lavoratrici, precarie, disoccupate Slai cobas per il sindacato di classe
le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
Sull'assemblea a Pomigliano di ieri:
"Rosa operaio
Da tempo non si sentiva parlare di politica, quella con la “P” maiuscola… i politici ed i sindacalisti di “professione” sono ormai distanti anni luce dalla realtà quotidiana che è “politica”, quella realtà che vivono le famiglie operaie, le famiglie di quella parte del paese offesa da leggi pensate e scritte solo contro di loro, di quella parte del paese che non vuole più subire, ma vuole ritrovare la forza di dire NO…con coraggio.
Pomigliano è storia passata, ma anche resistenza odierna…a Pomigliano esiste ancora quella cultura operaia, quel protagonismo, quella voglia di reagire che ne fa un punto di riferimento, come Arese. A Pomigliano, attorno a Pomigliano, vivono migliaia di famiglie, migliaia di attività commerciali nate e cresciute grazie al lavoro e alle lotte, cresciute non economicamente, ma insieme e coscientemente. Perché lavorare assieme sotto la catena di montaggio, lottare assieme per i propri diritti, vivere assieme le stesse difficoltà e le stesse gioie fa politica, fa coscienza…coscienza di classe.
A Pomigliano si sa cos’è e cosa rappresenta il padrone, cosa vuole e cosa accade se nessuno si ribella…lo sanno gli operai…e lo sanno soprattutto le loro donne.
Sì le donne quelle che senza tuta blu hanno il cuore blu, la testa blu, gli occhi blu…hanno cioè dentro di loro il significato del passato, le difficoltà del presente e la voglia di un futuro migliore per i loro figli.
Nell’aula sindacale dello Slai cobas di Pomigliano era tanta la gente intervenuta che molti hanno dovuto seguire l’assemblea da fuori i balconi.
Oggi i protagonisti non erano né i politici né i sindacalisti…i protagonisti, anzi le protagoniste, erano loro, quelle donne mogli degli operai della fabbrica di Pomigliano o anche mogli ed operaie allo stesso tempo, che appena pochi giorni fa scrissero a quelle di Termini Imerese nvitandole a smetterla di credere che le “preghiere” al Presidente della Repubblica o le “suppliche” al Papa siano il giusto percorso per ritrovare quella dignità che i mille e più accordi concertativi hanno lentamente tolto a chi lavora onestamente.
Dopo quell’appello, dopo quella lettera dalle donne della Basilicata, dalle mogli degli operai della Fincantieri, da quelle dei Cantieri Navali di Trapani, dalle lavoratrici e dai lavoratori precari siciliani si è alzato lo stesso urlo…la stessa voglia di ricominciare ad essere, a valere, come corpo
unico, non più “guidato” da questo o quel sindacato, da questo o quel partito politico…
“Siamo stanche di vedere la nostra famiglia soffrire…di vedere i nostri mariti sconfortati…i nostri figli senza speranze - dice Maria Molinari moglie di un operaio - i nostri uomini da soli non possono farcela…dobbiamo scendere con loro in piazza…”
“In Basilicata c’è il deserto industriale…chiuse quelle poche realtà che rimangono saremo tutti disoccupati - continua un’operaia della Parmalat - quando noi donne scendiamo in campo difendiamo i veri valori, non quelli legati ai soldi, quelli della vita, della dignità. Questa è una guerra non dichiarata contro di noi, contro i nostri figli, le nostre famiglie…ora tocca a noi entrarci”.
“Ero con i banchi nuovi, un’ organizzazione di disoccupati napoletani…ho lottato per entrare alla Fiat…la Fiat al Sud non voleva le donne…ma non abbiamo mollato…e sono entrata a lavorare - testimonia Antonietta Abate operaia Fiat - Come ho lottato per entrare così so che per mantenere il mio posto di lavoro debbo continuare a lottare…”
“Operaia e moglie di operaio…mi toccano entrambe le cose - è Anna Solimeno che lo dice - quando è arrivato Marchionne, ed eravamo tutti in cassa integrazione, vidi il filmato che la Fiat mandò, per pubblicizzare la “nuova fabbrica Italia”, sulle tv…da operaia, da moglie, da madre non potevo accettare di essere presa in giro così…scrivere mi venne di getto…e quella lettera fece il giro d’Italia…perché veniva dal cuore, quello che solo noi sappiamo cosa essere. Noi sappiamo cosa significa dignità e vediamo, sotto i nostri occhi, le cose peggiorare giorno dopo giorno. Tutta Pomigliano sta pagando le “scelte” della Fiat, chiudono negozi ed attività commerciali, l’indotto
è in crisi, noi a stento arriviamo a fine mese. Possiamo, dobbiamo lottare uniti…non abbiamo alternative se vogliamo un futuro diverso”.Rinasce a Pomigliano, dalle donne, ciò che non è mai morto…il desiderio di vivere ed essere parte concreta della creazione del proprio futuro; la forza
arriva dalle donne…quelle che hanno impressa sulla loro pelle la coscienza di cosa significhi soffrire e lottare…
“E’ solo l’inizio di un percorso…vogliamo parlare con la gente, città per città, strada per strada, anche casa per casa…dobbiamo unirci e lottare tutti assieme”…ci vediamo ad Acerra il 2 Giugno!"
"Rosa operaio
Da tempo non si sentiva parlare di politica, quella con la “P” maiuscola… i politici ed i sindacalisti di “professione” sono ormai distanti anni luce dalla realtà quotidiana che è “politica”, quella realtà che vivono le famiglie operaie, le famiglie di quella parte del paese offesa da leggi pensate e scritte solo contro di loro, di quella parte del paese che non vuole più subire, ma vuole ritrovare la forza di dire NO…con coraggio.
Pomigliano è storia passata, ma anche resistenza odierna…a Pomigliano esiste ancora quella cultura operaia, quel protagonismo, quella voglia di reagire che ne fa un punto di riferimento, come Arese. A Pomigliano, attorno a Pomigliano, vivono migliaia di famiglie, migliaia di attività commerciali nate e cresciute grazie al lavoro e alle lotte, cresciute non economicamente, ma insieme e coscientemente. Perché lavorare assieme sotto la catena di montaggio, lottare assieme per i propri diritti, vivere assieme le stesse difficoltà e le stesse gioie fa politica, fa coscienza…coscienza di classe.
A Pomigliano si sa cos’è e cosa rappresenta il padrone, cosa vuole e cosa accade se nessuno si ribella…lo sanno gli operai…e lo sanno soprattutto le loro donne.
Sì le donne quelle che senza tuta blu hanno il cuore blu, la testa blu, gli occhi blu…hanno cioè dentro di loro il significato del passato, le difficoltà del presente e la voglia di un futuro migliore per i loro figli.
Nell’aula sindacale dello Slai cobas di Pomigliano era tanta la gente intervenuta che molti hanno dovuto seguire l’assemblea da fuori i balconi.
Oggi i protagonisti non erano né i politici né i sindacalisti…i protagonisti, anzi le protagoniste, erano loro, quelle donne mogli degli operai della fabbrica di Pomigliano o anche mogli ed operaie allo stesso tempo, che appena pochi giorni fa scrissero a quelle di Termini Imerese nvitandole a smetterla di credere che le “preghiere” al Presidente della Repubblica o le “suppliche” al Papa siano il giusto percorso per ritrovare quella dignità che i mille e più accordi concertativi hanno lentamente tolto a chi lavora onestamente.
Dopo quell’appello, dopo quella lettera dalle donne della Basilicata, dalle mogli degli operai della Fincantieri, da quelle dei Cantieri Navali di Trapani, dalle lavoratrici e dai lavoratori precari siciliani si è alzato lo stesso urlo…la stessa voglia di ricominciare ad essere, a valere, come corpo
unico, non più “guidato” da questo o quel sindacato, da questo o quel partito politico…
“Siamo stanche di vedere la nostra famiglia soffrire…di vedere i nostri mariti sconfortati…i nostri figli senza speranze - dice Maria Molinari moglie di un operaio - i nostri uomini da soli non possono farcela…dobbiamo scendere con loro in piazza…”
“In Basilicata c’è il deserto industriale…chiuse quelle poche realtà che rimangono saremo tutti disoccupati - continua un’operaia della Parmalat - quando noi donne scendiamo in campo difendiamo i veri valori, non quelli legati ai soldi, quelli della vita, della dignità. Questa è una guerra non dichiarata contro di noi, contro i nostri figli, le nostre famiglie…ora tocca a noi entrarci”.
“Ero con i banchi nuovi, un’ organizzazione di disoccupati napoletani…ho lottato per entrare alla Fiat…la Fiat al Sud non voleva le donne…ma non abbiamo mollato…e sono entrata a lavorare - testimonia Antonietta Abate operaia Fiat - Come ho lottato per entrare così so che per mantenere il mio posto di lavoro debbo continuare a lottare…”
“Operaia e moglie di operaio…mi toccano entrambe le cose - è Anna Solimeno che lo dice - quando è arrivato Marchionne, ed eravamo tutti in cassa integrazione, vidi il filmato che la Fiat mandò, per pubblicizzare la “nuova fabbrica Italia”, sulle tv…da operaia, da moglie, da madre non potevo accettare di essere presa in giro così…scrivere mi venne di getto…e quella lettera fece il giro d’Italia…perché veniva dal cuore, quello che solo noi sappiamo cosa essere. Noi sappiamo cosa significa dignità e vediamo, sotto i nostri occhi, le cose peggiorare giorno dopo giorno. Tutta Pomigliano sta pagando le “scelte” della Fiat, chiudono negozi ed attività commerciali, l’indotto
è in crisi, noi a stento arriviamo a fine mese. Possiamo, dobbiamo lottare uniti…non abbiamo alternative se vogliamo un futuro diverso”.Rinasce a Pomigliano, dalle donne, ciò che non è mai morto…il desiderio di vivere ed essere parte concreta della creazione del proprio futuro; la forza
arriva dalle donne…quelle che hanno impressa sulla loro pelle la coscienza di cosa significhi soffrire e lottare…
“E’ solo l’inizio di un percorso…vogliamo parlare con la gente, città per città, strada per strada, anche casa per casa…dobbiamo unirci e lottare tutti assieme”…ci vediamo ad Acerra il 2 Giugno!"
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