In un opuscolo che facemmo qualche anno fa "Una realtà delle donne di cui si parla poco - Sulla condizione di (in)sicurezza delle lavoratrici" scrivevamo:
“...Negli infortuni in itinere la quota rappresentata dalle lavoratrici, è rilevante e pari esattamente al 46,1%. e le morti delle donne in questi infortuni vanno oltre il 50% dei decessi (contro il 22,3% tra gli uomini)” -
Come mai questo dato così alto? Questi infortuni denunciano la morte di lavoratrici, come braccianti, precarie che per arrivare sui posti di lavoro a volte devono viaggiare, spesso assiepate nei pulmini dei caporali o degli intermediari, mezzi spesso non a regola che vanno veloci per portare prima sul lavoro o dal lavoro.
Ma denunciano soprattutto la corsa che le donne devono fare per e da lavoro, per affrettarsi, già stanche e stressate, a fare l’altro lavoro, quello gratis in casa. Le donne, se hanno famiglia, vanno al lavoro dopo aver fatto a volte ore di lavoro prima per “mettere a posto la casa”, per preparare da mangiare, per i figli – vi sono lavoratrici che per andare a fare il primo turno lavorativo si alzano alle 4 di notte e fino alle 6 hanno già lavorato due ore e già comincia la stanchezza; lo stesso avviene al rientro dal posto di lavoro. E questo fa vivere le donne in una continua corsa, le costringe anche a uno sforzo mentale, dovendo pensare a più impegni, e la stanchezza si somma a tensione, nervosismo.
Questi dati testimoniano che, a parte infortuni simili e rischi uguali agli altri lavoratori, c’è, anche sul fronte della sicurezza/salute, una condizione diversa delle donne rispetto ai lavoratori uomini. Le lavoratrici, per il doppio lavoro che sono costrette a svolgere, non riposano, se non per lo tempo strettamente necessario. Rispetto ad un lavoratore che va al lavoro e si stanca, rischia, ma prima e dopo può riposarsi, per le donne, anche oggi, la fine del lavoro fuori è solo l’inizio del lavoro in casa; per tante donne, proletarie, sembra quasi che il lavoro fuori se lo devono ogni giorno conquistare, perchè si aggiunge al lavoro “normale” che devono fare per la famiglia.
Quindi il doppio lavoro – le donne lavorano complessivamente da un minimo di 60 ore settimanali (più della metà delle donne) a 70 ore (più di un terzo delle donne – mentre solo il 15% degli uomini lavora per 60 e solo l’1% degli uomini dà un aiuto nel lavoro domestico) - porta alla “doppia fatica”, al doppio stress, ad un peggioramento della salute (tante lavoratrici soffrono di dolori diffusi, costanti, di ansia, insonnia, dolori allo stomaco, ecc. che si dovranno portare per anni: “circa un’operaia su due soffre di dolori alla schiena, alle spalle, alle braccia e alle mani, tanto più se lavora in un settore come quello della produzione di automobili o di elettrodomestici” - inchiesta Fiom).
Un attacco alla salute e alla vita meno quantificabile nelle tabelle statistiche sulla sicurezza, ma molto più generale e costante..."
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