Iniziamo con una denuncia arrivata da una lavoratrice delle pulizie dell'Amat, il servizio trasporti a Taranto. Queste lavoratrici lavorano per pochissime ore 3/4 ore e stanno lottando insieme agli altri lavoratori per avere un aumento delle ore perché nel frattempo in questi mesi il carico di lavoro di pulizia dei bus e anche di sanificazione è aumentato, quindi nelle poche ore che hanno devono veramente fare i salti mortali. La lavoratrice dice: "non ho parole, già in quelle poche ore che facciamo non abbiamo neanche tempo di respirare, tant'è che io ho preso l'esaurimento nervoso, sono in depressione e mi sono messa in malattia; ieri però sono rientrata al lavoro e mi mi sono sentita subito male. Non è più possibile lavorare così, non ce la faccio più".
Questo è un grido che noi in questo periodo abbiamo sentito anche da altre lavoratrici, alla Mirafiori di Torino, alla Stellantis di Melfi, ecc., dalle fabbriche metalmeccaniche ai servizi di pulizia. Il peggioramento delle condizioni di lavoro sta andando rapidamente avanti e il problema che più denunciano le operaie, per esempio a Mirafiori, è proprio questa pesantezza del lavoro, in cui nella pesantezza c'è anche il fatto che non sanno neanche quando sono chiamate a lavorare e quando invece devono stare a casa, è quasi giorno per giorno che glielo comunicano. Questo chiaramente porta anche una pesantezza nervosa per l’attesa di sapere, per il fatto di non poter programmare nulla anche della propria vita privata familiare. La stessa cosa l'abbiamo sentita dalle operaie quando siamo andate a Melfi. Insieme ad una condizione di cassa integrazione e quindi di taglio del salario c'è anche questa altra faccia della medaglia che per le donne chiaramente significa un attacco doppio perché devono arrabattarsi ad organizzare le giornate, la famiglia. Pensiamo che a Melfi vengono da tantissimi paesi anche fuori Regione per cui ci mettono anche due ore per arrivare in fabbrica e due ore per ritornare, e improvvisamente sapere che devi scendere a lavorare, comporta fatica e stress.
La pesantezza del lavoro riguarda tanti altri settori di lavoratrici; per esempio le lavoratrici degli asili di Taranto in tre ore di lavoro al giorno devono fare tutto, non solo pulizie ma anche un servizio verso i bambini, avendo davanti troppi “padroni”, hanno i padroni della Ditta, hanno i padroni delle direttrici delle scuole che pretendono. E pure queste lavoratrici dicono che non ce la fanno più sono piene di dolori, acciacchi.
Ma per le donne il lavoro è importante perchè vuol dire anche indipendenza economica ed emancipazione; vuol dire prendere coscienza dentro i posti di lavoro di che cosa sono i padroni di che cos'è questo sistema; il lavoro è anche unirsi con le altre lavoratrici e quindi rafforzarsi.
Noi stiamo lavorando per l’unità delle operaie, lavoratrici, per costruire una forza. Le donne sono il più vasto fronte di lotta contro questo governo della fascista Meloni, dei suoi ministri, dei suoi fascio-integralisti presidenti di Camera e Senato. Quindi è importante che questo fronte sia forte. Noi diciamo che nella marea del movimento delle donne, il lavoro che stiamo facendo è di chiamare tutte le operaie più coscienti, le lavoratrici più attive, le immigrate che subiscono un triplice sfruttamento, ad essere la voce forte, di classe. E chiamiamo le compagne a comprendere, dare sostegno a questa voce e alla sua lotta; perché è una lotta diversa, inevitabilmente diversa. Quando le operaie si uniscono, sono protagoniste, e allora effettivamente questa lotta non è solo di balli e canti - che sono anche giusti e necessari - ma diventa pericolosa, e noi vogliamo che sia pericolosa. Ma per essere pericolosa è necessario che le donne lavoratrici, le disoccupate, le immigrate, le ragazze ribelli, quelle più sfruttate, più schiacciate, si uniscano, pesino, indichino un'altra strada, che non è la strada: ora togliamo il governo Meloni e mettiamo un altro. Perchè gli altri governi di centrosinistra li abbiamo visti all'opera, hanno spianato la strada alla Meloni e sul fronte del peggioramento delle condizioni delle lavoratrici non sono stati da meno.
Il problema è che c'è bisogno di una rivoluzione in cui le donne proletarie che sono colpite a 360° siano la forza più conseguente, la forza che unisce il fatto di essere donne al fatto di essere parte della classe sfruttata.
In questo percorso noi dobbiamo contrastare passo dopo passo gli aspetti pratici dell'attacco che sono pesanti. Provvedimenti come quelli sul Reddito di cittadinanza, che alla fine toglieranno, è criminale, ridurrà alla vera povertà anche tante donne; anche tutta la questione sulla denatalità è una campagna pratica e ideologica in cui le donne vengono "pesate" sulla base di quanti figli hanno, si parla di "quoziente familiare", come dire, chi non ha figli o ne ha uno solo verrà esclusa anche da quella miseria di bonus, reddito di cittadinanza. Sembra di essere tornate al tempo dei "premi" per le famiglie numerose. E dietro questo subito dopo verrà l'attacco concreto al diritto d'aborto. Anche dietro una riforma delle pensioni per le donne c'è il "numero dei figli".
Questi figli sono da un lato per l'economia del capitale, dall'altro in una fase aperta con la guerra interimperialista in Ucraina e verso una minaccia di guerra mondiale, per la patria imperialista. Di fatto si porta avanti la concezione delle donne come macchine riproduttrici di figli che devono servire al loro sistema.
Contro questi attacchi è necessario contrastare anche l'humus ideologico che li accompagna. Quello che infatti differenzia il governo fascista della Meloni dai precedenti non è tanto le misure, le decisioni concrete, ma è l'attacco ideologico, culturale. Oggi il "moderno medioevo" non lo denunciamo solo noi ma diventa un fatto normale. Per esempio i discorsi fatti dal presidente Fontana alla Camera è roba da manifesti anni '50 e in cui le donne erano rappresentate solo come madri e mogli. Quindi dobbiamo essere anche su questo fronte molto attive perchè è il più pericoloso nell'influenza che può avere nella massa di persone.
Ma su questo abbiamo anche necessità di ogni aiuto anche teorico, di armarci di un'analisi più approfondita, per esempio sul perché la borghesia vede come fumo negli occhi la questione del diritto d'aborto, perché è così importante per la borghesia, ma è altrettanto importante per noi; che cos'è la riproduzione nel sistema capitalista, quali sono le posizioni su questo nel movimento femminista che spesso invece di aiutare la lotta la frenano, la deviano...
Quindi, le donne proletarie si devono "armare" anche teoricamente per non essere alla coda della piccola borghesia. Chiaramente quando diciamo piccola borghesia non diciamo che non lavorano, ma come condizione di classe, condizione di differenza ideologica. Noi dobbiamo costruire il nostro "esercito" proletario. Questo lo abbiamo cominciato a fare, però abbiamo appena cominciato.
Noi non andiamo dal 25 novembre all'8 marzo - date che così diventano virtuali - noi operiamo perchè si faccia una lotta continua e contundente, che nelle date del movimento delle donne internazionale e, soprattutto per l'8 marzo, comunista indichi la sua battaglia generale, rivoluzionaria per rovesciare l'intero sistema capitalista patriarcale, perchè "tutta la vita deve cambiare".
Noi non abbiamo mai avuto una posizione settaria verso il movimento di Nudm, perché è un movimento che comunque riesce a portare in piazza migliaia di donne, e quindi non possiamo avere la posizione per cui siccome la direzione di questo movimento è piccolo borghese allora non dobbiamo esserci. Noi abbiamo da sempre detto: "un piede dentro e un piede fuori", e con questa logica da un lato partecipiamo e dall'altro facciamo continuamente la lotta aperta, politica, pratica, teorica alle posizioni di Nudm.
Ma il nostro percorso è un altro e deve sempre più essere un altro.
Abbiamo avviato questo percorso di "Assemblee operaie" in presenza. Il carattere di queste assemblee è che sono le stesse lavoratrici protagoniste anche della loro organizzazione; queste assemblee allargano anche la visuale delle operaie, cioè le fa uscire da una visuale circoscritta solo alla loro fabbrica, alla loro condizione, aiutano a conoscere le altre realtà, e quindi aiuta a comprendere che non si tratta solo del loro padrone, ma di un intero sistema.
E' differente anche il modo con cui vogliamo organizzare queste assemblee. Non si tratta di stabilire dall'alto: la facciamo in questo giorno o in un altro, non funziona così. Funziona quando queste assemblee sono nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le donne. L'Assemblee di Trezzo è servita perché c'era una lotta, perché c'erano delle operaie che volevano rendere questa loro esperienza una questione da condividere con altre lavoratrici, compagne, per rafforzare l'unità delle operaie. Quindi c'era una base. Non l'avremmo potuta fare a Trezzo se non ci fossero state le operaie della Beretta che hanno trovato, con l'ausilio del compagno dello Slai cobas sc di Bergamo, anche la sala, e che hanno deciso anche di prendere 2 ore di assemblea sindacale in fabbrica per fare l'assemblea esterna.
Quindi è questo che è diverso. Noi possiamo fare la prossima assemblea operaia dovunque ci sono lotte o situazioni di grave sofferenza, però non decidiamo noi quando e dove, se non c'è prima un lavoro, un intervento alle fabbriche, come abbiamo fatto prima dell'assemblea di Trezzo alla Beretta, alla Montello.
In questo tipo di assemblee poi non conta tanto il numero (anche se è bene coinvolgere il più alto numero possibile di operaie) ma il fatto che l'assemblea serva a cambiare la realtà preesistente.
Diversa è la costruzione di momenti di formazione teorici, ideologici. Qui non possiamo usare tanto la spontaneità, ma vale l'impegno, vale l'organizzazione.
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