Ma il Brasile non è tanto lontano. Il governo Meloni, i suoi ministri, il papa Bergoglio stanno facendo di tutto per mettere in discussione anche in Italia il diritto d'aborto.
Al G7 in Puglia - come il Movimento femminista proletario rivoluzionario nella manifestazione di Fasano contro il G7 ha con forza denunciato - è stata la Meloni a pretendere che nel documento finale venisse cancellato il diritto d'aborto (poi di fatto passato in maniera più mascherata); mostrando, però, nello stesso tempo come per il governo italiano, capi di stato e di governo a livello mondiale hanno tra i loro "grandi temi" l'attacco al diritto d'aborto, alle donne.
Contro le donne, soprattutto proletarie che non hanno alternative, le ragazze, e spesso in paesi come il Brasile ragazzine/bambine vittime di stupro, va avanti sempre più un'onda nera fascista, dall'Italia, agli Usa, all'America Latina, a paesi europei imperialisti, ecc. ecc., che vuole farle passare per "assassine" e processarle, fino in alcuni paesi a metterle in carcere. In Brasile, se la legge in discussione passasse, gli stupratori rischiano al massimo 10 anni, le donne che abortiscono, fino a 20 anni!
Mentre i cosiddetti "grandi della terra" nello stesso tempo contribuiscono con le loro armi, con le loro politiche/decisioni di guerra, sempre più guerra, dalla Palestina all'Ucraina, a tanti paesi oppressi dall'imperialismo, ad uccidere migliaia e migliaia di bambini.
Questo mettere al centro l'attacco al diritto d'aborto, l'attacco alla libertà di scelta e condizione delle donne, del dibattito, delle decisioni a livello mondiale dei capi di Stato e di governi imperialisti/capitalisti è da un lato espressione del moderno fascismo che avanza, in cui le donne che sono più della metà della popolazione devono essere sempre più oppresse, sfruttate; ma dall'altro è una reazione isterica delle classi dominanti alle grandi mobilitazioni, lotte delle donne, dai paesi dell'America Latina, agli Usa, all'Italia, alla loro bi/sogno di libertà, di volontà che tutta la vita deve cambiare.
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In Brasile avanza la legge che equipara aborto e omicidio.
«Alle donne pena doppia rispetto agli stupratori»
Migliaia di manifestanti hanno occupato giovedì 20 giugno le strade delle principali città brasiliane portando cartelli e fazzoletti verdi, in onore alle femministe argentine. Le manifestazioni sono state indette contro un nuovo passo (indietro) compiuto sul diritto all’aborto in Brasile. La Camera dei Deputati ha infatti approvato la procedura del “regime d’urgenza” per la votazione di un progetto di legge che equipara al crimine di omicidio qualsiasi aborto realizzato dopo 22 settimane di gestazione.
L’aborto è considerato reato in Brasile, con l’eccezione dei casi di rischio per la vita della gestante, stupro o anencefalia fetale. Nel progetto firmato da 32 deputati conservatori, la regola varrebbe anche per queste eccezioni, per le quali oggi non esiste un limite di tempo.
IL REGIME D’URGENZA significa che il progetto può essere votato direttamente, senza la necessità di dibattiti e pareri espressi dalle commissioni.
Le donne rischierebbero pene da 6 a 20 anni. Il doppio di quella prevista per il crimine di stupro, 10 anni.
Il deputato del Partido Liberal (Pl) e pastore evangelico Sóstenes Cavalcante, ha affermato che intende «mettere alla prova» l’impegno del presidente Lula con i settori religiosi e in particolare evangelici.
La disputa delle forze politiche e le elezioni legislative previste fra due anni sono, ancora una volta, sullo sfondo della discussione. «A favore della vita» è il motto dei politici che premono, di tanto in tanto, su questo tasto, e che trova riscontro soprattutto nell’elettorato evangelico e cattolico.
Ministri, giornalisti, avvocati e specialisti contrari alla proposta sono convinti che la vita di migliaia di donne e ragazze, le principali vittime di violenza sessuale, sarebbe a rischio. Secondo l’Annuario brasiliano di Sicurezza pubblica, nei 74.930 stupri avvenuti in Brasile nel 2022 l’88,7% delle vittime erano donne e il 60% minori di 13 anni di età.
«Le vittime di stupro, che dovrebbero essere accolte dallo Stato, siederanno sul banco degli imputati e saranno processate per la violenza subita».
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