Diverse centinaia di donne sono scese in piazza sabato 21 luglio a Palermo contro femminicidi e violenza.
Sotto un sole caldissimo il corteo "bianco", proposto dalle organizzatrici del Coordinamento antiviolenza 21 luglio, si è però colorato della ribellione e determinazione delle lavoratrici, precarie e disoccupate dello Slai Cobas per il s.c. e delle compagne del Mfpr che sin dal concentramento, durante l'affissione degli striscioni tra cui "contro violenza e femminicidi la lotta rivoluzionaria delle donne per rovesciare questa società che li produce", la diffusione dei materiali portati, presi ben volentieri da parecchie donne grandi e giovani, hanno iniziato ad animare la manifestazione con slogan e primi spikeraggi al megafono.
Così anche durante il corteo che si è snodato da piazza Croci fino a piazza Massimo.
Uno spezzone vivace e ribelle che ha costituito la parte combattiva e di classe del corteo, che si è distinto da tutto il resto, da segnalare però anche lo spezzone delle giovani compagne del Collettivo Anillo de Fuego in piazza con uno striscione "non è più il tempo delle vittime, ma è l'ora di lottare".
Tanti gli slogan lanciati "femminicidi/violenza sessuale è questo il sistema del capitale", "la nostra vita non si tocca la difenderemo con la lotta, " la furia delle donne si deve scatenare questa sistema dobbiamo rovesciare, "Moderno Medioevo, doppia oppressione donne in lotta per la rivoluzione"...
per portare con forza alle donne un messaggio diverso e in netta contrapposizione con quanto contenuto nell'appello di convocazione ufficiale e quanto dichiarato ai mass media dalle rappresentanti del coordinamento organizzatore "... l'intento è anche quello di sottoporre alle amministrazioni comunali e regionali la necessità di alcune misure in merito a prevenzione, educazione e tutela… in merito al tema della certezza della pena... al sostegno degli operatori e delle operatrici dei centri antiviolenza..." o dalle donne di IdV "... siamo convinte che sia necessario, ora più che mai, sviluppare politiche di prevenzione e di sensibilizzazione sociale, per la diffusione di una cultura del rispetto"... Ma non avevano detto che non ci sarebbero stati partiti e istituzioni presenti???
Diverse nostre compagne e lavoratrici hanno ribadito, alternandosi al megafono, che affrontare la questione della violenza sessuale e dei femminicidi esclusivamente con le misure repressive o con il potenziamento dei centri antiviolenza, come pongono anche le donne dal governo, del PD, la Camusso e company fino a settori del femminismo borghese/riformista, non è e non può essere la "soluzione". Le misure repressive non fanno che alimentare un clima oscurantista, razzista, ideale per la coltivazione e diffusione di idee e pratiche fasciste, maschiliste, di sopraffazione che finiscono per favorire la violenza, la logica dei centri antiviolenza è limitata e limitante perché interna a questo sistema sociale, perché tende ad individualizzare i casi di violenza soffocandone invece l'aspetto sociale della questione e la necessità della ribellione e della rivoluzione attraverso la lotta collettiva delle donne.
Forte è stata anche la denuncia contro chi ogni giorno fa sì che si diffonda un clima e un humus maschilista, sessista, razzista, moderno fascista contro le donne, che inevitabilmente finisce con il legittimare la violenza contro di esse, in particolare sono state denunciate le politiche del governo Monti/Fornero doppiamente scellerate contro la condizione di lavoro e di vita delle donne affiancate dalle "nuove" campagne ideologiche su famiglia e attacco alla libertà di scelta delle donne della Chiesa.
Senza rovesciare questo sistema sociale che produce i femminicidi e la violenza contro le donne non ci può essere alcuna reale soluzione, ma si tratta di una lotta che non ha niente da spartire con la politica del femminismo borghese e piccolo borghese che fa appello "alla civiltà dell'Europa", ma che ha a che fare invece con la concezione/pratica del NOI ODIAMO GLI UOMINI CHE ODIANO LE DONNE che significa rispondere, da parte della maggioranza delle donne, quelle che non hanno nulla da conservare in questo sistema, organizzandosi con la legittima violenza rivoluzionaria: "… basta con i lamenti e le inutili e impotenti richieste ma serve sviluppare una linea combattiva verso gli stupratori, assassini e le Istituzioni... una lotta che non è però interesse solo delle donne, ma di tutti i proletari ... è una lotta per una nuova umanità, nuovi rapporti sociali…" .
Il messaggio forte, diverso e in critica portato in piazza dalle compagne e lavoratrici sia lungo tutto il corteo ma anche intervenendo alla fine in piazza, ha dato l'opportunità di interloquire con diverse donne, giornaliste che lo hanno accolto con un certo interesse misto a curiosità e anche richiesta di comprendere meglio, fino alle stesse organizzatrici del corteo che ci hanno ribadito l'importanza di confrontarsi con noi nonostante la diversità dei contenuti e della forma invitandoci alle loro prossime riunioni di coordinamento.
Ma ci sono stati anche momenti di scontro durante il corteo in particolare con un piccolo gruppo di donne che alquanto infastidite si sono rivolte ad una lavoratrice al megafono dicendo "ma cosa c'entra che stai denunciando il governo e i politici di oggi? la violenza sulle donne è un fatto culturale, è la cultura che si deve cambiare". Pronta e determinata è stata la risposta delle lavoratrici e compagne che innanzitutto hanno denunciato che proprio a causa delle politiche del vari governi, e adesso più che mai dell'attuale governo Monti/Fornero, spesso le donne proprio perché private dell'indipendenza economica, non avendo un lavoro e perdendolo, non possono liberarsi da situazioni di oppressione e violenza familiare, e che poi hanno ribadito con forza che la cultura maschilista, sessista, patriarcale, in quanto elemento sovrastrutturale non si può cambiare se non si cambia sin dalle radici, strappandole, la struttura che sta alla base e che la genera, il sistema capitalistico che fa della doppia oppressione delle donne una base/puntello per la sua esistenza e conservazione.
Tra gli interventi finali da segnalare quello di una giornalista del Coordinamento delle giornaliste Giulia che ha denunciato la cattiva informazione che fanno i mass media su femminicidi e violenza sulle donne, non è più il tempo di parlare di raptus o troppo amore, qui occorre dire "che gli uomini odiano le donne" sottolineando l'impegno del loro coordinamento in questo senso, e quello di una donna immigrata che ha denunciato la questione della tratta delle donne migranti di cui ancora si parla troppo poco.
Il corteo si è chiuso con il lancio di uno slogan collettivo, da noi proposto e accolto da tutte le presenti… PER OGNI DONNA UCCISA E OFFESA SIAMO TUTTE PARTE LESA!
Lavoratrici slai cobas per il s.c
Compagne del movimento femminista proletario rivoluzionario
Palermo, 22 luglio 2012
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