Champion, la fuga delle donne sedici madri si sono già licenziate. L'alternativa è accettare il
trasferimento a Carpi. I vertici della fabbrica convocati dalla Regione non si presentano. Simoncini: grave mancanza. La figlia non ha ancora 3 anni, lei fa già la pendolare per andare a
lavorare alla Champion, a Scandicci. Ora dovrebbe finire assai più lontano: a Carpi, dove la Champion ha deciso di ritirarsi, chiudendo dal 2 luglio lo stabilimento di Scandicci e offrendo ai 50 dipendenti, quasi tutti donne, l'unica alternativa del trasferimento. «L'azienda ci dice: o venite o non avete altra scelta - racconta la lavoratrice - Noi non abbiamo chiesto al principale di non trasferirsi, ma solo aiuto: gli ammortizzatori per chi non può trasferirsi per entrare nelle liste di mobilità e avere un opportunità di trovare un altro lavoro. Ci ha risposto picche e sai quanti sogni ci ha portato via. L'angoscia mi ruba le notti. Per andare a Carpi dovrei lasciare la bimba ai nonni. Mi licenzierò, ma senza liste di mobilità oggi non si trova lavoro».
Nasconde il nome, come fanno tutte alla Champion perché già fioccano i provvedimenti disciplinari, come avverte il sito «vertenza Champion Scandicci» aperto dalle dipendenti su Facebook. Inutilmente le istituzioni locali, Regione, Provincia e Comune di Scandicci hanno cercato la Champion che arrogantemente si rifiuta. L'ultimo schiaffo ieri, quando pareva che l'azienda avesse detto di sì all'invito dell'assessore regionale Simoncini. Invece non si è presentata. «Boicottiamo tutti i suoi prodotti, a cominciare dal negozio nel centro Coop di San Lorenzo a Greve», reagisce Gheri. Commenta Simoncini: «E' una grave mancanza di rispetto verso le istituzioni e i lavoratori». Esterrefatte le lavoratrici: «Il comportamento dell'azienda è
incredibile, mai visto. A chi non può muoversi ha negato tutto, non solo gli ammortizzatori, ma anche i licenzianti che porterebbero anch'essi alla mobilità. Perfino le dimissioni concordate che ci darebbero il sussidio di disoccupazione. Non resta che andarsene e restare senza un euro e senza
lavoro. Ci ridono in faccia: fregatevene della famiglia», spiega una.
Se ne sono già autolicenziate 16 e lo faranno altre 15, racconta Facebook. Le uniche che potranno avere il sussidio di disoccupazione sono quelle con il figlio sotto l'anno: stanno correndo a dimettersi prima che i bambini il fatidico anno lo compiano. Chi è ancora a casa in maternità si tortura: «Mi licenzio, non mi licenzio. Poverino, è appena nato mio figlio e non si gode neanche una mamma felice. E io non mi godo un periodo così bello. Senza lavoro è brutto, ma senza figli è peggio. E l'azienda di noi se ne infischia». Si tormenta anche la mamma di due ragazzi più grandi: «A Carpi non posso andare, loro vanno a scuola qui, la casa l'ho comprata con il mutuo, mio marito non può trasferirsi».
trasferimento a Carpi. I vertici della fabbrica convocati dalla Regione non si presentano. Simoncini: grave mancanza. La figlia non ha ancora 3 anni, lei fa già la pendolare per andare a
lavorare alla Champion, a Scandicci. Ora dovrebbe finire assai più lontano: a Carpi, dove la Champion ha deciso di ritirarsi, chiudendo dal 2 luglio lo stabilimento di Scandicci e offrendo ai 50 dipendenti, quasi tutti donne, l'unica alternativa del trasferimento. «L'azienda ci dice: o venite o non avete altra scelta - racconta la lavoratrice - Noi non abbiamo chiesto al principale di non trasferirsi, ma solo aiuto: gli ammortizzatori per chi non può trasferirsi per entrare nelle liste di mobilità e avere un opportunità di trovare un altro lavoro. Ci ha risposto picche e sai quanti sogni ci ha portato via. L'angoscia mi ruba le notti. Per andare a Carpi dovrei lasciare la bimba ai nonni. Mi licenzierò, ma senza liste di mobilità oggi non si trova lavoro».
Nasconde il nome, come fanno tutte alla Champion perché già fioccano i provvedimenti disciplinari, come avverte il sito «vertenza Champion Scandicci» aperto dalle dipendenti su Facebook. Inutilmente le istituzioni locali, Regione, Provincia e Comune di Scandicci hanno cercato la Champion che arrogantemente si rifiuta. L'ultimo schiaffo ieri, quando pareva che l'azienda avesse detto di sì all'invito dell'assessore regionale Simoncini. Invece non si è presentata. «Boicottiamo tutti i suoi prodotti, a cominciare dal negozio nel centro Coop di San Lorenzo a Greve», reagisce Gheri. Commenta Simoncini: «E' una grave mancanza di rispetto verso le istituzioni e i lavoratori». Esterrefatte le lavoratrici: «Il comportamento dell'azienda è
incredibile, mai visto. A chi non può muoversi ha negato tutto, non solo gli ammortizzatori, ma anche i licenzianti che porterebbero anch'essi alla mobilità. Perfino le dimissioni concordate che ci darebbero il sussidio di disoccupazione. Non resta che andarsene e restare senza un euro e senza
lavoro. Ci ridono in faccia: fregatevene della famiglia», spiega una.
Se ne sono già autolicenziate 16 e lo faranno altre 15, racconta Facebook. Le uniche che potranno avere il sussidio di disoccupazione sono quelle con il figlio sotto l'anno: stanno correndo a dimettersi prima che i bambini il fatidico anno lo compiano. Chi è ancora a casa in maternità si tortura: «Mi licenzio, non mi licenzio. Poverino, è appena nato mio figlio e non si gode neanche una mamma felice. E io non mi godo un periodo così bello. Senza lavoro è brutto, ma senza figli è peggio. E l'azienda di noi se ne infischia». Si tormenta anche la mamma di due ragazzi più grandi: «A Carpi non posso andare, loro vanno a scuola qui, la casa l'ho comprata con il mutuo, mio marito non può trasferirsi».
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