C'è un pezzo di Rosarno anche in Piemonte. A Castelnuovo Scrivia, cinque mila abitanti in mezzo alle campagne dell'alessandrino, dove da due settimane quaranta braccianti presidiano sotto il sole i campi sui quali si sono spaccati la schiena per anni. Hanno raccolto frutta e verdura, anche
per dodoci ore al giorno, che poi è stata smistata tra mercati e supermercati di Torino e Milano.
Ma ora hanno incrociato le braccia perchè da mesi aspettano lo stipendio dal loro datore di lavoro, l'azienda agricola Bruno Lazzaro. I loro racconti somigliano a quelli dei raccoglitori di
pomodori della Puglia. Paga da un euro l'ora, e da due anni nemmeno più quella. Anticipi di due o trecento euro a cui non sono mai seguiti i saldi. Nessuna garanzia, nessun diritto. Secondo la Cgil ci sono i margini per parlare di schiavitù: «Dobbiamo restituire i diritti a questi lavoratori»
spiega la segretaria provinciale Silvana Tiberti che sta conducendo una trattativa no stop con l'azienda.
La storia inizia all'alba del 22 giugno, quando guidati da Mimouna, una donna marocchina di 38 anni, che ha deciso di prendere le redini della protesta. «Non so come pagare l'affitto - racconta - Prima prendevo 5 euro all'ora, poi 1, ora nulla». Con i suoi compagni di lavoro si è piazzata
sulla statale, che collega Castelnuovo con la vicina Tortona, e da lì non si è più mossa rifiutandosi di tornare al lavoro. Il «padrone» Lazzaro ha chiamato i carabinieri. Secondo la Cgil i lavoratori vivevano in condizioni igieniche spaventose e quattro donne dormivano in azienda, tra rifiuti e attrezzi agricoli. Gli agenti hanno messo sotto sequestro l'attività e a «rinforzare» i sigilli ci han pensato i braccianti. L'altro giorno un camion della grande distribuzione ha tentato di avvicinarsi per caricare frutta e verdura.
I«quaranta» si sono messi davanti al motore e hanno bloccato il carico. Sono stati denunciati. Poi l'attività è stata dissequestrata perchè Lazzaro ha assunto, per un giorno, 19 lavoratori. Ma loro da lì non si muovono, perchè potrebbero arrivare altri «disperati disposti a farsi sfruttare e prendere il lavoro che è nostro e deve esserci ridato, ma con le regole» spiega Mimouna. Sulla strada poi possono incontrare persone e far conoscere la loro storia. Nei giorni scorsi sono passati politici, istituzioni, sindacalisti.
Eleonora Artesio, consigliere regionale di Rifondazione, ha scritto a Roberto Ercole, presidente regionale della Cia, l'associazione di categoria alla quale è associata l'azienda agricola. «Non mi risultano pagamenti da un euro l'ora - risponde il numero uno di Cia - nè altre cose che sono state
raccontate, ma sono in corso verifiche e aspettiamo che si faccia chiarezza.
Credo però che paragonare Alessandria a Rosarno sia eccessivo».Cia siede insieme ai sindacati e alla Provincia al tavolo di confronto aperto per volere del Prefetto. Da tre giorni le parti sociali sono in trattativa per trovare un accordo. Ma i quaranta di Castelnuovo sono determinati a non mollare: vogliono il loro salario e un lavoro regolare.
info MFPR
per dodoci ore al giorno, che poi è stata smistata tra mercati e supermercati di Torino e Milano.
Ma ora hanno incrociato le braccia perchè da mesi aspettano lo stipendio dal loro datore di lavoro, l'azienda agricola Bruno Lazzaro. I loro racconti somigliano a quelli dei raccoglitori di
pomodori della Puglia. Paga da un euro l'ora, e da due anni nemmeno più quella. Anticipi di due o trecento euro a cui non sono mai seguiti i saldi. Nessuna garanzia, nessun diritto. Secondo la Cgil ci sono i margini per parlare di schiavitù: «Dobbiamo restituire i diritti a questi lavoratori»
spiega la segretaria provinciale Silvana Tiberti che sta conducendo una trattativa no stop con l'azienda.
La storia inizia all'alba del 22 giugno, quando guidati da Mimouna, una donna marocchina di 38 anni, che ha deciso di prendere le redini della protesta. «Non so come pagare l'affitto - racconta - Prima prendevo 5 euro all'ora, poi 1, ora nulla». Con i suoi compagni di lavoro si è piazzata
sulla statale, che collega Castelnuovo con la vicina Tortona, e da lì non si è più mossa rifiutandosi di tornare al lavoro. Il «padrone» Lazzaro ha chiamato i carabinieri. Secondo la Cgil i lavoratori vivevano in condizioni igieniche spaventose e quattro donne dormivano in azienda, tra rifiuti e attrezzi agricoli. Gli agenti hanno messo sotto sequestro l'attività e a «rinforzare» i sigilli ci han pensato i braccianti. L'altro giorno un camion della grande distribuzione ha tentato di avvicinarsi per caricare frutta e verdura.
I«quaranta» si sono messi davanti al motore e hanno bloccato il carico. Sono stati denunciati. Poi l'attività è stata dissequestrata perchè Lazzaro ha assunto, per un giorno, 19 lavoratori. Ma loro da lì non si muovono, perchè potrebbero arrivare altri «disperati disposti a farsi sfruttare e prendere il lavoro che è nostro e deve esserci ridato, ma con le regole» spiega Mimouna. Sulla strada poi possono incontrare persone e far conoscere la loro storia. Nei giorni scorsi sono passati politici, istituzioni, sindacalisti.
Eleonora Artesio, consigliere regionale di Rifondazione, ha scritto a Roberto Ercole, presidente regionale della Cia, l'associazione di categoria alla quale è associata l'azienda agricola. «Non mi risultano pagamenti da un euro l'ora - risponde il numero uno di Cia - nè altre cose che sono state
raccontate, ma sono in corso verifiche e aspettiamo che si faccia chiarezza.
Credo però che paragonare Alessandria a Rosarno sia eccessivo».Cia siede insieme ai sindacati e alla Provincia al tavolo di confronto aperto per volere del Prefetto. Da tre giorni le parti sociali sono in trattativa per trovare un accordo. Ma i quaranta di Castelnuovo sono determinati a non mollare: vogliono il loro salario e un lavoro regolare.
info MFPR
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