - Se vi fu dissenso quando si manifestò e se vi fu dissenso fu percepito da Tuccia? Questi passaggi sono stati completamente ignorati dalla Corte territoriale”.
http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/12/pc-24-dicembre-militari-stupratori-e.html
Anche a Barcellona si prepara lo sciopero delle donne
provate voi a stare anche un giorno senza le donne!
Anche a Barcellona lo sciopero totale delle donne!
“Noi donne muoviamo il mondo, fermiamolo!” Con questo slogan a Barcellona il 22 ottobre è stata organizzata una manifestazione che, a partire dai femminicidi, stupri e violenze sulle donne, ha denunciato la condizione di doppia, tripla per le donne migranti, oppressione a 360° che le donne subiscono in questa società.
Le donne, giovani, lavoratrici hanno lanciato una Vagadetotes per la prossima primavera, chiamando le casalinghe, le lavoratrici, le precarie, le donne che svolgono lavoro di cura nelle case, le giovani, le immigrate… a partecipare allo “Sciopero totale delle donne”!
Scrivevamo, a proposito dello storico sciopero delle donne del 25 novembre 2013 in Italia:
Le donne, giovani, lavoratrici hanno lanciato una Vagadetotes per la prossima primavera, chiamando le casalinghe, le lavoratrici, le precarie, le donne che svolgono lavoro di cura nelle case, le giovani, le immigrate… a partecipare allo “Sciopero totale delle donne”!
Scrivevamo, a proposito dello storico sciopero delle donne del 25 novembre 2013 in Italia:
“Il 25 novembre per la prima volta in Italia lo “sciopero delle donne”!
Uno sciopero contro la guerra di bassa intensità contro le donne, in quanto donne, perpretrati soprattutto nella “sacra famiglia”- in Italia le uccisioni delle donne stanno diventando una strage delle donne – ogni due giorni una donna muore – peggio che in una guerra vera, e le violenze grandi e piccole, quotidiane, lo stalking – più di un caso al giorno e spesso si trasforma in omicidio – le molestie sul lavoro, i maltrattamenti delle donne, aumentano e diventano fatti di “ordinaria” oppressione verso le donne.
Uno sciopero delle donne che si estende all’insieme della condizione di doppio sfruttamento e oppressione delle donne da parte di padroni, governo, Stato, Chiesa, che sono la causa di fondo, che creano l’humus, sociale, ideologico, da moderno medioevo in cui maturano i femminicidi contro le donne. Le uccisioni, gli stupri sono il frutto più barbaro di questo putrefatto sistema sociale capitalista.
Lo “sciopero delle donne” parte e avrà al centro i posti di lavoro, le operaie, le lavoratrici, ma è giusto parlare di “sciopero totale delle donne”, perché riguarda e chiama tutte le donne proletarie, le studentesse, le disoccupate, le donne casalinghe dei quartieri, le donne, le compagne in lotta nei movimenti, le immigrate, le femministe, ecc. E’ stata scelta la forma dello “sciopero” per l’intreccio genere e classe che ha la lotta delle donne – perché tra le donne vi sono le proletarie, che hanno non una ma mille catene da spezzare, ma ci sono anche le borghesi che vogliono solo spazio e potere in questo sistema di sfruttamento e oppressione per la maggioranza; lo “sciopero” per dare un segnale forte, dirompente, di rottura; lo “sciopero” perché vogliamo una lotta che pesi, incida concretamente, crei “danni” ai padroni, allo Stato, alla “sacra famiglia”: provate voi a stare anche un giorno senza le donne…
Uno sciopero di classe e di genere che vuole denunciare e lottare su tutta la condizione di vita delle donne!
Dal dossier
25 novembre 2013
La scintilla dello sciopero delle donne
A cura del movimento femminista proletario rivoluzionario
Uno sciopero contro la guerra di bassa intensità contro le donne, in quanto donne, perpretrati soprattutto nella “sacra famiglia”- in Italia le uccisioni delle donne stanno diventando una strage delle donne – ogni due giorni una donna muore – peggio che in una guerra vera, e le violenze grandi e piccole, quotidiane, lo stalking – più di un caso al giorno e spesso si trasforma in omicidio – le molestie sul lavoro, i maltrattamenti delle donne, aumentano e diventano fatti di “ordinaria” oppressione verso le donne.
Uno sciopero delle donne che si estende all’insieme della condizione di doppio sfruttamento e oppressione delle donne da parte di padroni, governo, Stato, Chiesa, che sono la causa di fondo, che creano l’humus, sociale, ideologico, da moderno medioevo in cui maturano i femminicidi contro le donne. Le uccisioni, gli stupri sono il frutto più barbaro di questo putrefatto sistema sociale capitalista.
Lo “sciopero delle donne” parte e avrà al centro i posti di lavoro, le operaie, le lavoratrici, ma è giusto parlare di “sciopero totale delle donne”, perché riguarda e chiama tutte le donne proletarie, le studentesse, le disoccupate, le donne casalinghe dei quartieri, le donne, le compagne in lotta nei movimenti, le immigrate, le femministe, ecc. E’ stata scelta la forma dello “sciopero” per l’intreccio genere e classe che ha la lotta delle donne – perché tra le donne vi sono le proletarie, che hanno non una ma mille catene da spezzare, ma ci sono anche le borghesi che vogliono solo spazio e potere in questo sistema di sfruttamento e oppressione per la maggioranza; lo “sciopero” per dare un segnale forte, dirompente, di rottura; lo “sciopero” perché vogliamo una lotta che pesi, incida concretamente, crei “danni” ai padroni, allo Stato, alla “sacra famiglia”: provate voi a stare anche un giorno senza le donne…
Uno sciopero di classe e di genere che vuole denunciare e lottare su tutta la condizione di vita delle donne!
Dal dossier
25 novembre 2013
La scintilla dello sciopero delle donne
A cura del movimento femminista proletario rivoluzionario
Di seguito il manifesto/piattaforma che lancia la Vagadetotes e una cronaca della manifestazione di
Barcellona.
Le donne
cominciano a fermare il mondo da
Barcellona
Fonte: eldiario.es
Lo sciopero di tutte, una mobilitazione dal nome “Noi donne muoviamo il mondo, fermiamolo!”. Culmina a Barcelona in una manifestazione di massa per denunciare che le donne sono quelle che maggiormente soffrono gli effetti della crisi. La giornata di protesta è stata piena di azioni tra le quali è in evidenza l’occupazione del Circolo Economia da parte di decine di femministe per denunciare i suoi legami con l’Associazione di Imprenditori presieduto da Monica Oriol Pau Rodriguez.
Se le donne si muovono il mondo, lo possono anche fermare.
Sulla base di questa logica centinaia di donne giovedì hanno sostenuto “lo sciopero di tutte”, una giornata piena di azioni per rivendicare i diritti delle donne e dei diversi fronti di lotta femminista che hanno avuto il loro culmine in una manifestazione di massa per le strade del centro di Barcellona. “Siamo stanche delle politiche sociali, economiche e legali che minano in modo sempre più grave i nostri diritti e la nostra dignità“, proclama il loro manifesto, redatto dopo un processo di quasi un anno di incontri di gruppi femministi una mobilitazione che è stato molto più di un semplice sciopero generale che, loro dicono, è troppo legato al concetto di lavoratore di sesso maschile, con problemi spesso diversi dai problemi delle donne.
“Siamo quelle che soffrono di più gli effetti della crisi: tagli in ambito sanitario ed educativo sono quelli che maggiormente di pregiudicano, perché siamo noi donne che tendiamo a prenderci cura dei nostri cari,piccoli o grandi che siano”, si lamenta Laura Lozano attivista femminista, mentre la manifestazione avanzava da Plaza Catalunya fino alla Gran Via. “Facendo lavori molto diversi tra loro molto mal pagati”, ha spiegato Laura, “non si riesce a partecipare a scioperi generali, ritenendoche un giorno come oggi sia imprescindibile per dare visibilità a tutti i problemi delle donne. “C’è vita oltre la riforma dell’aborto” sentenziava, quando la protesta raggiungeva già Calle Diputaciòn.
Ed è al di là della riforma guidata dal ministro dimissionario Alberto Ruiz Gallardón, ora temporaneamente “parcheggiata” dal governo stesso, che la rivendicazione dei collettivi femministi vuole mettere l’accento su molte altre politiche che incidono negativamente sulle donne. “Vogliamo uno sciopero politico, creativo, che vada al di là dello sciopero produttivo,” spiega il manifesto che nasce dalle denunce contro la violenza di genere (35 donne uccise da questo flagello, o la riduzione del patrimonio netto di bilancio 2014, fino al rifiuto della legge sull’immigrazione – “che ci condanna al lvoro sommerso ed al razzismo ” ) recita il manifesto e alla riforma del lavoro. Quest’ultima aumenta, di questo si lamentano, le disuguaglianze che già colpiscono le donne.
Tuttavia, la giornata è stata un continuo di azioni principalmente concentrate a Barcellona, con blocchi stradali dalle prime ore del mattino, alcune interruzioni ddi lezioni universitarie e di apertura più spazi di discussione. L’azione più eclatante è stata forse l’occupazione da parte di decine di femministe del Circolo dell’ Economia per denunciare il suo legame con il Circolo degli Impresari, organizzazione guidata da Monica Oriol, autrice delle dichiarazioni controverse secondo le quali che l’assunzione di donne tra i 25 e 45 potrebbe essere un problema perché queste donne potrebbero rimanere incinte.
Anche se la giornata ha visto il proprio punto focale con la manifestazione attraverso le vie del centro di Barcellona, l’obiettivo della mobilitazione è che le rivendicazioni ottenute oggi possano progredire in avanti, nel futuro.
I collettivi che hanno aderito a questo Manifesto hanno già circa 600 aderenti tra entità sociali e gli individui. Tra gli obiettivi del gruppo c’è il lavoro per poter programmare e mettere in atto uno sciopero di tutte in maggio, che sia però questa volta uno sciopero di lavoratrici
Lo sciopero di tutte, una mobilitazione dal nome “Noi donne muoviamo il mondo, fermiamolo!”. Culmina a Barcelona in una manifestazione di massa per denunciare che le donne sono quelle che maggiormente soffrono gli effetti della crisi. La giornata di protesta è stata piena di azioni tra le quali è in evidenza l’occupazione del Circolo Economia da parte di decine di femministe per denunciare i suoi legami con l’Associazione di Imprenditori presieduto da Monica Oriol Pau Rodriguez.
Se le donne si muovono il mondo, lo possono anche fermare.
Sulla base di questa logica centinaia di donne giovedì hanno sostenuto “lo sciopero di tutte”, una giornata piena di azioni per rivendicare i diritti delle donne e dei diversi fronti di lotta femminista che hanno avuto il loro culmine in una manifestazione di massa per le strade del centro di Barcellona. “Siamo stanche delle politiche sociali, economiche e legali che minano in modo sempre più grave i nostri diritti e la nostra dignità“, proclama il loro manifesto, redatto dopo un processo di quasi un anno di incontri di gruppi femministi una mobilitazione che è stato molto più di un semplice sciopero generale che, loro dicono, è troppo legato al concetto di lavoratore di sesso maschile, con problemi spesso diversi dai problemi delle donne.
“Siamo quelle che soffrono di più gli effetti della crisi: tagli in ambito sanitario ed educativo sono quelli che maggiormente di pregiudicano, perché siamo noi donne che tendiamo a prenderci cura dei nostri cari,piccoli o grandi che siano”, si lamenta Laura Lozano attivista femminista, mentre la manifestazione avanzava da Plaza Catalunya fino alla Gran Via. “Facendo lavori molto diversi tra loro molto mal pagati”, ha spiegato Laura, “non si riesce a partecipare a scioperi generali, ritenendoche un giorno come oggi sia imprescindibile per dare visibilità a tutti i problemi delle donne. “C’è vita oltre la riforma dell’aborto” sentenziava, quando la protesta raggiungeva già Calle Diputaciòn.
Ed è al di là della riforma guidata dal ministro dimissionario Alberto Ruiz Gallardón, ora temporaneamente “parcheggiata” dal governo stesso, che la rivendicazione dei collettivi femministi vuole mettere l’accento su molte altre politiche che incidono negativamente sulle donne. “Vogliamo uno sciopero politico, creativo, che vada al di là dello sciopero produttivo,” spiega il manifesto che nasce dalle denunce contro la violenza di genere (35 donne uccise da questo flagello, o la riduzione del patrimonio netto di bilancio 2014, fino al rifiuto della legge sull’immigrazione – “che ci condanna al lvoro sommerso ed al razzismo ” ) recita il manifesto e alla riforma del lavoro. Quest’ultima aumenta, di questo si lamentano, le disuguaglianze che già colpiscono le donne.
Tuttavia, la giornata è stata un continuo di azioni principalmente concentrate a Barcellona, con blocchi stradali dalle prime ore del mattino, alcune interruzioni ddi lezioni universitarie e di apertura più spazi di discussione. L’azione più eclatante è stata forse l’occupazione da parte di decine di femministe del Circolo dell’ Economia per denunciare il suo legame con il Circolo degli Impresari, organizzazione guidata da Monica Oriol, autrice delle dichiarazioni controverse secondo le quali che l’assunzione di donne tra i 25 e 45 potrebbe essere un problema perché queste donne potrebbero rimanere incinte.
Anche se la giornata ha visto il proprio punto focale con la manifestazione attraverso le vie del centro di Barcellona, l’obiettivo della mobilitazione è che le rivendicazioni ottenute oggi possano progredire in avanti, nel futuro.
I collettivi che hanno aderito a questo Manifesto hanno già circa 600 aderenti tra entità sociali e gli individui. Tra gli obiettivi del gruppo c’è il lavoro per poter programmare e mettere in atto uno sciopero di tutte in maggio, che sia però questa volta uno sciopero di lavoratrici
23/12/14
Salutiamo la compagna Sarya!! Dal ricordo delle sue compagne
YPJ: ci batteremo fino alla fine per gli ideali in cui credeva Sarya, fratellanza fra popoli, per l’eguaglianza e la libertà delle donne in cui lei credeva”.
Le combattenti
YPJ, Avesta Serêkanî e Dicle Fırat, hanno ricordato il periodo che
Sibel Bulut trascorse nel Cantone di Cizîrê (Jazireh), la sua
resistenza e la sua vita a Kobanè.
Voleva
essere sulla linea del fronte
Avesta
Serêkanî, combattente delle YPJ, ci dice di aver incontrato Sarya
Özgür a Tel Temir l’anno scorso durante l’operazione Hasekê. Le
compagne dicevano che un’amica era venuta dalla Turchia, da
un’altra organizzazione. Era Sarya. Ci siamo intese veramente
bene; lei non ci ha fatto mai sentire che proveniva da un’
organizzazione diversa. Siamo rimaste insieme fino all’operazione
invernale a Tel Hamis. Alle persone nuove non era permesso andare
al fronte ma Sarya voleva veramente combattere. Voleva essere
sempre lì dove si svolgeva l’azione”.
Avesta
Serêkanî ha detto di aver incontrato ancora Sarya mesi dopo a
Serêkanîyê dove lei si mostrava una combattente più esperta “ma il
suo sorriso e il suo calore erano sempre gli stessi” aggiunge.
“Senza alcuna esitazione si disponeva sulla linea del fronte
insieme alle compagne d’armi delle YPJ. Solo in seguito ho appreso
che Sarya era andata a Kobanè” ha detto.
Non
l’ho vista a Kobanè
Avesta
Serêkanî ha detto di essere andata anche lei a Kobanè ma di non
essere riuscita a incontrarsi con Sarya lì. “Sono stata tanto
triste quando ho sentito che era morta. E la cosa peggiore era che
non l’avevo potuta vedere di nuovo”.
Era
molto sincera e ispirava fiducia
Avesta
Serêkanî ha detto che Sarya attribuiva grande importanza alla
lotta per la libertà delle donne, aggiungendo che era molto
sincera e non parlava mai negativamente di nessuno. “Ispirava
fiducia e trattava tutti ugualmente”.
Ho
dato il mio fucile a Sarya
Avesta
Serêkanî ha detto che dopo che era stata ferita a Tel Hemis aveva
offerto il suo fucile a Sarya quando era andata a farle visita.
Sarya le disse: “Cercherò di essere all’altezza di questo dono”.
Avesta
Serêkanî ha concluso dicendo che Sarya aveva un berretto con una
stella rossa appuntata al quale era molto affezionata ed ha
aggiunto: “Voglio trovare un berretto come quello da indossare per
ricordarmi di lei quando combatto.”
Ci
siamo incontrate durante uno scontro
Dicle Fırat,
combattente delle YPJ dice di aver incontrato Sarya durante uno
scontro a fuoco a Kobanè in Novembre. “Arrivò sul fronte sud
durante il combattimento. Combatté al nostro fianco fino al
mattino. Era entrata nel vivo dell’azione e non si addormentò fino
all’alba.”
Dicle Firat ha
detto di essere stata con Sarya per alcuni giorni e che
augurerebbe a tutti di poterla incontrare. Dicle Firat aggiunge:
“Siamo entrate in azione insieme. Lei era davanti a me e non mi
avrebbe lasciato passare avanti. Era molto determinata e quel
giorno abbiamo inferto un duro colpo sul nemico.”
Dicle Firat ha
affermato che entrare in azione con Sarya la caricava di energia
ed ha aggiunto che le è difficile esprimere come si è sentita
quando ha saputo che Sarya era caduta in battaglia.
“Sarya era una
combattente eroica e pronta ad autosacrificarsi . Aveva una forte
consapevolezza del cruciale tema riguardante la libertà delle
donne e attribuiva grande importanza all’uguaglianza tra i popoli.
Resterà sempre un modello esemplare per noi. Come combattenti YPJ
combatteremo fino alla fine per la fraterna coesistenza dei popoli
e per la libertà di tutti i popoli del Medio Oriente, gli ideali
in cui la nostra compagna Sarya credeva”.
17/12/14
Prima le provocano il cancro e poi la licenziano... SOLIDARIETA' PER ZOE!
LyondellBasell, la società chimica americana che produce polipropilene e opera all'interno del petrolchimico dell'area industriale di Brindisi, licenzia Patrizia con la scusa del "riassetto economico" e intanto l'ha fatta ammalare. Voleva ucciderla 2 volte, ma Patrizia ha la fibra dura, resiste e lotta.
Brindisi insieme a Taranto è la città piu' inquinata della Puglia. Vendola di Sinistra Ecologia (Inquinamento) e Libertà continua a non vedere.
Firmate questa petizione, sarà consegnata a :Basell Poliolefine Italia s.r.l. - Brindisi
Giustizia per Patrizia, porci padroni pagherete caro
pagherete tutto!
Licenziata per il cancro; chiedo di tornare a lavorare
Il
mio nome è Patrizia e sono stata licenziata da LyondellBasell, una
società chimica americana che produce polipropilene e opera all'interno
del petrolchimico dell'area industriale di Brindisi.
Il licenziamento sarebbe avvenuto per ragioni legate al riassetto economico dell'azienda, o almeno questa è la spiegazione ufficiale. Su questi licenziamenti non si discute di possibilità di reintegro, è la strategia per opporsi alle impugnazioni davanti ai magistrati del lavoro. Tuttavia io ritengo di esser stata licenziata perchè affetta da cancro. Sono diventata insomma il simbolo di una logica che non è solo quella della prevalenza delle ragioni del profitto sulla vita delle persone, ma è anche il simbolo della logica dell'eccedenza e della rottamazione.
L’agonia è durata oltre due anni, senza parole ma solo ombre apparse improvvisamente nella stanza 22, il 17 novembre 2014 alle 15, ombre armate di un foglio.
Erano in due, uno dei due leggeva velocemente, le parole mi sfuggivano, chiedevo spiegazioni ma quella voce continuava a farsi sentire finendo tutto di un fiato la lettura del testo per concludere: “tutto è irrevocabile e non ci sono margini di conciliazione”.
Pochi istanti per capire di essere soli e di aver perso tutto.
Il rullino della vita si riavvolgeva su se stesso, si sgretolava anche quel tetto costruito con tanti sacrifici, con i risparmi di tutta una vita e con tanti impegni futuri.
In ottobre 2014, l’impianto di Brindisi festeggiava il record di produzione. Posso solo dire “uno su mille non ce la fa” sono infatti oltre mille i dipendenti della società in Italia.
E quindi a 52 anni, dopo 25 anni di servizio, vengo licenziata in tronco, perchè non rientro più "nei piani economici ed organizzativi dell'azienda". Un licenziamento senza avviso di apertura, nonostante io per il mio lavoro abbia dato l’anima e negli anni scorsi lo abbia fatto nonostante una malattia che non può dirsi risolta definitivamente.
In questi giorni aspetto la lettera definitiva di licenziamento, ma chiedo a tutti voi di firmare per chiedere a Basell di gettarla nel cestino quella lettera e darmi un’altra possibilità.
Ringrazio con forte emozione tutti coloro che hanno manifestato in mio favore solidarietà e affetto; tutti quelli che mi hanno circondato con innumerevoli testimonianze di sincero affetto e calore umano e quanti sono stati presenti in un momento della vita in cui ci si chiedono tanti perchè senza trovare una risposta.
Ho bisogno di ritornare al lavoro, anche perché è statisticamente provato che svolgere la normale attività lavorativa riduce significativamente le probabilità di recidiva della malattia oncologica.
Il licenziamento sarebbe avvenuto per ragioni legate al riassetto economico dell'azienda, o almeno questa è la spiegazione ufficiale. Su questi licenziamenti non si discute di possibilità di reintegro, è la strategia per opporsi alle impugnazioni davanti ai magistrati del lavoro. Tuttavia io ritengo di esser stata licenziata perchè affetta da cancro. Sono diventata insomma il simbolo di una logica che non è solo quella della prevalenza delle ragioni del profitto sulla vita delle persone, ma è anche il simbolo della logica dell'eccedenza e della rottamazione.
L’agonia è durata oltre due anni, senza parole ma solo ombre apparse improvvisamente nella stanza 22, il 17 novembre 2014 alle 15, ombre armate di un foglio.
Erano in due, uno dei due leggeva velocemente, le parole mi sfuggivano, chiedevo spiegazioni ma quella voce continuava a farsi sentire finendo tutto di un fiato la lettura del testo per concludere: “tutto è irrevocabile e non ci sono margini di conciliazione”.
Pochi istanti per capire di essere soli e di aver perso tutto.
Il rullino della vita si riavvolgeva su se stesso, si sgretolava anche quel tetto costruito con tanti sacrifici, con i risparmi di tutta una vita e con tanti impegni futuri.
In ottobre 2014, l’impianto di Brindisi festeggiava il record di produzione. Posso solo dire “uno su mille non ce la fa” sono infatti oltre mille i dipendenti della società in Italia.
E quindi a 52 anni, dopo 25 anni di servizio, vengo licenziata in tronco, perchè non rientro più "nei piani economici ed organizzativi dell'azienda". Un licenziamento senza avviso di apertura, nonostante io per il mio lavoro abbia dato l’anima e negli anni scorsi lo abbia fatto nonostante una malattia che non può dirsi risolta definitivamente.
In questi giorni aspetto la lettera definitiva di licenziamento, ma chiedo a tutti voi di firmare per chiedere a Basell di gettarla nel cestino quella lettera e darmi un’altra possibilità.
Ringrazio con forte emozione tutti coloro che hanno manifestato in mio favore solidarietà e affetto; tutti quelli che mi hanno circondato con innumerevoli testimonianze di sincero affetto e calore umano e quanti sono stati presenti in un momento della vita in cui ci si chiedono tanti perchè senza trovare una risposta.
Ho bisogno di ritornare al lavoro, anche perché è statisticamente provato che svolgere la normale attività lavorativa riduce significativamente le probabilità di recidiva della malattia oncologica.
Onore alla compagna Sibel Bulut, combattente comunista del MLKP, caduta combattendo a Kobane
Da Rete Kurdistan Italia
La combattente del MLKP( Partito comunista marxista leninista) Sibel Bulut,con il nome in codice Eylem Deniz/Sarya Özgür ha perso la sua vita nella battaglia di Kobanê, lo ha annunciato oggi con un comunicato scritto il MLKP.
Il MLKP ha dichiatrato che Bulunt ha
perso la vita durante un’offensiva delle forze delle YPG/YPJ contro le
bande di ISIS al fronte sudorientale il 12 Dicembre.
Il comunicato dell’MLKP ha affermato
che:”La compagna Sarya,nata a Dersim nel 1986,era andata dal Cantone di
Cizire a Kobanê, prendendo posto tra i primi combattenti MLKP che hanno
risposto alla chiamata del partito a “unirsi e a difendere la
rivoluzione in Rojava e per rispondere all’appello di Kobanê a
intervenire subito”.
Secondo il comunicato, Sarya aveva preso
parte alla resistenza di Kobanê dal 16 Ottobre 2014,sostenendo che”Stare
con Kobanê e la sua gente è il dovere di ogni persona con amor proprio e
coscienza. Come un comunista, ho bisogno di essere proprio nel bel
mezzo di questa fiera lotta”.
“Proprio come i compagni martiri Serkan e
Paramaz è stata un soldato di una grande e giusta causa, uno dei
rappresentanti femminili del sacrificio, quali le m compagne martiri Arin
Mirxan, Yasemin e Güneş “, ha affermato il MKLP, sottolineancdo che ”con
le loro azioni di auto sacrificio ci hanno lasciato sia un patrimonio
onorabile e le armi che ci porteranno fino alla vittoria. Hanno mmostrato
coraggiosamente al mondo intero che nulla è più prezioso dell’onore e
della libertà.
Resistendo fianco a fianco, i combattenti
dell’MLKP, le YPG e le JPY hanno costruito una resistenza in ogni casa
ed in ogni via e hanno portato Kobanê al limite della vittoria.
La compagna Sarya non potra’ unirsi
all’Halay (danza popolare anatolica) della vittoria ma coloro che
seguiranno la sua via canteranno le canzoni della libertà anche per
lei. La bandiera che lei stava portando non cadrà mai”.
Il MLKP ha promesso di diffondere il
fuoco della rivoluzione nelle quattro parti della regione e del
mondo, sottolineando che questo era il loro dovere e la promessa d’onore
per essere degni della compagna Sarya e tutti gli altri martiri.
Il partito conclude il comunicato
chiedendo a tutte le donne di difendere l’onore e la libertà, alle donne
comuniste in primo luogo e a rispondere all’appello della compagna Sarya di unirsi alla marcia di Kobane alla vittoria.
Renzi in Turchia: il terrorismo del capitale...
Il moderno fascista stringe la mano al fascista islamico in nome della guerra e degli affari…
Mentre tutto il mondo prende atto del sostegno dato dalla Turchia di Erdogan agli assassini dello Stato Islamico, finanziandoli, armandoli e permettendo loro di scorrazzare al di qua e al di là dei suoi confini per attaccare la resistenza di Kobane, il moderno fascista Renzi si reca in Turchia per sostenere di fatto questo regime fascista-islamista.
Mentre tutto il mondo prende atto del sostegno dato dalla Turchia di Erdogan agli assassini dello Stato Islamico, finanziandoli, armandoli e permettendo loro di scorrazzare al di qua e al di là dei suoi confini per attaccare la resistenza di Kobane, il moderno fascista Renzi si reca in Turchia per sostenere di fatto questo regime fascista-islamista.
Mentre sono vive ancora le immagini dei circa 50 manifestanti uccisi dalla polizia turca nelle ultime settimane perché protestavano proprio contro questo sostegno alle milizie jihadiste, Renzi va in Turchia per partecipare al Forum economico italo-turco a Istanbul e pensa soprattutto agli affari: "Turchia e Italia hanno tante questioni aperte insieme: ci sono quelle economiche e commerciali, e io – ha sottolineato il premier – vi dirò benvenuti in Italia quando verrete a fare investimenti, e verrò a seguire i vostri lavori in Turchia per le imprese italiane". [v. il Sole24Ore di oggi].
Questo "giovane" e "veloce" commesso viaggiatore della borghesia imperialista italiana parla infatti di "partnership globale" con la Turchia e dice che "La collaborazione fra Italia e Turchia è 'strategica'", che, aggiungiamo noi, serve innanzi tutto a far guadagnare tanti soldi ai padroni italiani che sono già presenti in Turchia con "1.167 aziende … tra cui Fiat-Tofas, UniCredit con Yapi Kredi, Pirelli, Recordati e Mapei". Ricordiamo, di passaggio, che la Mapei è la fabbrica multinazionale dell'attuale presidente di Confindustria, Squinzi.
E proprio la Mapei ricorda in un suo comunicato che "la Turchia è il terzo paese più popolato in Europa dopo Russia e Germania ed è la sedicesima potenza economica mondiale con l’obiettivo di essere tra i primi 10 Paesi economicamente più grandi del pianeta entro il 2023. La Turchia è il secondo più grande mercato della ceramica in Europa, il primo Paese produttore ed esportatore di cemento in Europa, e il terzo nel mondo."
Questa collaborazione "strategica" e addirittura "…un'amicizia – ha aggiunto Renzi – … riguarda le grandi questioni internazionali: pensate alla Libia, alla Siria e all'Iraq, al Mediterraneo, all'area dei Balcani. Queste sono le nostre priorità da quando siamo al governo."
L'imperialismo italiano è alla ricerca della sua "uscita dalla crisi" e l'attenzione come si vede è rivolta principalmente alla grande area del Mediterraneo. E la Turchia deve servire, nelle intenzioni di Renzi, da ponte o, come si esprimono i padroni: "Un hub utile per le nostre imprese per crescere anche in Medio Oriente, Asia centrale e Nord Africa."
La Turchia, dal canto suo, ha tutto l'interesse a rafforzare e migliorare i rapporti con i paesi considerati tra i più importanti in Europa, come l'Italia, perché aspira da tempo, e ci proverà ancora nel prossimo anno, ad entrare nell'Unione Europea. Uno degli ostacoli in questo negli ultimi anni è stato anche il livello di repressione nel paese che lo colloca agli ultimi posti per i "diritti umani".
E da questo punto di vista la cosa, se fosse possibile, peggiora ogni giorno dato che il governo, già ferocemente contro le donne, i lavoratori e le "minoranze" come i curdi, si appresta ad emettere leggi che danno maggiori poteri alle forze di polizia con un "pacchetto di riforma della sicurezza interna" con il quale aumenterà il periodo di detenzione preventiva consentito, l'uso della pistola d'ordinanza potrà essere usata in un numero maggiore di casi e le intercettazioni telefoniche degli indagati saranno più facili e tanti altre…
E proprio la Mapei ricorda in un suo comunicato che "la Turchia è il terzo paese più popolato in Europa dopo Russia e Germania ed è la sedicesima potenza economica mondiale con l’obiettivo di essere tra i primi 10 Paesi economicamente più grandi del pianeta entro il 2023. La Turchia è il secondo più grande mercato della ceramica in Europa, il primo Paese produttore ed esportatore di cemento in Europa, e il terzo nel mondo."
Questa collaborazione "strategica" e addirittura "…un'amicizia – ha aggiunto Renzi – … riguarda le grandi questioni internazionali: pensate alla Libia, alla Siria e all'Iraq, al Mediterraneo, all'area dei Balcani. Queste sono le nostre priorità da quando siamo al governo."
L'imperialismo italiano è alla ricerca della sua "uscita dalla crisi" e l'attenzione come si vede è rivolta principalmente alla grande area del Mediterraneo. E la Turchia deve servire, nelle intenzioni di Renzi, da ponte o, come si esprimono i padroni: "Un hub utile per le nostre imprese per crescere anche in Medio Oriente, Asia centrale e Nord Africa."
La Turchia, dal canto suo, ha tutto l'interesse a rafforzare e migliorare i rapporti con i paesi considerati tra i più importanti in Europa, come l'Italia, perché aspira da tempo, e ci proverà ancora nel prossimo anno, ad entrare nell'Unione Europea. Uno degli ostacoli in questo negli ultimi anni è stato anche il livello di repressione nel paese che lo colloca agli ultimi posti per i "diritti umani".
E da questo punto di vista la cosa, se fosse possibile, peggiora ogni giorno dato che il governo, già ferocemente contro le donne, i lavoratori e le "minoranze" come i curdi, si appresta ad emettere leggi che danno maggiori poteri alle forze di polizia con un "pacchetto di riforma della sicurezza interna" con il quale aumenterà il periodo di detenzione preventiva consentito, l'uso della pistola d'ordinanza potrà essere usata in un numero maggiore di casi e le intercettazioni telefoniche degli indagati saranno più facili e tanti altre…
Ma a Renzi, moderno fascista, tutto questo non può interessare: «A nostro giudizio - ha detto Renzi - è fondamentale che il percorso dell’adesione della Turchia all’Ue, come detto da tutti i miei predecessori, prosegua e ci sentiamo impegnati perché il percorso vada avanti».
Accordi militari e scambi economici quindi con uno dei paesi più reazionari del mondo… il governo Renzi conferma la sua natura...
Accordi militari e scambi economici quindi con uno dei paesi più reazionari del mondo… il governo Renzi conferma la sua natura...
Un giorno nelle postazioni delle YPJ
Da UIKI
di Sedat SUR, ANF
Le combattenti delle YPJ che stanno conducendo una resistenza epica a
Kobanè da 80 giorni, non stanno solo difendendo una città ma stanno
anche demolendo la mentalità del dominio maschile. “Qui non stiamo solo
combattendo. Stiamo organizzando un nuovo modo di vita e di guerra in
queste postazioni” affermano le combattenti delle YPJ.
Abbiamo passato un giorno all’interno delle postazioni delle
combattenti YPJ che si sono guadagnate un posto speciale nel cuore delle
donne ovunque nel mondo attraverso la leadership che hanno dimostrato
nella reistenza a Kobanè.
Dobbiamo camminare per 15 minuti in un terreno fangoso sotto il fuoco
dei mortai per raggiungere le postazioni delle combattenti YPJ. Poi
arriva un veicolo che ci trasporta fino al fronte sud-ovest dove il
Comandante Peyman e le combattenti YPJ sono posizionate. Su questo
fronte gli scontri vanno avanti nella città e le case sono state
trasformate in postazioni da guerra. Quando raggiugiamo le loro
posizioni notiamo la figura di una donna disegnata col fango sul muro.
Quando chiediamo spiegazione di questo, la combattente Zinarin Zagros ci
rosponde: “L’abbiamo disegnato per marcare l’area dove sono le donne
combattenti”.
Zinarin Zagros ci porta alla posizione dove il Comandante Viyan
Peyman e un gruppo di combattenti YPJ sono appostate. Appena
raggiungiamo la posizione una granata cade poco distante. Viyan Peyman
si volta verso di noi sorridendo e le combattenti dicono che siamo
fortunati ad essere arrivati all’ora del tè. La combattente Nesrin
Tiltemir ride dicendo che una fotografia che la ritraeva è stata messa
su un social network e che di solito le foto pubblicate sono quelle dei
caduti sul campo, ragione per cui si era chiesta: “Forse sono morta e
non lo so!”
Altre ragazze combattenti si uniscono a lei nella risata. Dopo il tè
le combattenti ritornano alle loro posizioni. Zinarin Zagros sta usando
un’ arma meccanica (BKC). Zinarin dice che è devota a quell’arma perchè
ha rappresentato un importante contributo alla difesa di Kobanè.
Zinarin Zagros dice inoltre che viene rafforzata dalla presenza di
altre donne al suo fianco quando ci sono scontri e aggiunge: “Il nostro
senso di lealtà l’una verso l’altra e il nostro affetto reciproco fa sì
che riusciamo a infliggere più colpi contro il nemico”. E aggiunge che
anche le grida delle combattenti YPJ hanno l’effetto di scuotere il
morale delle bande di ISIS, sottolineando che le urla di guerra sono la
loro seconda arma.
Zinarin Zagros afferma che le postazioni non servono solo per il
conflitto armato, sottolineando che allo stesso tempo hanno portato
avanti delle attività educative. “Abbiamo una filosofia di vita e
conduciamo la guerra sulla base di questa. Se alla fine rimarranno solo
le YPJ, ISIS non riuscirà ad entrare a Kobanè”.
Ci muoviamo in un’altra postazione, dove il Comandante Viyan Peyman
dice alle combattenti quello che bisogna fare quel giorno. Proprio in
quel momento arriva una granata e tutte si gettano a terra. Ma non c’è
panico. Tutte sono ricoperte di polvere proveniente da un muro demolito
dalla granata. Nessuno è ferito ma ci spostiamo verso un’ altra
postazione nel caso in cui arrivi una seconda granata. Tutte scoppiano a
ridere quando ci vedono ricoperti di polvere.
Ci spostiamo in un’ altra postazione per un pasto. Dal momento che
un gran numero di combattenti non si riunisce mai nello stesso luogo lo
spazio non è molto. Ci assembliamo intorno a una stufa dove le
combattenti YPJ stanno facendo valutazioni sul giorno precedente. Nel
frattempo, due combattenti preparano il cibo. Subito dopo aver mangiato
sentiamo che c’è un movimento di ISIS e cambiamo postazione. Allarmi di
una possibile infiltrazione vengono trasmessi attraverso le
radiotrasmittenti.
Ci dirigiamo verso la prossima postazione vicina al cecchino delle
YPJ che si chiama Arjîn Ararat. Lei indica due membri di ISIS ad una
certa distanza che stanno tentando di infiltrarsi e aggiunge: “Ho
sparato e ucciso 3 di loro questa mattina e ora spero di arrivare a 5″.
Ci chiede di indiettreggiare e spara due colpi. “Adesso ho raggiunto il
mio quinto bersaglio per oggi” commenta.
Il tentativo di infiltrazione è stato sventato e due membri di ISIS giacciono a terra.
Lasciamo questa postazione e ci dirigiamo fuori dalla città.
Raggiungiamo una postazione dove due donne combattenti e qualche uomo
siedono attorno a un fuoco. Ci accolgono con un sorriso e l’atmosfera
sembra tranquilla. Ci dicono che al momento la situazione è tranquilla
sul fronte occidentale. Hanno occupato postazioni in trincea. Dicono che
generalmente stanno nelle trincee e salgono soltanto per parlare
attorno al fuoco quando è calmo. In un’altra postazione vediamo due
combattenti YPJ che lavano del vestiario mentre altre trasportano pietre
e legna.
La combattente delle YPJ Hêvîdar Serhad dice: “Abbiamo lasciato le
nostre postazioni e fatto colazione molto presto stamattina”. In quel
momento le combattenti vengono avvertite della presenza di un cecchino e
ci spostiamo per metterci in sicurezza. Ci sono tende accanto alle
postazioni dove le combattenti riposano.
La combattente Jiyvanda Bilbêz dice: “In queste tende non ci riposiamo soltanto. Affrontiamo discussioni e facciamo attività per tenere alto il morale”. Teniamo le coperte nelle tende e nelle postazioni per mantenerci al caldo e la sera accendiamo il fuoco”.
La combattente Jiyvanda Bilbêz dice: “In queste tende non ci riposiamo soltanto. Affrontiamo discussioni e facciamo attività per tenere alto il morale”. Teniamo le coperte nelle tende e nelle postazioni per mantenerci al caldo e la sera accendiamo il fuoco”.
Le fiamme dei fuochi accesi dalle guerrigliere nelle loro postazioni si vedono scintillare al tramonto.
Una combattente YPJ ci chiede di farle una foto con il suo comandante
che dice: “Non sono il tuo comandante, sei tu la tua comandante!”
Mentre scende la notte le combattenti delle YPJ dicono che gli
scontri inizieranno a breve e dobbiamo andarcene. Mentre ci allontaniamo
sentiamo una voce di una combattente YPJ che canta la canzone
“Viandanti in libertà”.
14/12/14
Appoggiamo e facciamo conoscere la lotta delle operaie precarie indiane
La lotta delle lavoratrici ASTI è uno dei tentativi
coraggiosi e riusciti di organizzazione e sviluppo di una
lotta prolungata per la regolarizzazione dei precari.
Nelle fabbriche indiane il numero delle lavoratrici è in aumento, ma le donne sono meno rappresentate nella direzione del movimento operaio. In genere si pensa che le lavoratrici non si fanno facilmente avanti a lottare per i diritti. Le lavoratrici ASTI hanno osato infrangere questo mito. La lotta delle lavoratrici ASTI è una battaglia in cui le donne stanno prendendo la direzione del movimento. Questoha una grande importanza peril movimento operaioindianoingenerale. MA, NOI DICIAMO, ANCHE PER IL MOVIMENTO OPERAIO IN ITALIA. La maggior parte delle lavoratrici sono immigrate, vengono dal Nepal, Arunachal, Assam, Jharkhand. Vivono in alloggi in affitto nella vicinanze, Aliar, Gaon, Gurgaon o Dharuhera, per una magro salario di circa il 6-7 mila rupie al mese. Non percepiscono nulla dal mese di ottobre e si accollano le spese di viaggio, vitto, affitto ecc, senza compromettere il loro impegno in questa battaglia! Raj Kumari aveva le lacrime agli occhi mentre cenavamo ieri sera. Ci diceva: non riesco a mangiare mentre le mie compagne sono digiune da giorni. Quando le abbiamo chiesto perché stava facendo tutto questo, ci ha detto risposto che tra un paio d'anni si sarebbe sposata, e che voleva poter ricordare di aver fatto qualcosa di radicale. Ci sono tante altre sue compagne che hanno lasciato a casa figli e mariti per partecipare alla lotta.
Nelle fabbriche indiane il numero delle lavoratrici è in aumento, ma le donne sono meno rappresentate nella direzione del movimento operaio. In genere si pensa che le lavoratrici non si fanno facilmente avanti a lottare per i diritti. Le lavoratrici ASTI hanno osato infrangere questo mito. La lotta delle lavoratrici ASTI è una battaglia in cui le donne stanno prendendo la direzione del movimento. Questoha una grande importanza peril movimento operaioindianoingenerale. MA, NOI DICIAMO, ANCHE PER IL MOVIMENTO OPERAIO IN ITALIA. La maggior parte delle lavoratrici sono immigrate, vengono dal Nepal, Arunachal, Assam, Jharkhand. Vivono in alloggi in affitto nella vicinanze, Aliar, Gaon, Gurgaon o Dharuhera, per una magro salario di circa il 6-7 mila rupie al mese. Non percepiscono nulla dal mese di ottobre e si accollano le spese di viaggio, vitto, affitto ecc, senza compromettere il loro impegno in questa battaglia! Raj Kumari aveva le lacrime agli occhi mentre cenavamo ieri sera. Ci diceva: non riesco a mangiare mentre le mie compagne sono digiune da giorni. Quando le abbiamo chiesto perché stava facendo tutto questo, ci ha detto risposto che tra un paio d'anni si sarebbe sposata, e che voleva poter ricordare di aver fatto qualcosa di radicale. Ci sono tante altre sue compagne che hanno lasciato a casa figli e mariti per partecipare alla lotta.
ASTI
Theka Mazdoor Sangharsh Samiti - 5
lavoratrici e 2 lavoratori della ASTI
Electronics sono in sciopero della fame da 14 giorni!
Mobilitiamoci per salvare la
loro vita e sostenere la loro lotta per mettere fine al sistema
del
precariato!
Aggionamento: 9
Dicembre 2014
Occupazione e sciopero
alla fabbrica della ASTI electronics questa
mattina del sindacato dei lavoratori a tempo
indeterminato
all’interno e dei precari ai cancelli.
Enorme lo spiegamento di forze
di
polizia nei locali della
fabbrica
e ai cancelli. E continua
ad
aumentare. Lavoratori dei sindacati
della
Maruti Suzuki di Manesar,
Suzuki
Powertrain, Suzuki Moto,
Omax Auto, Satyam Auto
ed Endurance hanno raggiunto i cancelli
della fabbrica e si sono uniti in
solidarietà,
mentre si ancora altri
lavoratori
e sindacati si stanno rapidamente unendo a
noi.
Stamattina, uno degli
appaltatori della Sandeep, ha schiaffeggiato e offeso Pratap,
presidente del sindacato lavoratori ASTI, nel corso di una lite
in
seguito alla protesta dei nastri neri e lo sciopero della mensa
attuato dai lavoratori a tempo indeterminato del sindacato a
sostegno
dei lavoratori precari in presidio (dharna) davanti ai cancelli
della
fabbrica. Tutti i lavoratori a tempo indeterminato dentro lo
stabilimento si sono fermati in sit-in all'interno della
fabbrica
ora.
Ieri, quando l’Ispettore
del Lavoro di Gurgaon, Ishwar Singh Hooda, è venuto a convincere
e
costringerci a sospendere lo sciopero della fame al morte, tutti
i
lavoratori hanno rifiutato uniti e decisi a proseguire oggi col
15°
giorno di sciopero della fame e 39° giorno di dharna ai cancello
della fabbrica. Una lavoratrice in sciopero della fame, Bhavna è
stata oggi ricoverata in ospedale, mentre l'amministrazione
persiste
nel suo ostinato atteggiamento antioperaio.
Sempre ieri nell'incontro
tra l'ALC (Commissario del Lavoro aggiunto) di Gurgaon, si sono
presentati in solidarietà anche i sindacati dei lavoratori
dell’ASTI
Electronics di Munjal Kiriu (essi stessi in sciopero dal 24
settembre
2014), della Maruti Suzuki di Manesar, Maruti Suzuki di Gurgaon,
Suzuki Powertrain, Suzuki Motocicli, Dharuhera autoaccessori,
Endurance Manesar, Baxter Manesar, Hero Honda Manesar. Anche
altri
rappresentanti della società civile di Delhi, come PUDR, sono
intervenuti in soldarietà. Ma, sotto pressione e per conto della
direzione, che ha chiesto altri tre giorni di tempo, il
ministero del
Labour non ha dato nessuna garanzia concreta.
Oggi solidarietà lo
sciopero e l’azione dei lavoratori a tempo indeterminato ci
hanno
dato coraggio e dimostrato che la nostra lotta non è vana, che è
parte della lotta comune di tutti i lavoratori al di là delle
divisioni contrattuali di tutte le fabbriche nella cintura
industriale!
Theka
Pratha Murabad!
Inqlab
Zindabad!
13/12/14
MADRI CHE UCCIDONO I FIGLI
Riportiamo di seguito l'articolo di una compagna scritto nel marzo scorso quanto mai attuale con un'analisi che conferma che non di singoli casi si tratta ma di episodi che si ripetono per cui si deve guardare alle cause sociali che li generano
******
UCCISIONE DEI FIGLI DA PARTE DELLA MADRE, LASCIATE I VOSTRI LAMENTI SCANDALIZZATI, E' QUESTO SISTEMA IL VERO ASSASSINO...
Non si tratta di episodi a sé stanti ma di fenomeni sociali.
Nelle attuali condizioni di grave crisi, di estrema pesantezza ideologica, morale esplodono le contraddizioni, esplode la pesantezza delle condizioni di vita, la difficoltà a trovarsi da sola nelle cura dei figli e del loro futuro.
La crisi non è solo economica, è crisi ideologica, di impotenza disperante di fronte alle difficoltà di vita; del venir meno di valori, il rapporto di coppia, la famiglia, la tranquillità delle condizioni di vita, valori non certo di per sè positivi, che anzi contengono già un nucleo di devastazione, di deviazione, di accecamento per quello che sono o possono essere in questo sistema sociale oppressivo i rapporti d'amore, le famiglie, i concetti di tranquillità, ecc., che possono trasformarsi da puntelli di felicità, di garanzia, in realtà che si ritorcono contro, diventando tante catene pratiche e mentali.
A questo si unisce la condizione di solitudine, l'affrontare i problemi come se fossero solo personali - cosa assolutamente non vera, soprattutto per le donne - la chiusura disperante nel proprio particolare.
Ma tutto questo è frutto di un sistema sociale che esaspera i problemi, che propaganda a piene mani l'antisocialità, l'individualismo, o una socialità fatta di tante singole persone "per bene" ognuna chiusa nella propria casa, in cui il "sociale" viene deviato, o concentrato nelle spazzature di programmi televisivi, come il misurare le persone per le loro "capacità individuali a farcela" e colpevolizzare/isolare di fatto tutti gli altri.
In questo modo si devia la disperazione verso sè stessi, o verso le vite delle persone su cui puoi avere un misero potere (i figli), invece di rivolgersi contro un sistema che crea tutto questo, e in questo trovare le ragioni sociali, collettive.
Nelle attuali condizioni di grave crisi, di estrema pesantezza ideologica, morale esplodono le contraddizioni, esplode la pesantezza delle condizioni di vita, la difficoltà a trovarsi da sola nelle cura dei figli e del loro futuro.
La crisi non è solo economica, è crisi ideologica, di impotenza disperante di fronte alle difficoltà di vita; del venir meno di valori, il rapporto di coppia, la famiglia, la tranquillità delle condizioni di vita, valori non certo di per sè positivi, che anzi contengono già un nucleo di devastazione, di deviazione, di accecamento per quello che sono o possono essere in questo sistema sociale oppressivo i rapporti d'amore, le famiglie, i concetti di tranquillità, ecc., che possono trasformarsi da puntelli di felicità, di garanzia, in realtà che si ritorcono contro, diventando tante catene pratiche e mentali.
A questo si unisce la condizione di solitudine, l'affrontare i problemi come se fossero solo personali - cosa assolutamente non vera, soprattutto per le donne - la chiusura disperante nel proprio particolare.
Ma tutto questo è frutto di un sistema sociale che esaspera i problemi, che propaganda a piene mani l'antisocialità, l'individualismo, o una socialità fatta di tante singole persone "per bene" ognuna chiusa nella propria casa, in cui il "sociale" viene deviato, o concentrato nelle spazzature di programmi televisivi, come il misurare le persone per le loro "capacità individuali a farcela" e colpevolizzare/isolare di fatto tutti gli altri.
In questo modo si devia la disperazione verso sè stessi, o verso le vite delle persone su cui puoi avere un misero potere (i figli), invece di rivolgersi contro un sistema che crea tutto questo, e in questo trovare le ragioni sociali, collettive.
MC
******
Madre uccide figlio di 9 mesi: "L'ho gettato in mare, pensavo fosse malato" 12 dicembre 2014
HA CONFESSATO LA MAMMA DI BORDIGHERA: "SONO STATA IO. L'HO PORTATO AL LARGO, A NUOTO, A BUSSANA. POI L'HO ANNEGATO"
_________________________
Loris, la mamma in carcere per omicidio. (Ragusa)
________________
Morta a Palermo la neonata trovata nel cassonetto: rintracciata la madre, è in stato di fermo 24 novembre 2014
11/12/14
Assemblea a Teramo: LA REPRESSIONE CI RIGUARDA TUTTE!
Ci uccidono, ci stuprano, ci danno polizia, è questa la loro democrazia!
L'aumento esponenziale dei femminicidi, l'ultimo ieri nella riviera ligure subito dopo le due uccisioni di donne del giorno prima, mostra ancora una volta il vero volto del sistema capitalistico. Un sistema che con la crisi si fa sempre più aggressivo, come lo stato borghese che lo sostiene.
I provvedimenti di "ordine pubblico" con cui lo Stato risponde alla questione della violenza sulle donne, non fanno altro che aumentare il clima di controllo, oppressione e repressione sulle donne, sulle legittime istanze popolari, dei territori, dei migranti.
Lo abbiamo visto con la Bossi-Fini dopo l'omicidio di Giovanna Reggiani, lo abbiamo visto con il cosiddetto decreto anti femminicidio del governo Letta e lo vediamo adesso, dopo il decreto legge del governo Renzi: tutte le misure sancite dai governi di questo stato borghese, oltre a penalizzare le donne vittime di violenza familiare e stalking, sono esse stesse il problema, andando ad aumentare un humus maschilista, fascista, reazionario e securitario che alimenta la violenza sulle donne e la loro repressione.
Lo abbiamo visto con le violenze delle forze dell'ordine sulle attiviste No Tav, sulle compagne e le donne caricate ai cortei e ai presidi per il diritto alla casa e al lavoro; lo abbiamo visto nelle celle di pubblica sicurezza, nelle caserme, nei carceri e nei Cie; lo abbiamo visto nella violenza efferata sulle donne stuprate e uccise manu militari ad opera dei loro mariti, padri o ex, appartenenti alle forze dell'ordine, soldatini impiegati in operazioni "strade sicure", ecc
Questo Stato quindi non è la soluzione, ma il problema.
Per questo diciamo che la repressione ci riguarda tutte e pubblichiamo di seguito l'appello di Davide Rosci e Mauro Gentile per un'assemblea nazionale a Teramo contro la repressione e per l'abolizione del fascista Codice Rocco:
Per questo diciamo che la repressione ci riguarda tutte e pubblichiamo di seguito l'appello di Davide Rosci e Mauro Gentile per un'assemblea nazionale a Teramo contro la repressione e per l'abolizione del fascista Codice Rocco:
Carissimi Compagni,
vi allego alla presente la locandina e l’appello scritto da
me e Mauro Gentile per invitarvi
personalmente all’assemblea nazionale contro la repressione e per l’abolizione
del Codice Rocco che si svolgerà a Teramo il 20 dicembre prossimo.
Vi prego di voler dare all’evento, soprattutto in questi
ultimi giorni, il più ampio spazio possibile sui vostri profili facebook e siti
internet oltre che girare lo stesso ai vostri contatti.
Il 25 aprile del 2015 sarà il 70° anniversario della
liberazione d’Italia dal nazifascismo, ma nonostante il sacrificio dei nostri
Partigiani ancora è in vigore un codice fascista, il Codice Rocco, che ieri come
oggi viene utilizzato al solo fine di reprimere chi non ha intenzione di piegare
la testa dinanzi ad un sistema irricevibile fatto di disuguaglianze e
imposizioni.
Lo stesso, grazie al reato di Devastazione e Saccheggio,
prevede pene pesantissime ed a riguardo diversi sono i compagni attualmente
reclusi per gli scontri del G8 di Genova del 2001(scontano pene dai 10 ai 15 anni) così come noi inquisiti per gli scontri di Roma del 15
ottobre 2011 condannati in appello a pene tra i 7 ed i 9 anni(ridotte per aver
scelto il rito abbreviato).
Purtroppo nessuno nel corso della storia ha mai avuto la
voglia e il coraggio di abolire questo residuo fascista e forse mai come oggi ci
sembra giunto il momento di ultimare, una volta per tutte, il lavoro iniziato
durante la guerra di Liberazione.
Vi invito pertanto a non mancare alla suddetta assemblea
perché pensiamo che solo se saremo uniti e decisi riusciremo a raggiungere
l’obbiettivo che l’assemblea si pone: abolire il codice rocco e combattere
quella sporca repressione che ormai abbiamo conosciuto un po’ tutti fin troppo
bene sulla nostra pelle.
La crisi aumenta, le destre avanzano e la repressione si
abbatte forte contro chi lotta, se fino ad ieri i nemici del Popolo hanno avuto
vita facile dal 20 dicembre in poi ci troveranno tutti dietro la stessa
barricata.
Fino alla vittoria! A pugno chiuso!
"Ognuno di noi deve
dare qualcosa per fare in modo che alcuni di noi non siano costretti a dare
tutto"
Di seguito link dell’evento facebook (magari invitate i vs
contatti) e un’interessante documentario sul reato di Devastazione e Saccheggio.
https://www.youtube.com/watch?v=nqJW-VW8DIg
https://www.youtube.com/watch?v=nqJW-VW8DIg
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