Mentre ieri, con il pretesto della lotta al terrorismo da loro stessi scatenato, una manciata di potenti dava ulteriormente stura a sentimenti islamofobici, razzisti e fascisti (queste le nostre posizioni sull'attentato Charlie-hebdo), due anni fa si compiva il triplice femminicidio delle militanti curde Sakine Cansiz, Fidan Dogan et Leyla Soylemez, con il complice silenzio dei potenti di tutto il mondo.
Noi siamo quelle che non ci stanno a questa ipocrita parata della borghesia imperialista per coprire e legittimare i propri crimini contro l'umanità.
Noi siamo con quelle che non ci stanno più, perchè assassinate dallo stesso terrorismo imperialista dei territori occupati in Palestina, in Kurdistan, in Afghanistan, in Iraq, in Arabia Saudita, in India, in America Latina, in Africa e in Asia. Noi siamo con le donne che combattono contro l'imperialismo e il capitalismo, contro la guerra sui popoli e siamo con le donne che combattono la guerra dei popoli per i popoli, per l'umanità e per il comunismo.
Alla manifestazione dei "terroristi" ufficiali imperialisti in giacca e cravatta, noi preferiamo l'altra Francia, quella che si ritrova in piazza dopo 2 anni dall'assassinio delle militanti curde Sakine, Fidan et Leyla, quella che combatte contro il vero terrorismo, per la giustizia sociale e la verità su questo triplice femminicidio di cui nessuno parla più.
NESSUNA GIUSTIZIA NESSUNA PACE!
di seguito un articolo di Geraldina Colotti e le foto della manifestazione in Francia del 10.01.2015 da drapeaurouge
«Giustizia per le 3 militanti curde assassinate»
Parigi. A due anni dal triplice omicidio, ancora senza colpevoli, il movimento torna in piazza
Parigi. A due anni dal triplice omicidio, ancora senza colpevoli, il movimento torna in piazza
Due anni dal triplice assassinio di Sakine Cansiz, Fidan
Dogan et Leyla Soylemez, tre militanti curde del Partito dei lavoratori
(Pkk), uccise a sangue freddo a Parigi il 9 gennaio del 2013.
Un omicidio ancora senza colpevoli, commesso in una zona molto controllata
vicino alla Gare du Nord, in rue Lafayette, 147, sede del Centro di informazione
del Kurdistan. Un omicidio di Stato, secondo i militanti curdi, commesso
dai servizi segreti di Ankara (Mit).
Un anno fa questa pista si è fatta strada con forza, aumentando le possibilità
di colpevolezza dell’unico arrestato, Omer Guney. Un video consegnato
agli inquirenti e diffuso sul web mostra una conversazione precedente
l’attentato tra un uomo che si suppone sia Guney e due responsabili
dell’intelligence turca. I tre parlano di alti dirigenti kurdi da eliminare
in Europa, di armi e scenari per realizzarli. La posizione del sospettato
sembra evidentemente quella di chi prende orgini.
Guney ha sempre proclamato la sua innocenza e il governo turco ha seccamente
smentito denunciando una «campagna denigratoria». In quel frangente sono
circolate ipotesi di divergenze interne con una frangia dei curdi siriani
contraria a Ocalan. La registrazione evidenzia però anche la complicità
dei servizi segreti francesi, che tenevano sotto osservazione l’Ufficio
curdo, come conferma il sospettato ai suoi interlocutori. Un successivo
documento confidenziale, proveniente dal Mit – un incarico di missione
per “il legionario” emesso due mesi prima del triplice omicidio e pubblicato
sul quotidiano Sol (la sinistra) – ha rafforzato la pista turca.
Guney si era introdotto nell’associazionismo curdo legato al Pkk avvicinando Sakine Cansiz. Sakine, femminista e figura storica del movimento, nel 1978 aveva fondato il Pkk insieme ad Abdullah Ocalan. Fidan Dogan era impegnata a livello diplomatico in Europa nel processo di soluzione democratica della questione curda. Leyla Saylemez era una giovane militante che dedicava il suo tempo alle attività con i giovani. Tutte svolgevano attività diplomatica in Europa contro l’inserimento del Pkk fra le organizzazioni terroriste. Il loro assassinio era parso perciò un colpo portato alle trattative di pace tra il leader curdo e il premier turco Recep Erdogan.
Guney si era introdotto nell’associazionismo curdo legato al Pkk avvicinando Sakine Cansiz. Sakine, femminista e figura storica del movimento, nel 1978 aveva fondato il Pkk insieme ad Abdullah Ocalan. Fidan Dogan era impegnata a livello diplomatico in Europa nel processo di soluzione democratica della questione curda. Leyla Saylemez era una giovane militante che dedicava il suo tempo alle attività con i giovani. Tutte svolgevano attività diplomatica in Europa contro l’inserimento del Pkk fra le organizzazioni terroriste. Il loro assassinio era parso perciò un colpo portato alle trattative di pace tra il leader curdo e il premier turco Recep Erdogan.
«La ragion di Stato non prevalga sul rispetto della vita umana e sui
diritti dei popoli», ripetono oggi i curdi, tornando a chiedere
giustizia per le loro compagne uccise. L’inchiesta, però, sembra a un
punto morto. Una rogatoria internazionale, inoltrata alle autorità turche
da quasi un anno, resta senza risposta. In Turchia è stata aperta
un’inchiesta ma – denuncia il movimento – le autorità non hanno condiviso
nessun elemento con i giudici francesi. D’altronde, Parigi non ha
finora tolto il segreto militare su informazioni di intelligence che permetterebbero
di far luce su aspetti importanti del caso. «Nonostante la personalità
delle vittime e la gravità del crimine che ha sconvolto un intero
popolo – scrivono i curdi – né i famigliari, né i rappresentanti
della comunità sono stati ricevuti dalle autorità francesi. Del resto, la
Francia ha continuato ad avere rapporti con la Turchia come se nulla fosse
accaduto». Il presidente François Hollande ha incontrato a più
riprese Erdogan, a gennaio a giugno e a ottobre, ma non ha
sollevato il caso. E mentre i guerriglieri curdi resistono
a Kobane contro il Califfato, la comunità torna in piazza a Parigi
per denunciare «la complicità di Francia e Turchia» e per chiedere
nuovamente a Hollande di «adoperarsi con ogni mezzo per identificare,
arrestare e giudicare gli autori e i mandanti degli omicidi politici».
Per Sakine e le altre, la prima conferenza delle donne del Medio Oriente ha deciso di dedicare il 9 gennaio alla giornata contro i femminicidi politici. E in questa chiave scendono in piazza oggi anche in Italia diverse reti di donne, da Bologna a Roma. Nella capitale, l’appuntamento è dalle 13 alle 18 davanti all’ambasciata francese (piazza Farnese): «Per ricordare le compagne uccise, per difendere il progetto dell’autonomia democratica, che è contro il sistema capitalista e patriarcale. Un progetto di rivoluzione sociale sulle proprie terre e un modello per tutto il Medio Oriente e oltre».
Per Sakine e le altre, la prima conferenza delle donne del Medio Oriente ha deciso di dedicare il 9 gennaio alla giornata contro i femminicidi politici. E in questa chiave scendono in piazza oggi anche in Italia diverse reti di donne, da Bologna a Roma. Nella capitale, l’appuntamento è dalle 13 alle 18 davanti all’ambasciata francese (piazza Farnese): «Per ricordare le compagne uccise, per difendere il progetto dell’autonomia democratica, che è contro il sistema capitalista e patriarcale. Un progetto di rivoluzione sociale sulle proprie terre e un modello per tutto il Medio Oriente e oltre».
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