Proteste in India contro lo Stato degli stupri - è come a Juarez Messico - Polizia, Esercito, paramilitari fascisti induisti dietro gli stupri - la denuncia di Arundhati Roy: gli stupri sono usati da sempre dallo Stato feudal borghese filo-imperialista indiano contro le donne del popolo che lottano nelle file della guerra popolare
Cinque uomini arrestati in India per le ragazze stuprate e impiccate.
In manette anche due agenti, bufera sulla polizia locale
Grande protesta degli studenti indiani dopo lo stupro e l’uccisione di due ragazze nello stato di Uttar Pradesh
Persone del villaggio di Katra
radunate attorno ai corpi delle due ragazzine impiccate. Sono stati gli
abitanti a decidere che le vittime rimanessero appese in modo che le
televisioni e i fotografi potessero riprenderle.
Sono cinque gli uomini arrestati per aver stuprato ed ucciso due
ragazze di 14 e 16 anni in India. Tra i cinque arrestati vi sono anche
due poliziotti, ha reso noto un ufficiale della polizia dello stato di
Uttar Pradesh.
«Questi cinque uomini sono i principali sospettati per questo crimine - ha spiegato - altri due sono stati identificati come sospetti e li arresteremo quando avremo ottenuto ulteriori elementi nell’indagine».
Il padre di una delle vittime ha denunciato, parlando con la stampa, comportamenti discriminatori da parte della polizia locale, che non avrebbe fatto nulla per cercare le ragazze scomparse, perché appartenenti alla casta dei paria, i “dalit”. «Un poliziotto mi disse che avremmo trovato le ragazze impiccate ad un albero da qualche parte, e quando le abbiamo cercate noi, le abbiamo trovate impiccate ad un albero», ha detto.
«Questi cinque uomini sono i principali sospettati per questo crimine - ha spiegato - altri due sono stati identificati come sospetti e li arresteremo quando avremo ottenuto ulteriori elementi nell’indagine».
Il padre di una delle vittime ha denunciato, parlando con la stampa, comportamenti discriminatori da parte della polizia locale, che non avrebbe fatto nulla per cercare le ragazze scomparse, perché appartenenti alla casta dei paria, i “dalit”. «Un poliziotto mi disse che avremmo trovato le ragazze impiccate ad un albero da qualche parte, e quando le abbiamo cercate noi, le abbiamo trovate impiccate ad un albero», ha detto.
Intanto gli episodi di violenze e abusi continuano.
Roy: «Io accuso il sistema delle caste. Viviamo in un passato feudale»
Arundhati Roy: donne vittime di una doppia oppressione
«Mi
ha colpito che la maggior parte dei grandi media indiani ha evitato di
dire che le due ragazze erano dalit. C’è della politica in questo: la
volontà di non mettere in questione il sistema delle caste
e presentare il fatto come un mero atto criminale. Ma quando lo stupro è
usato come mezzo di oppressione di una casta sull’altra diventa uno
strumento politico» dice Arundhati Roy.
La scrittrice indiana aveva già descritto quasi vent’anni fa nel suo
primo e unico romanzo, il bestseller internazionale e Booker Prize "Il
dio delle piccole cose", come il sistema delle caste, negato dalla legge
e consuetudine nella realtà, condizionasse perfino uno Stato come il
Kerala «comunista», con la sua tradizione egualitaria. «Le caste sono
come l’apartheid, ma nessuno in India,
dai progressisti all’estrema destra, lo riconosce — accusa dalla sua
casa a New Delhi — Significherebbe criticare l’architrave della nostra
società e nessuno è interessato a farlo».
Lo aveva fatto quasi 80 anni fa Ambedkar, il padre della Costituzione indiana. Il suo «Annihilation of Caste», audace denuncia contro l’induismo e il sistema delle caste, è stato recentemente ripubblicato con un saggio-prefazione della Roy, dal titolo The doctor and the saint , giocato sull’opposizione tra lo statista (elogiato) e Gandhi (criticato per il ruolo avuto nella difesa delle caste). «Oggi si fa un gran parlare di violenze sessuali in India, ma in termini generici, e questa isteria mediatica crea una psicosi tra la gente senza arrivare a inquadrare il problema».
Ma le dalit non sono le uniche vittime di stupri. La studentessa violentata su un autobus a Delhi nel 2012, per dire, non era una dalit. E anche le turiste straniere sono a rischio.
«Nell’anno in cui il mondo inorridiva per la brutale aggressione a quella ragazza, 1.500 donne dalit venivano stuprate. E questa è la cifra ufficiale, che si stima corrisponda al 10% dei casi. Ma la maggior parte delle violenze continua a non essere riportata per la vergogna sociale».
Le caste in India esistono da secoli, ma sembra che ultimamente la situazione per le donne sia peggiorata.
«Da noi la maggioranza della popolazione vive in un passato feudale e patriarcale in cui le donne dalit da sempre sono violentate da uomini delle caste superiori che considerano lo stupro un proprio diritto. Le donne degli intoccabili sono da sempre molto toccabili. Ora stiamo assistendo a due fenomeni nuovi. Da un lato le donne, soprattutto le giovani che vivono in città, stanno cambiando molto più velocemente degli uomini: studiano, entrano numerose nei luoghi di lavoro, si emancipano, sono più libere, cambiano il loro modo di vestirsi, i loro sogni, le loro aspettative. Questo sta creando un nuovo tipo di violenza, di punizione. Dall’altro lato, un fenomeno opposto, ma che dà lo stesso risultato: nei villaggi e nelle aree rurali molte donne stanno diventando ancora più povere e indifese».
Lei definisce lo stupro come punizione. In che senso?
«Le donne emancipate sono punite perché sono fuori controllo, le più povere perché non hanno protezione. Poi c’è la violenza contro le donne in aree militarizzate come il Kashmir, Manipur e Chhattisgarh. In questi casi lo stupro diventa un’arma, uno strumento politico».
Il sistema delle caste non si sta indebolendo?
«Assolutamente no, si sta solo modernizzando ma continua a dar forma alla società e alla politica».
L’India sta facendo qualcosa per uscire da questo Medioevo?
«Altro che uscire, ci stiamo entrando fino in fondo. Temo che nei prossimi mesi assisteremo a un aumento delle violenze. Le politiche perseguite dai Gandhi basate su privatizzazioni, confisca di terre, costruzioni di imponenti dighe temo saranno esasperate da Modi. Con che risultati? Un esercito di nuovi poveri per gli spostamenti forzati di intere comunità».
In un saggio del libro «Quando arrivano le cavallette», getta ombra sulla democrazia come formula ideale per uscire da crisi e barbarie.
«Abbiamo bisogno di un progetto a lungo termine. Possono i governi democratici, la cui sopravvivenza dipende da risultati immediati, offrire questo progetto?»
Sta pensando a un’alternativa?
«Sono combattuta tra la speranza e la ragione: mi suggeriscono cose diverse».
Alessandra Muglia (Corriere della Sera)
Lo aveva fatto quasi 80 anni fa Ambedkar, il padre della Costituzione indiana. Il suo «Annihilation of Caste», audace denuncia contro l’induismo e il sistema delle caste, è stato recentemente ripubblicato con un saggio-prefazione della Roy, dal titolo The doctor and the saint , giocato sull’opposizione tra lo statista (elogiato) e Gandhi (criticato per il ruolo avuto nella difesa delle caste). «Oggi si fa un gran parlare di violenze sessuali in India, ma in termini generici, e questa isteria mediatica crea una psicosi tra la gente senza arrivare a inquadrare il problema».
Ma le dalit non sono le uniche vittime di stupri. La studentessa violentata su un autobus a Delhi nel 2012, per dire, non era una dalit. E anche le turiste straniere sono a rischio.
«Nell’anno in cui il mondo inorridiva per la brutale aggressione a quella ragazza, 1.500 donne dalit venivano stuprate. E questa è la cifra ufficiale, che si stima corrisponda al 10% dei casi. Ma la maggior parte delle violenze continua a non essere riportata per la vergogna sociale».
Le caste in India esistono da secoli, ma sembra che ultimamente la situazione per le donne sia peggiorata.
«Da noi la maggioranza della popolazione vive in un passato feudale e patriarcale in cui le donne dalit da sempre sono violentate da uomini delle caste superiori che considerano lo stupro un proprio diritto. Le donne degli intoccabili sono da sempre molto toccabili. Ora stiamo assistendo a due fenomeni nuovi. Da un lato le donne, soprattutto le giovani che vivono in città, stanno cambiando molto più velocemente degli uomini: studiano, entrano numerose nei luoghi di lavoro, si emancipano, sono più libere, cambiano il loro modo di vestirsi, i loro sogni, le loro aspettative. Questo sta creando un nuovo tipo di violenza, di punizione. Dall’altro lato, un fenomeno opposto, ma che dà lo stesso risultato: nei villaggi e nelle aree rurali molte donne stanno diventando ancora più povere e indifese».
Lei definisce lo stupro come punizione. In che senso?
«Le donne emancipate sono punite perché sono fuori controllo, le più povere perché non hanno protezione. Poi c’è la violenza contro le donne in aree militarizzate come il Kashmir, Manipur e Chhattisgarh. In questi casi lo stupro diventa un’arma, uno strumento politico».
Il sistema delle caste non si sta indebolendo?
«Assolutamente no, si sta solo modernizzando ma continua a dar forma alla società e alla politica».
L’India sta facendo qualcosa per uscire da questo Medioevo?
«Altro che uscire, ci stiamo entrando fino in fondo. Temo che nei prossimi mesi assisteremo a un aumento delle violenze. Le politiche perseguite dai Gandhi basate su privatizzazioni, confisca di terre, costruzioni di imponenti dighe temo saranno esasperate da Modi. Con che risultati? Un esercito di nuovi poveri per gli spostamenti forzati di intere comunità».
In un saggio del libro «Quando arrivano le cavallette», getta ombra sulla democrazia come formula ideale per uscire da crisi e barbarie.
«Abbiamo bisogno di un progetto a lungo termine. Possono i governi democratici, la cui sopravvivenza dipende da risultati immediati, offrire questo progetto?»
Sta pensando a un’alternativa?
«Sono combattuta tra la speranza e la ragione: mi suggeriscono cose diverse».
Alessandra Muglia (Corriere della Sera)