Da più di 130 anni il 1° maggio
rappresenta nel mondo la Festa dei lavoratori. Ma questa giornata, che
celebra le lotte e l’internazionalismo della nostra classe – tanto che
festeggiare questa data fu impedito per anni anche nelle democrazie
occidentali, mentre con il fascismo fu proprio soppressa –, sta
diventando in Italia una ricorrenza ogni anno più ipocrita:
perché a sempre più gente è negato il lavoro, perché i governi che si
sono succeduti in questi anni stanno provando a distruggere i diritti
che abbiamo conquistato con tante lotte, perché i sindacati confederali
hanno snaturato questa giornata in una festa della musica, perché molti lavoratori hanno perso completamente il diritto al riposo nei giorni festivi, compreso appunto il 1° maggio.
E proprio su questa contraddizione, sentita da migliaia di lavoratori, vogliamo soffermarci quest’anno.
Nonostante un referendum avesse bocciato nel 1995 le liberalizzazioni degli orari di apertura degli esercizi commerciali, solo tre anni dopo Bersani, ministro del Governo Prodi, inizia a deregolamentare le aperture, fino ad arrivare con il Governo Monti nel 2011 (passando per il 2001 quando questa competenze sono state assegnate alle Regioni che hanno agito in continua deroga ai limiti imposti) al conferimento di una totale libertà per i padroni di gestire gli orari (e quindi la vita) dei propri dipendenti.
Il decreto “Salva Italia” del 2011 fu annunciato come la soluzione ai problemi occupazionali in cui versava il paese ed avrebbe rilanciato i consumi, il tutto condito dalla solita solfa dell'adeguamento agli standard europei, ma la realtà è ben altra... I consumi sono continuati a calare, migliaia di posti di lavoro sono andati persi nel commercio al dettaglio (Confesercenti calcola che solamente tra inizio 2012 e primi mesi del 2013 sono andati persi 90.000 posti) e la Grande Distribuzione, che sentitamente ringraziava essendo l'unica beneficiaria di queste misure, al posto compiere nuove assunzioni ha semplicemente intensificato lo sfruttamento dei lavoratori del comparto che già da anni subiscono condizioni lavorative estremamente pesanti.
Ma cosa ha significato tutto ciò per coloro che sono occupati in ipermercati, centri commerciali outlet, etc.?
L'impossibilità di programmare la propria vita, di dedicarsi ai propri affetti, di concedersi del riposo. Turnazioni decise settimanalmente e molto spesso giorno per giorno sono l'assoluta normalità in questo settore. Turni spezzati, formalmente di 8 ore ma che in realtà diventano di 12 ore, essendo spesso questi negozi situati lontani dai centri abitati.
La vita quotidiana di questi lavoratori di fatto inizia e finisce sul loro posto di lavoro. L'inesistenza di una giornata settimanalmente deputata al riposo e di feste “comandate” porta a situazioni familiari estreme, in cui è praticamente impossibile riunirsi intorno allo stesso tavolo, arrivando a distruggere i rapporti umani ed affettivi. Ed è evidente come questa situazione sia gravosa doppiamente per le donne, impegnate nel lavoro domestico negli interstizi tra un turno e un altro. Questi lavoratori, a cui spesso viene rinfacciato che sono dei privilegiati, perché “loro almeno hanno un lavoro”, e che quindi non hanno diritti (neanche quello di lamentarsi), vengono remunerati con stipendi da fame e visto l'alto ricorso a contratti part-time, che in media ammontano a 600-700 euro al mese, l'indipendenza economica è un miraggio.
Se questo sfrenato ricorso alla flessibilità sul posto di lavoro non bastasse, i dipendenti sono sottoposti all'attacco più ampio portato alla classe lavoratrice per eliminare ogni tipo di tutela contro i licenziamenti e ogni tipo di limite ad assunzioni precarie, di cui il Jobs Act del Governo Renzi è l'ultimo tassello.
Infatti il governo, che ricordiamo ha come ministro del lavoro Giuliano Poletti, ex-presidente di Legacoop (ovvero del gruppo di cui fa parte la Coop, leader della GDO in Italia), alzando il numero di possibili rinnovi dei contratti a termine senza causale e quasi eliminando i vincoli per l'apprendistato, ci sta preparando a una vita di precarietà, il cui unico orizzonte sarà ancora più sfruttamento e nessuna possibilità di determinare alcun aspetto delle nostre vite.
Per questo motivo quest’anno cercheremo, insieme a altre realtà sociali e politiche, di opporci a queste politiche che stanno investendo il mondo del lavoro, e di impedire che tanti siano obbligati a lavorare in un giorno che è di festa. In particolare, lottare contro le aperture nella Grande Distribuzione nei giorni festivi vuol dire oggi resistere direttamente all’attacco dei padroni, sostenere materialmente i soggetti che già da anni e quasi in solitudine si oppongono a quest'obbligo, creare consenso largo intorno a una visione del mondo fondata sulla libertà e sull’uguaglianza!
Invitiamo tutti il 1° maggio a provarci con noi, e a segnalarci tutte le mobilitazioni e le iniziative che attraverseranno l’Italia. Ci incaricheremo di dargli spazio sul sito e di farle arrivare a tanti lavoratori che magari si sentono soli e non riescono ancora a capire la grande forza che hanno!
Lottiamo uniti, perché ci vogliono divisi e in competizione l’uno con l’altro.
Siamo inflessibili, contro la flessibilità che ci vogliono imporre!
- qui un volantino con coupon da lasciare alle casse
Nonostante un referendum avesse bocciato nel 1995 le liberalizzazioni degli orari di apertura degli esercizi commerciali, solo tre anni dopo Bersani, ministro del Governo Prodi, inizia a deregolamentare le aperture, fino ad arrivare con il Governo Monti nel 2011 (passando per il 2001 quando questa competenze sono state assegnate alle Regioni che hanno agito in continua deroga ai limiti imposti) al conferimento di una totale libertà per i padroni di gestire gli orari (e quindi la vita) dei propri dipendenti.
Il decreto “Salva Italia” del 2011 fu annunciato come la soluzione ai problemi occupazionali in cui versava il paese ed avrebbe rilanciato i consumi, il tutto condito dalla solita solfa dell'adeguamento agli standard europei, ma la realtà è ben altra... I consumi sono continuati a calare, migliaia di posti di lavoro sono andati persi nel commercio al dettaglio (Confesercenti calcola che solamente tra inizio 2012 e primi mesi del 2013 sono andati persi 90.000 posti) e la Grande Distribuzione, che sentitamente ringraziava essendo l'unica beneficiaria di queste misure, al posto compiere nuove assunzioni ha semplicemente intensificato lo sfruttamento dei lavoratori del comparto che già da anni subiscono condizioni lavorative estremamente pesanti.
Ma cosa ha significato tutto ciò per coloro che sono occupati in ipermercati, centri commerciali outlet, etc.?
L'impossibilità di programmare la propria vita, di dedicarsi ai propri affetti, di concedersi del riposo. Turnazioni decise settimanalmente e molto spesso giorno per giorno sono l'assoluta normalità in questo settore. Turni spezzati, formalmente di 8 ore ma che in realtà diventano di 12 ore, essendo spesso questi negozi situati lontani dai centri abitati.
La vita quotidiana di questi lavoratori di fatto inizia e finisce sul loro posto di lavoro. L'inesistenza di una giornata settimanalmente deputata al riposo e di feste “comandate” porta a situazioni familiari estreme, in cui è praticamente impossibile riunirsi intorno allo stesso tavolo, arrivando a distruggere i rapporti umani ed affettivi. Ed è evidente come questa situazione sia gravosa doppiamente per le donne, impegnate nel lavoro domestico negli interstizi tra un turno e un altro. Questi lavoratori, a cui spesso viene rinfacciato che sono dei privilegiati, perché “loro almeno hanno un lavoro”, e che quindi non hanno diritti (neanche quello di lamentarsi), vengono remunerati con stipendi da fame e visto l'alto ricorso a contratti part-time, che in media ammontano a 600-700 euro al mese, l'indipendenza economica è un miraggio.
Se questo sfrenato ricorso alla flessibilità sul posto di lavoro non bastasse, i dipendenti sono sottoposti all'attacco più ampio portato alla classe lavoratrice per eliminare ogni tipo di tutela contro i licenziamenti e ogni tipo di limite ad assunzioni precarie, di cui il Jobs Act del Governo Renzi è l'ultimo tassello.
Infatti il governo, che ricordiamo ha come ministro del lavoro Giuliano Poletti, ex-presidente di Legacoop (ovvero del gruppo di cui fa parte la Coop, leader della GDO in Italia), alzando il numero di possibili rinnovi dei contratti a termine senza causale e quasi eliminando i vincoli per l'apprendistato, ci sta preparando a una vita di precarietà, il cui unico orizzonte sarà ancora più sfruttamento e nessuna possibilità di determinare alcun aspetto delle nostre vite.
Per questo motivo quest’anno cercheremo, insieme a altre realtà sociali e politiche, di opporci a queste politiche che stanno investendo il mondo del lavoro, e di impedire che tanti siano obbligati a lavorare in un giorno che è di festa. In particolare, lottare contro le aperture nella Grande Distribuzione nei giorni festivi vuol dire oggi resistere direttamente all’attacco dei padroni, sostenere materialmente i soggetti che già da anni e quasi in solitudine si oppongono a quest'obbligo, creare consenso largo intorno a una visione del mondo fondata sulla libertà e sull’uguaglianza!
Invitiamo tutti il 1° maggio a provarci con noi, e a segnalarci tutte le mobilitazioni e le iniziative che attraverseranno l’Italia. Ci incaricheremo di dargli spazio sul sito e di farle arrivare a tanti lavoratori che magari si sentono soli e non riescono ancora a capire la grande forza che hanno!
Lottiamo uniti, perché ci vogliono divisi e in competizione l’uno con l’altro.
Siamo inflessibili, contro la flessibilità che ci vogliono imporre!
- qui un volantino con coupon da lasciare alle casse
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