09/05/15

Ecco il Ku Klux Klan alla bolognese

(da Tavolo 4) - Quando la sua cultura da Ku Klux Klan viene messa in discussione, la destra bolognese diventa subito idrofoba. E lo si è visto ancora una volta nel caso della manifestazione antirazzista del 16 maggio con una serie di reazioni concitate e sdegnose.

Ma mettiamo in ordine i fatti. In occasione dell’8 aprile, Giornata internazionale dei rom e dei sinti, il leader leghista Matteo Salvini invitava a «radere al suolo con le ruspe tutti i campi rom», incoraggiando un clima di violenze razziste e di attentati incendiari ai campi nomadi. Né alla ditta Salvini & Co. interessa la realtà dei fatti, ma soltanto la propaganda elettorale costruita su pregiudizi antichi e però sempre pericolosi. È inutile opporre a questa gente delle argomentazioni. È vano dire, a chi grida «tornate a casa vostra», che rom e sinti sono tutti cittadini europei da molti secoli, che la metà sono in Italia da centinaia di anni e sono già «a casa loro». È sbagliato e controproducente mostrare i «rom e sinti che lavorano» come se dovessero giustificarsi del fatto di esistere. A questa ennesima provocazione razzista di Salvini, l’Associazione Sinti Italiani ha deciso di rispondere commemorando a Bologna la rivolta di rom e sinti nel campo di concentramento di Auschwitz il 16 maggio 1944. Ecco un racconto tratto dal sito dei «Sinti in viaggio per il diritto e la cultura»: 4.000 Rom internati nello zigeunerlager di Auschwitz decisero di opporsi ai loro aguzzini, che secondo programma erano venuti a prelevarli, per condurli nelle camere a gas. Di fronte a un’umanità ridotta in condizioni pietose – formata da nugoli di bambini pelle e ossa, donne e capifamiglia scalzi – si trovava la più potente e organizzata macchina di oppressione morte di tutti i tempi. Non furono solo gli uomini a decidere di non piegare il capo di fronte ai carnefici in divisa; anche le manine ossute dei bimbi e delle donne raccolsero pietre, mattoni, spranghe, rudimentali lame e tutti insieme i Sinti e Rom di Auschwitz dissero: «No!». «Non vi daremo i nostri piccoli, perché li facciate uscire dai vostri camini. I vostri medici ne hanno già straziati tanti, sperimentando la loro scienza mostruosa su di loro. Le loro urla salivano fino al cielo, più in alto ancora del fumo denso che usciva dai crematori, più in alto ancora delle nostre preghiere. Non annienterete le nostre famiglie, cui avete già tolto i doni preziosi della libertà e della dignità. Non lasceremo alle vostre mani rapaci, ai vostri cuori tenebrosi, al vostro odio disumano la bellezza delle nostre vite, la santità dell’amore che unisce le nostre famiglie in un popolo povero, ma fiero». Le mamme stringevano al petto i bimbi più piccoli, mentre combattevano; i ragazzini difendevano lo zigeunerlager finché il sangue non li copriva, rendendoli simili agli spiriti della vendetta delle leggende; braccia scure brandivano armi rudimentali in un impeto instancabile, finché le SS si ritirarono, esterrefatte davanti a quell’eroismo, a quel coraggio sovrumano che affrontava le pallottole e le baionette con la carne nuda. Le SS si ritirarono, portando con sé molti cadaveri tedeschi. Solo il 2 agosto 1944 i nazisti – dopo aver ridotto in fin di vita la popolazione Sinti e Rom prigioniera della «fabbrica della morte», limitando al minimo il suo sostentamento alimentare – riuscirono a liquidare lo zigeunerlager. 2.897 eroi Rom furono assassinati in una sola notte nelle camere a gas di Birkenau. Ed è una lezione per tutti. Se non difendiamo le nostre verità e la nostra memoria, nessuno lo farà per noi. I rom furono perseguitati dal nazifascismo senza lasciare quasi nessun rimorso né soprattutto attenzione. Vennero sterminate circa cinquecentomila persone. Nel processo ad Eichmann del 1961, il capo di imputazione che riguardava rom e sinti venne stralciato. Soltanto nell’ottobre 2012 è stato inaugurato a Berlino il Memoriale dedicato ai rom e ai sinti vittime dei lager nazisti. Ci sono voluti oltre sessant’anni di dimenticanza perché in Europa ci fosse un qualche monumento che li ricordasse. Ma proprio il fatto di rivendicare una rivolta e una soggettività libera e autonoma fa infuriare i neofascisti e criptofascisti bolognesi. Dapprima Forza Italia e Lega Nord hanno cercato di impedire la manifestazione antirazzista ricorrendo alla Questura. Poi si sono dati a comiche provocazioni. Ecco Forza Nuova che rivendica implicitamente l’eredità del nazismo considerando la commemorazione uno «sfregio»: "16 MAGGIO GIORNATA DELL’ORGOGLIO ITALIANO La nostra scandalosa amministrazione comunale dopo aver permesso a centri asociali, anarchici , richiedenti asilo di devastare la nostra città con manifestazioni inutili e dannose ha deciso che quale migliore piazza poteva esserci per ospitare la giornata dell’ORGOGLIO ROM…. La misura è colma, NOI Bolognesi abbiamo già sopportato abbastanza!! Forza Nuova Bologna indice quindi per il 16 maggio la giornata dell’orgoglio Italiano, orgoglio troppo spesso calpestato dall’inettitudine della nostra amministrazione comunale. Saremo quindi in piazza per protestare contro quello che riteniamo l’ennesimo sfregio alla NOSTRA città...".
E subito è partita una ridicola gara a chi è più razzista tra i gruppuscoli dell’estrema destra bolognese. Ecco Fratelli d’Italia che continuano nelle loro consuete istigazioni all’odio razzista snocciolando le solite fandonie dell’estrema destra: "16 MAGGIO: In difesa degli italiani Fratelli d’Italia non si accoda a nessuno... Fratelli d’Italia Bologna aveva manifestato l’idea di istituire un Presidio Tricolore nel cuore della città aperto a tutti coloro che ne condividano lo scopo, per ribadire come i veri discriminati del nostro tempo siano, purtroppo, gli Italiani...".
Poi ci sono due personaggi impresentabili che si agitano non solo per distinguersi, ma anche perché hanno qualcosa da far dimenticare, tanto più ora che si riapre la campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Bologna. C’è l’ex leghista Manes Bernardini, quello che si è fatto la villa abusiva… E c’è il criptofascista Galeazzo Bignami, quello che ha al suo attivo 39mila euro di «spese pazze» come consigliere regionale ed è ormai universalmente noto come «Mister Scontrino» Manes Bernardini, alleatosi con qualche neonazista nella lista pseudocivica «Insieme Bologna», mostra quale sia la sua cultura politica allorché dichiara che ricordare una rivolta contro il nazismo è una «provocazione» contro cui ci vuole «vigilanza».  Stessa musica quella di Galeazzo Bignami di Forza Italia, che parla pure lui di una «provocazione» alla città. Né sorprende una simile dichiarazione da parte di un ex squadrista del FUAN e figlio d’arte del picchiatore fascista Marcello Bignami. Un individuo che ha l’abitudine di insolentire a casaccio e pesta sempre una merda dietro l’altra. Ed è una taletigna che, dopo un lungo piagnisteo sui giornali, ha ottenuto dalla Questura di poter fare un banchetto in prossimità dell’arrivo del corteo, sperando anche lui in qualche contestazione che faccia scordare le sue recenti e inquietanti figuracce. Ad esempio far fotografie ai bambini seduti nel prato di un campo nomadi. Intanto sui profili facebook dei politicanti di destra contrari alla manifestazione fioccano i commenti razzisti, le intimidazioni, le minacce. Cose come «Al rogo putridi». Oppure: «Tir di benzina a seguire il corteo e un accendino». E il fuoco va ovunque per la maggiore: «Insieme rom e centri sociali? Sai che falò che viene?». E ancora: «Se per sabato trovo un lanciafiamme parteciperò» e «Portiamo gli accendini». Eccetera. Ora il fatto è che, da anni, qualcuno in giro per l’Italia compie di notte attentati incendiari contro i campi nomadi. Nell’istigazione all’odio di questi politici neofascisti o criptofascisti non vi è una precisa responsabilità morale e civile come mandanti che sollecitano via web«anonimi» esecutori? È una domanda che nessun giornale di regime sembra porsi, a cui nessun politico «di sinistra» ha mai dato una risposta chiara e netta, perché in fondo un quantum di razzismo induce un disciplinamento e una gerarchizzazione sociale che vanno bene a istituzioni e governanti d’ogni colore. Ma non si può aggirare quella domanda e anzi va posta in concreto sui territori ogniqualvolta sia necessario e con ogni mezzo adeguato. Ma non però il 16 maggio. Noi non siamo rom o sinti. Noi andiamo a quella manifestazione come ospiti, in segno di condivisione e fratellanza e in ricordo di tutti gli antifascisti rom e sinti che hanno combattuto, armi in pugno, per la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Noi andiamo a festeggiare insieme a loro il coraggio e l’eroismo di chi si ribella all’oppressione e di chi prende la propria vita nelle proprie mani.

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