27/09/21

Depenalizzazione aborto: a S. Marino vincono le donne

A San Marino abortire non sarà più illegale: il 77% dei cittadini votanti del Titano lo ha deciso domenica 26 settembre, votando sì al referendum sulla depenalizzazione dell’aborto indetto dall’Unione Donne Sammarinesi (Uds) con un lungo iter iniziato formalmente a gennaio 2021, ma di fatto decenni fa.



“77%. Le gambe delle donne portano lontano”: è stato il commento dell’associazione femminista alla chiusura dei seggi, con una citazione della Smorfia che richiama la caparbietà e la forza delle donne che hanno portato avanti la battaglia. Nel microstato incuneato tra Emilia Romagna e Marche i cittadini, circa 35.000 cittadini residenti, sono andati alle urne per cambiare una legge vecchia di 150 anni che vieta alle donne di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza pena il carcere.

Aborto, a San Marino le donne rischiavano il carcere

Il Codice Penale di San Marino punisce con la prigionia di secondo grado (da sei mesi a tre anni) sia la donna che si procura l’aborto, sia chi vi concorre o chi lo procura senza il suo consenso (all’articolo 153). Pene più “lievi” per il cosiddetto “aborto per motivo d’onore”, disciplinato dall’articolo 154, che punisce con la prigionia di primo grado (da tre mesi ad un anno) la donna libera dal vincolo matrimoniale. Due articoli che risalgono al 1865, e che sono arrivate più o meno invariate sino a oggi con varie conferme nel corso dei decenni.

Il quesito del referendum era incentrato proprio sulla modifica della legge: “Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?”. Alle 22, orario di chiusura dei seggi, il 77,30% dei votanti aveva risposto sì, per un totale di 11.119 voti favorevoli contro i 3.265 contrari. E anche se il quorum non era previsto (è stato abolito con un altro referendum nel 2016), la proporzione risulta comunque schiacciante.

Referendum aborto San Marino, una battaglia durata decenni

A consentire il referendum sono state le 3.028 firme autenticate e le 251 firme di residenti e sostenitori consegnate a maggio dall’Unione Donne Sammarinesi, che le ha raccolte nei mesi precedenti con l’obiettivo di arrivare finalmente a un cambiamento dopo 150 anni di penalizzazione dell’aborto. La campagna referendaria è iniziata venerdì 10 settembre ed è durata due settimane, periodo in cui le associazioni anti abortiste si sono contrapposte all’Unione Donne Sammarinesi tra incontri, dibattiti e manifesti, alcuni dei quali anche piuttosto espliciti (come quelli che ritraevano un feto coperto di sangue).

Al termine di un periodo intenso durato in realtà molto più di due settimane, l’Uds si era lasciata andare a un bilancio: “È stata per noi un’esperienza ricca di momenti di condivisione con la cittadinanza, anche commoventi. Abbiamo raccolto le storie di donne, coppie e famiglie lasciate sole in un momento difficile della loro vita. Il silenzio, l’indifferenza, l’abbandono e l’ipocrisia non giovano ad un Paese moderno, democratico e responsabile. Con questo Referendum stiamo provando a cambiare le cose perché pensiamo sia giunto il momento, anche se con molto ritardo - spiegano - L’interruzione volontaria di gravidanza è un fenomeno reale e solo con la gestione, la conoscenza, la tutela e la prevenzione è possibile accogliere le donne e le coppie e fornire loro tutti gli strumenti per una scelta consapevole e responsabile da cittadini meritevoli di diritti e non di criminalizzazione. La galera non è una risposta, e sicuramente non è stata una risposta efficace visto che i dati parlano di una media di 100 aborti ogni 5 anni. Non è più possibile girare la testa dall’altra parte. Per noi non è più accettabile”.

Nel corso degli anni la legge ha costretto le donne di San Marino a superare i confini del microstato e a rivolgersi a ospedali italiani per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Con il voto storico del referendum dovrebbe adesso essere sostituita da una nuova che non solo consente l’aborto entro le 12 settimane di gestazione, ma stabilisce anche una serie di altre azioni finalizzate a tutelare le donne. La proposta di legge dell’Uds, infatti, prevede una legge che “attui nella maniera più efficace ed estesa la prevenzione delle gravidanze indesiderate, per ridurre quanto più possibile il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza”, con “accesso facile e gratuito ai più moderni contraccettivi femminili e maschili, anche quelli d’emergenza, la spirale gratuita, l’educazione sessuale nelle scuole, campagne informative anche per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili”, una legge che preveda una regolamentazione precisa dell’interruzione volontaria della gravidanza chiedendo la piena collaborazione della classe medica nella stesura del testo e che preveda sì l’obiezione di coscienza, a patto però che non ostacoli l’accesso all’aborto “a chi faccia richiesta nei termini previsti dalla legge, evitando le storture che si verificano oggi in Italia e che hanno reintrodotto l’aborto clandestino”.

Aborto, la situazione in Italia

In Italia, nel 2020, le interruzioni volontarie di gravidanza effettuate sono state meno di 100.000, e il dato italiano rimane tra i valori più bassi a livello internazionale. Nel 2020 sono state (dato provvisorio) 67.638, nel 2019 poco di più, 73.207, e comunque il 4,1% in meno rispetto al 2018. Rispetto al 1983, anno in cui si è registrato il numero più alto in Italia (234.801), nel 2018 il numero risultava più che dimezzato. Cifre che potrebbero inoltre non raccontare tutta la verità, visto che le relazioni vengono stilate solo sulla base degli interventi effettuati e non sull’effettiva richiesta di accesso ai servizi da parte delle donne.

Secondo Silvana Agatone, presidente di Laiga 194, la Libera Associazione Italiana Ginecologi non obiettori per l’Applicazione della 194 (la legge che disciplina l’accesso all’aborto in Italia), proprio la 194 viene violata ogni giorno, perché all'articolo 9 prevede che "gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale". E a oggi gli ospedali italaini che erogano questo servizio sono poco più del 50%.

"L'aspetto più preoccupante è proprio quello degli ospedali - aveva detto Agatone a Today - stanno diminuendo inesorabilmente gli ospedali in cui è possibile sottoporsi a interruzione volontaria di gravidanza, il trend va avanti ormai da anni. E diminuisce anche il personale: i medici non obiettori sono pochi, vanno in pensione, e i più giovani non li sostituiscono".


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