04/02/19

Sabato 9 Febbraio a Bologna, presentazione del libro " Rote Zora"




Riceviamo e diffondiamo:

Invito a partecipare alla presentazione del libro " Rote Zora - Guerriglia urbana femminista"  nella biblioteca di Armonie, via Emilia Levante,138 a Bologna.
Sabato 9 Febbraio inizio alle 18,30 con le curatrici dell'edizione italiana. Seguiranno una pausa e un bouffet, alle 20,30  il Workshop - laboratorio e dalle 22,30 la festa per concludere insieme la serata.
L'iniziativa è per donne lesbiche e trans.

Rote Zora è una rete di gruppi di donne e lesbiche che ha portato avanti azioni femministe di guerriglia urbana nella Repubblica Federale Tedesca dagli anni '70 agli anni '90.
Le loro parole ci arrivano oggi con la stessa potenza del fuoco dei loro sabotaggi. E' questa un'occasione unica per conoscere le sorelle tedesche della donna elettrica, che in questo periodo nelle sale cinematografiche con la sua storia sta emozionando e interrogando migliaia e migliaia di persone.
Sarà anche un'occasione per fare un aggiornamemento sulla resistenza curda e sullo sciopero della fame ad oltranza di Leyla Guven e dei e delle prigioniere politiche nelle carceri turche, che chiedono la fine dell'isolamento di Ocalan.

SIAMO TUTTE DONNE ELETTRICHE

Compagne femministe e lesbiche di Bologna  

03/02/19

Le anime nere dietro il ddl Pillon



di Nadia G.
Chi sono i promotori del convegno sul ddl Pillon contestato da Non Una di Meno a Roma, le anime di destra che si autoproclamano “garanti” della famiglia?

Giovedì 31 Gennaio, Non Una di Meno ha contestato il senatore Pillon durante un convegno dedicato all’affido condiviso e organizzato dal gruppo consiliare della Lega del Municipio I. Come tutti sanno, durante la contestazione alcuni dei presenti hanno aggredito le attiviste prendendole a spintoni e urlando epiteti come «zocc**e» o allusioni al numero dei loro «amanti» (come se, la vita sessuale delle presenti fosse affare loro). Quello che forse non si sa, è chi siano queste persone che si autoproclamano “garanti” della famiglia. Innanzitutto, parliamo di William De Vecchis, promotore dell’evento, ex consigliere comunale di Fiumicino strettamente legato al circolo neofascista 2punto11, la più importante dependance dell’organizzazione Foro 753 (2.11, ovvero la seconda e l’undicesima lettera dell’alfabeto: B ed M., iniziali di Benito Mussolini), un gruppo che nel 2006 fu al centro delle contestazioni per l’omicidio per mano fascista di Renato Biagetti. Un gruppo che non esita a definire l’antifascismo «ritardo mentale» e probabilmente proprio perché, tra un camerata e l’altro, fascisti lo sono veramente.
Ma sempre de Vecchis fu anche, tra le altre cose, diretto promotore nel 2004 di un ordine del giorno in sede consiliare del comune di Fiumicino per intitolare una piazza al gerarca fascista Ettore Muti. Ma non finisce qua, arriviamo ad un altro degli organizzatori, l’uomo che ha di fatto aggredito l’attivista la cui “colpa” era tenere in mano un piccolo striscione con scritto «Giù le mani dalle donne». Ex centurione, Alessandro Vallocchia è (quanto meno è stato) il portavoce del fantomatico Comitato di Difesa Esquilino-Monti, assieme ad Augusto Caratelli, altro organizzatore dell’incontro, già candidato con Polverini e Pirozzi, uno del Popolo della famiglia. Durante l’amministrazione di Alemanno queste persone sono state promotrici di ronde “antidegrado” (leggi anti stranieri) nel quartiere Esquilino, assieme a Forza Nuova e Militia Christi, un’avanguardia del modello di “giustizia fai da te” che oggi sembra sempre più prossimo a diventare un fatto consuetudinario. Tra le campagne del fantomatico Comitato meritano una menzione l’esposto contro il centro culturale interreligioso di via di San Vito e l’Operazione mazzaferrata con cui incitavano ad atti di vandalismo e di aggressione verso i commercianti (e non solo) stranieri . È proprio in questo periodo che nasce il tristemente noto fenomeno dei Bangla Tour, ovvero i pestaggi premeditati contro i lavoratori bengalesi da parte di esponenti di gruppi neofascisti, episodi di quotidiano razzismo che non sono mai cessati e di cui si parla sempre meno. Di là dai passati e dei presenti torbidi di questi personaggi, bastano l’aggressione di ieri e forse le emblematiche frasi pronunciate dallo stesso Augusto Caratelli, «non esistono i maltrattamenti in famiglia» e «ma se provocate vi credo che siamo violenti» a far riflettere sulla natura della proposta di legge del ministro Pillon e dei suoi seguaci, e su come questa, se approvata, riporterebbe indietro di decenni il diritto di famiglia e la legislazione in fatto di violenza domestica e tutela dei minori.

02/02/19

Sessismo e censura nei movimenti

La lingua batte dove il dente duole... e il dente duole evidentemente così tanto che ci è stato chiesto di tagliare la lingua, ossia di togliere la lettera aperta pubblicata di seguito su questo post, accusandoci di diffamazione. 
Ma è colpa della lingua o della carie del sessismo diffusa anche nei movimenti se il dente duole così forte? 
La lettera aperta resta qui, non fa nomi e non diffama nessuno. Essa è il grido di rabbia e di dolore di una compagna che ha subito un rapporto sessuale e lo ha riconosciuto per quello che era: uno stupro. 
Questo quindi è il suo posto, i chiacchiericci e le minacce di diffamazione le lasciamo a chi ha paura di mettersi in discussione.

 
Ormai più di un anno fa, in Umbria, mi sono ritrovata in un rapporto sessuale in un momento in cui ero completamente sbronza. Solo dopo mesi e mesi di inferno sono riuscita a riconoscere quell’episodio per quello che era: una violenza sessuale. Si è trattato di uno stupro molto vischioso da riconoscere perché perpetuato da un compagno anarchico che conoscevo da 16 anni, con il quale avevo condiviso affetti, lotte, fiducia ma soprattutto un progetto politico. Già era capitato di dormire nello stesso letto sia solo noi che con altre persone a casa mia (ho una stanza in affitto fuori dall’Umbria) e sapeva che da parte mia non c’era disponibilità sessuale nei suoi confronti. Ma quando è stato lui ad ospitare me, come già ci eravamo accordati per non tornare al mio paese umbro da bevuta che erano giornate di festa, le cose sono andate diversamente. Si tratta del classico copione di stupro di quando lei è molto ubriaca (mi ha svegliata dal collasso post-vomito) e lui si approfitta viscidamente per fare sesso. E senza preservativo.
Ho scritto una lettera rispetto a questo episodio con analisi e richieste. Ero certa che fosse chiaro ed evidente che se ero così ubriaca non poteva esserci consenso e che quell’atto sessuale era un umiliante atto di dominio.
Ma le cose sono andate di male in peggio. La violenza sessuale non è stata riconosciuta.
Sono stata processata, insultata e minacciata. Ancora una volta la linea di difesa adottata per proteggere chi stupra è stata quella di screditare la persona che si ritrova violentata. Sono state dette e si diranno cose orribili.
Ancora una volta la reputazione di un maschio è più importante della vita di una femmina. Di fatto sono stata tagliata fuori dal branco. Poco male. Non possono essere mie compagne e compagni chi commette violenza sessuale, chi ancora non ha ben chiaro che se lei è ubriaca vuol dire semplicemente no, chi sceglie di stare dalla parte di chi abusa e contro chi denuncia (informalmente) l’abuso.
Il patriarcato picchia forte proprio laddove non te lo aspetti, e infatti mai avrei pensato che mi sarebbe potuto succedere una cosa del genere proprio in ambito anarchico.
Scrivo queste righe per due motivi. Il primo è per rompere il circolo vizioso di omertà che regge la cultura dello stupro, conseguenza necessaria della sessualità patriarcale che erotizza e sessualizza il potere. Fare finta di niente rispetto a una violenza sessuale significa rendere questi comportamenti sempre più praticabili, e sarà sempre più difficile reagire e addirittura “vedere” uno stupro. Saranno sempre più le persone che potranno subire una violenza sessuale e che si sentiranno costrette a far finta di niente. Saranno sempre più le persone che praticano violenza sessuale e che quindi avranno qualche scheletro nell’armadio da nascondere e preferiranno essere solidali e complici nella cultura dello stupro.
Il secondo motivo è perché amo l’anarchia come progetto politico, e spero che parlare di queste cose sia un contributo per fare della lotta anarchica qualcosa di rivoluzionario e non reazionario.
Mi sono illusa che l’ideale anarchico portasse con sé la messa in discussione reale di qualsiasi forma di potere. Ma questa è stata un’ingenuità che ho pagato a caro prezzo.
Non si può pensare di distruggere il potere senza fare ferocemente i conti con il patriarcato, un potere oggettivo che fonda la famiglia, l’accumulo, il capitalismo e lo Stato e che si basa sulla cultura dello stupro. E questi conti si fanno nell’azione e nella teoria. Negli episodi di stupro o di qualsiasi violenza sessuale sarebbe già qualcosa se si agisse prendendo una posizione politica contro chi commette queste cose, sovvertendo la tradizionale solidarietà patriarcale.
Quella notte, prima di essere un’”individualità”, una compagna, un’amica non eterosessuale, sono stata una femmina e come tale questo anarchico si è sentito in potere di permettersi di fare sesso con me che ero sbronza, cioè senza che ci fossi veramente anch’io. Le definizioni e i concetti credo siano utili se servono ad una liberazione.
Se il concetto d’”individualità” serve per omettere dei nodi reali di potere quali, ad esempio, la classe sociale, la questione dei generi, ecc…, rischia di negare un’oppressione reale e non serve all’oppresso ma all’oppressore.
La femmina, fin dagli albori del patriarcato, è stata considerata una proprietà privata del maschio. E dunque la relazione maschio-femmina non è un rapporto umano, ma un rapporto di proprietà che nega alla femmina la propria autodeterminazione e il proprio desiderio. Ancora oggi il consenso sessuale femminile è prerogativa del maschio.
Se frequentavo questo gruppo di persone era per affinità politica. Tuttavia ho vissuto sulla mia pelle come dietro un gruppo politico possa nascondersi la riproduzione di dinamiche da clan o familiari più che politiche. La famiglia è esattamente il nucleo che perpetua e genera il patriarcato, tramite una prole partorita dalla madre e a cui viene insegnato il nome e la legge del padre. A sua volta la prole metterà su famiglia, e così via, per millenni (ma non da sempre né per sempre, siamo animali storici). Le relazioni umane che si allacciano a partire dalla condivisione di un progetto politico sono politiche.
La differenza tra fare sesso e stuprare e la differenza tra libertà e potere partono dalla stessa questione: il rapporto dialettico tra sé e l’altr*. Il potere sminuisce l’altro come soggetto fino a oggettificarlo.
Nondimeno un’affinità che perde il suo connotato politico corre il rischio di basarsi su un riconoscimento dell’altro perché uguale a sé.
In entrambi i casi l’Altr* è negato come soggetto, che invece sarà sempre irriducibilmente “altro” da se stessi. Una relazione liberata probabilmente non è una relazione risolta e piena di risposte, ma una relazione che si fa carico della domanda sempre aperta verso l’Altr*.
Nel clan e nella famiglia tutti gli elementi si riconoscono uguali in virtù della condivisione dello stesso “sangue” e della stessa legge del maschio o di chi ne fa le veci. Questo sangue e questa legge si reggono a partire dallo sfruttamento della forza lavoro e del corpo delle femmine, la prima “classe” di oppressi. Il retaggio familiare nella militanza politica si può riflettere sia nella lotta in tutte le sue fasi e forme che nella relazione umana tra le varie compagne e compagni.
Decidere di fare sesso con una femmina molto ubriaca è un atto politico. Patriarcale; reazionario. Portare a galla questi episodi è sempre destabilizzante per una famiglia, la quale si sentirà tradita non dal loro “patriarca” ma dalla persona che rifiuta queste dinamiche patriarcali.
A monte c’è l’idea che una persona femmina vale meno di una persona maschio ed è “normale” sfruttare le sue risorse e il suo corpo; è un soggetto politico meno importante.
Un gruppo politico realmente rivoluzionario e con relazioni umane alla pari prenderebbe le dovute misure politiche rispetto a chi riproduce dinamiche di oppressione.
Tuttavia non posso pensare di chiedere e delegare la distruzione del patriarcato a chi gode dei privilegi che il patriarcato gli offre. E questo credo valga per ogni forma di oppressione, sebbene la solidarietà e la complicità siano uno strumento di lotta irrinunciabile tra oppresse e oppressi.
Se anche all’interno dell’”avanguardia anarchica” è “normale” fare sesso con una persona non lucida in quanto femmina, e se la sessualità del maschio è più importante di qualsiasi persona, lotta, amicizia e fiducia, è chiaro che il femminismo è un’oggettiva necessità storica per un progetto politico rivoluzionario anarchico.
Una persona che è capace di una cosa del genere e che preferisce poi mantenere pulita la propria reputazione borghese invece di mettersi realmente in discussione, è una persona pericolosa per le femmine...
Citando a memoria una grande scrittrice, “è degno di nota che tanto più le donne mangiano merda tanto più saranno stimate dagli uomini”. Fortunatamente non mi interessa della stima di nessuno e della mia reputazione mi ci pulisco il culo. Continuo nel mio percorso di lotta femminista, anarchica, di classe e internazionalista, nella mia vita personale e nelle lotte condivise, quando amo e quando odio...
Per chi è arrivat* fin qui, grazie per l’attenzione.



01/02/19

Roma - NUDM contesta Pillon e interrompe convegno leghista. Insulti sessisti e spintoni nei confronti delle donne. Per rovesciare il GOVERNO DELLA RESTAURAZIONE, lotta di genere e di classe devono camminare insieme: L'8 MARZO SCIOPERO VERO DELLE DONNE PROLETARIE!





Giovedì 30 gennaio il senatore Simone Pillon è stato ospite della Lega di Salvini nella sala consiliare del I Municipio di Roma. Il convegno, però, non si è svolto come previsto per la contestazione delle donne di Non Una di Meno, che da mesi protestano contro il Ddl del senatore. Decine gli slogan e i cartelli in piazza, forti i cori e le voci: per Pillon non c’è stato altro che da fare che interrompere il convegno e abbandonare la sala.


Dopo una lunga trattativa, è stata fatta accedere alla sala consiliare una delegazione di donne che hanno inscenato una viva protesta. Alcuni degli avventori hanno alzato le mani contro le attiviste, lanciando anche degli insulti: "Avete dieci amanti a testa, zoccole andatevene!"