A San Marino abortire non sarà più illegale: il 77% dei cittadini votanti del Titano lo ha deciso domenica 26 settembre, votando sì al referendum sulla depenalizzazione dell’aborto indetto dall’Unione Donne Sammarinesi (Uds) con un lungo iter iniziato formalmente a gennaio 2021, ma di fatto decenni fa.
“77%. Le gambe delle donne portano
lontano”: è stato il commento dell’associazione femminista alla chiusura dei
seggi, con una citazione della Smorfia che richiama la caparbietà e la forza
delle donne che hanno portato avanti la battaglia. Nel microstato incuneato tra
Emilia Romagna e Marche i cittadini, circa 35.000 cittadini residenti, sono
andati alle urne per cambiare una legge vecchia di 150 anni che vieta alle
donne di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza pena il carcere.
Aborto, a San Marino le donne rischiavano il carcere
Il Codice Penale di San Marino punisce con
la prigionia di secondo grado (da sei mesi a tre anni) sia la donna che si
procura l’aborto, sia chi vi concorre o chi lo procura senza il suo consenso
(all’articolo 153). Pene più “lievi” per il cosiddetto “aborto per motivo
d’onore”, disciplinato dall’articolo 154, che punisce con la prigionia di primo
grado (da tre mesi ad un anno) la donna libera dal vincolo matrimoniale. Due
articoli che risalgono al 1865, e che sono arrivate più o meno invariate
sino a oggi con varie conferme nel corso dei decenni.
Il quesito del referendum era
incentrato proprio sulla modifica della legge: “Volete che sia consentito alla
donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana
di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della
donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave
rischio per la salute fisica o psicologica della donna?”. Alle 22, orario di
chiusura dei seggi, il 77,30% dei votanti aveva risposto sì, per un totale di
11.119 voti favorevoli contro i 3.265 contrari. E anche se il quorum non era
previsto (è stato abolito con un altro referendum nel 2016), la proporzione
risulta comunque schiacciante.
Referendum aborto San Marino, una battaglia durata decenni
A consentire il referendum sono state le
3.028 firme autenticate e le 251 firme di residenti e sostenitori consegnate a
maggio dall’Unione Donne Sammarinesi, che le ha raccolte nei mesi precedenti
con l’obiettivo di arrivare finalmente a un cambiamento dopo 150 anni di
penalizzazione dell’aborto. La campagna referendaria è iniziata venerdì 10
settembre ed è durata due settimane, periodo in cui le associazioni anti
abortiste si sono contrapposte all’Unione Donne Sammarinesi tra incontri,
dibattiti e manifesti, alcuni dei quali anche piuttosto espliciti (come quelli
che ritraevano un feto coperto di sangue).
Al termine di un periodo intenso durato in
realtà molto più di due settimane, l’Uds si era lasciata andare a un bilancio:
“È stata per noi un’esperienza ricca di momenti di condivisione con la
cittadinanza, anche commoventi. Abbiamo raccolto le storie di donne, coppie e
famiglie lasciate sole in un momento difficile della loro vita. Il silenzio,
l’indifferenza, l’abbandono e l’ipocrisia non giovano ad un Paese moderno,
democratico e responsabile. Con questo Referendum stiamo provando a cambiare le
cose perché pensiamo sia giunto il momento, anche se con molto ritardo -
spiegano - L’interruzione volontaria di gravidanza è un fenomeno reale e solo
con la gestione, la conoscenza, la tutela e la prevenzione è possibile
accogliere le donne e le coppie e fornire loro tutti gli strumenti per una
scelta consapevole e responsabile da cittadini meritevoli di diritti e non di criminalizzazione.
La galera non è una risposta, e sicuramente non è stata una risposta efficace
visto che i dati parlano di una media di 100 aborti ogni 5 anni. Non è più
possibile girare la testa dall’altra parte. Per noi non è più accettabile”.
Nel corso degli anni la legge ha costretto
le donne di San Marino a superare i confini del microstato e a rivolgersi a
ospedali italiani per accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Con
il voto storico del referendum dovrebbe adesso essere sostituita da una nuova
che non solo consente l’aborto entro le 12 settimane di gestazione, ma
stabilisce anche una serie di altre azioni finalizzate a tutelare le donne. La
proposta di legge dell’Uds, infatti, prevede una legge che “attui nella maniera
più efficace ed estesa la prevenzione delle gravidanze indesiderate, per
ridurre quanto più possibile il ricorso all’interruzione volontaria di
gravidanza”, con “accesso facile e gratuito ai più moderni contraccettivi
femminili e maschili, anche quelli d’emergenza, la spirale gratuita,
l’educazione sessuale nelle scuole, campagne informative anche per la
prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili”, una legge che preveda
una regolamentazione precisa dell’interruzione volontaria della gravidanza
chiedendo la piena collaborazione della classe medica nella stesura del testo e
che preveda sì l’obiezione di coscienza, a patto però che non ostacoli
l’accesso all’aborto “a chi faccia richiesta nei termini previsti dalla legge,
evitando le storture che si verificano oggi in Italia e che hanno reintrodotto
l’aborto clandestino”.
Aborto, la situazione in Italia
In Italia, nel 2020, le interruzioni
volontarie di gravidanza effettuate sono state meno di 100.000, e il dato
italiano rimane tra i valori più bassi a livello internazionale. Nel 2020 sono
state (dato provvisorio) 67.638, nel 2019 poco di più, 73.207, e comunque
il 4,1% in meno rispetto al 2018. Rispetto al 1983, anno in cui si è registrato
il numero più alto in Italia (234.801), nel 2018 il numero risultava più che
dimezzato. Cifre che potrebbero inoltre non raccontare tutta la verità, visto
che le relazioni vengono stilate solo sulla base degli interventi effettuati e
non sull’effettiva richiesta di accesso ai servizi da parte delle donne.
Secondo Silvana Agatone, presidente di
Laiga 194,
"L'aspetto più preoccupante è proprio quello degli ospedali - aveva detto Agatone a Today - stanno diminuendo inesorabilmente gli ospedali in cui è possibile sottoporsi a interruzione volontaria di gravidanza, il trend va avanti ormai da anni. E diminuisce anche il personale: i medici non obiettori sono pochi, vanno in pensione, e i più giovani non li sostituiscono".
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