18/04/19
La violenza dello stato ci riguarda tutte! No al 41 bis per Nadia Lioce, fuori tutte le compagne dalla tomba del carcere aquilano!
Da Osservatorio repressione

Silvia,
Agnese e Anna si trovano quindi in celle singole, con i blindi chiusi, nello
spazio che era la vecchia sezione 41bis femminile. La loro giornata è scandita
da una sveglia alle 7 con l’apertura dello spioncino, alle 8 le guardie passano
a battere le sbarre delle finestre per testarne la resistenza, hanno due ore
d’aria al mattino e due al pomeriggio.
Ogni spostamento da fuori a dentro la cella è cadenzato da un controllo con il
metal detector, vengono scansionate in media 12 volte al dì,
inoltre ogni giorno subiscono una perquisizione generale personale. Hanno una
sola ora di socialità in una stanzetta angusta. Le loro celle sono
attrezzate con televisione e bagno, ma non hanno un armadio per riporre
vestiti, cibo, libri e oggetti. Hanno in dotazione un armadietto fuori dalla
cella in cui possono riporre al
massimo 7 capi di ogni tipo di vestiario, quando rimuovono o
posano qualcosa viene controllato e ricontato ciò che rimane. In cella possono tenere solo tre libri. Le
loro radio sono state piombate, nella televisioni presenti nelle celle è stata
oscurato l’orario dal monitor della tv. E’
praticamente impossibile avere cognizione di che ora sia. Le
secondine che le sorvegliano sono del corpo dei Gom, donne abbruttite
dell’organo speciale di picchiatori della penitenziaria. Le compagne in poco più di
una settimana hanno preso nove richiami disciplinari. Una di loro ha appoggiato
un piede sul muro della saletta della socialità, un’altra è uscita all’aria con
una penna.
Il
carcere ha disposto sin da subito il blocco della posta per tutte e tre in
entrata e in uscita. Ad oggi rimane in vigore solo per Silvia, dal giorno del
loro trasferimento, sabato 6 aprile, si è vista recidere quel filo – già fino
per colpa della censura – di comunicazioni fatto di lettere, telegrammi e
pieghi libri con fuori. Legame che è fondamentale per infrangere l’isolamento a
cui il carcere costringe, ancor più in una sezione di AS2 in cui ci sono
quattro prigioniere.
Qualche
giorno fa Agnese, in videoconferenza
dal carcere aquilano durante un’udienza del processo per la manifestazione al
Brennero, ha descritto le condizioni a cui sono sottoposte definendo la sezione
As2 come una tomba.
Anche
lo strumento della videoconferenza si sta sempre più estendendo a diverse
tipologie di prigionieri. Inizialmente riservata solo ai detenuti in 41 bis,
per cui è automatica, è stata poi applicata a quelli accusati di terrorismo e
quindi a tutti quelli considerati pericolosi, indipendentemente dai reati
contestati durante i processi. Uno strumento particolarmente pesante, quello
della videoconferenza, che oltre a rendere più difficoltosa la difesa legale e
limitare la possibilità di fare dichiarazioni in aula, toglie a chi è detenuto
la possibilità di incontrare, seppur in un’aula di tribunale, qualche faccia
amica e rompere la routine carceraria.
Passando
a faccende più strettamente giudiziarie, ci sembra importante sottolineare le
ragioni per cui i compagni arrestati nell’ambito dell’operazione Scintilla
rimangono ancora in carcere. Caduta l’associazione sovversiva, Beppe e Antonio restano in carcere
per la pubblicazione dell’opuscolo “I
cieli bruciano”. Trattandosi di un elenco di soggetti,
responsabili a vario titolo dell’esistenza degli allora Cie, rivolto a un’area
come quella anarchica che è lecito attendersi ne faccia cattivo uso, il solo fatto di pubblicarlo
giustifica per il giudice del Riesame questo capo d’imputazione. A questo si
aggiunge il diniego degli arresti domiciliari perché il curriculum dei due
compagni rende molto probabile il rischio di una recidiva. Silvia resta invece in carcere
perché il suo profilo antropometrico,
rispetto andatura, statura e corporatura, risulta compatibile con quello della
persona ripresa dalle telecamere mentre deposita una tanica di liquido
infiammabile davanti a una sede delle Poste Italiane. Una disciplina, quella antropometrica,
destinata a diventare una stampella sempre più importante nei prossimi tempi
per il lavoro investigativo e su cui sarà certamente il caso di tornare, con
riflessioni e approfondimenti più precisi. Concludiamo questo aggiornamento di
novelle tribunalizie ricordando che ai tre compagni è stata confermata la
censura sulla corrispondenza, le ragioni per il giudice sono da attribuire
all’ampia e duratura solidarietà sviluppatasi a partire dai loro arresti e
dalla sgombero dell’Asilo.
Intanto
è urgente trovare il modo per spezzare l’isolamento, a cui soprattutto Silvia è
sottoposta, un modo per scalfire la brutalità del carcere.
Per
scrivere alle compagne detenute nel carcere dell’Aquila:
Silvia Ruggeri
Anna Beniamino
Agnese Trentin
Via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100
L’Aquila
da
Macerie
************************
Silvia è stata arrestata nell’operazione Scintilla a Torino in seguito
lo sgombero asilo, Agnese arrestata per l’operazione Renata a Trento, Anna era già a rebibbia per l’operazione
scripta manent, erano tutte e 3
in As2 a Rebibbia e sono state trasferite a l’Aquila
dove c’è il 41bis femminile e dove è rinchiusa Nadia Desdemona Lioce. Loro sono
in As2 ma tutto il carcere subisce chi più chi meno un trattamento simile al
41bis. Un carcere lager dove le detenute in 41 bis vengono sanzionate
anche solo se salutano dicendo “ciao” a detenute di gruppi diversi . Sono in
condizione di assoluto silenzio e annientamento .
Ultime
Notizie da L’’Aquila:
Perquisizioni
ai parenti minuziose, tunnel sotterraneo per arrivare alla sala colloqui.
Sono
in celle singole, Silvia di fronte ad Agnese, Anna di fronte alla detenuta
islamica. 2h d’aria la mattina e 2 il pomeriggio, 1h di socialità. La ragazza
convertita ha fatto richiesta alla direzione di non fare più l’aria insieme a
loro per incompatibilità in quanto blasfeme (bestemmiano!).
Hanno
un armadietto fuori dalla cella in cui tengono vestiario e cose varie. Hanno 7 capi
di vestiario per capo massimo, vengono controllate e ricontate tutte le cose
ogni volta che prendono qualcosa.
Hanno
perquisizioni personali quotidiane, le passano il metal detector ogni uscita e
entrata dalla cella, parlavano di 12 volte al giorno.
Dicono
che i ritmi sono frenetici perché ogni cosa deve essere comunicata, è tutto
macchinoso e si arriva a fine giornata che sembra che si è fatto molto ma in
realtà non si è fatto niente. Anche le ore d’aria sono vuote perché sono in un
passeggio.
Hanno
tv e bagno in cella. Non hanno il frigo ma borse frigo. Pranzano insieme e la
sera hanno scelto di rientrare in cella per cenare.
Il
cibo fa schifo, Anna e Agnese hanno chiesto il vitto vegetariano e le passano
quello hallal che fa comunque schifo.
Hanno
la sveglia alle 7 con l’apertura dello spioncino, alle 8 passano a battere
sulle sbarre.
Anna
e Agnese stanno ricevendo varia posta arretrata, Silvia non ha ricevuto nulla,
ha il blocco totale della posta (conferma che non è stato scalato l’importo dei
telegrammi inviati alla mamma, a Nicco e a gabrio in cui diceva che era stata
trasferita), i libri sono entrati ma devono passare alla censura, ha detto di
sentirsi in una bolla, sono isolatissime.
Silvia
ha detto che erano meglio le Vallette.
Hanno
piombato le radio e la sveglia che solo Anna ha, è stata messa in una posizione
visibile anche a Silvia (unico modo che ha di sapere che ora è), hanno anche
oscurato l’orario sul monitor della tv. Stanno pensando ad un resoconto scritto
comune del trasferimento e delle condizioni in cui sono.
Le
secondine sono del GOM, gruppo operativo mobile, sembrano picchiatrici, sono
imbruttite (aneddoto: una di loro parlando del suo lavoro ha detto “io sono in
carcere da 20 anni”).
Hanno
preso 9 richiami disciplinari, Agnese 4, Anna 3, Silvia 2, per fatti di tenore
bassissimo (es. Anna ha poggiato il piede al muro della saletta socialità,
Agnese è uscita all’aria con una penna, ecc..). Un
Sono
stati versati soldi.
Sono
nell’ex41 bis, e hanno detto tutte e che le modalità di trattamento sono quelle
del regime 41 bis.
"IL LIBRO DI ANURADHA GHANDY PARLA A NOI..." - Dalla presentazione a Bologna del Mfpr
STRALCI DALLA PRESENTAZIONE A BOLOGNA DEL LIBRO DI
ANURADHA GHANDY: "Tendenze filosofiche nel movimento femminista" -
fatta il 29 marzo presso "Armonie"
Anuradha
Ghandy era, come dice Arundathy Roy , “differente”. Anuradha Ghandy
nasce in una famiglia progressista e già nell’università diventa una leader
delle lotte; subito dopo fa l’insegnante e diventa una delle principali
attiviste per i diritti umani nel paese. Dopo comincia il suo periodo di lunga
clandestinità perchè sceglie di fare appunto una vita “differente”, da
comunista, militante. Nel primo periodo fa un lavoro tra gli operai, in
particolare tra gli edili, ne organizza molte lotte. Per tre anni sta nelle
zone dove opera l’Esercito guerrigliero di liberazione popolare. E' l’unica
donna che è stata, finché non è morta, nel Comitato centrale del Partito
Comunista dell’India (Maoista) che dirige la guerra popolare in India.
Anuradha
Ghandy già da vari anni soffriva di una sclerosi multipla ma a questa si
aggiunge la malaria. Lei andò in un ospedale per accertamenti ma poiché era
clandestina non diede il suo vero nome. Quando i medici si accorsero che questa
malaria era molto avanzata che le distruggeva via via tutti gli organi vitali,
non poterono avvisarla e morì il 12 aprile 2008.
Ma
questa compagna fino all’ultimo giorno, con tutte le sofferenze, non si è mai
fermata un momento; dalla mattina alla sera girava, andava nelle zone dove è in
atto la guerra popolare, e per lungo tempo portò avanti un lavoro per
organizzare le donne riuscendo ad organizzare il più grosso movimento delle
donne adivasi (adivasi significa “popolazione originaria”), trattati dallo
Stato e governo indiano con la politica dei massacri, repressione, che per le
donne riserva insieme alle uccisioni, stupri, terribili violenze sessuali. Il
movimento delle donne adivasi organizzato da Anuradha Ghandy contava almeno
90mila donne.
Arundathy
Roy fa l’introduzione di questo libro, e dice ad un certo punto: io non ho mai
avuto la
fortuna di incontrare direttamente Anuradha Ghandy, ma
andai al suo funerale. La cosa che un po' mi sorprese e sentii fu che tutte le
persone che la conoscevano parlavano di lei come di "una persona che
aveva fatto tanti sacrifici”, e poi aggiunge “Per me comunque con
Anuradha Ghandy ci si imbatte come in qualcuno che felicemente ha
barattato noia e banalità per seguire il suo sogno. Non era santa o
missionaria. Ha vissuto una vita esilarante che è stata dura, ma appagante”.
Questo
era Anuradha Ghandy e questo è stata dall'inizio alla fine.
Anuradha
Ghandy non era un intellettuale nel senso classico della parola, era prima di
tutto una militante, per cui la teoria era strettamente legata alla pratica,
non faceva teoria limitandola alla conoscenza, divulgazione; faceva teoria come
se fosse un'arma, un “fucile in spalla” contro lo Stato, il governo.
In
India, uno dei più grandi continenti - per cui ciò che accade in questo
continente acquista una dimensione e rilevanza grandissima – gli stupri e le
uccisioni delle donne che sono i più numerosi nel mondo sono di tre tipi. Sono
uccisioni, stupri fatti per l'esistenza della realtà semifeudale, frutto del
patriarcalismo tribale, per cui gli stessi capi dei villaggi sono parte
integrante dell'azione di violenze fatti dai maschi; a questo si unisce la
violenza “moderna” dell'imperialismo nelle città che in India sono immense che
porta all'abbrutimento delle persone, e di cui le donne sono le principali
vittime. Ma c'è un terzo aspetto, forse quello più terribile: gli stupri e
uccisioni vengono usati come arma di guerra. L'esercito quando va a “liberare”
per conto delle multinazionali intere zone usa gli stupri e le violenze
sessuali verso le donne; nelle carceri, le donne e le compagne sono torturate
nella maniera più terribile, ad una donna vennero infilate delle pietre nella
vagina.
Ma
c'è l'altra faccia della medaglia, proprio in India. Perchè in India è in atto
una guerra di popolo da vari anni in cui le donne sono il 60% dell'Esercito
popolare, in cui le donne sia negli organismi di massa che nel Partito sono
spesso la maggioranza, sono nella direzione, sono coloro che portano avanti la
“rivoluzione nella rivoluzione” mentre fanno la guerra di popolo.
Chiaramente
questo non è che sia ben visto dalla stampa e mass media in generale, anche per
questo si “parla poco dell'India”, come molti dicono.
Anuradha
Ghandy in una intervista dice che cosa ha significato la guerra popolare, la
lotta armata per le donne. La lotta armata ha significato emancipazione,
passare da una situazione di estrema oppressione, tripla oppressione alla
possibilità di decidere, di essere determinanti nella vita delle donne,
dell'intera popolazione. Anuradha Ghandy diceva: "la guerra popolare ha
mandato in frantumi le esitazioni delle donne, ha raddoppiato la loro forza per
ribellarsi, ha mostrato il cammino per la liberazione della donna".
Un
esempio di questo l'abbiamo avuto anche noi: le partigiane che fino al giorno
prima erano spesso donne che facevano una vita normalissima, anche se non certo
esaltante, nella Resistenza, nell'essere protagoniste della guerra di popolo,
come di fatto fu la Resistenza antifascista e antinazista, si trasformarono da
un giorno all'altro; diventano protagoniste non solo della propria vita, ma
della società. Ecco cosa significa per le donne la guerra di popolo.
Anuradha
Ghandy diceva che la guerra di popolo è quella più adeguata alla battaglia
delle donne, perchè le donne hanno una battaglia molto lunga da fare, e quindi
la guerra popolare di lunga durata è ciò che le consente di fare un percorso
che abbracci tutti gli aspetti, non solo quello militare di lotta contro il
governo, lo Stato, l'imperialismo, ma anche quello di distruzione via via di
tutte le sovrastrutture, di tutte le oppressioni.
Il
libro di Anuradha Ghandy ha una particolarità che può sembrare strana: è fatto
da una compagna indiana ma parla delle tendenze filosofiche nel femminismo
occidentale. Come mai? Lei lo spiega nell'introduzione. Dice che queste tendenze
hanno avuto molta influenza anche nel movimento delle donne in India e quindi
era necessario andare alle “origini”, fare questa analisi critica delle
tendenze andandole a prenderle dalle loro prime teoriche. E questo è giusto,
perchè quando una teoria, una tendenza si diffonde, penetra in altre realtà,
chiaramente un po' cambia, però il problema è di andare ad intaccarne il
fulcro, da dove è nata, come si espressa, le concezioni, ecc., per far
chiarezza o piazza pulita. Questo fa Anuradha Ghandy.
E' un
libro diverso da altri. Qui sempre Arundathy Roy ad un certo punto nel
descrivere lo stile di scrittura di Anuradha Ghandy dice che è come se buttasse
delle “bombe” quando analizza quelle tendenze. Dice: “alcune delle
sue affermazioni esplodono fuori dalla pagina come bombe a mano e le rende
molto più personali. Leggendole si intravede la mente di qualcuno che avrebbe
potuto essere un serio studioso, accademico, ma fu sopraffatto dalla sua
coscienza e trovò impossibile sedersi e teorizzare semplicemente le terribili
ingiustizie che vedeva attorno a lei. Questi scritti rivelano una persona che
sta facendo tutto il possibile per collegare teoria e pratica, azione e
pensiero”.
Anche
la maniera con cui in questo testo vengono analizzate le tendenze è abbastanza
diversa. Anuradha Ghandy prende tendenza per tendenza. Prima dà una visione
storica d'insieme del movimento delle donne in occidente, dai primi movimenti
in America, Inghilterra, ecc. Su questo c'è una questione importante. Anuradha
Ghandy dà molto valore al movimento femminista, anche se poi ne vede i limiti.
Ma dice che senza il movimento femminista non ci sarebbe stato né un vasto
movimento delle donne, né una presa di coscienza in generale su cosa è la società,
sul patriarcalismo, femminismo, ecc. Lei dice: “Il movimento ha costretto
uomini e donne a guardare in modo critico i loro atteggiamenti e pensieri, le
loro azioni, le loro parole riguardo alle donne. Il movimento sfidò vari
atteggiamenti patriarcali e anti-donna che contaminarono anche i movimenti
progressisti e rivoluzionari e influenzarono la partecipazione delle donne in
essi. Nonostante le confusioni e le debolezze teoriche il movimento femminista
ha contribuito in modo significativo alla nostra comprensione della questione
delle donne nel mondo attuale. Il movimento mondiale per la democrazia e il
socialismo è stato arricchito dal movimento delle donne”.
Questo
è importante. Questa affermazione non è, anche tuttora, affatto scontata in
alcuni movimenti, organizzazioni, partiti che sono comunisti, rivoluzionari,
anche marxisti-leninisti-maoisti, che però rispetto al movimento femminista, al
movimento delle donne hanno come una cesura.
Anuradha
Ghandy invece rovescia la questione. Lei che era comunista, che è stata nel CC
del PCI(M), dice che il movimento femminista è una ricchezza.
Tornando
al testo. Anuradha Ghandy fa un'analisi delle varie tendenze: femminismo
liberale, femminismo radicale, l'anarco-femminismo, l'eco-femminismo, il
femminismo socialista, post modernismo e femminismo.
Per
ogni tendenza, prima fa un'analisi e ne spiega i nuclei teorici, poi fa una
critica a questi nuclei e poi fa una sintesi delle debolezze e aspetti
negativi.
Questo
metodo fa sì che anche se lei affronta questioni teoriche abbastanza complesse,
le rende abbastanza semplici e chiare, perchè restino le questioni principali.
Un'altra cosa che viene fuori è che vengono affrontate non solo le tendenze
principali ma, poiché in ognuna di esse ci sono altre “sottotendenze”, anche le
tendenze derivanti dalle principali o che se ne sono distinte. L'esempio più
emblematico è la parte sul femminismo radicale.
Qui
Anuradha Ghandy affronta anche tematiche molto attuali, per esempio il
separatismo.
Noi
siamo “separatiste” nel senso che riteniamo assolutamente necessario che le
donne si diano una propria organizzazione, per costruirsi le proprie armi,
essere così più forti per portare questa forza all'interno del movimento
proletario più generale. Senza questa propria organizzazione, non è vero che le
donne pesano. Quindi “separata” non nel senso strategico, ma come necessità di
unità, di forza delle donne.
Anuradha
Ghandy, lei che ha organizzato 90mila donne, questo lo affronta. Ma dice: il
femminismo radicale, questa tendenza a teorizzare il separatismo, a cosa poi
porta? Porta a non vedere qual'è la contraddizione principale, il nemico
principale, Rende principale la contraddizione uomo-donna e quindi nasconde la
contraddizione principale: il sistema borghese, imperialista. Questo femminismo
può apparire più rivoluzionario ma la conseguenza è il rischio di scadere nel
riformismo, perchè tu non lotti per rovesciare una società che inevitabilmente
perpetua la contraddizione maschilista, sessista, bensì riduci la lotta alla
contraddizione di genere. In questo modo questo “separatismo” va bene al gruppo
ma non è in sintonia con la grande realtà delle donne più oppresse e sfruttate
da questo sistema borghese.
Altro
esempio di attualità è la critica all'eco-femminismo. Anuradha Ghandy dice che
questa tendenza denuncia che lo sviluppo capitalista è uno sviluppo che
distrugge l'ambiente. Che è vero. Però qual'è la risposta? La risposta è:
torniamo all'economia precedente, all'economia agricola, ecc. Quindi questa
tendenza diventa una sorta di teorizzazione dell'andare indietro, rispetto allo
sviluppo dei rapporti di produzione. Ma non è che prima era tutto bello per le
donne. Nelle campagne, e lo vediamo benissimo anche ora in particolare con le
migranti, ma non solo, le donne venivano trattate da schiave. Quindi, tutta
questa bellezza non c'era. Questa tendenza, quindi, alla fine porta ad una
posizione arretrata, conservatrice.
In un
altra parte del testo troviamo la critica alla teoria della “differenza
sessuale” che anche da noi era molto in voga qualche anno fa. Questa tendenza
partiva da un'affermazione che si poteva anche condividere ma alla fine portava
a dire che la differenza tra uomo e donna, i valori di cui le donne erano
portatrici (dalla non violenza, alla cura dell'altro, ecc.) erano da
rivendicare, anzi da farne la propria identità, contro...
Anche
questo viene analizzato. Anuradha Ghandy dice che in realtà vengono dette le
stesse cose che afferma il potere borghese per giustificare la differenza delle
donne; la borghesia afferma che i neri sono così perchè sono neri, le donne
sono così perchè sono donne... Quindi si dà spazio a quella che è un'azione
della borghesia volta a mantenere lo status quo per mantenere l'oppressione.
Anuradha
Ghandy analizza le varie tendenze legandole allo sviluppo della società. Per
esempio, all'inizio fa l'analisi del femminismo liberale e lo lega agli inizi
della società borghese. Poi dice, questo movimento liberale viene meno non
tanto perchè vi è stata una critica ma perchè il sistema va avanti e le stesse
tendenze cambiano, e quindi si passa dal femminismo liberale al femminismo
radicale; da un femminismo che chiedeva allo Stato di attuare delle leggi,
degli interventi per i diritti delle donne, a un femminismo che pensa che non
questo Stato possa dare i diritti ma che questo Stato si debba quanto meno
trasformare.
Nel
femminismo socialista, Anuradha Ghandy dice che non è riducibile a “uno”;
"c'è anche un ampio spettro tra loro. A un'estremità dello spettro c'è
una sezione chaimata femministe marxiste.. all'altro estremo ci sono quelle che
si sono concentrate su come l'identità di genere viene creata attraverso le
pratiche dell'educazione dei figli".
Scrive
che il femminismo socialista ha cercato di avvicinarsi alle concezioni storico
materialistiche. Ma aggiunge: queste femministe hanno colto da Marx l'analisi
per cui alla base c'è la produzione e la riproduzione, però poi se ne sono
allontanate, cogliendo solo l'aspetto della riproduzione, e hanno criticato il
marxismo perchè avrebbe colto solo la questione delle basi economiche, quindi
la lotta di classe e non la lotta di genere. Poi mettendo al centro l'aspetto
della riproduzione vedono storicamente solo l'aspetto della divisione del
lavoro. Ma Anuradha Ghandy dice che la divisione del lavoro in sé non era già
subordinazione. Nel periodo del matriarcato la divisione del lavoro era una
divisione naturale e le donne, proprio perchè avevano un ruolo più sociale, una
sorta di “cape” della comunità, erano molto considerate. Una divisione, quindi,
che non metteva l'uomo in una posizione di potere. Quando succede questo? Con
la proprietà privata. Nel momento in cui vi è uno sviluppo degli strumenti, si
passa dalle attività fatte a mano ai primi attrezzi usati dall'uomo, e quindi
vi è una produzione maggiore di quella che bastava alla famiglia, vi è una
sorta di accumulo di beni, qui comincia ad esserci quella proprietà privata.
Proprietà privata in cui la prima divisione del lavoro avviene tra uomo e
donne. Le donne perdono quel potere che avevano, e qui vi è la base storico
materialistica che dà origine al ruolo di subordinazione, all'oppressione delle
donne. Anuradha Ghandy scrive che vedere solo la divisione del lavoro si resta
ad un livello primordiale, anche tra gli animali vi è una sorta di divisione del
lavoro.
Mettendo
al centro e vedendo solo l'aspetto della riproduzione, che è riproduzione della
forza-lavoro e della sua assistenza che permette di fornire al capitale
forza-lavoro, la contraddizione ridiventa uomo-donna e l'aspetto del sistema di
produzione viene “lasciato in pace”.
Anuradha
Ghandy analizza anche la tendenza a vedere come centrale l'intervento nel campo
delle idee, dell'educazione, solo nel campo sovrastrutturale. Da qui,
l'importanza dell'educazione nelle scuole, nella società, ecc. Certo, tutto
serve. Ma se tu metti da parte i rapporti di produzione, il sistema del
capitale, è come se tu pensassi di svuotare il mare con un cucchiaio; tu cerchi
di fare un'educazione diversa e il governo fa leggi che fanno della scuola un
luogo di propaganda del pensiero più reazionario, fascista, sessista... Quindi,
devi distruggere la causa.
Altra
questione è la denuncia del patriarcalismo. In India c'è un sistema semifeudale
e quindi il patriarcalismo corrisponde al sistema. In un paese imperialista
come il nostro, in cui il patriarcalismo non può reggersi su una base feudale o
semifeudalesimo, il sistema capitalista, pur nella sua fase più avanzata, ha
interesse ad usare tutte le armi, e quindi anche il patriarcalismo, ma occorre
lottare contro questo sistema che non è arretrato, bensì avanzato.
In
conclusione, questo libro di Anuradha Ghandy è importante perchè parla a noi,
parla delle tendenze che troviamo anche in Italia., quindi ci dà strumenti per
analizzarle. E' una sorta di “manuale” che noi possiamo non solo leggere, ma
usare.
16/04/19
Sosteniamo le prigioniere politiche rivoluzionarie. Dal mfpr L'Aquila
Ma quale rinascita, all’Aquila l’unica
sicurezza è la sepoltura tra 4 mura!
A L’Aquila, 10 anni dopo il
sisma, l’unica popolazione in aumento è quella carceraria.
Il 6 aprile, mentre lo stato commemorava la sua strage e
blaterava di una fantomatica rinascita della città, le compagne anarchiche Anna
Beniamino, Silvia Ruggeri e Agnese Trentin, venivano trasferite alla
chetichella dal carcere di Roma - Rebibbia al carcere dell’Aquila, sezione A.S.2.
Una sezione che, dal
punto di vista “abitativo” è anche peggio di quella femminile in 41 bis, dove
sono recluse, oltre a Nadia Lioce, altre 9 donne: celle
grandi 2 metri
per 2 poste alla fine di un lungo tunnel
sotterraneo, col blindo abbassato e comunque senza la possibilità di
vedere quello che c’è fuori; ora
d’aria in una vasca di cemento 3
metri per 3.
Queste
erano le celle che ospitavano le detenute in 41 bis prima della sentenza Torreggiani del 2013!
Ma anche la “socialità” delle donne ristrette nel
circuito di “Alta sicurezza 2” del
carcere di L’Aquila, un istituto pressoché totalmente maschile ed adibito a 41
bis, è binaria, se non individuale, come nel caso di Nadia Lioce (vedi rapporto
garante detenuti 2016-2018). E anche i colloqui sono sottoposti ad analoghe
restrizioni.
Ebbene, ora quei tuguri sono “riservati” alle donne
detenute in Alta sicurezza, che di fatto sono sottoposte al regime di 41 bis.
Come Arta Kacabuni, con figli
minorenni in Italia, che vi ha scontato 3 anni prima di essere espulsa in
Albania dopo una sentenza di primo grado che la riteneva responsabile di legami
col terrorismo islamico.
Associazione sovversiva, questa
l’accusa che giustificherebbe per queste donne un regime che è un assaggio,
l’anticamera del 41 bis: forte censura, blocco della posta per Silvia, massimo
3 libri in cella, isolamento.
Questo governo fascio-populista ha indicato chiaramente
la rotta da seguire: dopo gli immigrati tocca ai “criminali anarchici e
comunisti”, ai centri sociali, agli antagonisti in generale: tutti in galera e
sotto tortura!
Respingiamo la criminalizzazione associativa di
esperienze di lotta politica e sociale
Solo l’unità e la solidarietà delle lotte può fare muro
contro la repressione di questo stato borghese, fascista, sessista e razzista
Solidarietà con le compagne ed i compagni arrestati!
Rilanciamo una mobilitazione larga e unitaria sotto i
palazzi del potere, sotto il Ministero di Giustizia, in solidarietà con le
prigioniere e i prigionieri rivoluzionari
Per
scrivergli:
Silvia Ruggeri
Anna Beniamino
Agnese Trentin
Via Amiternina 3, Località
Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila
Qui un'intervista a Radio Blackout
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