Questa risposta, anche se zittita (con il pretesto che intasava
la mailing list), ha comunque innescato una discussione nella rete
nonunadimeno su separatismo e sul primo sciopero delle donne in
Italia.
A seguire la lettera ai sindacati dell'assemblea romana, poi modificata in virtù di questa segnalazione, ma solo in superficie, senza di fatto valorizzare il primo vero sciopero delle donne in Italia, quello del 25 novembre 2013 (la nuova versione la trovate qui):
Non diciamoci bugie, lo sciopero delle donne il prossimo 8 marzo non è affatto un'"esperimento inedito" in Italia
Come MFPR lo abbiamo promosso sin dal 2008 e messo in pratica a livello nazionale il 25 novembre 2013. Allora, come anche lo scorso 8 marzo, I sindacati che si sono realmente messi "al servizio della mobilitazione delle donne" sono stati lo Slai Cobas per il sindacato di classe e l'USI, che sicuramente appoggeranno anche il prossimo sciopero delle donne (http://femminismorivoluzionario.blogspot.it/).
Negare che ci siano già state esperienze in Italia di questo tipo, vuol dire oscurare la storia di lotta recente di almeno 20.000 donne e lavoratrici in Italia (Lotte di cui il web è pieno e che hanno avuto un eco mondiale, arrivando anche in India), che hanno scioperato il 25 novembre 2013 e l'8 marzo 2016, pagando anche sulla propria pelle il coraggio di quella lotta con licenziamenti e, indirettamente, con altre misure repressive, come la denuncia per diffamazione da parte dell'avvocato di un militare stupratore nei confronti della sottoscritta, individuata proprio grazie al ruolo assunto nello sciopero generale e nazionale delle donne del 25 novembre 2013.
Negare che ci siano già state esperienze in Italia di questo tipo, vuol dire anche ostacolare questa nuova esperienza in Italia, mozzarne alla base le ragioni e le radici, ripartire da 0 anche se a zero non siamo
Vuol dire alla fine fare del male alle donne, alle lavoratrici, alle proletarie che per la prima volta si trovano a fare questa scelta di lotta
Vuol dire fare altrettanta violenza a quelle donne e lavoratrici che si sono spese nella lotta e che sono ancora "invisibili" per questo "movimento", che si vuol dire "rappresentativo" della lotta contro la duplice violenza - genere/classe - e che sin'ora è stato solo a guardare, quando non ha voltato addirittura la testa dall'altra parte.
E poi cosa significa: "Lo sciopero si rivolge principalmente alle donne, ma ha più forza se innesca un supporto mutualistico con gli altri lavoratori, le reti relazionali e sociali, chi assume come prioritaria questa lotta"?
Vuol dire forse, come specificato in seguito dal contributo sullo sciopero dell'8 marzo da nonunadimenoRoma: "Vogliamo trovare soluzioni condivise e collettive ... in cui molti uomini, mariti, compagni, padri, fidanzati, fratelli, nonni, amici, hanno svolto un lavoro di supplenza nello svolgimento di attività normalmente svolte dalle donne"?
VUOL DIRE CHE IO, PADRONE, NON MI DEVO PREOCCUPARE PERCHE' IL MARITO DI QUELLA SCELLERATA DI SUA MOGLIE VERRA' A LAVORARE A POSTO SUO?
Ammesso che ciò sia possibile e non lo è, perché io donna, lavoratrice, dovrei accettare che qualche maschio, addirittura "mio marito" venga a lavorare a posto mio? Venga a rendersi schiavo e complice allo stesso tempo delle mie catene?
NO GRAZIE, QUESTA PROMISCUITA' NON FA' AFFATTO BENE, NE' ALLA LOTTA DI GENERE NE' ALLA LOTTA DI CLASSE
Né fanno bene certi consigli per evitare, ai datori di lavoro, le conseguenze dello sciopero, tipo "Se sei precaria e non ti è garantito il diritto di scioperare, puoi chiedere un permesso (per esempio per andare a donare il sangue) e astenerti dal lavorare" : Se non hai sangue infetto puoi andare a donare il sangue e l'INPS rimborserà ai datori di lavoro che ne faranno richiesta la tua giornata di permesso, Mentre se non puoi chiedere di donare il sangue sciopererai alla luce del sole e come minimo il datore di lavoro ti tratterrà, dalla busta paga la giornata non lavorata, ma almeno si saprà che l'8 marzo 2017 tu hai fatto sciopero contro la violenza maschile, padronale e di Stato sulle donne!
Tra l'altro tali "consigli" svelano una certa ignoranza, se non addirittura indifferenza, verso il peggioramento delle condizioni di lavoro (e dei "diritti"), aumentato negli anni fino al jobs act, per cui la "garanzia del diritto di sciopero" è di fatto aria fritta, che dobbiamo riconquistarci con la lotta radicale e unitaria (quella che i sindacati concertativi hanno evitato come la peste)
Così com'è lo sciopero delle donne il prossimo 8 marzo, sarà ancor più silenziato di quello del 25 novembre 2013, quando anche i vari centri antiviolenza si sono dati latitanti e non hanno saputo/voluto approfittare della voce delle lavoratrici che spingeva dal basso, da una 2 giorni di accampata a piazza S. Giovanni in cui abbiamo dovuto occupare il palco dei sindacati di base per far sentire la voce delle donne proletarie!
[Nonunadimeno] lettera ai sindacati
A seguire la lettera ai sindacati dell'assemblea romana, poi modificata in virtù di questa segnalazione, ma solo in superficie, senza di fatto valorizzare il primo vero sciopero delle donne in Italia, quello del 25 novembre 2013 (la nuova versione la trovate qui):
Non diciamoci bugie, lo sciopero delle donne il prossimo 8 marzo non è affatto un'"esperimento inedito" in Italia
Come MFPR lo abbiamo promosso sin dal 2008 e messo in pratica a livello nazionale il 25 novembre 2013. Allora, come anche lo scorso 8 marzo, I sindacati che si sono realmente messi "al servizio della mobilitazione delle donne" sono stati lo Slai Cobas per il sindacato di classe e l'USI, che sicuramente appoggeranno anche il prossimo sciopero delle donne (http://femminismorivoluzionario.blogspot.it/).
Negare che ci siano già state esperienze in Italia di questo tipo, vuol dire oscurare la storia di lotta recente di almeno 20.000 donne e lavoratrici in Italia (Lotte di cui il web è pieno e che hanno avuto un eco mondiale, arrivando anche in India), che hanno scioperato il 25 novembre 2013 e l'8 marzo 2016, pagando anche sulla propria pelle il coraggio di quella lotta con licenziamenti e, indirettamente, con altre misure repressive, come la denuncia per diffamazione da parte dell'avvocato di un militare stupratore nei confronti della sottoscritta, individuata proprio grazie al ruolo assunto nello sciopero generale e nazionale delle donne del 25 novembre 2013.
Negare che ci siano già state esperienze in Italia di questo tipo, vuol dire anche ostacolare questa nuova esperienza in Italia, mozzarne alla base le ragioni e le radici, ripartire da 0 anche se a zero non siamo
Vuol dire alla fine fare del male alle donne, alle lavoratrici, alle proletarie che per la prima volta si trovano a fare questa scelta di lotta
Vuol dire fare altrettanta violenza a quelle donne e lavoratrici che si sono spese nella lotta e che sono ancora "invisibili" per questo "movimento", che si vuol dire "rappresentativo" della lotta contro la duplice violenza - genere/classe - e che sin'ora è stato solo a guardare, quando non ha voltato addirittura la testa dall'altra parte.
E poi cosa significa: "Lo sciopero si rivolge principalmente alle donne, ma ha più forza se innesca un supporto mutualistico con gli altri lavoratori, le reti relazionali e sociali, chi assume come prioritaria questa lotta"?
Vuol dire forse, come specificato in seguito dal contributo sullo sciopero dell'8 marzo da nonunadimenoRoma: "Vogliamo trovare soluzioni condivise e collettive ... in cui molti uomini, mariti, compagni, padri, fidanzati, fratelli, nonni, amici, hanno svolto un lavoro di supplenza nello svolgimento di attività normalmente svolte dalle donne"?
VUOL DIRE CHE IO, PADRONE, NON MI DEVO PREOCCUPARE PERCHE' IL MARITO DI QUELLA SCELLERATA DI SUA MOGLIE VERRA' A LAVORARE A POSTO SUO?
Ammesso che ciò sia possibile e non lo è, perché io donna, lavoratrice, dovrei accettare che qualche maschio, addirittura "mio marito" venga a lavorare a posto mio? Venga a rendersi schiavo e complice allo stesso tempo delle mie catene?
NO GRAZIE, QUESTA PROMISCUITA' NON FA' AFFATTO BENE, NE' ALLA LOTTA DI GENERE NE' ALLA LOTTA DI CLASSE
Né fanno bene certi consigli per evitare, ai datori di lavoro, le conseguenze dello sciopero, tipo "Se sei precaria e non ti è garantito il diritto di scioperare, puoi chiedere un permesso (per esempio per andare a donare il sangue) e astenerti dal lavorare" : Se non hai sangue infetto puoi andare a donare il sangue e l'INPS rimborserà ai datori di lavoro che ne faranno richiesta la tua giornata di permesso, Mentre se non puoi chiedere di donare il sangue sciopererai alla luce del sole e come minimo il datore di lavoro ti tratterrà, dalla busta paga la giornata non lavorata, ma almeno si saprà che l'8 marzo 2017 tu hai fatto sciopero contro la violenza maschile, padronale e di Stato sulle donne!
Tra l'altro tali "consigli" svelano una certa ignoranza, se non addirittura indifferenza, verso il peggioramento delle condizioni di lavoro (e dei "diritti"), aumentato negli anni fino al jobs act, per cui la "garanzia del diritto di sciopero" è di fatto aria fritta, che dobbiamo riconquistarci con la lotta radicale e unitaria (quella che i sindacati concertativi hanno evitato come la peste)
Così com'è lo sciopero delle donne il prossimo 8 marzo, sarà ancor più silenziato di quello del 25 novembre 2013, quando anche i vari centri antiviolenza si sono dati latitanti e non hanno saputo/voluto approfittare della voce delle lavoratrici che spingeva dal basso, da una 2 giorni di accampata a piazza S. Giovanni in cui abbiamo dovuto occupare il palco dei sindacati di base per far sentire la voce delle donne proletarie!
[Nonunadimeno] lettera ai sindacati
L'assemblea romana di Non Una Di
Meno propone il testo che trovate di seguito ed in allegato da
inviare alle direzioni sindacali nazionali e territoriali per
sollecitare la convocazione di uno sciopero generale per la
giornata dell'8 marzo contro la violenza maschile sulle donne.
Vi mandiamo una proposta per un
testo breve e snello, ma che raccoglie la complessità del
percorso e i contenuti già discussi lo scorso 27 novembre.
Chiediamo ai sindacati, in
particolare a quelli che hanno partecipato alle giornate del
26-27, di farsi strumento, di mettersi al servizio delle donne e
non di esserne ostacolo negandone l'indizione.
L'intento è quello di arrivare al più presto alla proclamazione sindacale della giornata di sciopero, utile per il lancio e la costruzione della giornata stessa e, soprattutto, per consentire e favorire l'adesione delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti. Poichè per attuare uno sciopero esistono dei tempi burocratici ben precisi è necessario che il comunicato venga reso pubblico il più presto possibile.
L'intento è quello di arrivare al più presto alla proclamazione sindacale della giornata di sciopero, utile per il lancio e la costruzione della giornata stessa e, soprattutto, per consentire e favorire l'adesione delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti. Poichè per attuare uno sciopero esistono dei tempi burocratici ben precisi è necessario che il comunicato venga reso pubblico il più presto possibile.
Appello a tutti i sindacati
confederali, di base e
autonomi: l'8 Marzo fermiamo il mondo per dire no alla
violenza maschile sulle
donne
Siamo le donne che hanno costruito la grande
mobilitazione
nazionale dello scorso 26-27 novembre che ha visto scendere in
piazza più di
duecentomila persone.
Con lo slogan Non Una di Meno ci
siamo rimesse in
marcia contro la violenza maschile sulle donne insieme a tutt* coloro che hanno
riconosciuto questa
lotta imprescindibile per la trasformazione radicale
dell'esistente.
La
manifestazione ha ribadito che la violenza è un problema
strutturale delle
nostre società e agisce in ogni ambito della nostra vita. Il
femminicidio è la
punta dell'iceberg, l'epilogo tragico di una catena di discorsi
e atti,
simbolici e concreti, che dalla
casa al
posto di lavoro, dalla scuola all'università, negli ospedali e
sui giornali,
nei tribunali e nello spazio pubblico tende ad annientarci.
Sappiamo come la violenza sulle donne si esprime in una
molteplicità di
agiti/piani: nella disparità salariale; nelle tante
discriminazioni sui posti
di lavoro, nei luoghi della formazione e della ricerca; nello
sfruttamento del
lavoro domestico e di cura, sottopagato e gratuito; nel ricatto della
precarietà; nella privatizzazione
della salute e dei servizi;
nella negazione della libertà di scelta e
dell'autodeterminazione, nella
violenza ostetrica e medica, nell'obiezione di coscienza
dilagante, nella
squalificazione del nostro ruolo e della nostra dignità.
Ma siamo altrettanto consapevoli
- e dobbiamo farlo capire a molti - del peso che le
donne, più della
metà della popolazione mondiale, hanno nei processi economici,
sociali,culturali, produttivi
e
riproduttivi, e della forza di mobilitazione trasformativa che possono esprimere e stanno
esprimendo in
tutto il mondo.
Le giornate del 26 e 27 Novembre sono state
solo l’inizio di
un percorso di lotta, di elaborazione, di trasformazione, dunque, perché
sentiamo fortemente
il bisogno che tutto questo non rimanga sul piano esclusivamente
simbolico.
Per questo abbiamo fatto nostro l'appello delle donne
argentine alla
costruzione di uno SCIOPERO INTERNZIONALE DELLE DONNE PER IL
PROSSIMO 8
MARZO. Una giornata in cui rivendicare la nostra forza
agendo la nostra
sottrazione/astensione da ogni funzione produttiva e
riproduttiva che ci
riguardi.
Si tratta di un esperimento inedito in Italia che ha come
riferimenti
più prossimi gli scioperi delle donne argentine e polacche dei
mesi scorsi. E'
una sfida che lanciamo per rimettere al centro, dopo il 26 e il
27 novembre, il
protagonismo delle donne contro la violenza psicologica, fisica,
sociale,
economica, politica e culturale, perché “Se le nostre vite
non valgono,
allora ci fermiamo”.
Chiediamo, quindi, a tutti
i sindacati
confederali, di base e autonomi, in particolare a tutti quelli
che hanno
aderito alle giornate del 26 e del 27 Novembre, di
mettersi al servizio della
mobilitazione delle donne e di indire lo sciopero generale per
la giornata
dell'8 Marzo 2017, essere strumento utile allo
sciopero e non
ostacolo all'adesione delle lavoratrici e di tutt* coloro
intendano partecipare
a questa nuova giornata di lotta per la nostra
autodeterminazione.
--
Non Una Di Meno
Non Una Di Meno
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