Khalida
Jarrar, arrestata in occasione delle irruzioni dell’esercito sionista
della notte del 2 aprile a Ramallah e a Betlemme, e tuttora detenuta,
lancia in suo appello chiedendo sostegno internazionale
attraverso un’accorata lettera pubblicata il 2 giugno.
Negli ultimi anni ho continuamente parlato
della causa dei prigionieri palestinesi, dei loro numeri, delle loro
condizioni di detenzione, delle statistiche, cifre e percentuali. Ho
parlato del milione di palestinesi che dal 1967 è passato per le
carceri israeliane. Questo dato significa che un palestinese su quattro è
stato arrestato almeno una volta nella vita. Ho parlato delle donne
arrestate a centinaia, tra queste 24 sono tuttora prigioniere; ho
parlato delle migliaia di bambini arrestati in violazione di tutte le
leggi e le convenzioni internazionali. Ad oggi, tra gli 6.000
prigionieri palestinesi, 240 sono bambini. Nelle carceri ci sono anche
prigionieri con gravi malattie incurabili, alcuni dei quali molto
anziani.. praticamente dei condannati a morte. Altri circa 600
prigionieri scontano periodi di detenzione amministrativa, senza alcuna
giustificazione legale o accusa a loro carico, una pratica risalente al
periodo del mandato britannico in Palestina 70 anni fa, lo stesso
periodo della fine del periodo nazista, quel periodo che
malauguratamente ricorda la nostra epoca per tutto ciò che ho descritto.
Per più di 9
anni, in qualità di membro eletto dal popolo palestinese nella sua lotta
per la liberazione, all’interno del Consiglio legislativo Palestinese
ho ricoperto la carica di presidente della Commissione incaricata delle
questioni dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. In
precedenza, per 13 anni, sono stata la direttrice generale
dell’associazione Addameer
per i diritti dei prigionieri e i diritti umani, una delle più
importanti associazioni la cui missione è la difesa dei prigionieri.
Questo significa che ho dedicato gli ultimi miei 20 anni di vita nel
sostenere i prigionieri della Palestina nelle carceri dell’occupante,
per la libertà negata ai prigionieri dall’occupazione coloniale,
l’ultima esistente al mondo.
Durante tutti questi anni, e soprattutto
dopo la mia elezione, che mi ha permesso di essere un rappresentante del
popolo, ho difeso con tutte le mie forze i prigionieri, i loro diritti,
la lotta contro le condizioni del loro arresto, contro i metodi
utilizzati durante gli interrogatori e le confessioni estorte, le false
accuse. Ho difeso il loro diritto ad avere accesso alle cure mediche, il
diritto alla vita e alla liberazione, perché sarebbero colpevoli solo
di difendere la libertà del loro popolo oppresso, un’azione riconosciuta
da tutte le leggi internazionali e dalle Nazioni Unite, le cui leggi e
convenzioni si applicano a tutti noi.
Mi sono sempre rivolta ai popoli di tutto
il mondo chiedendo ai deputati rappresentanti del popolo, ai
rappresentanti dei governi e presidenti, di schierarsi al fianco dei
detenuti palestinesi, di schierarsi dalla parte di coloro che sono alla
ricerca di giustizia, libertà, valori e diritti umani. Ho sempre chiesto
la condanna dell’occupazione, la sua sanzione e la sua fine. Continuo a
credere che questo sia dovere di tutti, è vostro dovere come lo è per
noi palestinesi.
Oggi affermo di non
essere cambiata: le mie posizioni, la mia convinzione e la mia volontà
restano intatte, sebbene la mia posizione ora sia diversa: osservo la
questione da un’altra prospettiva e da questa prospettiva vedo le cose
in modo più chiaro. Oggi sono parte delle 24 prigioniere
di cui ho parlato in precedenza, dei 6000 prigionieri, uno dei tanti
prigionieri che soffrono la violenza carceraria e che sopportano il peso
dell’ingiustizia ogni giorno, ogni ora, in ogni momento.
Oggi, dopo essere stata
arrestata in casa mia, davanti alla mia famiglia e a mio marito, ho
tolto qualcosa al mio popolo privandolo del mio dovere nel servire chi
mi ha eletto. Oggi, ho consapevolezza di come arrivano i
soldati dell’occupazione, armati di tutta la loro “tenacia” e
“mostruosità”, sono arrivati a casa mia nel cuore della notte, mi hanno
ammanettato, bendato gli occhi e portato in un posto che non conosco.
Oggi mi è stato
comunicato che la mia detenzione amministrativa è stata confermata, la
detenzione ai sensi di un decreto più vecchio di me, un decreto che non
rappresenta l’umanità del nostro tempo. Oggi il governo dell’occupante
ha cominciato a tremare, dopo aver subito la vostra pressione e quella
dei liberi di questo mondo che condannano il mio arresto insensato.
Questo però non ha impedito all’occupante di applicare le sue leggi più
razziste, così sono stata mandata in un tribunale che tutti sappiamo
illegittimo, dinanzi a giudici di cui tutti noi conosciamo
l’incompetenza, perché un carnefice non potrà mai essere il giudice
della sua vittima.
Anche se sappiamo essere in grado di
trovare difetti nelle loro leggi obsolete, resta l’ultima parola ai
rappresentanti della loro entità d’occupazione, il pubblico ministero,
perché non vi è alcuna autorità superiore a quella della colonizzazione
con le sue ingiuste leggi.
Poco male; questo è il prezzo che noi
paghiamo per la nostra libertà, per la nostra dignità e per quella del
mondo. Noi ci armiamo del vostro sostegno e, quando sentiamo la vostra voce di solidarietà con la nostra resistenza, in noi crescono forza e fermezza.
Oggi vi scrivo da
prigioniera non sapendo ancora quale sarà il mio destino, quanto tempo
rimarrò in questa prigione sporca che non è fatta per gli esseri umani.
Non so nemmeno se troverò un medico degno del suo titolo una volta
malata, non so se il cibo che mi danno è inquinato o se l’acqua è
avvelenata, non so quando il mio carceriere piomberà nella mia cella per
tenermi sveglia e violare la mia intimità. Non so quando potrò prendere
le mie bambine, Yafa e Suha, tra le braccia, non so quando bacerò mio
marito né quando potrò essere abbracciata da mia madre e quando potrò
baciare la fronte di mio padre.
So che per tutto questo ho bisogno di voi, di ogni voce libera in questo mondo che ripeta assieme a me e al mio popolo:
Abbasso l’occupazione,
e che possa il popolo palestinese godere della libertà!
e che possa il popolo palestinese godere della libertà!
Traduzione a cura del Comitato del Martire Ghassan Kanafani
Nessun commento:
Posta un commento