La lingua batte dove il dente duole... e il dente duole evidentemente così tanto che ci è stato chiesto di tagliare la lingua, ossia di togliere la lettera aperta pubblicata di seguito su questo post, accusandoci di diffamazione.
Ma è colpa della lingua o della carie del sessismo diffusa anche nei movimenti se il dente duole così forte?
La lettera aperta resta qui, non fa nomi e non diffama nessuno. Essa è il grido di rabbia e di dolore di una compagna che ha subito un rapporto sessuale e lo ha riconosciuto per quello che era: uno stupro.
Questo quindi è il suo posto, i chiacchiericci e le minacce di diffamazione le lasciamo a chi ha paura di mettersi in discussione.
Ma è colpa della lingua o della carie del sessismo diffusa anche nei movimenti se il dente duole così forte?
La lettera aperta resta qui, non fa nomi e non diffama nessuno. Essa è il grido di rabbia e di dolore di una compagna che ha subito un rapporto sessuale e lo ha riconosciuto per quello che era: uno stupro.
Questo quindi è il suo posto, i chiacchiericci e le minacce di diffamazione le lasciamo a chi ha paura di mettersi in discussione.
Ormai più di un anno fa, in Umbria, mi sono ritrovata in
un rapporto sessuale in un momento in cui ero completamente sbronza. Solo dopo
mesi e mesi di inferno sono riuscita a riconoscere quell’episodio per quello
che era: una violenza sessuale. Si è trattato di uno stupro molto vischioso da
riconoscere perché perpetuato da un compagno anarchico che conoscevo da 16
anni, con il quale avevo condiviso affetti, lotte, fiducia ma soprattutto un
progetto politico. Già era capitato di dormire nello stesso letto sia solo noi
che con altre persone a casa mia (ho una stanza in affitto fuori dall’Umbria) e
sapeva che da parte mia non c’era disponibilità sessuale nei suoi confronti. Ma
quando è stato lui ad ospitare me, come già ci eravamo accordati per non
tornare al mio paese umbro da bevuta che erano giornate di festa, le cose sono
andate diversamente. Si tratta del classico copione di stupro di quando lei è
molto ubriaca (mi ha svegliata dal collasso post-vomito) e lui si approfitta
viscidamente per fare sesso. E senza preservativo.
Ho scritto una lettera
rispetto a questo episodio con analisi e richieste. Ero certa che fosse chiaro
ed evidente che se ero così ubriaca non poteva esserci consenso e che
quell’atto sessuale era un umiliante atto di dominio.
Ma le cose sono andate di
male in peggio. La violenza sessuale non è stata riconosciuta.
Sono stata
processata, insultata e minacciata. Ancora una volta la linea di difesa
adottata per proteggere chi stupra è stata quella di screditare la persona che
si ritrova violentata. Sono state dette e si diranno cose orribili.
Ancora una
volta la reputazione di un maschio è più importante della vita di una femmina.
Di fatto sono stata tagliata fuori dal branco. Poco male. Non possono essere
mie compagne e compagni chi commette violenza sessuale, chi ancora non ha ben
chiaro che se lei è ubriaca vuol dire semplicemente no, chi sceglie di stare
dalla parte di chi abusa e contro chi denuncia (informalmente) l’abuso.
Il patriarcato picchia forte proprio laddove non te lo
aspetti, e infatti mai avrei pensato che mi sarebbe potuto succedere una cosa
del genere proprio in ambito anarchico.
Scrivo queste righe per due motivi. Il
primo è per rompere il circolo vizioso di omertà che regge la cultura dello
stupro, conseguenza necessaria della sessualità patriarcale che erotizza e
sessualizza il potere. Fare finta di niente rispetto a una violenza sessuale
significa rendere questi comportamenti sempre più praticabili, e sarà sempre
più difficile reagire e addirittura “vedere” uno stupro. Saranno sempre più le
persone che potranno subire una violenza sessuale e che si sentiranno costrette
a far finta di niente. Saranno sempre più le persone che praticano violenza
sessuale e che quindi avranno qualche scheletro nell’armadio da nascondere e
preferiranno essere solidali e complici nella cultura dello stupro.
Il secondo
motivo è perché amo l’anarchia come progetto politico, e spero che parlare di
queste cose sia un contributo per fare della lotta anarchica qualcosa di
rivoluzionario e non reazionario.
Mi sono illusa che l’ideale anarchico portasse con sé la
messa in discussione reale di qualsiasi forma di potere. Ma questa è stata
un’ingenuità che ho pagato a caro prezzo.
Non si può pensare di distruggere il
potere senza fare ferocemente i conti con il patriarcato, un potere oggettivo
che fonda la famiglia, l’accumulo, il capitalismo e lo Stato e che si basa
sulla cultura dello stupro. E questi conti si fanno nell’azione e nella teoria.
Negli episodi di stupro o di qualsiasi violenza sessuale sarebbe già qualcosa
se si agisse prendendo una posizione politica contro chi commette queste cose,
sovvertendo la tradizionale solidarietà patriarcale.
Quella notte, prima di
essere un’”individualità”, una compagna, un’amica non eterosessuale, sono stata
una femmina e come tale questo anarchico si è sentito in potere di permettersi
di fare sesso con me che ero sbronza, cioè senza che ci fossi veramente
anch’io. Le definizioni e i concetti credo siano utili se servono ad una
liberazione.
Se il concetto d’”individualità” serve per omettere dei nodi reali
di potere quali, ad esempio, la classe sociale, la questione dei generi, ecc…,
rischia di negare un’oppressione reale e non serve all’oppresso ma
all’oppressore.
La femmina, fin dagli albori del patriarcato, è stata
considerata una proprietà privata del maschio. E dunque la relazione
maschio-femmina non è un rapporto umano, ma un rapporto di proprietà che nega
alla femmina la propria autodeterminazione e il proprio desiderio. Ancora oggi
il consenso sessuale femminile è prerogativa del maschio.
Se frequentavo questo gruppo di persone era per affinità politica.
Tuttavia ho vissuto sulla mia pelle come dietro un gruppo politico possa
nascondersi la riproduzione di dinamiche da clan o familiari più che politiche.
La famiglia è esattamente il nucleo che perpetua e genera il patriarcato,
tramite una prole partorita dalla madre e a cui viene insegnato il nome e la
legge del padre. A sua volta la prole metterà su famiglia, e così via, per
millenni (ma non da sempre né per sempre, siamo animali storici). Le relazioni
umane che si allacciano a partire dalla condivisione di un progetto politico
sono politiche.
La differenza tra fare sesso e stuprare e la differenza tra
libertà e potere partono dalla stessa questione: il rapporto dialettico tra sé
e l’altr*. Il potere sminuisce l’altro come soggetto fino a oggettificarlo.
Nondimeno un’affinità che perde il suo connotato politico corre il rischio di
basarsi su un riconoscimento dell’altro perché uguale a sé.
In entrambi i casi
l’Altr* è negato come soggetto, che invece sarà sempre irriducibilmente “altro”
da se stessi. Una relazione liberata probabilmente non è una relazione risolta
e piena di risposte, ma una relazione che si fa carico della domanda sempre
aperta verso l’Altr*.
Nel clan e nella famiglia tutti gli elementi si
riconoscono uguali in virtù della condivisione dello stesso “sangue” e della
stessa legge del maschio o di chi ne fa le veci. Questo sangue e questa legge
si reggono a partire dallo sfruttamento della forza lavoro e del corpo delle
femmine, la prima “classe” di oppressi. Il retaggio familiare nella militanza
politica si può riflettere sia nella lotta in tutte le sue fasi e forme che
nella relazione umana tra le varie compagne e compagni.
Decidere di fare sesso
con una femmina molto ubriaca è un atto politico. Patriarcale; reazionario. Portare
a galla questi episodi è sempre destabilizzante per una famiglia, la quale si
sentirà tradita non dal loro “patriarca” ma dalla persona che rifiuta queste
dinamiche patriarcali.
A monte c’è l’idea che una persona femmina vale meno di
una persona maschio ed è “normale” sfruttare le sue risorse e il suo corpo; è
un soggetto politico meno importante.
Un gruppo politico realmente
rivoluzionario e con relazioni umane alla pari prenderebbe le dovute misure
politiche rispetto a chi riproduce dinamiche di oppressione.
Tuttavia non posso
pensare di chiedere e delegare la distruzione del patriarcato a chi gode dei
privilegi che il patriarcato gli offre. E questo credo valga per ogni forma di
oppressione, sebbene la solidarietà e la complicità siano uno strumento di
lotta irrinunciabile tra oppresse e oppressi.
Se anche all’interno
dell’”avanguardia anarchica” è “normale” fare sesso con una persona non lucida
in quanto femmina, e se la sessualità del maschio è più importante di qualsiasi
persona, lotta, amicizia e fiducia, è chiaro che il femminismo è un’oggettiva
necessità storica per un progetto politico rivoluzionario anarchico.
Una
persona che è capace di una cosa del genere e che preferisce poi mantenere
pulita la propria reputazione borghese invece di mettersi realmente in
discussione, è una persona pericolosa per le femmine...
Citando a memoria una grande scrittrice, “è degno
di nota che tanto più le donne mangiano merda tanto più saranno stimate dagli
uomini”. Fortunatamente non mi interessa della stima di nessuno e della mia
reputazione mi ci pulisco il culo. Continuo nel mio percorso di lotta
femminista, anarchica, di classe e internazionalista, nella mia vita personale
e nelle lotte condivise, quando amo e quando odio...
Per chi è arrivat* fin qui, grazie per l’attenzione.
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