NIENTE DA FESTEGGIARE MOLTO PER CUI LOTTARE!!
Il capitalismo è ormai da tempo in una crisi strutturale che investe tutte le sfere: dell’economia, della politica e dei rapporti sociali. Gli attacchi durissimi, accentuati dalla presenza della crisi, alle conquiste sociali ed economiche delle/dei lavoratrici/lavoratori stanno avendo conseguenze pesantissime su tutti ma soprattutto sulle donne.Proprio in questa fase di crisi, emerge in maniera sempre più evidente una vera e propria femminilizzazione della povertà: le donne sono i primi soggetti che vengono espulsi dalla produzione, sono quelle che, essendo impiegate principalmente in lavori precari, ancora meno degli altri lavoratori riescono a godere dei cosiddetti ammortizzatori sociali il che le colloca in una posizione di subalternità nei confronti dell’uomo e dello Stato.
Le donne sono state storicamente usate dal capitalismo per introdurre elementi di maggiore ricattabilità nel mercato del lavoro, per attuare forme di lavoro estreme ed alienanti, per indebolire e frammentare la classe lavoratrice e per affermare un modello di società violenta e repressiva.
Oggi, sebbene la precarietà abbia cessato di essere prerogativa del lavoro femminile per divenire paradigma generale, le donne continuano a pagare il prezzo più alto: discriminazioni salariali, un numero ed una permanenza maggiore nel precariato, svilimento delle competenze, una più elevata difficoltà ad accedere al mondo del lavoro, le illegali “dimissioni” in bianco per liberarsi di donne in maternità. A ciò si aggiungono i recenti provvedimenti per innalzare a 65 anni l’età pensionabile delle donne e per estendere il lavoro notturno anche a quelle in maternità ed in allattamento fino ad oggi tutelate dai contratti.
Non ultimo è l’attacco portato avanti dalla riforma della scuola della ministra Gelmini. Con l’introduzione del maestro unico, non solo si tagliano posti di lavoro, in gran parte femminili, ma attraverso la riduzione del tempo pieno si toglie alle donne lavoratrici uno dei pochi servizi che rendono possibile conciliare lavoro e famiglia. Questo ennesimo taglio allo stato sociale costringerà le donne a rinunciare al proprio lavoro ed a ritornare a casa, forzandole ha svolgere l’unico e solo ruolo che è stato loro riconosciuto nella storia: quello di madri a casa a farsi carico dei propri figli, sottomesse al potere patriarcale e con a loro carico i costi di riproduzione.
Ma ciò che in questa fase ci indigna, s’è possibile, ancora di più è la spudorata strumentalizzazione del corpo della donna. Mentre, persino le statistiche ufficiali sono costrette ad ammettere che la violenza sulle donne avviene prevalentemente all’interno delle mura domestiche ad opera di padri, mariti, compagni, il governo ed i media a suo servizio, per spostare l’attenzione dalla crisi, dal degrado, dal senso di precarietà della vita e del lavoro, stanno utilizzando gli stupri di questi giorni per innestare una vera e propria ossessione securitaria che ha dato vita a un pacchetto di norme xenofobe e razziste che nulla hanno a che fare con la presunta “tutela” delle donne. Il pacchetto sicurezza, le ronde razziste/neofasciste e la militarizzazione del territorio hanno il solo scopo di criminalizzare gli immigrati rendendoli, se possibile, ancora più ricattabili, di additarli come gli unici responsabili del malessere dei cittadini e, nel generale clima di paura, favorire lo scontro tra poveri e l’ulteriore scomposizione e frammentazione della classe lavoratrice.
Per rendersi conto di quanto poco valgano per questi signori le vite delle donne, basta guardare al pesante silenzio del governo sulle centinaia di donne uccise e violate tra le mura di casa ed allo stesso disegno di legge sugli stupri presentato dalla Carfagna nel quale, ancora una volta, con la logica dei due pesi e due misure, si prevede una maggiore indulgenza verso il colpevole di violenza quando questo è un partner o un familiare.
E’ per questo che, come già avvenuto nelle nostre manifestazioni contro la violenza, diciamo NO alla strumentalizzazione del nostro corpo e ribadiamo con forza che la sicurezza delle donne passa attraverso la loro autodeterminazione, il diritto al lavoro o al reddito e alla piena soddisfazione di bisogni e desideri!
In questo 8 marzo noi donne non abbiamo NIENTE DA FESTEGGIARE ma MOLTO PER CUI LOTTARE
- Contro le discriminazioni salariali, il ricatto delle dimissioni in bianco e l’innalzamento dell’età pensionabile
- Contro il pacchetto sicurezza e le norme xenofobe
- Contro il disegno di legge Carfagna
- Contro il decreto Gelmini che trasforma la scuola in autoritaria e razzista e precarizza ulteriormente la vita delle donne
DOMENICA 8 MARZO
Ore 10: 00 Presidio itinerante - Via Ponte di Tappia (di fronte alla Feltrinelli)
LA VOSTRA SICUREZZA NON E’ LA NOSTRA!
Coordinamento Napoletano Donne in lotta!
Nessun commento:
Posta un commento