14/05/12

La Fornero sconfitta da due operaie

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Maternità “lunga” negata a due metalmeccaniche che fanno causa al ministero del Lavoro. E vincono

Due neomamme, operaie alla catena di montaggio in un’azienda metalmeccanica della Marca, hanno vinto la causa contro la Fornero. Il giudice ha infatti riconosciuto loro il diritto alla maternità «lunga», negata invece dal ministero del Lavoro. Le due donne avevano chiesto di poter restare a casa fino al compimento del settimo mese del bimbo, secondo quanto previsto dalla legge in materia di occupazioni usuranti. E loro, in quanto addette al montaggio di lavastoviglie e costrette a stare in piedi tutto il giorno sollevando pesi e inalando vernici, ritenevano di poter beneficiare a pieno titolo di tale estensione. Lo Spisal, dopo un controllo in fabbrica, ha però risposto negativamente e lo stesso ha fatto il ministero del Lavoro: la maternità poteva essere prolungata, ma solo come «facoltativa» e pertanto con uno stipendio ridotto.

A questo punto le due operaie, sostenute dalla Cgil e assistite dagli avvocati Carlo Galeotafiore e Diletta Andreatta, hanno avviato una causa di lavoro davanti al tribunale di Treviso contro Inps e ministero sostenendo l’illegittimità del provvedimento. La sentenza, pronunciata dal giudice Marco Rinaldi, è arrivata martedì scorso: il tribunale ha riconosciuto il lavoro usurante e il conseguente diritto delle neomamme alla maternità-lunga; ha pertanto condannato l’Inps a versare le indennità spettanti e il ministero al pagamento di tutte le spese del procedimento, consulenza tecnica compresa.

La vicenda ha inizio nell’aprile 2008 quando, a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, le due operaie comunicano alla Direzione Provinciale del Lavoro lo stato di gravidanza e chiedono di poter anticipare la maternità in quanto addette a mansioni faticose, pericolose, insalubri e pregiudizievoli per la loro salute. Lo Spisal di Montebelluna, che interviene sul posto, dà il suo assenso. Una volta partorito, le due operaie riformulano la domanda chiedendo, stavolta,una proroga della maternità obbligatoria e facendo sempre riferimento all’attività in catena di montaggio. Mansioni ritenute lesive della sicurezza e della salute. Stavolta, però, la risposta è negativa. «Un provvedimento illegittimo», secondo gli avvocati Galotafiore e Andreatta che, davanti al giudice, hanno sottolineato la contradditorietà rispetto all’assenso dato in precedenza alle due donne e dato inoltre ad altre lavoratrici della fabbrica, adibite a mansioni meno faticose. Il giudice Rinaldi ha nominato un consulente tecnico che ha fatto un sopralluogo in azienda. La conclusione? «Quanto rilevato configura condizioni di lavoro faticose e pericolose, anche a prescindere dall’aspetto di tutela delle norme sul puerperio per le lavoratrici madri», a scritto. Conseguente il riconoscimento alle due operaie dell’integrazione di stipendio rispetto a quanto pagato dopo il terzo mese del bimbo. La somma dovrà essere versata dall’Inps, ma il ministero della Fornero dovrà rifondere tutte le spese.




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