27/12/22

Analisi delle tendenze nel movimento femminista in Italia, oggi - Nudm - parte 2


Riprendiamo stralci da un opuscolo dal titolo "360°" prodotto nel 2019 in cui abbiamo riportato l'analisi e il dibattito che si svolse tra compagne e lavoratrici in un seminario estivo di quell'anno, e in particolare riprendiamo la sezione Analisi delle tendenze nel movimento femminista in Italia oggi - Nudm che riteniamo valida e attuale nella sua essenza perchè, come abbiamo scritto "...Noi sappiamo tutte le lotte che facciamo, potremmo fare un elenco che non finisce mai, però non parliamo delle tendenze teoriche che influenzano le lotte. Ora, dobbiamo cominciare ad entrare nel merito. L’analisi delle tendenze nel movimento femminista non è per tenerla per noi, ma per fare una battaglia, e non solo nelle realtà femministe organizzate, nelle assemblee, ma verso tutto il movimento delle donne, tutte le donne proletarie. Le donne proletarie devono dare forza alla loro condizione, la loro condizione è una forza di ribellione, ma deve essere una forza anche teorica... 
Negli ultimi anni c’è un grande movimento di lotta delle donne… Il movimento delle donne è il più vasto movimento di lotta, in Italia, e negli altri paesi. E quando vanno in piazza centinaia di migliaia di donne, si deve stare in questo movimento, come diciamo noi, con “un piede dentro e un piede fuori”. E’ questa situazione generale… che pone l’urgenza di dire: qual’è la linea? Qual’è la
lotta?
Non solo la linea pratica – qui ci sono i padroni, i governi, lo Stato che ci danno abbondante materia di lotta, per difendere uno schifo di lavoro perché anche quello schifo ce lo vogliono togliere, per le politiche familiste, di attacco al diritto d’aborto, per le norme securitarie e razziste, ecc. ecc. - Quindi, non solo pratica, ma anche quale linea politica, quale linea strategica, quale linea ideologica, quale linea teorica. E quali invece sono quelle linee, quelle posizioni che invece ostacolano, che fanno da freno a scatenare la furia delle donne come forza poderosa della rivoluzione, e di cui allora bisogna liberarsene facendo chiarezza verso la maggioranza delle donne, verso in particolare le donne proletarie. E’ necessario capire più a fondo perché vi sono quelle linee, qual’è la politica generale che le sostiene, qual’è la concezione che le guida, e ancora, di quali classi sono espressione quelle concezioni? Qui è la necessità di mettere le “mani nella pasta” e anche di questo seminario che, appunto, non sta in cielo, ma è un seminario fino in fondo collocato in questa fase e in questa realtà…


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parte 2°

Torniamo, allora, alle parole Il "PIANO FEMMINISTA"

Non Una Di Meno, in occasione della prima grande manifestazione del 25 novembre 2016 annunciò la presentazione del «Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere», ponendolo come obiettivo di fase proprio a partire da quella manifestazione.
Un piano che via via si è articolato ed è stato elaborato attraverso un percorso fatto di successive assemblee nazionali, in alcune delle quali fu posto come tema centrale di discussione.
La filosofia di questo piano è quella di voler migliorare/cambiare dall'interno questo sistema borghese, imperialista, sempre più marcio, che ogni giorno regala alle masse popolari peggioramenti inaccettabili delle condizioni di vita, di lavoro, dei diritti democratici, diremmo "umani", peggioramenti che verso le donne hanno doppie conseguenze, spesso tragiche.
Si persegue una trasformazione culturale e politica, che avverrebbe principalmente sul piano delle idee, dell'educazione.
Sulle illusioni di poter cambiare le idee, senza rovesciare il sistema capitalista, la classe borghese dominante già tanti anni fa Marx ed Engels hanno detto parole definitive: "Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché a essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio. (...)". (Marx Engels, L'ideologia tedesca).

Sulla realtà concreta, circa i tre quarti dell’intero piano femminista contro la violenza maschile sulle donne, sono incentrati su una trasformazione culturale e politica della società, sul potenziamento di consultori e CAV “laici e femministi”, il riconoscimento di quelli autogestiti dalle donne e il loro intervento formativo/educativo a vari livelli (scuole, nidi e università, istituzioni politiche, media e industria culturale, aziende, luoghi di lavoro, ASL, magistratura, avvocati, consulenti, forze dell’ordine, polizia penitenziaria ecc. Come affermano le esponenti di Nudm: "Il focus, oggi come allora, ruota intorno ai centri antiviolenza, «luoghi di elaborazione politica, autonomi, laici e femministi, formazione «permanente e multidisciplinare» al cui interno operino esclusivamente donne e il cui obiettivo principale è attivare processi di trasformazione culturale e politica e intervenire sulle dinamiche strutturali da cui origina la violenza maschile e di genere sulle donne”. Per questi si chiedono finanziamenti pubblici e strutturali.

Sulla questione della violenza sessuale, si dice che la "violenza è strutturale" solo per dire che non è frutto di individui ma è insita nella società, nella famiglia, ecc. Un pò poco decisamente.
Non si fa un'analisi di classe di questa società, non si denuncia che è questo sistema capitalista la causa principe inevitabile, e che quindi non si può chiedere allo stesso sistema di non essere tale, e di conseguenza non si fa, anzi si contrasta, una lotta delle donne che abbia come prospettiva il rovesciamento della società capitalista.

Non si spiega mai, in maniera esplicita, l’origine del patriarcato. Certo, si “riconosce l’intreccio tra la matrice patriarcale e quella capitalista delle oppressioni”, e si dice: “la violenza di genere non è un’eccezione o un’emergenza del momento, ma il prodotto del patriarcato che ha una storia millenaria.
Patriarcato che nel sistema capitalistico ha trovato nuova linfa vitale, a partire dalla divisione sessuale del lavoro che ha relegato le donne dapprima nella dimensione domestica - facendo così
della famiglia etero-normata e mononucleare il cardine della riproduzione sociale -, in secondo luogo includendole nel mercato del lavoro a mezzo di nuove violenze, disparità e ingiustizie”; ma questa affermazione è in realtà un insidioso sofisma, che crea confusione, sia sull’origine del patriarcato, sia su quella del sistema capitalistico, e stride con l’analisi storico-materialistica della condizione di oppressione delle donne.
Questa ambiguità di fondo è corroborata anche dalla parte introduttiva del piano, quando si afferma che “La violenza maschile è espressione diretta dell’oppressione che risponde al nome di patriarcato, sistema di potere maschile che a livello materiale e simbolico ha permeato la cultura, la politica, le relazioni pubbliche e private. Oppressione e ineguaglianza di genere non hanno quindi un carattere sporadico o eccezionale: al contrario, strutturale. Non sono fenomeni che riguardano la sola sfera delle relazioni interpersonali, piuttosto pervadono e innervano l’intera società... Il patriarcato, e dunque la violenza maschile, sono inoltre da sempre funzionali alle logiche del profitto e dell’accumulazione capitalistica, all’organizzazione della società secondo rapporti di sfruttamento”. Con questo paralogismo, sembrerebbe che la divisione della società in classi, e quindi l’origine del patriarcato, sia in realtà indipendente dal sistema capitalista, quasi fosse un “di più”, che merita di essere menzionato solo a fine discorso.

Anuradha Ghandy (dirigente rivoluzionaria del Partito comunista maoista dell’India) nel suo libro “Tendende filosofiche nel movimento femminista” , analizzando il femminismo radicale che al
suo interno racchiude diverse tendenze o sottotendenze tra cui quella del femminismo culturale, scrive: “…mentre si formulano critiche estremamente forti sulla struttura patriarcale – della società – le soluzioni che si offrono sono di fatto riformiste… anche se hanno iniziato analizzando l’intero sistema – affermando che si deve trasformare e cambiare – la loro linea di analisi li porta in canali riformisti…”. La linea ideologica/teorica alla base del «Piano femminista” di NUDM rientra in questa analisi, perché accanto all’affermazione che la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere sono sistemiche, strutturali, cioè insite nel sistema capitalista etero-patriarcale, le “soluzioni” proposte vanno nella direzione invece di voler cambiare all'interno questo sistema borghese.
La denuncia di questo Stato borghese, dei governi della borghesia che si alternano al suo servizio, in una tendenza/marcia di moderno fascismo e moderno medioevo che avanza, resta di fatto circoscritta al piano sovrastrutturale, si ferma alla soglia degli aspetti fenomenici; si guarda principalmente alla contraddizione di genere non scendendo invece sul terreno che in ultima analisi è alla base della condizione di oppressione/subalternità delle donne, che è la causa da cui scaturisce la contraddizione di genere: il piano strutturale legato alla contraddizione di classe su cui si fonda la società esistente basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e divisa in classi appunto, e da cui scaturisce, influenza la sovrastruttura (l’insieme dei rapporti ideologici, filosofici, politici, giuridici, artistici, di genere…).
Il femminismo radicale “… ignora la struttura politico-economica e si concentra sugli aspetti sociali e culturali della società capitalista avanzata prendendo la relazione uomo-donna (rapporto sesso/genere) come la contraddizione centrale nella società…”.(Anuradha Ghandy),

La “soluzione” prospettata da NUDM nel “piano”, e cioè quella di chiedere di fatto riforme e per diversi aspetti finalizzare poi a questo nella pratica la mobilitazione delle donne, significa mettere in atto come abbiamo scritto in un precedente documento di critica al piano femminista, “un'operazione di rovesciamento tipica del riformismo borghese e piccolo borghese: le riforme
non sarebbero il sottoprodotto della lotta rivoluzionaria, della paura della borghesia della rivoluzione delle masse, ma in questo caso sono le lotte che diventano il sottoprodotto, l'accompagnamento alle riforme”, che diventano l’obiettivo, ma che ora più che mai con il fascio-populismo al potere, il governo, il parlamento non dà e non vuole dare. Codice rosso, delega alla polizia per la ”sicurezza” delle donne, aumento delle pene/giustizia borghese, ecc. queste sono semmai le “riforme” che danno i governi.
Quello che si chiede principalmente con questo piano (ad eccezione di alcuni aspetti condivisibili) è, solo, una "trasformazione culturale e politica" che deve partire dalle scuole, per esempio, dalle Università, dal mondo educativo e della cultura, che deve vedere il potenziamento/formazione di "... figure professionali e qualsiasi elemento coinvolti, dagli avvocati agli insegnanti”, dei «media e l’industria culturale », con un’operazione che agisca anche sul piano del linguaggio/nuovi modi di comunicare, al fine di trasformare, “decostruire…narrazioni tossiche» e “analfabetismi discriminatori altrettanto noti..."; dall’altro pone come centrale la questione dei CAV - “tutti i centri, gli sportelli, le case rifugio, le case di semiautonomia, gli spazi occupati e autogestiti delle donne… Questi sono luoghi di elaborazione politica, autonomi, laici e femministi al cui interno operano esclusivamente donne…” – e si chiede la loro formazione/potenziamento anche con richiesta di finanziamenti pubblici e strutturali.

Se l’oppressione di genere assume aspetti trasversali che investe le donne di classi diverse (non solo la maggioranza delle donne proletarie, ma anche le donne borghesi o piccolo borghesi subiscono discriminazioni di genere e violenza in questa società impregnata di sessismo e maschilismo, manifestazioni dell’ideologia di classe borghese dominante), le donne, come abbiamo detto, non sono però tutte uguali né i loro interessi sono uguali. E questo investe anche ciò che riguarda la questione di come combattere la violenza sessuale, la violenza di genere.
Limitarsi alla "trasformazione culturale e politica" da agire nelle scuole o nelle università, significa illudere e ingannare le maggioranza delle donne; così come lo è quello di considerare la scuola come un mondo a parte separato dalla vera realtà della società attuale (il caso di Palermo, di una bambina Rom che non capiva il perché – mentre in classe la maestra parlava di integrazione e non violenza - della violenza della polizia contro la madre portata via a forza con altre donne a Roma in un Cie per essere espulsa, mentre nel campo tutti i bambini erano terrorizzati dai mitra spianati dai poliziotti, è emblematico in questo senso). E’ come cercare di ripulire solo la superficie di un terreno che resta marcio in profondità.
La scuola in questo sistema sociale è in realtà una scuola sempre più al servizio dei padroni, del Capitale, come parte di quella “sovrastruttura”, appunto, che si eleva dalla struttura economica della società capitalista (i padroni che sfruttano gratis gli studenti per i loro profitti nell’alternanza scuola-lavoro e se si tratta di studentesse si arrogano anche la pretesa di molestarle e violentarle, o quella dei Dirigenti Scolastici sceriffi e maschilisti che, in caso di assunzione diretta di docenti “femmine”, le hanno sottoposte ad osceni colloqui provando a non assumerle perché in stato di gravidanza… fino al fascismo improntato sul sessismo delle docenti antifasciste da Lavinia alla prof.ssa dell’Aria).

Ancora, NUDM nel piano, ma non solo, denunciando che la violenza «nasce dalla disparità di potere, non è amore, è trasversale e avviene principalmente in famiglia e nelle relazioni di prossimità. (…) e gli uomini che agiscono violenza non sono mostri, belve, pazzi, depressi" – (il che è vero), scrive poi: “...per cui sarebbe essenziale la formulazione per esempio di una "carta deontologica rivolta agli operatori ed operatrici del sistema informativo e mediatico". Tutto qui?.
Certamente occorre anche il fronte culturale nella lotta da mettere in campo, ma come uno degli ambiti di quella che deve essere una lotta ampia e a 360 gradi. Ma per la maggioranza delle donne
oppresse, delle donne proletarie che non hanno una ma tante catene da distruggere nell’intreccio classe/genere, combattere “la violenza di genere strutturale” significa combattere contro la struttura sociale che alimenta la cultura di questa violenza, cioè organizzarsi nella lotta rivoluzionaria in ogni ambito per rovesciare questa società capitalista, e non cadere nell’illusione che si possano cambiare le idee maschiliste, sessiste, la cultura maschilista e violenta, patriarcale senza rovesciare la fonte di tali idee, di tale violenza, cioè il sistema capitalista.
Ecco perché, nonostante si dica che la violenza è strutturale, sistemica, la si affronta dal frutto e non dalle radici, dalla sovrastruttura e non dalla struttura, potando la mala pianta e non estirpandola, col risultato di farla crescere più vigorosa e spargendo illusioni sulla possibilità di cambiare dall’interno questo marcio sistema capitalistico…

L’uso di termini da parte di NUDM come transfemminismo, intersezionalità, la questione del genere maschio-femmina posto come una costruzione sociale imposta dal sistema etero patriarcale minimizzano in realtà la lotta di classe. Le differenze tra le molteplici soggettività (donne etero, LGBT*Qeer), le diverse identità diventano tutte da valorizzare in sé stesse, da collegare/interconnettere tra di loro, ma di fatto si annullano le classi. “… Dare valore ai tratti della personalità piuttosto che alle condizioni materiali” scrive Anuradha Ghandy a proposito del femminismo radicale; ma anche in merito alla tendenza del femminismo post-modernista, “si celebra la differenza e l’identità e si critica il marxismo perché si concentra su una totalità – la classe… la conseguenza è l’ostacolo oggettivo all’organizzazione della lotta collettiva che intrecci la questione di classe, che produce le diverse disuguaglianze di genere, discriminazioni e oppressioni alla questione di genere, razza, casta ecc… Questa è una forma di relativismo culturale” (Anuradha Ghandy sul femminismo del post modernismo.

(Continua)

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