All’Aquila ieri sono tornati i militari in forze per liberare la città dalle macerie, dicono. Per liberare la città dalle carriole, diciamo noi e dal dissenso. Tutto deve essere apparentemente perfetto ed efficiente per le elezioni, anche la demagogia di uno Stato clerico-fascista e medioevale, che si prepara ad essere di nuovo legittimato dal gioco elettorale e benedetto dall’ipocrisia clericale.
All’Aquila qualcosa oggi ha tentato di rompere questa ipocrisia, questo gioco truccato.
Sullo sfondo di un tendone con su scritto “Riprendiamoci la città”, contro le porpore dei prelati, gli alti gradi dei militari, le facce toste di Sindaco, Presidente della Regione e autorità varie accorse a celebrare il proprio successo sulle macerie inaugurando la chiesa delle anime sante (ristrutturata solo in parte con i soldi degli USA), un cartello ben visibile è stato apposto, in alto, sul lampione più vicino alla passerella di politici e curia. Diceva: “512milioni di euro per il G8, 2.700 euro/m² per le C.A.S.E., per gli esclusi dalle C.A.S.E. niente case, solo macerie”.
Sul piedistallo di quel lampione sono salita con un altro cartello per Joy, Hellen, tutte le donne che lottano contro il marciume e la violenza di questo barbaro sistema capitalistico. Su quel cartello c’era e c’è scritto, nonostante lo “strappo”: “
La Digos mi ha fatto le lastre: i maschi quasi mi facevano la colposcopia, ostentando il fatto che si stavano appuntando tutto di me, non mi sganciavano gli occhi di dosso. Le digossine invece sono salite sul piedistallo, davanti a me, per cercare di nascondere i cartelli e quando un alto prelato li ha notati, una di loro ha cercato di spingermi via a culate ma non ce l’ha fatta. Il suo collega, dopo avere strappato il cartello attaccato al lampione ha iniziato a strapparmi dalle mani quello per Joy ed Hellen. Io mi sono messa a gridare, ho urlato a tutti i presenti di guardare bene qual’è la loro democrazia e il digossino ha dovuto restarsene buono. Un signore anziano e la sua compagna, che prima avevano apprezzato il cartello, mi hanno aiutata a riattaccarlo.
Sono rimasta in presidio per 2 ore
e ho sentito il calore di chi non avevo mai visto prima, di chi non avevo mai visto neanche a un’assemblea, quello dei vigili del fuoco, quello di donne e uomini non abituati alla piazza. Eppure questi uomini e queste donne mi hanno aiutata. In silenzio, da loro mi sono sentita protetta e le/li ringrazio per questa preziosa solidarietà.
Luigia
Questo uno stralcio dell'articolo pubblicato sul Centro del 20 marzo. Questo lo spazio riservato da pennivendoli ignoranti alla lotta femminista contro C.I.E., sciacalli e altri stupratori istituzionali:
[...] L’accesso alla chiesa è stato consentito, per motivi di sicurezza, solo a 150 persone. Ma le altre rimaste fuori (poco più di un centinaio) hanno potuto comunque seguire la cerimonia attraverso un maxischermo installato accanto all’ingresso della chiesa. In piazza anche alcuni esponenti dei comitati cittadini, (il popolo delle carriole), lì solo per distribuire un volantino con l’invito a partecipare domani, in quella stessa piazza Duomo, allo «spazio aperto al confronto e al dibattito sulla ricostruzione». Niente striscioni, fatta eccezione per il cartello tirato su da una donna.
Ma nulla a che vedere con il terremoto, le macerie e la ricostruzione. In quel cartello, esposto per una manciata di minuti, soltanto frasi contro la Chiesa e contro lo Stato
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