13/01/15

Parigi...quelle che non ci stanno e l'altra parte della Francia


Mentre ieri, con il pretesto della lotta al terrorismo da loro stessi scatenato, una manciata di potenti dava ulteriormente stura a sentimenti islamofobici, razzisti e fascisti (queste le nostre posizioni sull'attentato Charlie-hebdo), due anni fa si compiva il triplice femminicidio delle militanti curde Sakine Can­siz, Fidan Dogan et Leyla Soy­le­mez, con il complice silenzio dei potenti di tutto il mondo.
Noi siamo quelle che non ci stanno a questa ipocrita parata della borghesia imperialista per coprire e legittimare i propri crimini contro l'umanità.
Noi siamo con quelle che non ci stanno più, perchè assassinate dallo stesso terrorismo imperialista dei territori occupati in Palestina, in Kurdistan, in Afghanistan, in Iraq, in Arabia Saudita, in India, in America Latina, in Africa e in Asia. Noi siamo con le donne che combattono contro l'imperialismo e il capitalismo, contro la guerra sui popoli e siamo con le donne che combattono la guerra dei popoli per i popoli, per l'umanità e per il comunismo.
Alla manifestazione dei "terroristi" ufficiali imperialisti in giacca e cravatta, noi preferiamo l'altra Francia, quella che si ritrova in piazza dopo 2 anni dall'assassinio delle militanti curde Sakine, Fidan et Leyla, quella che combatte contro il vero terrorismo, per la giustizia sociale e la verità su questo triplice femminicidio di cui nessuno parla più.

NESSUNA GIUSTIZIA NESSUNA PACE!


di seguito un articolo di Geraldina Colotti e le foto della manifestazione in Francia del 10.01.2015 da drapeaurouge

«Giustizia per le 3 militanti curde assassinate»
Parigi. A due anni dal triplice omicidio, ancora senza colpevoli, il movimento torna in piazza
Due anni dal tri­plice assas­si­nio di Sakine Can­siz, Fidan Dogan et Leyla Soy­le­mez, tre mili­tanti curde del Par­tito dei lavo­ra­tori (Pkk), uccise a san­gue freddo a Parigi il 9 gen­naio del 2013. Un omici­dio ancora senza col­pe­voli, com­messo in una zona molto con­trol­lata vicino alla Gare du Nord, in rue Lafayette, 147, sede del Cen­tro di infor­ma­zione del Kur­di­stan. Un omi­ci­dio di Stato, secondo i mili­tanti curdi, com­messo dai ser­vizi segreti di Ankara (Mit).
Un anno fa que­sta pista si è fatta strada con forza, aumen­tando le pos­si­bi­lità di col­pe­vo­lezza dell’unico arre­stato, Omer Guney. Un video con­se­gnato agli inqui­renti e dif­fuso sul web mostra una con­ver­sa­zione pre­ce­dente l’attentato tra un uomo che si sup­pone sia Guney e due respon­sa­bili dell’intelligence turca. I tre par­lano di alti diri­genti kurdi da eli­mi­nare in Europa, di armi e sce­nari per rea­liz­zarli. La posi­zione del sospet­tato sem­bra evi­den­te­mente quella di chi prende orgini.

Guney ha sem­pre pro­cla­mato la sua inno­cenza e il governo turco ha sec­ca­mente smen­tito denunciando una «cam­pa­gna deni­gra­to­ria». In quel fran­gente sono cir­co­late ipo­tesi di diver­genze interne con una fran­gia dei curdi siriani con­tra­ria a Oca­lan. La regi­stra­zione evi­den­zia però anche la compli­cità dei ser­vizi segreti fran­cesi, che tene­vano sotto osser­va­zione l’Ufficio curdo, come conferma il sospet­tato ai suoi inter­lo­cu­tori. Un suc­ces­sivo docu­mento con­fi­den­ziale, pro­ve­niente dal Mit – un inca­rico di mis­sione per “il legio­na­rio” emesso due mesi prima del tri­plice omi­ci­dio e pubbli­cato sul quo­ti­diano Sol (la sini­stra) – ha raf­for­zato la pista turca.
Guney si era intro­dotto nell’associazionismo curdo legato al Pkk avvi­ci­nando Sakine Can­siz. Sakine, fem­mi­ni­sta e figura sto­rica del movi­mento, nel 1978 aveva fon­dato il Pkk insieme ad Abdul­lah Oca­lan. Fidan Dogan era impe­gnata a livello diplo­ma­tico in Europa nel pro­cesso di soluzione demo­cra­tica della que­stione curda. Leyla Say­le­mez era una gio­vane mili­tante che dedicava il suo tempo alle atti­vità con i gio­vani. Tutte svol­ge­vano atti­vità diplo­ma­tica in Europa con­tro l’inserimento del Pkk fra le orga­niz­za­zioni ter­ro­ri­ste. Il loro assas­si­nio era parso per­ciò un colpo por­tato alle trat­ta­tive di pace tra il lea­der curdo e il pre­mier turco Recep Erdo­gan.

«La ragion di Stato non pre­valga sul rispetto della vita umana e sui diritti dei popoli», ripe­tono oggi i curdi, tor­nando a chie­dere giu­sti­zia per le loro com­pa­gne uccise. L’inchiesta, però, sem­bra a un punto morto. Una roga­to­ria inter­na­zio­nale, inol­trata alle auto­rità tur­che da quasi un anno, resta senza rispo­sta. In Tur­chia è stata aperta un’inchiesta ma – denun­cia il movi­mento – le auto­rità non hanno con­di­viso nes­sun ele­mento con i giu­dici fran­cesi. D’altronde, Parigi non ha finora tolto il segreto mili­tare su infor­ma­zioni di intel­li­gence che per­met­te­reb­bero di far luce su aspetti impor­tanti del caso. «Nono­stante la per­so­na­lità delle vit­time e la gra­vità del cri­mine che ha scon­volto un intero popolo – scri­vono i curdi – né i fami­gliari, né i rap­pre­sen­tanti della comu­nità sono stati rice­vuti dalle auto­rità fran­cesi. Del resto, la Fran­cia ha con­ti­nuato ad avere rap­porti con la Tur­chia come se nulla fosse acca­duto». Il pre­si­dente Fra­nçois Hol­lande ha incon­trato a più riprese Erdo­gan, a gennaio a giu­gno e a otto­bre, ma non ha sol­le­vato il caso. E men­tre i guer­ri­glieri curdi resi­stono a Kobane con­tro il Calif­fato, la comu­nità torna in piazza a Parigi per denun­ciare «la com­pli­cità di Fran­cia e Tur­chia» e per chie­dere nuo­va­mente a Hol­lande di «ado­pe­rarsi con ogni mezzo per identifi­care, arre­stare e giu­di­care gli autori e i man­danti degli omi­cidi poli­tici».
Per Sakine e le altre, la prima con­fe­renza delle donne del Medio Oriente ha deciso di dedi­care il 9 gen­naio alla gior­nata con­tro i fem­mi­ni­cidi poli­tici. E in que­sta chiave scen­dono in piazza oggi anche in Ita­lia diverse reti di donne, da Bolo­gna a Roma. Nella capi­tale, l’appuntamento è dalle 13 alle 18 davanti all’ambasciata fran­cese (piazza Far­nese): «Per ricor­dare le com­pa­gne uccise, per difen­dere il pro­getto dell’autonomia demo­cra­tica, che è con­tro il sistema capi­ta­li­sta e patriar­cale. Un pro­getto di rivo­lu­zione sociale sulle pro­prie terre e un modello per tutto il Medio Oriente e oltre».


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