30/05/15
28/05/15
Lavoratrici in lotta
Pubblichiamo dal MFLA:
Le donne nelle serre e nella logistica
Ascolta il secondo spazio con una compagna della rete Campagne in Lotta,
che supporta i processi di autorganizzazione di lavoratrici e
lavoratori agricoli in diverse campagne del territorio italiano [dura
53′]
Nella seconda parte della trasmissione parliamo della lotta delle facchine della Mr Job:
all’Interporto di Bologna, le lavoratrici si sono autorganizzate con il
SI Cobas e stanno ottenendo sostanziali miglioramenti della loro
situazione lavorativa.
Da una testimonianza: “Mi si diceva: ‘Come sei bella! Fammi veder
come balli la danza del ventre’. Una volta lui si avvicinò a me e mi
toccò in maniera impropria baciandomi sul collo. Io mi irrigidì e lo
pregai di non farlo mai più. Di fronte ai miei espliciti rifiuti il suo
atteggiamento cambiò e le sue attenzioni mutarono in atteggiamenti
punitivi. Venivo spostata continuamente di reparto. Mi venivano
addebitati errori che io sapevo di non aver fatto. Mi furono negate
sistematicamente le ferie, che in tre anni non potei mai fare, nemmeno
per un solo giorno.”
Altro materiale informativo:
– Inchiesta operaie Yoox: “Abbiamo spalancato la porta e siamo uscite!”
– Le donne delle serre. Storie di sfruttamento nelle campagne del ragusano di Letizia Palumbo e Alessandra Sciurba
– Sono italiane le nuove schiave dei campi di Raffaella Cosentino e Valeria Teodonio
– Inchiesta operaie Yoox: “Abbiamo spalancato la porta e siamo uscite!”
– Le donne delle serre. Storie di sfruttamento nelle campagne del ragusano di Letizia Palumbo e Alessandra Sciurba
– Sono italiane le nuove schiave dei campi di Raffaella Cosentino e Valeria Teodonio
Voto regionale? IO NON VOTO, LOTTO!!!
Lavoratori, precari, disoccupati, cittadini per il boicottaggio del VOTO REGIONALE
Lo Slai cobas per il sindacato di classe invita gli operai,
i lavoratori, i precari, i disoccupati, gli abitanti dei quartieri inquinati, e
i cittadini consapevoli e onesti, a boicottare il voto regionale, a non cadere
nell'eterno ricatto che il voto a questo o quel personaggio servirebbe a
cambiare le cose, all'eterna stupidità del male minore, alla rassegnazione che
si trasforma in delega e meno che mai alla demagogia cialtrona di vecchi e
nuovi rottami politici che hanno fatto sempre e solo esclusivamente i propri
interessi, usando le speranze e le disperazioni del popolo- vedi CITO.
I candidati a queste elezioni sono perfino peggiori di
quelli che in Regione già c'erano.
La giunta Vendola aveva rappresentato una speranza e per
molti aspetti ha cercato di rispondere a questa speranza. Le parole “alate”, la
lotta alla precarietà, il rilancio culturale, sono state non solo intenzioni ma
si sono tradotte in provvedimenti che sono state illusioni e delusioni entro la
gabbia stretta delle politiche del capitalismo e dei suoi governi, da
Berlusconi a Renzi, a cui Vendola non ha opposto solo parole e cogestione. Così
abbiamo avuto lo stesso il peggioramento dei servizi sociali, la continuazione
e l'aumento della precarietà, in un panorama di fabbriche in crisi,
disoccupazione di massa, impoverimento crescente.
Anche sul terreno su cui Vendola aveva giocato alcune delle
sue carte, l'ambientalismo di sinistra, la difesa del territorio e della salute
dalle devastazioni della speculazione e del profitto,
Vendola e la sua compagine sono franati clamorosamente, fino
a precipitare nell'abisso di essere imputati nell'inchiesta Ilva per complicità
collusione con padron Riva.
Ma non c'è dubbio che i candidati attuali sono nettamente
peggiori dello stesso Vendola.
Emiliano è un ex magistrato di destra che si tinge di
sinistra, che raccatta voti con la demagogia a cui corrisponde poco o niente.
Emiliano attaccando Vendola si spostare ancora più nell'ambito del governo
Renzi e nell'area della destra reale, quella dei dei padroni e dei poteri
forti.
Gli altri candidati
Fitto/PoliBortone sono davvero la pura espressione di interessi e
conservazione e ricerca di poltrone
dell'arcipelago degradato dei servi ed ex-servi di Berlusconi, che si scannano
tra di loro ma sono pronti a rimettersi insieme, imbarcando fascisti, razzisti,
come Salvini e riciclando personaggi indegni come Cito - quest'ultimo da sempre
servo di Berlusconi e di sé stesso continua nella sua operazione truffaldina di
candidare il figlio come interposta persona.
Nessuno di questi può avere
lontanamente la fiducia delle masse e nessuno operaio,lavoratore,
precario,disoccupato, cittadino consapevole e informato può sperare che questi
faranno qualcosa in più dei loro interessi e ancor più degli interessi dei
padroni e del governo di questo paese.
Non Votare è quindi un atto di coscienza e dignità!
Non Votare è
rifiuto della delega e dell'inganno!
Non Votare è legittimo e sacrosanto atto di
sfiducia in questo Stato e in queste Istituzioni
NON VOTARE è espressione di fiducia e volontà di lottare
per il lavoro, il reddito, la casa, la sanità, la scuola, la salute,
l'ambiente, di contribuire a sviluppare la coscienza e l'organizzazione
popolare necessaria alla trasformazione del nostro paese nel senso dei bisogni
delle masse popolari
NON VOTARE è lottare per un nuovo potere nelle mani dei
lavoratori e delle masse.
SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE - PUGLIA
VIA RINTONE 22 TARANTO
SLAICOBASTA@GMAIL.COM
TEL.347-5301704
LEGGI IL BLOG http://tarantocontro.blogspot.com
maggio 2015
26/05/15
Italiane le nuove schiave dei campi: "Non vogliono più stranieri perché loro si ribellano e noi no"
DALLA REPUBBLICA
Così metà paga finisce al caporale
di RAFFAELLA COSENTINO
TARANTO – Alle tre di notte le donne del Brindisino e
del Tarantino sono già in strada. Indossano gli abiti da lavoro e hanno
in mano un sacchetto di plastica con un panino. Nei punti di raccolta,
agli angoli delle piazze, alle stazioni di benzina, aspettano il
caporale che viene a prenderle con l’autobus gran turismo per portarle
sui campi, dove lavorano sfruttate e ricattate, a volte anche con la
richiesta di prestazioni sessuali. Sono soprattutto italiane, più
affidabili, ma soprattutto più “mansuete” delle lavoratrici straniere,
protagoniste in passato di proteste e denunce.
Per costringere le italiane al silenzio non servono violenze fisiche.
Basta la minaccia “domani resti a casa”. “I proprietari dei pullman
sono i caporali. È a loro che ci rivolgiamo per trovare lavoro in
campagna o nei magazzini che confezionano la frutta”, racconta Maria,
nome di fantasia, che ha 24 anni e lavora sotto i caporali da quando ne
aveva 16. Secondo le stime del sindacato Flai Cgil,
sono 40mila le braccianti pugliesi vittime dei caporali italiani, che
in molti casi hanno comprato licenze come agenzie di viaggio, riuscendo
così ad aggirare i controlli.
Il reclutamento. “Nei paesi ci sono delle persone,
generalmente sono delle donne, che fanno da tramite tra chi vuole
lavorare e il caporale. Raccolgono i nominativi per lui – racconta
Antonietta di Grottaglie – Il caporale decide dove mandare a lavorare le
braccianti e quello che deve essere dato come salario. Cercano di non
avere uomini, anche per i lavori pesanti, perché le donne si possono
assoggettare più facilmente”. Antonio, altro nome di fantasia, è ancora
più esplicito: “Non vogliono stranieri, il motivo è che loro si
ribellano e gli italiani no: ci sentiamo gli schiavi del terzo
millennio, ci hanno tolto la dignità”.
Le italiane sfruttate per la fragola “top quality”. “La
donna si presta di più a un lavoro piegato di tante ore – spiega un
produttore agricolo che assume circa 60 operaie nelle sue serre di
Scanzano Jonico – Io ho quasi tutte italiane, andiamo a prendere la
manodopera in Puglia, perché quella locale non basta. In tutta Scanzano
esistono 600 ettari di coltivazioni di fragole. A 6 donne a ettaro fanno
3600 braccianti donne”. Ci sono rumeni che si propongono per la
raccolta, ma non vengono quasi mai presi in considerazione. “La fragola è
molto delicata – dice Teresa – facilmente si macchia e diventa
invendibile, per questo servono le donne a raccoglierla nelle serre, con
la temperatura che raggiunge i 40 gradi”. Tra Scanzano, Pisticci e
Policoro si produce la fragola Candonga, brevettata in Spagna e
diventata un’eccellenza molto apprezzata sul mercato perché è più grande
e ha una lunga durata. Spesso vengono “trattate” con ormoni come la
gibberellina, come vediamo dalle scritte sui tendoni “campo avvelenato”.
Caporali tour operator. Da aprile a settembre
centinaia di grossi pullman si spostano carichi di lavoratrici tra le
province di Brindisi, Taranto e Bari per la stagione delle fragole,
delle ciliegie e dell’uva da tavola. Grottaglie, Francavilla Fontana,
Villa Castelli, Monteiasi, Carosino, sono solo alcuni dei nomi della
geografia del caporalato italiano che sfrutta le donne. Il nome del
caporale è scritto in grande, stampato sulla fiancata dei bus, insieme
al numero di cellulare. “È per questo che nessuno li ferma”, dice
Teresa, altro nome di fantasia.
25/05/15
La lotta rivoluzionaria è donna!
Ieri sera alla biblioteca popolare città vecchia di Taranto si è tenuta la presentazione del libro di Paola Staccioli: “Sebben che siamo donne”, erano presenti l'autrice e la compagna Silvia Baraldini
Due compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario erano state invitate alla presentazione e hanno partecipato.
Il libro di Paola Staccioli è stato presentato con interessanti filmati e commenti dell'autrice sulle eroiche compagne militanti negli anni 70e 80 nelle organizzazioni comuniste clandestine: Mara Cagol, Anna Maria Mantini, Maria Antonietta Berna Barbara, Azzaroni Annamaria, Ludmann Laura, Bartolini Wilma, Monaco Maria, Soledad Rosa, Diana Blefari, finite assassinate dallo Stato.
Silvia Baraldini che ha collaborato con Paola Staccioli al libro ha parlato del suo impegno politico militante negli Usa nel movimento di difesa dei diritti degli afro americani Black Panter, della sua eliminazione programmata dal Fbi e dalla polizia e ha fatto inoltre un lungo e interessante discorso sulla repressione e sull'importanza di resistere alla repressione, sulle donne e sulla loro capacita di essere sempre in prima linea nella lotta rivoluzionaria, nelle Black Panter erano il 90%.
Una compagna del Mfpr è intervenuta leggendo l'appello per la difesa delle condizioni di vita di Nadia Lioce, detenuta nel carcere de L'Aquila in regime di isolamento del 41bis.
Due compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario erano state invitate alla presentazione e hanno partecipato.
Il libro di Paola Staccioli è stato presentato con interessanti filmati e commenti dell'autrice sulle eroiche compagne militanti negli anni 70e 80 nelle organizzazioni comuniste clandestine: Mara Cagol, Anna Maria Mantini, Maria Antonietta Berna Barbara, Azzaroni Annamaria, Ludmann Laura, Bartolini Wilma, Monaco Maria, Soledad Rosa, Diana Blefari, finite assassinate dallo Stato.
Silvia Baraldini che ha collaborato con Paola Staccioli al libro ha parlato del suo impegno politico militante negli Usa nel movimento di difesa dei diritti degli afro americani Black Panter, della sua eliminazione programmata dal Fbi e dalla polizia e ha fatto inoltre un lungo e interessante discorso sulla repressione e sull'importanza di resistere alla repressione, sulle donne e sulla loro capacita di essere sempre in prima linea nella lotta rivoluzionaria, nelle Black Panter erano il 90%.
Una compagna del Mfpr è intervenuta leggendo l'appello per la difesa delle condizioni di vita di Nadia Lioce, detenuta nel carcere de L'Aquila in regime di isolamento del 41bis.
L'appello e stato molto apprezzato ed è stato oggetto di dibattito sullo stop a questo infame regime carcerario.
L'APPELLO LETTO:
DIFENDIAMO LE CONDIZIONI DI VITA DI NADIA LIOCE - STOP AL 41bis, AL REGIME DI ISOLAMENTO
Nadia Lioce è l'unica compagna, insieme ad altri 2 prigionieri politici, ad essere ancora sottoposta al regime di 41-bis, inasprito dalla direzione del carcere de L'Aquila da fine novembre 2014 e alla misura dell’isolamento disciplinare, con la conseguenza di una condizione d’isolamento totale e perenne.
L'accanimento dello Stato contro Nadia Lioce non può e non deve passare sotto silenzio, perchè, al di là del giudizio sulle scelte di lotta, politiche da lei fatte e portate avanti, questo accanimento repressivo è per cercare di ammazzare la sua volontà di non cedere, la sua coerenza nella battaglia contro questo Stato.
Lo Stato borghese vuole le donne subordinate e oppresse e, se si ribellano e lottano, pentite o dissociate. Chi non ci sta viene doppiamente repressa, anche perchè ha osato... Per questo, tutte le donne, le compagne che lottano per spezzare le doppie catene di questo sistema sociale devono far sentire la solidarietà per Nadia Lioce.
Le donne combattenti, la loro vita, le loro scelte, non vanno ricordate solo dopo morte o solo per il passato. Oggi c'è una donna combattente che per fortuna lo Stato non ha ucciso, o non è riuscito a stroncarne la volontà.
Oggi essere dalla parte delle donne che lottano per dare l'assalto al cielo è anche difendere Nadia.
22/05/15
Pensioni: per le donne il 30% in meno
L'audizione del presidente Marzano alla Camera: importo medio di 1.547 euro agli uomini, 1.081 euro alle donne
MILANO - Il reddito da
pensione delle donne è in Italia mediamente del 30% inferiore a quello
degli uomini. E' quanto ha sottolineato il presidente del Cnel, Antonio
Marzano, nel corso di un'audizione alla Camera. Un intervento a titolo
personale, visto che l'Assemblea che avrebbe dovuto affrontare
l'argomento non ha potuto svolgersi. Secondo i dati Inps, rielaborati
nella Relazione annuale del Consiglio al Parlamento e al Governo,
infatti, l'importo medio mensile degli assegni previdenziali è pari a
1.547 euro per gli uomini (calcolati su 7.306.408 pensionati) e a 1.081
euro per le donne (calcolati su 8.451.218 pensionate).
I dati dimostrano la sostanziale situazione di svantaggio per le donne. Nella gestione privata la classe di pensioni di importo minimo (fino a 499 euro) riguarda il 34% degli uomini e ben il 57% delle donne, mentre la classe di importo massimo (3.000 euro e oltre) riguarda il 3,4% degli uomini e lo 0,2% delle donne. Nelle gestione pubblica il divario di genere si riduce quasi a zero per la classe di importo minima (3,2% degli uomini contro il 3% delle donne) ma si ripresenta per la classe di importo massimo (14% degli uomini contro il 2,3% delle donne).
Il dato di sintesi per l'anno 2013 calcolato per la previdenza obbligatoria mostra che il 54% dei pensionati (cioè di beneficiari di almeno una pensione Inps) sono donne e il 46% uomini. Ma il reddito pensionistico complessivo annuo (ossia il totale degli importi da pensione percepiti nell'anno, anche se erogati da diversi enti) è andato per il 55% dei casi a uomini e per il 45% a donne; l'importo medio mensile è di 1.547 euro per gli uomini (calcolati su 7.306.408 pensionati) e 1.081 euro per le donne (calcolati su 8.451.218 pensionate). Per le sole pensioni di vecchiaia, l'importo medio mensile del reddito pensionistico di pensionati Inps (erogato a 5.373.567 uomini) è pari a 1.695 euro, e pari a 1.049 euro (erogato a 3.302.555 donne) nel 2013.
I dati dimostrano la sostanziale situazione di svantaggio per le donne. Nella gestione privata la classe di pensioni di importo minimo (fino a 499 euro) riguarda il 34% degli uomini e ben il 57% delle donne, mentre la classe di importo massimo (3.000 euro e oltre) riguarda il 3,4% degli uomini e lo 0,2% delle donne. Nelle gestione pubblica il divario di genere si riduce quasi a zero per la classe di importo minima (3,2% degli uomini contro il 3% delle donne) ma si ripresenta per la classe di importo massimo (14% degli uomini contro il 2,3% delle donne).
Il dato di sintesi per l'anno 2013 calcolato per la previdenza obbligatoria mostra che il 54% dei pensionati (cioè di beneficiari di almeno una pensione Inps) sono donne e il 46% uomini. Ma il reddito pensionistico complessivo annuo (ossia il totale degli importi da pensione percepiti nell'anno, anche se erogati da diversi enti) è andato per il 55% dei casi a uomini e per il 45% a donne; l'importo medio mensile è di 1.547 euro per gli uomini (calcolati su 7.306.408 pensionati) e 1.081 euro per le donne (calcolati su 8.451.218 pensionate). Per le sole pensioni di vecchiaia, l'importo medio mensile del reddito pensionistico di pensionati Inps (erogato a 5.373.567 uomini) è pari a 1.695 euro, e pari a 1.049 euro (erogato a 3.302.555 donne) nel 2013.
Per Carmela. per il padre di Carmela... la lotta contro la doppia violenza di questo Stato non si fermerà
Ieri mattina le donne del Mfpr si sono recata al tribunale di Taranto per la compagna Margherita Calderazzi che doveva essere sentita dal giudice per la querela che l' avv. Besio difensore di uno degli stupratori di Carmela Cirella la ragazzina di 13 anni che si suicido nel 2007.
L' avv. Besio querelò insieme alla compagna dell' mfpr anche il padre di Carmela perchè la nostra presenza a tutte le udienze degli stupratori disturbavano il suo assistito, e in aula portò un nostro volantino di denuncia dicendosi intimorito e minacciato e chiedendo che fosse messo agli atti.
Ieri nonostante la recente morte del padre di Carmela l' avv BESIO HA COMUNICATO DI VOLER PROCEDERE COMUNQUE , il processo si farà a data da destinarsi.
Noi donne del Mfpr saremo pronte anche a questa ennesima vergogna, per il padre di Carmela, che con noi ha lottato per avere giustizia per Carmela ,contro questo sistema che produce stupratori, femminicidi che ci vuole condannare alla miseria, alla dipedenza, che ci nega diritti, lavoro, audeterminazione.Ieri nonostante la recente morte del padre di Carmela l' avv BESIO HA COMUNICATO DI VOLER PROCEDERE COMUNQUE , il processo si farà a data da destinarsi.
le compagne del movimento femminista proletario rivoluzionario Taranto
21/05/15
Mattarella: “Leggere rende liberi”. Ma al carcere di L'Aquila, le detenute in 41 bis non possono farlo
E le guardie non vogliono. Nella circolare del DAP si dispone infatti, tra le altre cose, che:
Di seguito l'articolo integrale di Simonetta Zandiri:
sia vietato l’accumulo di un numero eccessivo
di testi, anche al fine di agevolare le operazioni di perquisizione ordinaria
Di seguito l'articolo integrale di Simonetta Zandiri:
Leggere rende liberi solo se si è tutti liberi di leggere.
Inaugurando a Torino il Salone del Libro il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,
ha ribadito l’importanza e “la ricchezza dei testi e della lettura:
leggere non è solo una ricchezza privata, ma un bene comune, ossigeno
per le coscienze. La lettura è una porta sul mondo, leggere ha a che fare con la libertà e con la speranza».
Una porta aperta per molti che non la oltrepassano, ma chiusa,
insieme alla speranza, a chi è sottoposto al regime carcerario 41bis. Ad
oggi si contano circa 700 persone chiuse in sezioni speciali e da alcuni mesi in maniera definitiva non possono più ricevere libri, qualsiasi forma di stampa, attraverso la corrispondenza e neanche attraverso i colloqui,
che siano con parenti o con avvocati. Questo a seguito di una circolare
del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) inviata nel
novembre 2011. Le persone sottoposte al 41bis possono acquistare libri
solo per il tramite dei carcerieri che difficilmente si metteranno alla ricerca di libri specifici, un altro duro colpo alla libertà che già si aggiunge all’assurdo limite imposto alla quantità di libri che è consentito tenere in cella: soltanto tre.
Se, quindi, leggere ha a che fare con la speranza, limitare la
lettura o vincolarla al “consenso” del carceriere equivale a togliere,
oltre alla libertà, anche la speranza, è degrandante quanto
inaccettabile, al pari dell’impiego della videoconferenza nei processi.
In un crescente manettarismo questo paese sta perdendo completamente il senso di umanità, spinto da flussi deformati di pseudo-informazioni che alimentano e fomentano odio contro inesistenti nemici, riservando invece cordiali rimproveri a quella classe che detiene il potere e quotidianamente ne abusa. Accettare che venga consentita una carcerazione in queste condizioni è facile perché rimbalzando da una delega all’altra ci si può autoassolvere, la tortura delegata al sistema, “la giusta punizione”, ci hanno convinto di questo, e quando un disperato arriva al suicidio ecco il popolo pronto a gridare in coro “uno di meno”. Come ci abbiano portato fino a questo punto non mi è chiaro ma so per certo che restare ancora indifferenti non farà che aumentare il livello di tortura perpetrato nelle carceri, ben lontano dalla nostra vista, e da quel che resta della nostra coscienza.
In un crescente manettarismo questo paese sta perdendo completamente il senso di umanità, spinto da flussi deformati di pseudo-informazioni che alimentano e fomentano odio contro inesistenti nemici, riservando invece cordiali rimproveri a quella classe che detiene il potere e quotidianamente ne abusa. Accettare che venga consentita una carcerazione in queste condizioni è facile perché rimbalzando da una delega all’altra ci si può autoassolvere, la tortura delegata al sistema, “la giusta punizione”, ci hanno convinto di questo, e quando un disperato arriva al suicidio ecco il popolo pronto a gridare in coro “uno di meno”. Come ci abbiano portato fino a questo punto non mi è chiaro ma so per certo che restare ancora indifferenti non farà che aumentare il livello di tortura perpetrato nelle carceri, ben lontano dalla nostra vista, e da quel che resta della nostra coscienza.
Nel leggere alcune delle impugnazioni dei giudici di sorveglianza
ecco una motivazione che denota straordinaria creatività: “sia vietato
l’accumulo di un numero eccessivo di testi, anche al fine di agevolare le operazioni di perquisizione ordinaria”.
Certo, non hanno tempo da perdere a sfogliare libri, loro, hanno già in
mano il manganello, che pretese. Non manca la generosità, lo Stato
comprende le esigenze dei detenuti ed ecco che consente la detenzione,
nella propria cella, di “un codice penale, un testo religioso ed un
dizionario”. Si può volere qualcosa di più?
17/05/15
DOLORE E SCONCERTO PER LA MORTE DI ALFONSO FRASSANITO PADRE DI CARMELA
Stamane abbiamo appreso con sconcerto e dolore della morte di Alfonso Frassanito il padre di Carmela, la ragazzina di 13 anni che nel 2007 si suicidò, in seguito agli stupri subiti da 5 uomini, rinchiusa in una casa famiglia, non creduta, trattata come una pazza, imbottita di psicofarmaci
VIOLENTATA DAGLI UOMINI E UCCISA DALLO STATO.
Con queste parole noi donne del movimento femminista proletario rivoluzionario siamo state al fianco del padre di Carmela per 7 lunghi anni presenti ad ogni udienza
sostenendolo nella dura lotta per avere giustizia per Carmela: piccola donna che ha dovuto provare sulla sua pelle cosa vuol dire essere donna in una società maschilista sessista e fascista, colpevolizzata per ciò che aveva subito trattata alla stregua di una prostituta.
ALFONSO FRASSANITO si è battuto con forza e con coraggio in tutti questi anni perchè la vita e la morte di Carmela servissero a tante ragazze, bambine come lei, aveva per questo fondato a Napoli l'associazione "iosò carmela".
Alfonso si è battuto dal 2007 fino a pochi mesi fa contro l’ipocrisia e contro coloro che voleva trasformare i processi in accuse, offese verso Carmela e lo stesso padre. VERGOGNATEVI! Diceva Alfonso.
Concludiamo con alcune sue frasi prese dal suo libro "Io sò Carmela", in cui racconta tutta la vita della figlia:
"Non voglio che mia figlia sia ricordata come una vittima. Spero possa diventare il simbolo della ribellione contro questi abusi indegni, di una umanità che si definisce civile e rispettosa dei diritti della persona".
Le compagne dell mfpr mercoledi 20 Maggio alle 9.00 saranno sotto il tribunale di via Marche per un saluto ad uomo coraggioso.
Le compagne del movimento femminista proletario rivoluzionario TARANTO
VIOLENTATA DAGLI UOMINI E UCCISA DALLO STATO.
Con queste parole noi donne del movimento femminista proletario rivoluzionario siamo state al fianco del padre di Carmela per 7 lunghi anni presenti ad ogni udienza
sostenendolo nella dura lotta per avere giustizia per Carmela: piccola donna che ha dovuto provare sulla sua pelle cosa vuol dire essere donna in una società maschilista sessista e fascista, colpevolizzata per ciò che aveva subito trattata alla stregua di una prostituta.
ALFONSO FRASSANITO si è battuto con forza e con coraggio in tutti questi anni perchè la vita e la morte di Carmela servissero a tante ragazze, bambine come lei, aveva per questo fondato a Napoli l'associazione "iosò carmela".
Alfonso si è battuto dal 2007 fino a pochi mesi fa contro l’ipocrisia e contro coloro che voleva trasformare i processi in accuse, offese verso Carmela e lo stesso padre. VERGOGNATEVI! Diceva Alfonso.
E per questa giustissima parola aveva subito denunce e, se non fosse morto, mercoledì prossimo doveva presentarsi al Tribunale perchè accusato, lui, insieme ad una compagna del Mfpr di aver detto questa verità ad uno degli avvocati di uno stupratore, l'avv. Besio, il quale asseriva che il suo assistito si sentiva "minacciato" dai presidi del Mfpr e nelle penultima udienza aveva chiesto che un nostro volantino fosse messo agli atti del processo. In quella occasione il padre di Carmela gli disse che si "doveva vergognare".
Alfonso Frassanito, era un uomo provato dalle estenuanti lotte e dal dolore delle ingiustizie che doveva sopportare, diceva che ogni udienza era come un coltello nella piaga che si girava ogni volta. La morte del padre di Carmela certamente è legata a filo doppio a tutto questo, a queste sofferenze, al dolore della figlia stuprata e “uccisa”, alle vessazioni di processo infiniti, alle “pugnalate” di sentenze vergognose che, come la prima verso tre minorenni, si era conclusa con il “perdono” verso gli stupratori, alle bugie e infamie che doveva sentire nelle aule del Tribunale; ma anche al silenzio in questa città che ha accompagnato questa grave violenza – come diceva Alfonso: solo le compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario sono sempre presenti, con presidi, iniziative, denunce, ecc.
Concludiamo con alcune sue frasi prese dal suo libro "Io sò Carmela", in cui racconta tutta la vita della figlia:
"Non voglio che mia figlia sia ricordata come una vittima. Spero possa diventare il simbolo della ribellione contro questi abusi indegni, di una umanità che si definisce civile e rispettosa dei diritti della persona".
Le compagne dell mfpr mercoledi 20 Maggio alle 9.00 saranno sotto il tribunale di via Marche per un saluto ad uomo coraggioso.
Le compagne del movimento femminista proletario rivoluzionario TARANTO
15/05/15
CHIANG CHING la rivoluzone nella rivoluzione...
ONORE A CHIANG CHING
Il 14 maggio del 1991 muore la compagna Chiang Ching
Dall’opuscolo “Chiang Ching - la rivoluzione nella rivoluzione di una donna comunista”
del Movimento femminista proletario rivoluzionario
“… Le classi dominanti hanno distorto il significato della vita e della morte di Chiang Ching e molti di lei conoscono solo le menzogne e le calunnie riportate dalla stampa borghese.
E’ ovvio che gli oppressori hanno odiato Chiang Ching, ma proprio per questo dovrebbe suscitare la curiosità degli oppressi che hanno bisogno di sapere di più su una delle maggiori dirigenti rivoluzionarie del nostro tempo, che ci lascia un esempio e uno spirito di ribellione cui tutte noi, che speriamo in un mondo libero dallo sfruttamento e dall’oppressione, dovremmo guardare…”
“… Chiang Ching, in quanto donna, dovette lottare contro il peso della tradizione maschilista ed affrontare enormi ostacoli, in tutta la sua vita. Fu un vivo esempio di ciò che significa ‘ scatenare la furia delle donne, forza poderosa per la rivoluzione’…”
“… Per 15 anni, Chiang Ching è stata incarcerata dai revisionisti che avevano preso il potere e restaurato il capitalismo in Cina nel 1976, ed è stato nelle loro indegne mani lorde di sangue che la sua vita è giunta alla fine, in circostanze sospette il 14 Maggio 1991…”
Dall’opuscolo “Chiang Ching - la rivoluzione nella rivoluzione di una donna comunista”
del Movimento femminista proletario rivoluzionario
13/05/15
Le fortunate operaie della FCA SATA MELFI
fonte:http://www.fiom-cgil.it/
Da qualche settimana è iniziata la
sperimentazione dei nuovi turni alla Fca di Melfi ed è già possibile
descrivere una situazione tutt’altro che felice per noi donne. Si lavora
6 mattine, dalle 6 alle 14, da lunedì a sabato; poi si riattacca
domenica sera alle 22, per 4 notti di seguito; poi due giorni di riposo,
3 pomeriggi di lavoro (compresa una domenica), due giorni di riposo, 3
notti di lavoro, due riposi e altri 4 pomeriggi di lavoro. Finalmente
una domenica di sosta, ma lunedì alle 6 si ricomincia daccapo. E’ come
vivere in un continuo cambio di fuso orario. Già i primi 10 giorni ci
hanno sfinite, le ore in fabbrica si trascorrono in piedi davanti a una
catena sempre più veloce perché, grazie al “sistema migliorativo Ergo
Uas”, tutto il materiale ci arriva direttamente in postazione su
carrellini trainati dai robot automatizzati che spesso perdono pezzi per
strada o si fermano e non vogliono saperne di ripartire. Loro non
sentono le minacce dei capi, decidono di non lavorare più e così è se vi
pare. Le operazioni sono tutte cronometrate e le postazioni saturate;
in teoria dovremmo star ferme ad assemblare comodamente tutto ciò che ci
arriva ma in realtà si cammina, anzi, si insegue la linea e ci si
“imbarca”, ossia ci si allontana sempre di più dai confini della
postazione disegnati sul pavimento. Basta un qualunque imprevisto, una
vite sfilettata o un semplice starnuto, per rendere spasmodica la
risalita. A volte ci paragoniamo ai salmoni e speriamo che non ci
attenda la stessa sorte. Quando si avvicina la pausa c’è il conto alla
rovescia dei minuti e scherzando ci chiediamo cosa riusciremo a fare in
quei 10 minuti: andiamo al bagno, fumiamo o mangiamo qualcosa? Magari
potremmo fare la fila davanti al bagno mangiando il panino, nella
peggiore delle ipotesi almeno una cosa l’avremo fatta! I bagni sono
pochi rispetto al numero delle persone, così anche i distributori di
caffè e merende circondati da sei o sette sedie – pochissime – a creare
una piccola area relax; le file sono lunghe e il caffè conviene
dividerlo con uno o due colleghi. Abbiamo chiesto più bagni o qualche
minuto in più di pausa: qualche capo spiritoso ci ha suggerito di non
bere per ridurre le
12/05/15
Contro la violenza sulle donne... dalla Galizia
Riceviamo dalla Galizia
Concentración de repulsa ante o asasinato machista de Ourense
Unha outra muller foi asasinada o venres no hospital de Ourense, onde se atopaba recuperándose da brutal agresión da que fora vítima hai un mes. A xuiza non considerou necesario poñerlle medidas de protección, xa que a muller estaba en coma e non puido denunciar que fora o seu home. Finalmente foi esta mañan rematala a puñaladas na cama do hospital. NON IMOS FICAR CALADAS!! ESIXIMOS RESPONSABILIDADES!!
A violencia machista é unha das graves consecuencias que o patriarcado deixa na sociedade que impera. Mentres non se aborde a violencia contra as mulleres desde unha perspectiva integral, e non sexa considerada un problema estrutural, mesmo un problema de estado por parte dos poderes públicos, mentres a violencia de xénero, xunto coa igualdade e a a corresponsabilidade, non formen parte dos currículos educativos, seguiremos aturando e mesmo sendo cómplices desta violencia estrutural que está a aniquilar ás mulleres.
Facemos un chamamento a toda a sociedade galega a participar nas concentracións de repulsa convocadas polo movemento feminista en varias vilas do país, e que no caso da Coruna, terá lugar no Obelisco, ás 20 horas deste sábado 9 de maio.
Esta medida ímola repetir cando se produza un novo caso de violencia machista. Ficaremos autoconvocadas ao día seguinte que se faga público unha morte. Estaremos na rúa mentres se manteñan as estruturas e os valores patriarcais que perpetúan e consolidan na sociedade esta violencia sexista, este feminicidio, estas agresións e asasinatos de mulleres.
Ningunha agresión ficará sen resposta.
*****
Dall' intervista/discussione con alcune compagne e giovani donne galiziane
Durante il recente viaggio di una delegazione del Movimento femminista proletario rivoluzionario in Galizia invitata dal Movimento di Loita Popular, le compagne hanno avuto modo di fare brevi interviste/discussioni con compagne, attiviste, donne precarie, disoccupate, studentesse che ci hanno dato un interessante spaccato della condizione della maggioranza delle donne in Galizia.
...*Avete* *detto che è in* *aumento la violenza e le uccisioni delle donne qui in Galizia, ce ne parlate?*
La violenza contro le donne è in aumento giornalmente così le uccisioni, solo in questi ultimi giorni ne sono state uccise tre e spesso avviene da parte dei compagni, mariti...
Le politiche del governo spagnolo che quotidianamente tagliano sui servizi, sulle scuole, sulle case... le politiche per aumentare la natalità - la società gallega è sempre più costituita da anziani, l'emigrazione forte dei giovani è una delle cause - così come avete detto voi in assemblea riguardo al governo italiano di Renzi con il provvedimento del bonus bebè, l'attacco del governo spagnolo al diritto di aborto... qui in Galizia di recente una rappresentante molto importante degli industriali ha fatto una proposta grave anche ideologicamente per una legge che impedisse alle imprese di assumere le donne di età compresa tra i 25 e i 45 anni per due motivi: 1 invogliare le donne a fare figli, 2 impedire di assumere donne che poi possano ricorrere alla maternità ed essere un peso per le aziende che devono assumere.
Tutto questo genera concezioni maschiliste, sessiste contro le tante donne che devono essere invece attaccate al ruolo tradizionale della famiglia... tutto questo è una delle cause che sfocia nella violenza...
*Ci sono state mobilitazioni di donne in tal senso?*
Alcune mobilitazioni ci sono state in Galizia, per esempio sulla questione aborto e contro questa proposta di legge assurda e vergognosa che poi non è passata ma per il resto il movimento femminista, delle donne è disgregato, vi è solo in generale il femminismo istituzionale/ filoistituzionale che si muove periodicamente su alcune cose, ma giornate come il 25 novembre o l'8 marzo hanno perso via via il loro autentico significato e sono sempre meno sentite dalle donne (*alcune compagne giovani ci dicono che partecipano a queste iniziative organizzate dal femminismo istituzionale ma non vi è un movimento femminista rivoluzionario)... *ci sono difficoltà oggettivamente ad organizzare le donne in modo diverso...
*Cosa pensate dello sciopero delle donne fatto in Italia il 25 novembre 2013
di cui vi abbiamo parlato?*
E' molto interessante, curioso, bella esperienza ma ancora ci chiediamo “ma come avete fatto?” avete portato un messaggio importante... sulla violenza è importante il fatto culturale, agire nelle scuole ma come avete detto voi in assemblea non può bastare solo l'aspetto culturale perchè la violenza sulle donne è più ampia, è un fatto sociale... e su questo occorre ragionare...
11/05/15
No ai licenziamenti Auchan!
Dopo aver ben sfruttato l'azienda butta via 1426 lavoratori - Nessuna giustificazione alle motivazioni dell'azienda!
Anche a Taranto l'Auchan ha annunciato i licenziamenti (50) e le lavoratrici e i lavoratori sono in lotta. L'azienda vuole tagliare il costo del lavoro per aumentare i suoi utili, fatti con il lavoro dei lavoratori; inoltre, come Teleperformance, usa la mannaia dei licenziamenti per far passare anche peggioramento dei contratti, tagli ai salari e alle ore di lavoro, attacco ai diritti.
I suoi utili l'Auchan li ha fatti sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici, imponendo in tutti questi anni alla maggioranza contratti ultraprecari e pretendendo la massima flessibilità in termini di turni, orari di lavoro. In questo le donne, che sono la maggioranza dei lavoratori, sono state le più penalizzate e ricattate, anche con attacchi al diritto di maternità.
Questo l'ha potuto fare anche perchè non ha trovato un serio contrasto da parte dei sindacati confederali esistenti.
E anche ora la linea espressa da alcuni esponenti della Cgil a livello nazionale nelle mobilitazioni di ieri per contrastare i licenziamenti è una linea debole, sbagliata che fa solo il gioco dell'azienda.
Dire, infatti, che i licenziamenti di Auchan sono dovuti anche alla pressione delle aziende concorrenti e quindi chiamare il governo ad intervenire contro queste aziende, in particolare supermercati gestiti dai cinesi, è dare corda alle ragioni di Auchan, attutire la lotta verso una grande azienda che non sta affatto in crisi, ma soprattutto introdurre tra i lavoratori un clima oggettivo di divisione, contrapposizione tra lavoratori di Auchan e quelli di altre aziende, aggiungendovi anche il sottile veleno del razzismo.
Le lavoratrici e i lavoratori devono contrastare subito questa linea, e portare avanti una lotta senza sconti o giustificazioni, in unità con tutti i lavoratori.
Lavoratrici SLAI COBAS per il sindacato di classe - Taranto
Anche a Taranto l'Auchan ha annunciato i licenziamenti (50) e le lavoratrici e i lavoratori sono in lotta. L'azienda vuole tagliare il costo del lavoro per aumentare i suoi utili, fatti con il lavoro dei lavoratori; inoltre, come Teleperformance, usa la mannaia dei licenziamenti per far passare anche peggioramento dei contratti, tagli ai salari e alle ore di lavoro, attacco ai diritti.
I suoi utili l'Auchan li ha fatti sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici, imponendo in tutti questi anni alla maggioranza contratti ultraprecari e pretendendo la massima flessibilità in termini di turni, orari di lavoro. In questo le donne, che sono la maggioranza dei lavoratori, sono state le più penalizzate e ricattate, anche con attacchi al diritto di maternità.
Questo l'ha potuto fare anche perchè non ha trovato un serio contrasto da parte dei sindacati confederali esistenti.
E anche ora la linea espressa da alcuni esponenti della Cgil a livello nazionale nelle mobilitazioni di ieri per contrastare i licenziamenti è una linea debole, sbagliata che fa solo il gioco dell'azienda.
Dire, infatti, che i licenziamenti di Auchan sono dovuti anche alla pressione delle aziende concorrenti e quindi chiamare il governo ad intervenire contro queste aziende, in particolare supermercati gestiti dai cinesi, è dare corda alle ragioni di Auchan, attutire la lotta verso una grande azienda che non sta affatto in crisi, ma soprattutto introdurre tra i lavoratori un clima oggettivo di divisione, contrapposizione tra lavoratori di Auchan e quelli di altre aziende, aggiungendovi anche il sottile veleno del razzismo.
Le lavoratrici e i lavoratori devono contrastare subito questa linea, e portare avanti una lotta senza sconti o giustificazioni, in unità con tutti i lavoratori.
Lavoratrici SLAI COBAS per il sindacato di classe - Taranto
09/05/15
Ecco il Ku Klux Klan alla bolognese
(da Tavolo 4) - Quando la sua cultura da Ku Klux Klan viene messa in discussione, la destra bolognese diventa subito idrofoba. E lo si è visto ancora una volta nel caso della manifestazione antirazzista del 16 maggio con una serie di reazioni concitate e sdegnose.
Ma mettiamo in ordine i fatti. In occasione dell’8 aprile, Giornata internazionale dei rom e dei sinti, il leader leghista Matteo Salvini invitava a «radere al suolo con le ruspe tutti i campi rom», incoraggiando un clima di violenze razziste e di attentati incendiari ai campi nomadi. Né alla ditta Salvini & Co. interessa la realtà dei fatti, ma soltanto la propaganda elettorale costruita su pregiudizi antichi e però sempre pericolosi. È inutile opporre a questa gente delle argomentazioni. È vano dire, a chi grida «tornate a casa vostra», che rom e sinti sono tutti cittadini europei da molti secoli, che la metà sono in Italia da centinaia di anni e sono già «a casa loro». È sbagliato e controproducente mostrare i «rom e sinti che lavorano» come se dovessero giustificarsi del fatto di esistere. A questa ennesima provocazione razzista di Salvini, l’Associazione Sinti Italiani ha deciso di rispondere commemorando a Bologna la rivolta di rom e sinti nel campo di concentramento di Auschwitz il 16 maggio 1944. Ecco un racconto tratto dal sito dei «Sinti in viaggio per il diritto e la cultura»: 4.000 Rom internati nello zigeunerlager di Auschwitz decisero di opporsi ai loro aguzzini, che secondo programma erano venuti a prelevarli, per condurli nelle camere a gas. Di fronte a un’umanità ridotta in condizioni pietose – formata da nugoli di bambini pelle e ossa, donne e capifamiglia scalzi – si trovava la più potente e organizzata macchina di oppressione morte di tutti i tempi. Non furono solo gli uomini a decidere di non piegare il capo di fronte ai carnefici in divisa; anche le manine ossute dei bimbi e delle donne raccolsero pietre, mattoni, spranghe, rudimentali lame e tutti insieme i Sinti e Rom di Auschwitz dissero: «No!».
Rivolta delle donne nel Kurdistan orientale
Suicida per non essere stuprata dall'ufficiale: il Rojhelat curdo insorge!
(da infoaut) - Migliaia di persone sono scese in strada ieri sera a Mahabad, popolosa città del Kurdistan Orientale (Rojhelat) sotto controllo iraniano; inferocite dal dolore e dalla rabbia per l'atroce fine di una venticinquenne curda - lanciatasi dal quarto piano del Tara Hotel a seguito di un tentativo di stupro.
Ferinaz Xosrowanî, che lavorava come cameriera in quell'albergo, stava cercando di sfuggire al suo persecutore - un ufficiale dei servizi di intelligence iraniani (Itlaat) che avrebbe promesso riconoscimenti al direttore dell'hotel se fosse stato soddisfatto del suo "soggiorno".
Diffusasi in città la notizia, verso le 6 di pomeriggio la popolazione si è radunata ai piedi dell'albergo reclamando i nomi dei responsabili del suicidio della ragazza affinché potessero essere portati a processo. Le autorità hanno risposto schierando le forze di sicurezza, le quali non hanno esitato a sparare sui convenuti gas lacrimogeni e proiettili nel tentativo di disperderli. I violenti scontri che ne sono seguiti - con un bilancio di due morti e decine di feriti tra la folla ed una decina di feriti tra i poliziotti - sono culminati nella messa a fuoco dell'hotel da parte dei manifestanti, nell'arresto del direttore Seyid Murteza Haşimi e nella ritirata delle forze di sicurezza da Mahabad.
Le autorità iraniane, chiuse nel silenzio durante gli eventi, dopo la diffusione di resoconti ed immagini degli eventi di Mahabad (anche tramite gli hashtag #JusticeForFerinaz, #Mahabad e #BijiSerhildanaRojhelat) da una parte hanno dichiarato lo stato di emergenza in città, dall'altra hanno fatto invano appello alla calma ed all'individuazione dei colpevoli.
Fatalità vuole che i disordini cadano alla vigilia delle commemorazioni di Shirin Alam Hooli, Farzad Kamangar, Ali Heidarian e Farhad Vakili, quattro militanti curdi del PJAK (Partito della Vita Libera in Kurdistan, gemellato con il PKK ed il PYD) e dell'attivista persiano Mehdi Eslamian; giustiziati cinque anni fa dai boia della Repubblica Islamica, e le cui famiglie attendono tuttora la possibilità di poterne visitare le spoglie. Mentre il KJAR (organizzazione delle donne del kurdistan orientale), rivolgendo le proprie condoglianze alla famiglia di Ferinaz, ha fatto appello alle donne kurde di sollevarsi allo stesso modo di come le donne afghane abbiano fatto a seguito dell'episodio di Farkhunda, la giovane linciata dopo la falsa accusa di aver bruciato pagine del Corano.
Man mano che le proteste si espandono in altre città del Rojhelat e perfino nei territori curdo-iracheni (scoraggiate però dal PUK di Barzani al potere) e turchi, e si moltiplicano gli appelli di solidarietà e lotta, incombe sui sonni dei dirigenti di Teheran lo spettro della Repubblica di Mahabad del 1946: l'entità autonoma curda sconfitta ed occupata dalla repressione dello Shah e dei suoi protettori occidentali. Che appare ora in procinto di prendersi una storica rivincita.
Ferinaz Xosrowanî, che lavorava come cameriera in quell'albergo, stava cercando di sfuggire al suo persecutore - un ufficiale dei servizi di intelligence iraniani (Itlaat) che avrebbe promesso riconoscimenti al direttore dell'hotel se fosse stato soddisfatto del suo "soggiorno".
Diffusasi in città la notizia, verso le 6 di pomeriggio la popolazione si è radunata ai piedi dell'albergo reclamando i nomi dei responsabili del suicidio della ragazza affinché potessero essere portati a processo. Le autorità hanno risposto schierando le forze di sicurezza, le quali non hanno esitato a sparare sui convenuti gas lacrimogeni e proiettili nel tentativo di disperderli. I violenti scontri che ne sono seguiti - con un bilancio di due morti e decine di feriti tra la folla ed una decina di feriti tra i poliziotti - sono culminati nella messa a fuoco dell'hotel da parte dei manifestanti, nell'arresto del direttore Seyid Murteza Haşimi e nella ritirata delle forze di sicurezza da Mahabad.
Le autorità iraniane, chiuse nel silenzio durante gli eventi, dopo la diffusione di resoconti ed immagini degli eventi di Mahabad (anche tramite gli hashtag #JusticeForFerinaz, #Mahabad e #BijiSerhildanaRojhelat) da una parte hanno dichiarato lo stato di emergenza in città, dall'altra hanno fatto invano appello alla calma ed all'individuazione dei colpevoli.
Fatalità vuole che i disordini cadano alla vigilia delle commemorazioni di Shirin Alam Hooli, Farzad Kamangar, Ali Heidarian e Farhad Vakili, quattro militanti curdi del PJAK (Partito della Vita Libera in Kurdistan, gemellato con il PKK ed il PYD) e dell'attivista persiano Mehdi Eslamian; giustiziati cinque anni fa dai boia della Repubblica Islamica, e le cui famiglie attendono tuttora la possibilità di poterne visitare le spoglie. Mentre il KJAR (organizzazione delle donne del kurdistan orientale), rivolgendo le proprie condoglianze alla famiglia di Ferinaz, ha fatto appello alle donne kurde di sollevarsi allo stesso modo di come le donne afghane abbiano fatto a seguito dell'episodio di Farkhunda, la giovane linciata dopo la falsa accusa di aver bruciato pagine del Corano.
Man mano che le proteste si espandono in altre città del Rojhelat e perfino nei territori curdo-iracheni (scoraggiate però dal PUK di Barzani al potere) e turchi, e si moltiplicano gli appelli di solidarietà e lotta, incombe sui sonni dei dirigenti di Teheran lo spettro della Repubblica di Mahabad del 1946: l'entità autonoma curda sconfitta ed occupata dalla repressione dello Shah e dei suoi protettori occidentali. Che appare ora in procinto di prendersi una storica rivincita.
(da UIKI, comunicato stampa)
UIKI: Contro la repressione dello stato iraniano contro i curdi, viva la resistenza di Ferinaz Xosrwanî!
L’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia condanna l’orribile aggressione perpetrata contro Ferinaz Xosrwanî, giovane donna curda dipendente dell’Hotel Tara, nella città di Mahabad nel Kurdistan iraniano.
Ferinaz Xosrwanî si è lanciata dalla finestra del 4° piano per sfuggire al tentativo di stupro da parte di un funzionario dei servizi segreti iraniani. Questo attacco rappresenta in maniera esemplare lo sfruttamento del corpo delle donne da parte del sistema patriarcale. Oggi queste pratiche sono utilizzate comunemente dai servizi di informazione del regime iraniano.
La popolazione curda di Mahabad è ora nelle strade per protestare contro questa atrocità. Il regime ha provato a reprimere le proteste, si parla di tre morti e numerosi feriti, per poi scegliere un profilo basso: lo scopo è lasciare che l’attenzione cali per continuare la repressione più dura nel silenzio, come accade da anni.
I prigionieri politici in Iran fra cui numerosi curdi, infatti, subiscono da tempo una politica di isolamento, tortura e silenzioso sterminio, giudicati secondo la shari’a: la situazione sanitaria della prigioniera politica Zeynep Celaliyan peggiora di giorno in giorno; esattamente cinque anni fa, il 9 maggio 2010, venivano giustiziati Shirin Alam Hooli, Farzad Kamangar, Ali Haydaran, Ferhad Vekili, insieme all’attivista politico persiano Mehdi Eslamihan, e ancora oggi le loro famiglie non conoscono il luogo dove sono stati seppelliti. Oggi la vittima è ancora una volta una donna curda. Le politiche dell’Iran tendono a svalutare i curdi e a privarli della loro identità, con il solo scopo di mettere in atto un genocidio di uno dei popoli più antichi della regione.
Ma gli oppressori dimenticano una cosa fondamentale: più si verificheranno attacchi, più la mobilitazione sarà forte.
Per sfuggire al massacro e non cadere nelle loro mani, Ferinaz Xosrwanî si è gettata dal 4° piano dell’hotel Tara. Abbiamo il dovere di prendere il testimone della resistenza di questa donna coraggiosa. Facciamo appello a tutte le organizzazioni femministe, a reagire e protestare contro queste pratiche femminicidiarie!
Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia
Roma,09.05.2015
L’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia condanna l’orribile aggressione perpetrata contro Ferinaz Xosrwanî, giovane donna curda dipendente dell’Hotel Tara, nella città di Mahabad nel Kurdistan iraniano.
Ferinaz Xosrwanî si è lanciata dalla finestra del 4° piano per sfuggire al tentativo di stupro da parte di un funzionario dei servizi segreti iraniani. Questo attacco rappresenta in maniera esemplare lo sfruttamento del corpo delle donne da parte del sistema patriarcale. Oggi queste pratiche sono utilizzate comunemente dai servizi di informazione del regime iraniano.
La popolazione curda di Mahabad è ora nelle strade per protestare contro questa atrocità. Il regime ha provato a reprimere le proteste, si parla di tre morti e numerosi feriti, per poi scegliere un profilo basso: lo scopo è lasciare che l’attenzione cali per continuare la repressione più dura nel silenzio, come accade da anni.
I prigionieri politici in Iran fra cui numerosi curdi, infatti, subiscono da tempo una politica di isolamento, tortura e silenzioso sterminio, giudicati secondo la shari’a: la situazione sanitaria della prigioniera politica Zeynep Celaliyan peggiora di giorno in giorno; esattamente cinque anni fa, il 9 maggio 2010, venivano giustiziati Shirin Alam Hooli, Farzad Kamangar, Ali Haydaran, Ferhad Vekili, insieme all’attivista politico persiano Mehdi Eslamihan, e ancora oggi le loro famiglie non conoscono il luogo dove sono stati seppelliti. Oggi la vittima è ancora una volta una donna curda. Le politiche dell’Iran tendono a svalutare i curdi e a privarli della loro identità, con il solo scopo di mettere in atto un genocidio di uno dei popoli più antichi della regione.
Ma gli oppressori dimenticano una cosa fondamentale: più si verificheranno attacchi, più la mobilitazione sarà forte.
Per sfuggire al massacro e non cadere nelle loro mani, Ferinaz Xosrwanî si è gettata dal 4° piano dell’hotel Tara. Abbiamo il dovere di prendere il testimone della resistenza di questa donna coraggiosa. Facciamo appello a tutte le organizzazioni femministe, a reagire e protestare contro queste pratiche femminicidiarie!
Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia
Roma,09.05.2015
Solidarietà a Luisa - da Napoli a Taranto unità contro la repressione delle lotte
Dalle disoccupate di Taranto del Mfpr
forte solidarietà a Luisa. Anche noi conosciamo bene sulla nostra
pelle come questo Stato alle lotte per il lavoro, il reddito
risponde con repressione, processi, condanne. Tra maggio e i primi
di luglio abbiamo 4 processi a decine di noi e che prevedono vari
anni di condanne.
Lasolidarietà, l'unità contro la repressione delle lotte è però la nostra arma!!
Le Disoccupate Organizzate di Taranto
"E' stata notificata oggi a Luisa, una compagna del movimento di Acerra, una condanna esecutiva a 4 mesi di detenzione domiciliare per le sue lotte nel movimento dei disoccupati! E' l'ennesimo capitolo di una strategia repressiva che in Campania si è accanita in particolare sulle esperienze autorganizzate dei disoccupati e dei precari. In nome dell'Austerity la politica istituzionale ha delegato a magistrati e polizie la trasformazione delle questioni sociali in vicende di ordine pubblico. La casta di questa regione, che pure continua a ingrassare speculazione e clientele e si appresta ad accordarsi trasversalmente per dare l'assalto a 21 miliardi di euro dei fondi europei, non ha esitato a pianificare e promuovere un'aggressione giudiziaria e mediatica contro chi non si rassegna a bruciare nella rassegnazione la rabbia per quello che ci fanno quotidianamente. Centinaia di denunce, decine di procedimenti, tantissimi arresti in pochi anni. Ma non ci avrete mai come volete voi! E' così vile e in fondo così inutile questa strategia che cerca di colpire in particolare le compagne e i compagni più generose/i, quelli in prima fila da anni. Chi siede alla Procura di Napoli, a quella di Nola, alla Prefettura, nella Questura di via Medina è come se non avesse ancora capito di che pasta sono fatti. Compagne come Luisa non sono pane per i vostri denti... La solidarietà è un arma. Usiamola! Luisa libera, liberi tutti!" (da Contropiano)
Lasolidarietà, l'unità contro la repressione delle lotte è però la nostra arma!!
Le Disoccupate Organizzate di Taranto
"E' stata notificata oggi a Luisa, una compagna del movimento di Acerra, una condanna esecutiva a 4 mesi di detenzione domiciliare per le sue lotte nel movimento dei disoccupati! E' l'ennesimo capitolo di una strategia repressiva che in Campania si è accanita in particolare sulle esperienze autorganizzate dei disoccupati e dei precari. In nome dell'Austerity la politica istituzionale ha delegato a magistrati e polizie la trasformazione delle questioni sociali in vicende di ordine pubblico. La casta di questa regione, che pure continua a ingrassare speculazione e clientele e si appresta ad accordarsi trasversalmente per dare l'assalto a 21 miliardi di euro dei fondi europei, non ha esitato a pianificare e promuovere un'aggressione giudiziaria e mediatica contro chi non si rassegna a bruciare nella rassegnazione la rabbia per quello che ci fanno quotidianamente. Centinaia di denunce, decine di procedimenti, tantissimi arresti in pochi anni. Ma non ci avrete mai come volete voi! E' così vile e in fondo così inutile questa strategia che cerca di colpire in particolare le compagne e i compagni più generose/i, quelli in prima fila da anni. Chi siede alla Procura di Napoli, a quella di Nola, alla Prefettura, nella Questura di via Medina è come se non avesse ancora capito di che pasta sono fatti. Compagne come Luisa non sono pane per i vostri denti... La solidarietà è un arma. Usiamola! Luisa libera, liberi tutti!" (da Contropiano)
Sbirri porci che violentano
Due agenti di polizia sono stati condannati per aver
violentato una ragazza di origine cubana detenuta agli arresti
domiciliari. Gli agenti sono stati condannati dal tribunale di Roma con
una pena – decisa dal giudice Flavia Costantini – rispettivamente di
quattro anni e sei mesi e di tre anni, con l’accusa di violenza
sessuale. All’esame del magistrato ci sono due distinti episodi. Per il
13 ottobre prossimo infatti, sono state rinviati a giudizio altre
quattro persone - tra cui il marito della ragazza - accusate di
sfruttamento della prostituzione. In entrambi i casi la ragazza cubana
sarebbe stata costretta a subire atti sessuali durante i controlli ai
quali veniva sottoposta proprio perché detenuta a domicilio. La giovane
era accusata di gestire un giro di prostituzione in un locale.
La giovane cubana era agli arresti domiciliari perché accusata insieme
con il marito di aver organizzato in un locale notturno un giro di
prostituzione.
Lo stato si preoccupa e noi?
Lo Stato, in questa fase di crisi del sistema capitalistico, si riorganizza per reprimere le lotte sociali. Lo stato è una realtà organizzata... e noi?
«Fino ad oggi Torino ha avuto due articolazioni interne che si sono occupate di terrorismo, di eversione e criminalità di piazza, collegata ai disordini durante le manifestazioni, come i No Tav. Ora ci sarà un unico gruppo che si occuperà di terrorismo e reati che si verificano durante le manifestazioni pubbliche».
Di Andrea Rossi - Torino
«Fino ad oggi Torino ha avuto due articolazioni interne che si sono occupate di terrorismo, di eversione e criminalità di piazza, collegata ai disordini durante le manifestazioni, come i No Tav. Ora ci sarà un unico gruppo che si occuperà di terrorismo e reati che si verificano durante le manifestazioni pubbliche».
Di Andrea Rossi - Torino
Lo ha annunciato il procuratore della Repubblica di Torino, Armando Spataro, durante un convegno organizzato dai sindacati Cgil, Cisl e Uil su democrazia e terrorismi vecchi e nuovi, anticipando uno dei tasselli della riorganizzazione della procura cui sta lavorando da alcuni mesi e che darà i suoi frutti nella prossime settimane. Il pool di magistrati che negli ultimi anni si è occupato in maniera preponderante dei disordini in Valsusa legati alle manifestazioni contro l’alta velocità verrà dunque sciolto. Meglio, confluirà in un gruppo più ampio che si occuperà di eversione e manifestazioni in generale. Il piano, ha annunciato Spartaro, «verrà varato formalmente tra pochi giorni».
Da pillole comuniste 1 del 27/5/2013, sull'organizzazione:
L'organizzazione è realtà impersonale che raccoglie e disciplina completamente le energie e le personalità presenti in essa al fine comune.
Senza organizzazione tutto questo è impossibile
... l'organizzazione è alla base di un sistema
sociale, di un ecosistema, della vita stessa all'interno di esso.
L'organizzazione
non limita il personale, ma ne supera i limiti. L'organizzazione non
spegne le energie delle personalità in essa raccolte, ma le amplifica e
le articola al meglio per il fine comune, contro il nemico comune.
E contro il nemico comune occorre opporre l'organizzazione del proletariato.
07/05/15
Cinque donne palestinesi in cella d’isolamento. Le terribili condizioni delle prigioniere nelle carceri sioniste
Gerusalemme-Ma’an. Cinque donne palestinesi detenute
nella prigione israeliana di HaSharon, martedì sono state mandate in
isolamento. Ne ha dato notizia un gruppo per i diritti dei prigionieri,
la Palestinian Prisoner’s Society.
L’associazione ha identificato le prigioniere: Nahil Abu Eisha, Ihsan
Dababseh, Haniyyeh Nasser, Shireen al-Issawi e Yasmin Shaaban.
Un avvocato della PPS che ha visitato le prigioniere ha affermato che
sono state mandate in cella di isolamento a seguito di una
litigata scoppiata tra le detenute e le autorità carcerarie. Ha aggiunto
che alle cinque donne è stato proibito, recentemente, di ricevere
visite per un periodo di un mese, dopo che avevano sventolato una
bandiera palestinese nel cortile della prigione.
A febbraio di quest’anno erano 22 le Palestinesi detenute nelle
carceri israeliane, secondo i dati forniti dall’associazione per i
diritti umani Addameer.
A marzo, Addameer ha pubblicato una dichiarazione, in occasione della
Giornata internazionale delle Donne, in cui notava che “in diretta
violazione della legge internazionale, le donne palestinesi in
Cisgiordania e Striscia di Gaza sono generalmente detenute in prigioni
fuori dai Territori occupati, prevalentemente a HaSharon. In tutto il
processo di detenzione, dal momento dell’arresto fino al rilascio,
queste donne sono soggette a trattamenti disumani e degradanti, torture e
abusi psicologici”.
Esse sono soggetti a maltrattamenti per mano delle forze israeliane,
compresa violenza di genere, aggressioni fisiche e verbali, ispezioni
corporali degradanti usate come misure punitive”.
© Agenzia stampa Infopal
E' permessa la riproduzione previa citazione della fonte "Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it"
E' permessa la riproduzione previa citazione della fonte "Agenzia stampa Infopal - www.infopal.it"
05/05/15
No alla tortura bianca - appello da L'Aquila e intervista a Radio Città Fujiko (BO)
Di seguito l'intervista a Giulio Petrilli e a Luigia (mfpr AQ) contro la tortura bianca nella sezione femminile del carcere dell'Aquila e per difendere le condizioni di vita di Nadia Lioce:
A 70 anni dalla liberazione dal nazifascismo, a L'Aquila, come in tutta Italia, si pratica ancora la tortura, quella bianca, subdola, invisibile.
Tra i principi
fondamentali della
Costituzione Italiana, l’art. 3 recita: “Tutti i cittadini hanno
pari dignità
sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e
sociali”. Sempre nella Carta Costituzionale,
l’articolo 27 stabilisce
che “le
pene detentive non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e
devono tendere alla
rieducazione del condannato”
Ma in carcere, e in particolare nella
sez. femminile
speciale delle Costarelle a L’Aquila, la Costituzione non entra:
in 41 bis le
donne sono discriminate rispetto agli uomini (ora d’aria solo in
coppia e non
in gruppi di 5-6) e Nadia Lioce, l’unica prigioniera politica
del carcere
aquilano, è triplamente discriminata per questo. Da oltre 7 mesi
le sono stati
sottratti libri, quaderni e materiali di cancelleria ed è
sottoposta a un
ulteriore regime di isolamento
disciplinare che determina una condizione d’isolamento totale e
perenne, alla
faccia dell’’umanità’ e dell’’uguaglianza’!
E'
da 10 anni che Nadia Lioce è sottoposta nel carcere di L'Aquila
al regime del
41bis
Non
è tortura una condizione d’isolamento continuo e totale?
Non
è tortura la condanna al silenzio?
Non
è tortura vivere per anni in una cella due metri per due, posta
alla fine di un
lungo tunnel sotterraneo, che si affaccia sul nulla?
Non
è tortura fare l'ora d'aria spesso da sola in una vasca di
cemento grande tre
metri per tre dove il sole non si vede mai?
Non
è tortura non poter leggere, studiare, se non due libri al mese
sottoposti a
censura e quindi decisi dal carcere?
Questa
tortura bianca ha già ucciso: "È
accaduto a Diana Blefari, prigioniera nello stesso carcere
delle Costarelle a
L'Aquila. Era caduta in uno stato di profonda prostrazione e
inerzia
psicologica. Se ne stava rannicchiata tutto il giorno nel
letto, con la coperta
fino agli occhi e senza nessun cenno di interesse per il
mondo",
racconta Elettra Deiana. “Piegata
dal carcere
duro, Blefari si suicidò il 31 ottobre del 2009".
Oggi dobbiamo denunciare e pretendere la
condanna e la fine
anche di questa tortura!
Chi ha ucciso nel G8
di Genova Carlo Giuliani, chi ha massacrato giovani, chi ha
torturato non solo
non si è fatto un giorno di galera, ma ha conquistato promozioni
e incarichi;
Chi devasta e avvelena i territori
e la popolazione; chi
ogni giorno, con sfruttamento, licenziamenti, attacchi ai
diritti sul lavoro,
salute, casa provoca sempre più miseria e lutti, continua a fare
profitti nella
totale impunità;
Chi sulla catastrofe
di questa città ha riso e speculato, chi doveva proteggere gli
aquilani da una
tragedia annunciata e non lo ha fatto, continua a ridere, a
speculare, a
comandare sulle nostre vite.
Mentre chi lotta,
comunque sia, contro questa immensa INGIUSTIZIA sociale viene
annientato e
perseguito.
Facciamo appello in particolare alle donne,
che subiscono
due volte questa ingiustizia:
non permettiamo che continui questa tortura "bianca" a Nadia
Lioce.
Difendiamo le sue condizioni di vita, per l’uguaglianza e per
l’umanità
22.04.2015
Luigia De Biasi (slai cobas s.c. ed mfpr AQ)
Luigia De Biasi (slai cobas s.c. ed mfpr AQ)
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