27/01/10

Palermo: basta sfruttamento e precarietà ! le lavoratrici delle coop sociali/scuola scendono in protesta

Le lavoratrici delle cooperative sociali “Azione Sociale”, “Amanthea” e “La Città del Sole”, che lavorano nelle scuole superiori come assistenti igienico sanitari per i ragazzi portatori di handicap, insieme a diversi lavoratori hanno manifestato alla Provincia di Palermo, l'ente che assegna gli appalti alle cooperative ed eroga i fondi.
Le lavoratrici e i lavoratori, organizzati nello Slai cobas per il sindacato di classe, determinati hanno detto BASTA ad una condizione di sfruttamento, precarietà, di frequenti minacce di licenziamento, che dura da anni e che in particolare per le donne è doppiamente pesante, se si pensa anche come in una città del sud come Palermo il tasso di disoccupazione femminile è tra i più alti: stipendi non pagati per mesi lavorare senza avere mai ricevuto uno straccio di copia di contratto, un contratto davvero anomalo, sulla carta è a tempo indeterminato ma nei fatti le lavoratrici e i lavoratori vengono sospesi nelle pause delle vacanze natalizie e pasquali e nei tre mesi estivi, sospesi significa che rimangono a casa, non percepiscono lo stipendio ma non possono neanche chiedere la disoccupazione all'Inps proprio perché il contratto è a tempo indeterminato se ti assenti qualche giorno di malattia in più vieni spostato arbitrariamente da una scuola all'altra per punizione, se l'alunno che assisti si assenta vieni rimandato a casa e si viene pagati solo per un'ora Se da un lato le cooperative agiscono contro i lavoratori attraverso forme che rasentano il caporalato, dall'altro questa condizione di lavoro è causata anche da alcuni vincoli posti dalla Provincia nel capitolato di appalto, per esempio le sospensioni dal lavoro nelle pause estive
In particolare le lavoratrici, costrette quando sono state assunte a firmare il foglio delle dimissioni in bianco, armate di cartelli e bandiere hanno protestato con slogan, denunciando anche al megafono i “capetti” delle cooperative che ancora il giorno prima avevano cercato in tutti i modi di impedire loro di partecipare all'assemblea sindacale indetta sotto la Provincia fino a minacciarli di licenziamento. Ma insieme ai loro colleghi di lavoro non si sono fatte ricattare, al contrario hanno espresso tutta la loro rabbia, da dieci anni non avevano mai fatto un'assemblea sindacale o uno sciopero anche perché molti di loro dicono che "la Cgil sindacato da cui ci siamo cancellate non ha fatto mai nulla a nostro favore!!!"
Durante il presidio forte è stata espressa la solidarietà a tutte le operaie e gli operai, lavoratrici e lavoratori, precari e e precari che che in questa fase stanno subendo licenziamenti, cassa integrazione, sempre più precarietà, in particolare un messaggio è stato rivolto alle tante donne che da giorni sostengono la lotta dei loro mariti e padri dei figli, gli operai licenziati della Delivery Email (indotto Fiat) in protesta sul tetto della fabbrica, bloccando l'ingresso delle merci ai cancelli , alle lavoratrici e lavoratori del call center OMNIA in lotta a Milano, alle colleghe/colleghi centralinisti delle cooperative dell'ospedale Civico di Palermo, licenziati in tronco, che hanno occupato per protesta i locali del loro posto di lavoro, alle tante precarie e precari della scuola in mobilitazione in tutta Italia.
Nel corso dell'assemblea una delegazione di lavoratori e lavoratrici è stata ricevuta dal Presidente della provincia Avanti che si è detto disponibile a discutere di alcuni aspetti del capitolato che scadrà a fine giugno 2010.

Palermo, 26/01/2010 Lavoratrici Slai Cobas per il sindacato di classe
via g. del duca 4 - Palermo telfax 091/203686 – 3408429376 cobas_slai_palermo@libero.it

20/01/10

Verso un 8 marzo di LOTTA

Al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori della Omnia-ora VoiCity- di Milano che per l'ennesima volta non ricevono gli stipendi, non vedono riconosciuti i loro diritti. Un futuro sempre “appeso a un filo”, con continui cambi di proprietà, talmente indebitata che i pagamenti dei clienti vengono immediatamente girati ai fornitori per pagare i debiti contratti in passato. Come in tantissimi altri posti di lavoro sui lavoratori si fanno super profitti e..la chiamano crisi.

Dalla Lasme alla ex Eutelia dai lavoratori delle ditte di pulizia alle/ai disoccupate/i, lavoratrici/ri della scuola sono tantissimi i posti di lavoro, le fabbriche che vedono lotte determinate, coraggiose contro licenziamenti, cassa integrazione, per il diritto al lavoro, per rivendicare i propri diritti bisogna dar voce e unire queste lotte


COSTRUIAMO UNA RETE DI SOSTEGNO, SOLIDARIETA' TRA LE LAVORATRICI, DISOCCUPATE, PRECARIE IN LOTTA


Perchè sono sopratutto le donne ad essere licenziate, messe in cassintegrazione, a cui viene negato il lavoro, a subire discriminazioni sessiste.

Doppia oppressione, doppio sfruttamento, doppie catene: organizziamo assieme lo SCIOPERO DELLE DONNE

tavolo4

tavolo4flat@inventati.org

15/01/10

Difendiamo via dei volsci 22!

È la stanza di tutte noi.

È la sede da cui siamo partite per tante manifestazioni femministe e lesbiche.

È il luogo dove immaginiamo e costruiamo un mondo senza la violenza degli uomini sulle donne.

È lo spazio collettivo che tutte noi vogliamo difendere.

La Sede al numero civico 22 di via dei Volsci a Roma fa parte della grande occupazione politica e abitativa di via dei Volsci del 1977.
Nel 1989 la Sede del 22 è diventata femminista!
In tutti questi anni la Sede del 22 è sempre stata vissuta e attiva.
Da 20 anni usiamo la Sede del 22 per intrecciare percorsi di lotta contro la violenza sulle donne, per organizzare mobilitazioni e incontri nazionali, per sviluppare percorsi politici e culturali femministi e lesbici.
La Sede del 22 è il luogo di donne che ospita e quindi rende possibile pratiche e pensieri di liberazione collettiva per tutte noi.
Dopo anni di tentativi di sgombero e tentativi di vendite all’asta delle sedi politiche di via dei Volsci, è stato notificato lo sgombero per la nostra Sede del 22 e per quella del numero 26.
La Sede è di proprietà di una società immobiliare fallita che a sua volta l’aveva comperata da un altro fallimento immobiliare. Questa catena di speculazioni si ripete da vent’anni, in una città in mano a costruttori senza scrupoli e palazzinari.

Lo sgombero della Sede del 22 è previsto per il 21 gennaio 2010.

Denunciamo questo tentativo inaccettabile di rimozione e chiusura di uno dei pochissimi spazi politici per donne e lesbiche a Roma.
Difendiamo la Sede del 22 come spazio separato vitale per la nostra autonomia di pensiero e di autodeterminazione.
L’esperienza dei Collettivi, dei Centri antiviolenza e delle Case delle donne testimoniano le centralità degli spazi fisici nei percorsi di liberazione delle donne e delle lesbiche.
Sosteniamo questo luogo liberato dall’ingerenza patriarcale, da costrizioni monetarie, controllo politico, e fondamentale per la costruzione di percorsi di lotta contro l’oppressione di genere e contro la violenza sulle donne.

Per difendere questo spazio, la Sede del 22, chiamiamo tutte le donne, femministe e lesbiche:

15 Gennaio 2010 - ore 18: ASSEMBLEA CITTADINA - verso il 21 gennaio

21 Gennaio 2010 - mattina: COLAZIONE AL 22”

Le compagne femministe e lesbiche del 22

13/01/10

OMSA: padron Nerino Grassi vuole tagliare le gambe a 320 operaie!

Faenza 16 gennaio 2010

Tutta Faenza ha risposto all’appello delle 320 operaie della OMSA che rischiano il posto di lavoro perché il mantovano padron Nerino Grassi, proprietario del colosso Golden Lady, ha deciso di licenziare, chiudere, partendo proprio dall’Emilia e delocalizzare il Serbia.

Là, dice, lo ritengono un benefattore, perché paga stipendi mensili di oltre 300 euro mentre la regola è più bassa e poi, dai trasporti ai servizi, tutto costa meno, comprese, ovviamente, garanzie sindacali e diritti dei lavoratori che, per dirla tutta, nemmeno ci sono.

Le operai gli ricordano che le sue calze le vende, o meglio le vendeva, qui, in Italia perché coi tempi che corrono anche le vendite dei suoi collant non potranno andare a gonfie vele!

La manifestazione è andata molto bene, città e rappresentanze delle fabbriche dell’area faentina hanno dato la loro solidarietà, perché far venire meno questo presidio produttivo, dopo altre numerose crisi, significherebbe assestare un colpo gravissimo alla struttura socio economica del territorio.

Nel frattempo il picchetto davanti ai cancelli di Via Pana, è diventato permanente 24 ore su 24, grazie alla solidarietà di tutti ed è questo un dato importante, perché padron Nerino non ha scordato di anticipare, dopo i tentativi di chiusura dello stabilimento di Faenza che risalgono a due anni fa, che produrre in Serbia significa che in Italia gli serve ben poco, di fatto il solo magazzino, per cui dopo aver messo in ginocchio Faenza sta pensando alla fabbrica abruzzese di Gissi ed anche per Mantova, dove vorrebbe portare i macchinari del magazzino e dove ha già traslocato i servizi informativi che adesso sta tarando sul sistema in atto a Castiglione, per questa operazione, che attiene alla parte finale del confezionamento, basterebbero molti meno operai rispetto all’odierno organico. E’ per questo che la lotta non può cessare e a queste lavoratrici deve giungere la solidarietà di tutti i lavoratori del gruppo e delle realtà operaie che vivono situazioni di conflitto, che sono sempre di più anche nelle aree industriali considerate “ricche” fino a pochi mesi fa, ma che mostrano la vera faccia del padronato, sia esso “tradizionale” che “speculativo – creativo”: dalla OMSA all’ ex Eutelia, dalla Metalli Preziosi alla OMNIA. Le scelte del padronato ruspante alla mantovana, dei Grassi e dei Lori, sono le stesse degli americani della Comedil o degli speculatori finanziari che hanno rilevato per un tozzo di pane le imprese informatiche e le ex aziende pubbliche date in omaggio in nome di quella scellerata scelta politica della privatizzazione, considerata verbo assoluto dalle destre come dai nuovi liberisti democratici.

Monica Perugini
www.proletaria.it

16/12/09

DOPO IL 28 E 29 NON SI PUÒ FAR FINTA DI NIENTE


Il 28 è stata una manifestazione partita male e caratterizzata poi inevitabilmente dalla linea della tiepidissima denuncia e della "convivenza civile". A parte poche parti del corteo in cui vi era la denuncia della polizia che stupra nei CIE, con presenza anche di donne immigrate con Action A, la denuncia di Montalto di Castro e in particolare dello "stupro a spese dello Stato" portata in particolare dalle compagne bolognesi e dall'ass. Erinna, la denuncia dei recenti provvedimenti antiaborto e antimmigrate della Carfagna, la presenza di uno spezzone di "donne da sud" (non solo per la provenienza, ma perchè "da Sud" vuole dare il senso della profondità dell'oppressione della donna), la denuncia dell'utilizzatore finale Berlusconi della violenza sistemica legalizzata portata dalle compagne del MFPR, e poco altro, il resto - e ciò che ha dato il segno "ufficiale" della manifestazione - era deprimentemente riformista, democratico nel senso perbenista della parola, caratterizzato dalla parola d'ordine "Basta".
Una parola d'ordine generica che non indica un percorso di lotta, ma di fatto una richiesta (a chi?), che parla di violenza senza tempo né spazio, che non denuncia la violenza sessuale nella fase specifica in cui il sessismo è legato strettamente al fascismo istituzionale e non e al razzismo; non una parola contro Berlusconi e l'uso/abuso del potere politico contro le donne (a parte rarissime eccezioni). L'unico striscione contro il governo era quello che diceva chiaro: "noi odiamo gli uomini che odiano le donne - 1°della lista: Berlusconi". Anche la composizione del corteo è stata una specchio dell'impostazione imposta da alcune realtà e compagne, in particolare romane, alla manifestazione: mentre nel 2007 le parlamentari sia di destra che di "sinistra" erano tenute fuori e furono attaccate/cacciate, il 28, invece, giravano nel corteo e parlamentari del PD rilasciavano anche interviste (valorizzate pure nei blog/siti); mentre nel 2007 giustamente gli uomini erano fuori perchè il corteo doveva affermare l'autonomia autorganizzata della forza e unità delle donne, il 28 erano accolti nel corteo gli uomini organizzati nel "maschile/ plurale" e la loro presenza da parte di alcune è stata considerata addirittura "la novità importante della Giornata sulla violenza contro le donne" (L. Melandri).
La realtà è che nonostante la denominazione del sito "torniamo in piazza", la manifestazione ha mostrato quello che era evidente già da prima: una manifestazione organizzata "sulle donne" e non "con le donne" che da mesi GIA' scendono in piazza e fanno anche lotte dure: lavoratrici che stanno perdendo il lavoro, disoccupate, precarie della scuola, dei call, center, studentesse, ecc.; che parla della lotta contro la violenza sessuale ma si guarda bene di andare a Montalto di Castro per lottarvi concretamente. Queste donne sono state usate solo nei discorsi, nelle e mail, quando si è solo voluto contrapporre le "donne reali", i "problemi concreti che vivono ogni giorno", alla lotta contro il primo e ultimo utilizzatore/responsabile di questa condizione delle donne: Berlusconi, le sue ministre, e la inesistente "opposizione". Per non fare in realtà la lotta qui ed ora, che non si esaurisce in una manifestazione all'anno. Parlare "sulle donne" ma non dare voce, non essere espressione della maggioranza delle donne, delle loro lotte ha reso via via arida, inutile, piccolo borghese nel senso più negativo del termine, la lista "sommosse".
In questo senso, la bella iniziativa del 29 a Montalto non solo è stata una cosa necessaria e sacrosanta, ma è stata l'altra lotta, quella giusta rispetto all'impostazione del 28. Il 28 e il 29 non sono, quindi, "due iniziative", ma sono due linee, due modi di concepire la lotta contro la violenza sessuale, due pratiche diverse - tant'è che anche chi poteva non è venuta a Montalto (soprattutto le romane che non avevano neanche la giustificazione delle difficoltà pratiche) e altre addirittura l'hanno apertamente boicottata. Questo non lo dobbiamo nascondere ma farne terreno di chiarezza e di decisioni conseguenti.
La manifestazione a Montalto è stata costruita da pochissime, le compagne di Bologna che ci hanno messo un grande impegno anche pratico, le compagne del Mfpr che l'hanno sostenuta, la compagna Luigia che ha dato la spinta definitiva, le compagne dell'ass. Erinna che dopo prime difficoltà sono state determinate, forti, accoglienti, e poi a Montalto altre realtà da Milano a Pisa, anche qualcuna da Roma, ecc.; ma è stata costruita con un confronto franco e aperto che aveva l'unico scopo di fare la cosa giusta e necessaria per Marinella e per tutte le donne - tutt'altra cosa dei dibattiti tutti interni apparsi su "sommosse" che non interessano nessuna. L'iniziativa a Montalto è stata di rottura qui ed ora, sì anche di "guerra civile" (nel senso di necessaria lotta anche tra la popolazione e le stesse donne).
L'iniziativa a Montalto è stata di chiarezza/schieramento tra la gente: vi erano donne che dicevano "fate schifo", ma altre che applaudivano. Ma questo è inevitabile e necessario. Il "moderno fascismo" non è solo repressione e violenza, ma anche costruzione di ideologia reazionaria, razzista, costruzione di opinioni di massa, ecc. Contro tutto questo non bastano gli appelli, ma occorrono i fatti, una lotta aperta, coraggiosa, in prima persona, per schierare, per permettere anche alle poche di non sentirsi sole.
Chi non è venuta volutamente a Montalto (e non per ragioni pratiche) ha invece lasciato sole le Marinelle, le donne, le compagne che non ci stanno; in nome di un ipocrito rispetto delle opinioni, non si ostacola che il cancro dell'ideologia fascista, sessista, razzista possa via via invadere come una macchia nera senza trovare barriere.

Ora non si può, ripetiamo, far finta di niente e tornare ai dibattiti in lista, o fare una due/tre giorni per il "piacere" di parlarsi addosso. Lasciamo a chi si sveglia una volta all'anno, farlo. Noi vogliamo, invece, dare continuità al modo come si è costruita la manifestazione a Montalto, vogliamo unire la lotta contro la violenza sessuale di Stato alla lotta delle immigrate, delle lavoratrici, precarie, disoccupate, delle ragazze nelle scuole e nelle università, alla lotta delle donne contro i "terremoti" nei territori. Vogliamo costruire un momento di assemblea nazionale, in cui protagoniste siano le donne, le ragazze, compagne, collettivi che lavorano e lottano ogni giorno.

Per questo: rilanciamo la proposta di preparare un incontro/assemblea nazionale - il luogo proposto e che vorremmo confermare è L'Aquila, il periodo potrebbe essere febbraio. Prepariamola attraverso un uso più vasto della lista Tavolo 4, che sempre di più deve essere il quadro di tutte le lotte, i dibattiti reali che possano interessare la maggioranza delle donne che lottano sui posti di lavoro, nelle scuole, nei territori, per essere al servizio della costruzione di una rete tra le donne, di coordinamento effettivo, di sostegno reciproco delle lotte, di costruzione di iniziative comuni, e in questo modo avanzare nella battaglia femminista, di classe, di lotta a ogni moderno fascismo, razzismo ma anche ad ogni riformismo. La lista Tavolo 4 non è ancora così. Pochissime scrivono, non tutte le lotte sono rappresentate, vi è ancora un vizio di parlare a ruota libera, certo utile, ma oggi abbiamo bisogno di fare di questa lista sempre più uno strumento per il coordinamento e la lotta.

Chiediamo alle compagne di dirci cosa ne pensano, e di cominciare a lavorare insieme in maniera coordinata.

Un forte saluto a tutte

Le compagne del MFPR
6.12.09

Sulla manifestazione del 10 dicembre a Torino

COMUNICATO della rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro


Oltre un migliaio ha partecipato al presidio al Tribunale di Torino in occasione dell'apertura del processo Eternit. Molto forte la partecipazione di lavoratori, familiari interessati al processo,organizzata dal Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Associazione Esposti Amianto e altre associazioni amianto di Sesto San Giovanni, Trieste, Roma, Taranto, Broni, Latina, Importante anche una forte rappresentanza delle associazioni francesi.
La Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro che aveva lanciato l'appello per far diventare questa scadenza una manifestazione nazionale ha portato al presidio decine e decine di rappresentanti di lavoratori, associazioni familiari, comitati, provenienti da diverse città italiane. Da
Trento a Palermo, da Napoli a Marghera, da Roma a Milano, Bergamo, Bologna, Ravenna; molto consistente e rappresentativa la delegazione della Rete di Taranto con operai, familiari di operai Ilva e un contingente di Disoccupati Organizzati in lotta anche in questi giorni per il lavoro, la salute e
l'ambiente, e che ha portato anche l'adesione di "Alta Marea" che raccogliendo numerose associazioni ambientaliste a Taranto il 28 nov. ha portato in piazza oltre 20 mila persone; molto significativa infine la presenza dell'associazione 29 giugno vittime della strage del treno di
Viareggio.
Naturalmente folta la rappresentanza di operai e familiari Thyssenkrupp dell'associazione legami d'acciaio e dei rappresentanti del comitato milanese 'dalla parte dei lavoratori'- presenti un gruppo di operai della fiat mirafiori e rappresentato il Comitato 5 aprile di Roma. Presenti collettivi di studenti oltre che da torino anche da Venezia e Marghera
In tutta la mattinata si sono susseguiti gli interventi di tutte le associazioni presenti che hanno unito la denuncia alle proposte e hanno fornito un quadro delle emergenze e drammaticità delle questioni delle morti sul lavoro e da lavoro, le dimensioni vaste della questione amianto e l'impegno a sviluppare la lotta dentro e fuori i Tribunali.
Alla manifestazione della Rete hanno aderito organizzazioni sindacali di base e confederali, Slai cobas per il sindacato di classe, Sindacato Lavoratori in Lotta napoli, Usi, Fiom/Cgil, ecc.; forze politiche con rappresentanti, Rifondazione, Sinistra critica, Pdci, Sinistra popolare, ecc.; e delegazioni di Proletari comunisti, Carc, Coordinamento dei collettivi comunisti, Piattaforma comunista ed altri.
Sull'andamento del processo che ha visto la massiccia partecipazione dei familiari e delle associazioni che hanno chiesto la 'partecipazione di parte civile' rimandiamo al comunicato degli stessi, - le udienze riprenderanno ogni lunedì a partire dal 25 gennaio -quello che conta segnalare è che la Rete ha rappresentato, come era già stato per la Thyssen di Torino il 6 dicembre 2008, per l'Ilva Taranto il 18 aprile, l'unica forza nazionale capace di associare le energie e trasformare anche questa occasione in movimento di lotta, fuori dai Tribunali, nelle strade nelle fabbriche e
posti di lavoro. Certamente questa scadenza richiedeva una partecipazione di massa più consistente. Tanti che avrebbero potuto esserci, sia pure nelle difficoltà di un giorno feriale e in coincidenza con un periodo pieno di manifestazioni nazionali, non hanno fatto tutto lo sforzo necessario per esserci realmente.
Questo dimostra quanto lavoro sia ancora da fare da parte della Rete. La manifestazione ha portato in piazza a Torino non solo solidarietà e denuncia ma anche le numerose proposte provenienti dalla piattaforma della Rete, come da convegni che ci sono stati nelle passate settimane, Orvieto tra questi, e dal fronte delle associazioni amianto che avevano tenuto un mese prima un ricco convegno nazionale sempre a Torino.
Ora, però, anche da Torino viene l'appello a fare un salto di qualità e un nuovo sforzo unitario, perchè il movimento cresca, influenzi la battaglia per lo sciopero generale, per la lotta contro il governo Berlusconi che su questo fronte tutela sempre più gli interessi dei padroni, ostacola i
processi, risponde negativamente alle richieste che vengono dagli operai, dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni.
La manifestazione di Torino ha riportato anche l'attenzione sulla repressione, licenziamenti fatti dai padroni nei confronti di lavoratori e Rappresentanti dei Lavoratori alla Sicurezza, questioni che vanno ben oltre il caso esemplare Dante De Angelis: dai cantieri navali di Palermo, all'ATM
di Milano, alle fabbriche bergamasche, agli attivisti denunciati, processati e in alcuni casi già condannati, come a Ravenna, tutte battaglie che richiedono il rafforzamento della Rete e l'azione diretta.
Nella manifestazione grande peso è stato dato negli interventi all'emergenza nell'emergenza data dalle morti degli immigrati sui posti di lavoro che subiscono clandestinità, precarietà, lavoro nero, schiavitù nei cantieri, nei laboratori, nelle fabbriche. La giornata è stata dedicata all'ultima
vittima di questi crimini del capitale, crimini anche contro i diritti umani, la morte di una giovanissima operaia cinese di 13 anni, ma anche dell'operaio senegalese ucciso dal padrone e buttato in una campagna, semplicemente perchè pretendeva il suo salario.
Per questo la Rete ha deciso di lavorare ad una nuova manifestazione nazionale da realizzarsi in collaborazione con comitati e associazione degli immigrati - scesi in piazza in maniera così impetuosa e massiccia il 17 novembre scorso.
Tutti questi temi - l'unità, le nuove campagne, la manifestazione degli immigrati, insieme al potenziamento dell'ufficio legale, la partecipazione ai processi,- primo fra tutti quello della Umbria Olii in cui sono attivi l'associazione familiari Colletti e la rete umbra- la lotta contro la repressione a dei lavoratori e rls -la ricerca di proposte mirate e unificanti da proporre anche nella forma di leggi di iniziative popolari - sono al centro dell'assemblea nazionale che la rete promuove per il 16
gennaio 2010 a Roma.


Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamorte@gmail.com

03/12/09

29 novembre a Montalto di castro con Marinella

 
Vai a www.women.it per vedere il video di Cristina Comperini sulla manifestazione di Montalto
SIAMO TUTTE CON MARINELLA

Nella settimana simbolo della lotta contro la violenza sulle donne una significativa, determinata e combattiva manifestazione di femministe e lesbiche si è tenuta a Montalto di Castro.

Provenienti da varie città d’Italia abbiamo denunciato con forza l’humus maschilista e reazionario di colpevolizzazione nei confronti delle donne che subiscono violenza, la legittimazione istituzionale dello stupro che arriva a sottrarre soldi pubblici per difendere gli stupratori, come è accaduto nella vicenda di Marinella, una giovane donna violentata 2 anni fa in quel luogo, da un branco di ragazzi minorenni, l’uso “privato” delle istituzioni e dei ruoli
istituzionali a difesa della propria “famiglia” e dei suoi rampolli – il sindaco del paese, Caria, zio di uno degli stupratori, mise a disposizione dei “bravi ragazzi” 40.000 euro per la loro difesa col risultato vergognoso che il giudice decise, nonostante l’ammissione delle violenze, di sospendere il processo e affidare i violentatori ai servizi sociali e l’alimentarsi di un clima di ostilità da parte del paese nei confronti della ragazza violentata e di sostegno agli stupratori.

Con tanti cartelli di denuncia, striscioni e slogans abbiamo attraversato le strade di un paese quasi deserto, in cui palpabile era l’avversione per questa manifestazione.
“Per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte parte lesa”, “siamo tutte con Marinella”, “stupratori uscite fuori adesso, ve lo facciamo noi un bel processo”, “sono bravi ragazzi e di famiglia buona, chi stupra le donne non si perdona” “guai a chi ci tocca, ci difenderemo con la lotta”.
Questi ed altri slogans scanditi ripetutamente da tutte, la lettura di una lettera in solidarietà a Marinella, hanno costretto gli abitanti del paese a guardare da dietro le finestre e se da un lato qualcuno ha lanciato degli insulti, dall’altro alcune donne hanno applaudito.
 
Giunte davanti al Comune, disposte in cerchio con tutti gli striscioni e i pannelli, abbiamo chiesto a gran voce le dimissioni del sindaco ed è stata letta una lettera di protesta e denuncia all’A.N.C.I.

Il corteo è stato seguito per tutto il suo percorso dai giornalisti, a cui sono state rilasciate interviste.

29.11.2009
Movimento femminista proletario rivoluzionario