Ha iniziato in questi giorni il suo iter alla Camera il Decreto Legge n°93 del 14 agosto 2013: il decreto sulla sicurezza che tratta, tra l’altro, di violenza sulle donne e che le prime pagine dei quotidiani nazionali hanno entusiasticamente battezzato “decreto contro il femminicidio”. Questo comporta anzitutto un tentativo di nascondere la vera natura del decreto stesso: ovvero un provvedimento urgente per garantire la repressione della libertà di contestazione e rendere più flessibile l’uso massiccio delle Forze Armate (art. 10), contemplando anche un inasprimento delle pene per la violazione dei cantieri delle cosiddette “grandi opere” (il riferimento alla Tav è palese, ma l’obiettivo sono tutti quei territori in cui vengono intrapresi percorsi di opposizione sociale e politica). Volendo, però, anche limitare l’analisi alla sola parte relativa alla violenza di genere, notiamo come le norme introdotte non siano altro che l’ennesima espressione di una cultura securitaria che tratta le donne come oggetto e non come soggetto: un oggetto da proteggere con interventi dall’alto piuttosto che rendere in grado di autodeterminarsi tramite misure di garanzia dei diritti (come quello al reddito) e delle libertà, e che ancora una volta divide fra donne per bene e donne per male.
C’è puzza di pinkwashing! Assistiamo ancora una volta ad una strumentalizzazione della violenza sulle donne: inserire norme in materia di violenza di genere in un decreto che introduce misure così repressive per
la libertà di tutt* è un modo strumentale per legittimare politiche di
controllo dei territori e dei corpi, di criminalizzazione di soggetti
specifici (stranieri o movimenti). Questo si chiama pinkwashing: ovvero richiamare l’“emergenza femminicidio” per creare consenso su interventi repressivi e securitari. Chi
oserebbe mai esporsi pubblicamente contro un pacchetto di provvedimenti
propagandati come armi importantissime per combattere la violenza
contro le donne, proprio nel momento in cui in molt* si sono espressi per il riconoscimento giuridico della mattanza di donne che avviene da sempre nel paese?
Le norme sul femminicidio sono legate a logiche paternalistiche e securitarie! Le misure previste nel DL 93/2013trattano le donne unicamente come l’oggetto della violenza e non come un soggetto, conteso tra il carnefice e lo Stato che rivendica in tal senso il monopolio della violenza. La violenza di genere, infatti, è derubricata a problema di sicurezza e non considerata privazione della libertà: lo Stato in tal caso si limita a introdurre
ostacoli di natura fisica e di natura legislativa che possano rendere
più complesso a un possibile stalker o a un possibile femminicida di
portare a termine il suo proposito (un esempio su tutti, il ritiro della
patente allo stalkerper impedirgli di raggiungere l’abitazione della vittima!). Le
donne non sono quindi concepite come soggetti cui fornire strumenti per
la pratica della libertà, ma come oggetti da proteggere. In questo
quadro, ovviamente, è del tutto taciuta la violenza che lo Stato stesso
agisce sulle donne:
quella fisica, psicologica, sessuale o simbolica, materiale che si
consuma nelle caserme, nei cie, negli ospedali, nelle aule di tribunale,
dentro le istituzioni, nel linguaggio, nei media.
Donne per bene / donne per male: la violenza come strumento normativo Nel
Decreto si attribuiscono allo stesso reato gradazioni di gravità
differente facendole dipendere da qualità della donna: far violenza su
una madre o una sposa è più grave che su qualsiasi altra donna. Perché? È
palese come anche per via normativa (secondo una logica non molto
distante da quella che definiva lo stupro come delitto contro la morale,
piuttosto che contro la persona) con il DL 93/2013 si voglia
legittimare alcuni ruoli della donna e condannare altre condotte di
vita, fare differenza tra buone e cattive, tra chi la violenza la
subisce e chi invece se la va a cercare… Ad esempio inserire
nello stesso pacchetto legislativo misure che dovrebbero proteggere le
donne dalla violenza domestica insieme a misure che puntano a reprimerle
con violenza inaudita quando si vogliono riappropriare dello spazio
pubblico, del loro protagonismo dentro al diritto al dissenso,
testimonia non solo l’ipocrisia strumentale ma anche l’impostazione
patriarcale di questo provvedimento, che protegge le SUE donne solo
quando queste accettano il ruolo che gli è consono e lo spazio a loro
deputato ossia quello privato delle mura domestiche.
Cambiare prospettiva: la sicurezza che voglio non fa rima con controllo! L’urgenza
è quella di affrontare la questione della violenza di genere cambiando
definitivamente il paradigma: è necessario uscire una volta per tutte
dalle divisioni in sante e puttane e dallo schema in cui le donne
risultano oggetto di una contesa machista per
il monopolio della violenza e della tutela. L’urgenza è quella di
rivendicare l’autodeterminazione delle donne e considerare il fenomeno
della violenza di genere non in termini emergenziali ma strutturali e di
prevenzione: rimuovere gli ostacoli che impediscono alle donne di
essere soggetti e muovere dal riconoscimento del fatto che la violenza
di genere è intrinseca alla cultura maschilista in cui siamo cresciut* e
che tutt* riproduciamo, che si esplicita in relazioni asimmetriche e di
potere tra i generi; essa non viene agita dal mostro o per raptus, ma ha un carattere di inquietante normalità.
Vogliamo
libertà e non protezione, vogliamo autodeterminarci attraverso il
diritto al reddito, alla casa e alla mobilità. Vogliamo sentirci libere
di uscire nelle nostre città quando e come vogliamo, di notte, senza
imporre autocensure al rispetto a quanto è corta la nostra gonna o a
quanti sorrisi ci viene di fare. Solo così saremmo abbastanza forti per
combattere chi ci opprime, sia esso marito, fidanzato, padre, stato e
capitale.
BellaQueer Perugia
*Riferimenti
Note sui provvedimenti contro femminicidio et alia di Sguardi sui Generis http://sguardisuigeneris.blogspot.it/2013/08/note-sui-provvedimenti-contro.html
Decreto sicurezza, alias femminicidio. Un pacco di misure urgenti per il bene comune del paese di Antonella (per il Laboratorio Le Antigoni) – Zona 22
Femminicidio e responsabilità di Stato di Barbara
Spinelli http://www.giuristidemocratici.it/post/20130909092237/post_html
Spinelli http://www.giuristidemocratici.it/post/20130909092237/post_html
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