07/08/13

What Women Want - contro femminicidi e stupri a Palermo


Il giorno 4 Agosto 2013 presso l’Heles Disco Pub di via E. Restivo in Palermo si è tenuta la mostra fotografica “What Woman Want” di Simona La Marca, giovane studentessa dell’accademia delle Belle Arti di Palermo. Una mostra fotografica di denuncia degli stupri, violenze e femminicidi che si è posta e si è imposta l’obiettivo di sensibilizzare la coscienza dei partecipanti su un tema mai stato così preponderante come adesso, affinchè la donna, da sempre considerata Musa Ispiratrice dell’artista, possa non più essere vittima di stupri, violenza psicologica e fisica, abusi fino al più terribile dei delitti, il femminicidio. 



Non indifferente il coinvolgimento nell’organizzazione di tale esposizione fotografica della Bad Souls Productions, attiva protagonista nella denuncia delle problematiche sociali e politiche, e di alcune rappresentati del Mfpr, Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario che ancora una volta hanno voluto portare una testimonianza concreta della lotta messa in campo su questa questione. Tante le foto ma anche le frasi e citazioni affisse all’interno del locale (per menzionarne qualcuna, “ Nessuna donna può essere proprietà oppure ostaggio di un uomo, di uno Stato tanto meno di una Religione”; “Non basta la denuncia, la solidarietà, la delega, gli appelli al parlamento e ai governi che sono complici dei femminicidi” ; “In Italia la condizione delle donne è lo specchio dell’inciviltà e dell’abbrutimento di questo sistema capitalista che non può essere fermato e migliorato ma solo distrutto”; “Non basta sperare che le violenze finiscano. La vera speranza è la forza di reagire, e quella forza può venire da noi. Siamo noi la speranza”). 

Significativa anche l'esposizione di un quadro dipinto da una compagna del Mfpr, che attraverso spruzzi di colore rosso ha voluto rappresentare tutta la positività della forza scatenante della ribellione delle donne come risposta alla violenza e ai femminicidi.


 “What Woman Want” quando l’arte non è solo arte ma anche denuncia e lotta contro un humus maschilista che si diffonde a livello di massa fino a ritenere“normale” stuprare, abusare e uccidere una donna quando questa prova a “s/catenarsi” rompendo quelle catene che la tengono legata ad una condizione a cui non vuole più di appartenere.

La delegazione dell'Mfpr nel suo intervento ha innanzitutto ringraziato la studentessa fotografa per aver voluto esprimere la necessità di parlare di un argomento quale il femminicidio e le violenze sessuali, tema per nulla scontato così anche la numerosa e significativa presenza di uomini. Quindi è stato spiegato cosa è l'Mfpr, un movimento in crescita che si pone l'obiettivo di conquistare alla lotta complessiva, rivoluzionaria la maggioranza delle donne, e in particolare le più oppresse, sfruttate..., contro il sistema sociale esistente i cui attacchi alle condizioni di vita delle donne sono molteplici ma la violenza fino alle uccisioni è quello più grave.

Si è proseguito con la citazione del titolo dell'appello di Luigia e Concetta, due compagne di lotta del Mfpr, e con il racconto della recente manifestazione del 6 luglio scorso a Roma, per dare un esempio concreto della lotta che si mette in campo, descritta in modo particolareggiato: 
dal numero di donne e realtà presenti alla manifestazione, che hanno raccolto l'appello, iniziando a porre le basi per la costruzione di una Rete che unisca in questa lotta le varie realtà, singole a partire dai territori in cui si è presenti, alla sfida ai palazzi del potere, al mini-corteo improvvisato che ha sfidato il divieto della questura, agli slogan e interventi di denuncia e lotta fatti, anche dentro gli autobus, al contenuto delle lettere consegnate a Montecitorio, al Ministero di Grazia e Giustizia, a quello degli Interni e di una prima piattaforma le cui richieste non sono semplici rivendicazioni ma obiettivi di lotta che le donne devono impugnare contro le ipocrite politiche del governo, che mentre attaccano le donne a cominciare dalle condizioni di lavoro alla famiglia ecc, vorrebbero “risolvere” la questione della violenza solo con più repressione, ma poi si vede come successo che le donne, così come successo in diversi casi, nonostante le denunce e il ricorso alle questure, vengono uccise lo stesso, contro le sentenze scandalose dei tribunali che si rivelano solo e contro le donne stuprate non difese ma doppiamente attaccate, fino all'incontro/scontro” con le forze dell'ordine all'ambasciata turca che hanno cercato di impedire invano alle compagne di affiggere uno striscione di denuncia e solidarietà con le donne turche in lotta contro lo Stato reazionario fascista e sessista turco. 


Abbiamo naturalmente collegato il racconto della giornata di luglio alle precedenti e successive iniziative promosse dal 'Mfpr, laddove siamo presenti, per sottolineare la quotidianità della lotta e la volontà di legarle ad un percorso di lotta unico che ha visto nella mobilitazione del 6 luglio un importante passaggio nazionale condiviso con altre donne, rappresentanti di collettivi di Roma e altre ciità.
Sulla lotta  a Palermo sono stati raccontati i sit in per le ragazze e le donne uccise in Italia, come Carmela Petrucci assassinata dall'ex fidanzato della sorella,  il presidio sotto la sede della Repubblica dopo l'uccisione di RosY da parte dell'ex compagno,  il lavoro quotidiano che si cerca di mettere in pratica tra le lavoratrici, studentesse ecc.

 Come continuare? Abbiamo informato le e i presenti circa la proposta/appello lanciato a Roma per lavorare per una manifestazione nazionale ben più grande, in autunno e per la costruzione dello “sciopero delle donne”. Le donne non possono più delegare la lotta a governi, istituzioni...perché le istituzioni e le leggi promosse dai governi non sono la soluzione ma il problema! Non fanno che peggiorare la condizione generale di vita delle donne in ogni ambito diffondendo un clima sempre più reazionario e maschilista che si traduce inevitabilmente in violenza, che è tempo di scendere in piazza, cos' come si è iniziato con la scintilla accesa a Roma il 6 Luglio, perchè  tutta la vita delle donne possa cambiare.
Numerosi materiali sono stati diffusi dalle compagne dell'Mfpr la cui partecipazione è stata apprezzata con un caloroso applauso. 

Antonella e Sabina Mfpr Palermo

06/08/13

India... Stati fascisti, bastardi, che odiano le donne dal più profondo

In India, sulla carta la più grande democrazia del mondo, il governo al potere è uno dei più reazionari del mondo, al servizio della sete inarrestabile di profitto e di ricchezza dei propri grandi capitalisti e delle grandi multinazionali dei paesi imperialisti.

Tutto questo per la maggioranza del popolo indiano si traduce in pesanti condizioni di vita fatte di miseria, sfruttamento, oppressione, repressione e  in particolare per le donne si trasforma in una condizione di tripla, quadrupla oppressione, di classe, di genere, di casta, di religione...

L'inaudita violenza sessuale perpetrata contro le donne, anche bambine, che dilaga in tutto il paese contro cui lo Stato indiano, il governo borghese al potere non prende seri provvedimenti limitandosi solo ad ipocriti proclami di facciata ma reprimendo  invece con lo stato di polizia, così come successo nella prima metà di quest'anno,  le migliaia di donne che sono scese in piazza furiose contro la violenza, è il segno chiaro di come si vuole lasciare le donne in una condizione di profonda subalternità perché così il sistema borghese impone, ma anche di come la ribellione delle donne in tale sistema fa paura alla borghesia dominante.

Una paura che cresce di giorno di giorno perchè in India la strada per un altro futuro, per una società diversa, a tutte le donne indiane e  alle donne di ogni paese del mondo la stanno indicando le tantissime  donne combattenti nella guerra popolare guidata da PCI maoista, la più grande del mondo, che nell'ambito dello sviluppo generale della rivoluzione contro il regime indiano portano avanti la lotta rivoluzionaria per rompere le triple, quadruple catene che tengono soggiogate le donne.



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http://www.leggilo.net/107067/11enne-cosparsa-di-kerosene-e-data-alle-fiamme-non-voleva-farsi-violentare.html

11enne cosparsa di kerosene e data alle fiamme, non voleva farsi violentare

Inserito in Esteri | Scritto martedì, 06 agosto 2013 | Autore Fabiana Cipro 
La bambina ha cercato di scappare, i due uomini l'hanno raggiunta

Centinaia di donne hanno protestato nel West Bengala, dopo che una 11enne è stata cosparsa di kerosene e bruciata a morte da due uomini che avevano cercato di violentarla. La giovane di Salkia nel distretto di Howrah, vicino a Calcutta, è morta in ospedale quattro giorni dopo che i vicini l’hanno trovata in fiamme e mentre urlava per chiedere aiuto. Con le sue ultime parole ha accusato i due uomini che aveva riconosciuto, li aveva minacciati che avrebbe detto ai suoi genitori del loro tentativo di stuprarla
Due uomini del posto, Kundan Mullick e Suraj Mullick, sono stati arrestati in connessione con il tentato stupro e l’omicidio, ha dichiarato la polizia di Howrah al Times of IndiaLa ragazza, il cui nome non è stato reso noto, è stata ricoverata in ospedale mercoledì scorso, dopo che era stata trovata dai vicini. La sua padrona di casa Sikha Mondal è stata tra coloro che hanno assistito alla scena raccapricciante. La signora Mondal ha raccontato: “La ragazzina, prima di svenire tra le mie mani, ha detto di essere stata afferrata dai due uomini che sono apparsi dietro un cespuglio, la hanno imbavagliata e hanno cercato di spogliarla. Lei ha provato a scappare ma è inciampata ed è caduta a terra, è stato a quel punto che lei li ha minacciati e Kundan le ha versato addosso il liquido infiammabile e le ha dato fuoco“.
Dal momento che l’11enne era troppo grave per parlare dal suo letto d’ospedale, le sue ultime parole dette alla sua padrona di casa sono considerate come una sua dichiarazione avvenuta prima di morire, ha riferito la polizia. La ragazzina aveva ustioni sul settata per cento del corpo.

04/08/13

l'arte che denuncia la violenza sulle donne "What Women Want" - Palermo




Una delegazione di compagne del Mfpr è stata invitata ad intervenire sul tema nell'ambito dell'iniziativa

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"What Women Want" - Mostra fotografica in favore della denuncia sulla violenza e gli omicidi contro le Donne



La Bad Souls Productions è lieta di promuovere la mostra fotografica " What Women Want", la quale ha lo scopo di sensibilizzare la coscienza dei partecipanti, sul tema dei femminicidi e la violenza in genere sulle donne, 
attraverso l'arte fotografica di Simona La Marca, artista e studentessa del'accademia di belle arti di Palermo.



La Bad Souls, in continua espansione per quanto concerne il movimento artistico ed attiva nelle problematiche sociali e politiche, non poteva estraniarsi da tale tema, poiché la donna è sempre stata ed è tutt'ora Musa Ispiratrice per un artista e come sappiamo essa invece, è vittima ogni istante, di stupri, molestie in casa, violenza psicologica ed infine omicidi, il tutto NON TUTELATO DAI REGIMI CAPITALISTI ED OPPRESSORI che governano il mondo, abbracciando IDEOLOGIE MASCHILISTE.



La Donna dunque non è considerata socialmente, subendo ingiustizie nel mondo del lavoro, per esempio, o molestie sessuali fuori e dentro le mura della propria casa, o violenze psicologiche, o comunque, subendo i soprusi " DI 
UOMINI GRANDI...MA COME CORIANDOLI" (cit. Caparezza)



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LA MOSTRA PRENDERA' VITA ALL'INTERNO DEI LOCALI DELL "HELES DISCO PUB" sito in 
via E. Restivo n° 172.



Programma:



*** Start h 19:00 
*** aperitivo 



Intervento delegazione dell' MFPR ( movimento femminista proletario rivoluzionario) sul tema dei femminicidi e sulle iniziative attive nelle quali il movimento si mobilita.



*** h 21:00 cena su prenotazione ( per info prenotazione chiamare i numeri 
3899649720 Domenico - 3804546122 Marco Cangelosi)



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la cena avrà due menù a scelta:



menù heles risto



antipasto caldo+
casarecce alla norma+
salsiccia panata con patate al forno+
lattina analcolica.



menu heles pizza:



1 pizza a scelta su 8+
antipasto caldo e sfincione+
lattina analcolica.



********* Prezzo fisso 12 Euro *********



Una produzione BAD SOULS PRODUCTIONS in collaborazione con HELES DISCO PUB



Mostra fotografica a cura di SIMONA LA MARCA



Special thank's MFPR palermo



--- GRAFICA A CURA DI IRENE CRUPI ---

03/08/13

Se la violenza machista è di Stato


Lettera aperta a Laura Boldrini e alla ministra Kyenge sul caso di Marta Camposana, militante No Tav picchiata, «toccata» e insultata da poliziotti.

di Laura Corradi*, Simonetta Crisci**

Alla Presidente della Camera Laura Boldrini, alla ministra per l'Integrazione Cecile Kyenge. Ci rivolgiamo a voi come donne delle istituzioni che hanno mostrato attenzione ai temi della discriminazione, della violenza e del sessismo, e sensibilità alle questioni della giustizia. Marta Camposana è una giovane che ha accolto l'invito del movimento No Tav in Val di Susa e il 19 luglio scorso ha dato voce alla sua protesta. Dal suo racconto apprendiamo che ha subito cariche indiscriminate e violente operate dalla Polizia contro i/le manifestanti, di notte e in mezzo ai boschi; ha respirato lacrimogeni caricati con gas venefici; è stata fermata e picchiata violentemente; e mentre due poliziotti la stavano già portando via un terzo le ha tirato una manganellata in viso rompendole il labbro (sei punti esterni e due interni). Inoltre gli agenti le hanno palpeggiato il seno e l'hanno toccata in mezzo alle gambe. L'hanno insultata e le hanno sputato addosso. «Ho avuto paura di essere stuprata - ci ha dichiarato Marta al telefono - perché gli agenti erano tanti e intorno non vedevo altre persone che potessero sentirmi». Questo non è avvenuto, ma la paura le è rimasta addosso. Più tardi, mentre il labbro le sanguinava, l'incontro con le poliziotte - che inizialmente le ha fatto pensare di essere al sicuro - invece è stato umiliante: una ha sputato nella sua direzione e le ha detto: «Sei una puttana lo sai vero che sei una puttana, ora con quella bocca lì non la fai più la puttana». Frasi da maschi violenti pronunciate da donne che accettano di giocare con il potere dato loro dalla divisa, riproducendo linguaggi da caserma e regole non scritte di dominazione, che sono illegali e illegittime ma profondamente radicate in una cultura machista della forza e della prepotenza, che non ha visto finora tentativi istituzionali mirati allo sradicamento.
Tali comportamenti sono contro le leggi che tutelano i diritti inviolabili dei cittadini e delle cittadine che sono in custodia del Pubblico Ufficiale che le ferma per identificazione o per arresto. Anche nella caserma di Bolzaneto, a Genova, furono, in particolare, picchiate, offese e umiliate le ragazze fermate e lì condotte per essere identificate e poi arrestate. Sono stati condannati i dirigenti che nell'operazione di Polizia consentirono le violenze, anche se i gradi superiori furono, invece, promossi. Purtroppo in Italia non è stato ancora introdotto il reato di tortura nonostante sia imposto da legislazione internazionale; e gli agenti di Polizia che operano in ordine pubblico a volte violano disposizioni internazionali, come la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti, resa esecutiva in Italia dalla Legge n. 848, del 4/08/1955 o la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, esecutiva in Italia con Legge n.489 del 3/11/1988 che proibiscono la tortura e anche i trattamenti inumani e degradanti, come quelli che ha subito Marta. Quante volte abbiamo sentito racconti simili da giovani attiviste, studentesse che hanno partecipato a manifestazioni: dopo le botte i palpeggiamenti - il binomio sesso e violenza è lo stesso che vediamo in azione in modi diversi nella società, nel cinema, persino nelle pubblicità. Marta ha deciso di sporgere denuncia e altre ragazze hanno messo una petizione online per raccogliere firme e dire basta.
Chiediamo che non succedano più abusi di questo tipo, che ci offendono come donne e ci preoccupano come cittadine di una democrazia. L'art.24 della Legge istitutiva del Corpo della Polizia di Stato - organo civile e non più militare dal 1981 (legge 121 del 1981) - recita così: "La Ps esercita le proprie funzioni al servizio delle istituzioni democratiche e dei cittadini... essa tutela l'esercizio delle libertà e dei diritti dei cittadini; essa vigila sull'osservanza delle leggi». È evidente che questo articolo non è molto conosciuto, se anche il Parlamento Europeo, il 12 dicembre 2012, ha votato una risoluzione dal titolo «Strategia dell'Ue in materia di Diritti Umani» dove si denuncia il comportamento estremamente violento della Polizia in alcuni Paesi Ue, durante gli interventi di ordine Pubblico in occasione di manifestazioni di cittadini, affermando: «(Il Parlamento europeo) esprime preoccupazione per il ricorso a una forza sproporzionata da parte della polizia durante eventi pubblici e manifestazioni nell'Ue; invita gli Stati membri a provvedere affinché il controllo giuridico e democratico delle autorità incaricate dell'applicazione della legge e del loro personale sia rafforzato, l'assunzione di responsabilità sia garantita e l'immunità non venga concessa in Europa, in particolare per i casi di uso sproporzionato della forza e di torture o trattamenti inumani o degradanti». Non importa per quale motivo una persona viene arrestata: la sua integrità fisica e psicologica devono essere sempre garantite - e se si tratta di una donna, in alcun modo ella deve diventare vittima di violenze di genere, che siano fisiche o simboliche.
Chiediamo che nel nostro Paese si cominci a pensare seriamente a forme di contrasto culturale di queste forme di violenza, che siano orientate alla prevenzione primaria, e che includano training delle Forze dell'Ordine al fine di educare al rispetto dei diritti di genere, razza/etnia/cultura, ed orientamento sessuale - dando una formazione adeguata a coloro che vestono una divisa perché possano svolgere il loro lavoro nel pieno rispetto delle leggi. Va cambiata la cultura dominante nelle caserme - dove non devono trovare albergo i soprusi, l'esaltazione per la forza e la violenza, comportamenti sessisti, razzisti ed omofobi. E chiediamo che vengano fatti quei cambiamenti necessari a delegittimare e prevenire tali abusi. Il Movimento avvocati europei democratici di cui fa parte il Legal Team Italia (avvocati/e che intervengono durante le manifestazioni allo scopo di evitare violazioni dei diritti da parte della Ps) ha lanciato una campagna europea per ottenere una legge che disponga il riconoscimento dei poliziotti in situazioni di ordine pubblico, tramite numero o targhetta identificativa, per sollecitare una responsabilizzazione degli agenti e una tutela di coloro che manifestano nelle piazze europee.
Crediamo che in un Paese come il nostro, dove ogni giorno si parla di violenza contro le donne, femminicidi, reati sessuali, sia importante dare un segnale che le donne delle istituzioni non sono disposte a tollerare comportamenti di molestia e di abuso, particolarmente quando ciò avviene dentro le istituzioni dello stato. Grazie per quello che potrete e vorrete fare.

*  Docente di Studi di Genere e Metodo Intersezionale
** Avvocata dell'associazione Donne Diritti e Giustizia

Terrorista è la TAV e chi la sostiene

Solidarietà a tutt@ gli arrestat@ e indagat@ NO TAV

Giulia e Martina, No tav indagate per "attentato terroristico o eversivo"

L'intervento dell'associazione contro gli abusi in divisa alla luce del tentativo di affibbiare il reato di terrorismo ai No Tav. di Acad* Aspettarselo è naturale. A una cruenta crisi economica, responsabile della generalizzata situazione di miseria che ha colpito le classi popolari, corrisponde un altrettanto generalizzato aumento delle lotte. Battaglie che si combattono per riconquistare diritti che si chiamano casa, salute e istruzione o, come in Val di Susa, per impedire che un territorio venga "messo a valore" e depredato dal punto di vista economico e ambientale da quelle stesse lobby economico-politiche che, dopo aver provocato la crisi, riescono a incrementare ancora i propri profitti utilizzando l'arma della speculazione. Contro le proteste, senz'altro destinate a crescere, il "governissimo" italiano, anziché investire nel welfare, smantella quel poco di stato sociale che è rimasto, colpendo stipendi, pensioni e borse di studio, favorendo l'espulsione dalle università e riducendo drasticamente l'assistenza sanitaria e i trasporti pubblici: un programma di "lacrime e sangue" definito "decreto del fare", che trova nella stampa mainstream e nella magistratura i suoi principali alleati. Perché se i principali quotidiani italiani non perdono occasione per lanciare accuse di "violenza" contro i manifestanti NO TAV (e contro i militanti di tutte le lotte sociali e popolari), ecco che la magistratura raccoglie la disinformazione imperante e la formalizza in un'accusa gravissima come quella di terrorismo ed eversione: un reato che comporta fino a venti anni di carcere e che, è bene ricordarlo, venne forgiato durante gli anni Settanta, nell'ambito di una legislazione definita "di emergenza" e "speciale". Passata l'emergenza, evidentemente, lo stato di eccezione - una vera e propria sospensione del diritto - non viene affatto abrogato. A farne le spese è chi dissente, oggi in Val di Susa, domani ovunque ci sarà chi protesta contro la gestione lobbistica del denaro pubblico o, magari, contro l'ondata di licenziamenti che stanno preparando quello che, da settembre in poi, sarà l'autunno caldo italiano. I magistrati torinesi, da sempre all'avanguardia nella repressione, stanno superando una linea già dettata nel corso degli sciagurati processi di Genova 2001, quando con l'accusa di "devastazione e saccheggio" sono stati comminati decine anni di galera a chi è stato accusato di aver rotto qualche vetrine, mentre le forze dell'ordine responsabili del massacro di Bolzaneto e della Diaz - ampiamente documentato dai media indipendenti di tutto il mondo - se la sono cavata con poco più di un semplice ammonimento. D'altro canto anche il reato di "devastazione e saccheggio", come le accuse di "terrorismo ed eversione", venne elaborato nel corso di un periodo "speciale", e più precisamente durante il fascismo (leggi codice Rocco)... ACAD, manifestando la sua solidarietà a tutti i militanti delle lotte sociali e in modo particolare agli attivisti NO TAV, rifiuta questo uso politico e antipopolare del codice penale e rigetta il perenne stato di emergenza in cui tutto il paese è costretto a vivere a causa di governi incapaci di affrontare le contraddizioni e di potentati economici disposti a tutto pur di continuare a depredare i comuni cittadini. Persino - e questa è il ruolo che si sta ritagliando l'odierna magistratura - a perpetuare la sospensione dei diritti più elementari all'interno di una Nazione che continua a definire se stessa usando la parola "democrazia". *Associazione contro gli abusi in divisa

31/07/13

'Lo Stato incoraggia la violenza'

'Lo Stato incoraggia la violenza'

di Chiara Baldi e Paola Bacchiddu
"Bisognerebbe fermare i persecutori, aiutare chi ha il coraggio di raccontare, lavorare sulla prevenzione degli abusi: ma tutto questo non avviene". La denuncia di Angela Romanin, vice direttrice della Casa delle Donne di Bologna, l'unica associazione che in Italia che monitora costantemente la violenza di genere
(29 luglio 2013)
Uno Stato che incoraggia la violenza sulle donne e una società che colpevolizza le vittime addossando loro la responsabilità degli abusi subiti. E' questo il quadro che Angela Romanin, formatrice e vice direttrice della Casa delle Donne di Bologna, l'unica associazione che in Italia monitora costantemente la violenza di genere fornendo dati che nemmeno l'Istat fornisce (l'ultima indagine dell'istituto di statistica risale al 2006, la prossima sarà nel 2014), fa all'Espresso dopo il caso Millacci-Di Cataldo, sulla cui veridicità stanno indagando gli inquirenti.

«Lo Stato italiano incoraggia la violenza contro le donne, facendo in modo che essa si perpetui», accusa Romanin. Sì perché, spiega, «se lo Stato non aiuta le donne che denunciano gli abusi, se non ferma i persecutori, se non previene la violenza, se non fa tutto questo, allora vuol dire che incoraggia la violenza e infatti si parla di sostegno ai maltrattanti piuttosto che alle maltrattate». «Un terzo delle donne adulte italiane subisce violenza da parte di un uomo che, nella maggior parte dei casi, è il partner o ex partner. Poi ci sono gli abusi da parenti e amici e solo per ultima, e in percentuale molto minore, c'è la violenza subita da parte di sconosciuti», ricorda Romanin: un dato che smentisce molta della propaganda politica di questi anni contro gli immigrati che "stuprano le nostre donne".

In Italia sono solo 100 i centri antiviolenza sparsi sul territorio, di cui una sessantina fanno parte della rete D.I.re (donne in rete contro la violenza) che fa capo alla Casa delle Donne di Bologna. «Ci sono dei luoghi completamente sguarniti come ad esempio il Molise», denuncia Romanin, che spiega: «l'isolamento geografico di alcune zone, insieme ad una bassa densità di popolazione e ad una mancanza di centri antiviolenza, condizionano negativamente la donna che deve chiedere aiuto e che, materialmente, non saprà a chi rivolgersi: in caso di abusi, non avrà modo di denunciare nulla».

A tutto ciò, dice la vice presidente della Casa delle Donne, si unisce un fortissimo gap nella formazione degli operatori: «la cosa più importante è che chi riceve queste ragazze sia formato, e cioè sappia identificare bene la violenza, sappia valutare il rischio e, infine, gestirlo attuando un buon piano di protezione.

Queste tre operazioni - continua Romanin - rientrano in un modello di valutazione del rischio che viene usato in tutti i centri antiviolenza e che deve necessariamente essere fatto ma che, a causa della mancata formazione, o di una formazione incompleta e inadeguata, raramente si fa». L'esempio più classico è quello dell'ordine di protezione (legge 154 del 2001), che stabilisce l'allontanamento dal domicilio del partner maltrattante con la possibilità di vietarne l'avvicinamento anche ai luoghi frequentati maggiormente dalla donna: «abbiamo impiegato 10 anni per avere questo strumento, eppure sappiamo che è applicato a macchia di leopardo: a Bologna, ad esempio, lo si usa molto, mentre da alcune parti neanche esiste, sebbene sia uno strumento legislativo che non richiede nessuna risorsa economica, dato che è previsto dalla legge italiana». Perché? «Perché non lo si conosce: avvocati e Tribunale spesso lo ignorano e non ne chiedono l'applicazione», spiega. «Questa legge, abbiamo scoperto, viene applicata soprattutto dove ci sono centri antiviolenza forti in cui gli avvocati, molto spesso donne, sono esperte e perciò ne chiedono l'applicazione ed esercitano una pressione affinché la si usi».

«Non avremmo neanche bisogno di una legge sul femminicidio: la nostra legislazione andrebbe benissimo già così com'è - dice - basterebbe applicarla anche ai diritti delle donne. Il problema però è che non lo si fa, ed ecco che allora chi denuncia gli abusi rimane sempre più spesso sola. Sono rari i casi in cui si va a processo per aver commesso violenza contro una donna e molto spesso il tempo è lunghissimo: 5, 6, 7 anni che sono tantissimi se si pensa all'inferno che si vive mentre si aspetta il processo». Ma c'è un punto nodale ed importantissimo in questo vortice di violenze e silenzio ed è quello che riguarda la responsabilità: le donne, in Italia, diventano colpevoli delle violenze che subiscono. «E' un atteggiamento molto comune», conferma Romanin. «Se si continua a colpevolizzare la vittima, le donne non chiederanno mai più aiuto: l'Istat dice che il 30% di coloro che subiscono violenze fisiche o sessuali non ne parla con nessuno. E' un dato allarmante, ancora di più se considerato nell'ottica che, una volta uscita dal silenzio e trovate le forze di denunciare, la donna si sente dire che è colpa sua. E' un tentativo preciso, questo, di responsabilizzare la vittima invece che l'autore». Un'idea assolutamente individualistica di società, in cui viene meno il senso di responsabilità comune per farne emergere quella, tutta personale, di trovarsi in una condizione dolorosa a causa propria: «dobbiamo convincerci che le donne non possono fare niente affinché cessi la violenza del partner, possono solo proteggersi ma non è che sta a loro fare in modo che il compagno smetta di picchiarle. Ognuno ha la responsabilità di se stesso», chiarisce Romanin. «Da noi arrivano donne che si sentono in colpa per le botte che hanno preso perché il meccanismo della vittimizzazione è quello che sottiene al pensiero: "sei una cattiva madre/moglie/amante, non sei brava a letto, sei una puttana, mi provochi, mi fai ingelosire, dai più credito ai tuoi genitori che a me, mi umili, guadagni tanto/poco" e via dicendo». Uno schema perfettamente integrato in una società con un fortissimo retaggio cattolico e in cui l'impostazione patriarcale della famiglia vede la donna come unica responsabile dei fallimenti non solo suoi ma anche dei figli, dell'unione marito-moglie e di tutto quanto graviti nella sfera familiare       

 Questa è l'Italia per le donne del Terzo Millennio. Un Paese in cui, dopo le dimissioni del Ministro alle pari oppurtunità Josefa Idem, non si è neanche pensato di nominarne un altro (la delega è passata a Maria Cecilia Guerra ma in qualità di viceministro): «non abbiamo neanche un interlocutore con cui confrontarci» dice con sconforto Romanin. «Serve autorevolezza per affrontare questo tema e al Governo chiediamo l'attuazione immediata di un piano di antiviolenza nazionale: quello dell'ex ministro Carfagna potrebbe già andare abbastanza bene, ma deve essere migliorato in parte e soprattutto deve essere attuato, visto che è rimasto lettera morta: serve un'azione coordinata ed efficace per affrontare il tema su più fronti. In tutta Europa sono presenti i centri antiviolenza e questo abbatte il costo sociale della violenza: finanziarli è il modo più economico per combattere questo fenomeno e non farlo è sintomo di uno Stato miope, che non vuole risolvere il problemafamiliare.        

Ennesimo femminicidio, quando li costringeremo a smettere ?

Erika Frida Ciurlia
da Marina di Massa a Taurisano... stessa mano! I serial killer della violenza sessuale e femminicidio: sistema capitalistico, patriarcalismo, governi, stati del capitale, uomini che odiano le donne.

Se te ne vai ti ammazzo» Uccide lei e poi si spara TAURISANO - .
"..Franco Capone, 46 anni, carrozziere di Taurisano, non ha retto all'idea della separazione. L'incontro di ieri (il primo dopo che la moglie era andata via da casa) sarebbe dovuto servire per ritrovare un'intesa con Erika Frida Ciurlia, 43 anni, la madre dei suoi tre figli (una giovane di 25 anni, uno di 18 ed una bambina di 4 anni). Il chiarimento non c'è stato. E l'uomo ha perso la testa: ha estratto la pistola ed ha ucciso la moglie e poi si è esplosa una revolverata alla tempia.... Una separazione di fatto che il carrozziere non ha mai accettato. «Era ancora innamorato della moglie», dice chi lo conosceva. Eppure, quando la moglie è andata via, non ha esitato a minacciarla: «Se te ne vai ti ammazzo». E anche davanti ai poliziotti aveva agitato un'ascia. Parole e gesti rimasti isolati. La donna, comunque, da quel momento, aveva evitato di incontrare il marito".
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Sembra una tragica "fotocopia" del femminicidio di due giorni fa a Marina di Massa. Lei che si separa e lui che l'uccide, ma soprattutto lei che denuncia le minacce alla polizia e la polizia che non fa nulla. Non solo. Ancora una volta il modo come la stampa dà la notizia: lui "non ha retto alla separazione", "l'uomo ha perso la testa...","i "suoi" tre figli...", non fanno che avvalorare un messaggio tutto sommato giustificante e soprattutto falso, visto che questi assassini sono di fatto pensati, preparati da vari episodi precedenti di minacce.
NON SIAMO IN UN FILM!! E' una strage delle donne e non vogliamo lamentale e conta delle morti. QUESTO STATO E' IL PROBLEMA, NON LA SOLUZIONE!! SVILUPPIAMO LA NOSTRA RIBELLIONE, ORGANIZZIAMOCI PER LA RIVOLUZIONE!
Sull'immediato, dobbiamo pretendere con la lotta:
NO
  • all'intensificazione della presenza/controllo di Forze dell'ordine: polizia, carabinieri, ecc. nelle città, nelle strade;
  • non vogliamo che gli stessi che nelle carceri, nei Cie, usano anche stupri e molestie, offese sessuali contro le donne, che ci manganellano nelle lotte, siano messi a "difenderci";
  • a Task force che alimentano un clima securitario, di controllo sociale che si traduce in minore libertà, meno diritti per le donne.
SI invece
  • ad "illuminare" e rendere luoghi pieni di vita, ogni zona delle città e dei paesi, favorendo l'apertura 24 ore su 24 di locali, centri, parchi, e la gestione libera di essi da parte di organismi di donne;
  • interventi immediati contro i maschi denunciati per violenze, stalking, molestie sessuali, maltrattamenti;
  • Via subito dai posti di lavoro, dalla forze dell'ordine, dalle istituzioni chi esercita molestie, violenze sessuali;
  • Divieto di permanenza nelle case di mariti, conviventi, padri, fratelli denunciati per violenze, maltrattamenti;
  • Procedura d'urgenza nei processi per stupro e femminicidi e accettazione delle parti civili di organizzazioni di donne;
  • patrocinio gratuito per le donne;
  • Classificazione del reato di stupro tra i reati più gravi del sistema penale;
  • Semplificazioni e procedure d'urgenza per le cause di separazione e divorzi, con patrocinio gratuito per le donne...

Fiorella - del movimento femminista proletario rivoluzionario Taranto