05/07/20

Per le donne il ritorno alla "normalità" vuol dire accettazione della propria condizione, come e peggio di prima. VOGLIAMO LA "ANORMALITA'" DELLA RIVOLUZIONE

Nell'emergenza coronavirus sono le lavoratrici, le proletarie nella loro grave, e peggiorata dal lockdown, condizione, sia sul lavoro, sia nel non lavoro, sia in casa che sono emerse con forza, e in maniera anche drammatica, fino a casi emblematici di suicidi nelle lavoratrici della sanità e l’intensificazione dei casi di femminicidi.
Ma queste donne non hanno potuto avere voce come movimento organizzato che ne rappresentasse le istanze e bisogni. Per il governo non sono state neanche un comma nei vari Dpcm, se non per rafforzare praticamente, ideologicamente il loro ruolo d'origine, e attuale, nella, per la famiglia, per cui sia per il governo che per i sindacati il massimo è portare avanti o proporre misure di "conciliazione", che per le donne significa "doppia fregatura", perchè comunque devono fare doppio lavoro - pensiamo allo smart working, che sta diventando un simbolo moderno (ma tanto antico: vedi il lavoro a domicilio) di più lavoro salariato e più lavoro casalingo, di assistenza.
Ma la prepotenza con cui è tornata la condizione delle donne proletarie è in un certo senso un bene. L'emergenza coronavirus ha posto in maniera netta e senza scampo che questo sistema capitalista è la causa e il cancro dell'umanità, e che le donne non hanno da aspettarsi niente da esso ma hanno da rompere le catene che si fanno sempre più strette.
E non è un caso che sono state, anche nei mesi di emergenza, le lavoratrici, le precarie, le proletarie, la maggioranza delle donne che non ce la fa a vivere ad aver ripreso la scena! 

Anche i mass media oggi tornano a parlare, a fare statistiche, sulla grave, discriminata condizione delle donne: operaie licenziate o messe in cassintegrazione con la scusa del Covid, selezionate spesso all'insegna della discriminazione verso chi non sta ai nuovi ritmi o verso chi pretende i diritti; un lavoro precario che non trovano più; lavoratrici della sanità a rischio perenne coronavirus e superstressate di lavoro; lavoro fatto con sofferenza (l'uso di mascherine per ore ed ore, nel commercio, nei pubblici esercizi, ecc., invece di portare ad abbassare i ritmi ed aumentare le pause, i padroni pretendono il contrario); il falso e indegno aiuto dei bonus bebè, dei miseri aumenti ai congedi parentali che non reintegrano il salario perso e a casa stanno comunque e soprattutto le donne; come l'elemosina dei buoni spesa; ma non basta, ora riprendono gli attacchi su tutti i fronti, in primis sul diritto d'aborto, già di fatto negato a tante donne nel periodo del lockdown, ecc. E i numeri e i troppi casi in aumento di donne uccise per la convivenza forzata gridano vendetta...
Ma ciò che è importante è che sono le lavoratrici, le proletarie ad aver ripreso la scena con le loro lotte, anche in questo periodo pandemico. Certo sono ancora poche, ma sono l'avanguardia, un
esempio per tutte; dalle lavoratrici della sanità che hanno comunque, in tanti modi, portato fuori la loro durissima realtà di sfruttamento, di contagi, fino ai troppi casi di morte; alle lavoratrici delle scuole costrette al lavoro in casa ma senza certo futuro; alle precarie delle mense, delle pulizie, degli asili, dei servizi di assistenza scolastici, che hanno lottato sempre da Palermo, a Taranto; alle lavoratrici delle Poste che hanno atto il primo sciopero nazionale dopo il lockdown, ecc.
E anche qui sono state soprattutto le operaie la punta più avanzata: come le combattive operaie, quasi tutte immigrate, della Montello.
Queste combattenti non si sono fermate sia dalle case, sia sui posti di lavoro, sia appena possibile con gli scioperi, nei presidi, nelle piazze. Queste sono le "eroine"! 
Sono state e sono un avamposto dell'altro movimento delle donne necessario: il movimento femminista proletario rivoluzionario. 

Queste donne non possono tornare alla “normalità”!
L'emergenza coronavirus per le donne è stata usata per riproporre in tutto il loro portato di doppia oppressione, doppio sfruttamento, patriarcalismo, morte..., la questione di sempre: il ruolo nella società borghese della famiglia, della proprietà privata, dello Stato/governo al servizio del capitale.
A tutto questa "nera normalità" vogliamo e dobbiamo porre la “anormalità” della rivoluzione!
La questione è rivoluzione o “normalità”. Non più come prima!
La crisi pandemica ed economica sta mostrando ancora di più la necessità, per un avanzamento generale della lotta delle donne sui diversi piani, della comprensione e della necessità dell'emergenza del femminismo proletario.

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