LA TESTIMONIANZA DI UNA COMPAGNA
Già venerdì con i compagni eravamo andati a Manduria, dove vengono deportati gli immigrati provenienti da Lampedusa. Volevamo vedere da vicino la situazione del campo, ma polizia, carabinieri e altri ci avevano impedito di entrare.
Abbiamo portato i nostri striscioni e bandiere, ma, dopo l'arrivo del Presidente della regione Vendola, ci siamo subito resi conto che sarebbe stato un semplice comizio elettorale, senza nessuno spazio di dibattito e, soprattutto, nessuna azione concreta.
Arrivati alla tendopoli, abbiamo trovato un gruppetto di fascisti, subito messi sulla difensiva e poi costretti ad andarsene dalla veemenza con cui le compagne hanno risposto ai loro primi insulti.
"Aprite quel campo" gridavamo, "tutti abbiamo il diritto di renderci conto di persona della situazione e solidarizzare direttamente e di persona con loro".
Anche da dentro il campo gli immigrati ci hanno visto e sentito e questo è bastato a dagli coraggio. Poco dopo, al grido "liberté, liberté" hanno sfondato il blocco all'entrata si sono uniti a noi.
Ma purtroppo ci sono stati anche episodi meno belli. Un gruppo di immigrati si erano allontanati sulla strada, troppo stretta per contenerli tutti e cosi si sono avvicinati al muro di cinta di un campo agricolo. Il proprietario ha subito cominciato a gridare contro di loro; "questa è la mia proprietà, e casa mia e quella gente non ci deve entrare" ha risposto quando gli ho chiesto "qual è il problema?". Il solito atteggiamento di razzismo e ignoranza, di intolleranza contro chi è considerato diverso. Gli animi si stavano scaldando, sia il proprietario che gli immigrati hanno raccolto delle pietre, ma li ho convinti a tornare verso lo spiazzo davanti la tendopoli dove tutti, antirazzisti e immigrati, stavano fraternizzando e festeggiando la rottura del blocco con una confusa ma gioiosa assemblea improvvisata.
Un migrante si è sentito male. Ci ha raccontato di essere stato picchiato dalla polizia, come spesso accade a quelli che cercano di scappare ma vengono riportati indietro dalle ronde fasciste o dalla stessa polizia. Un altro, forse anche lui pestato, è stato colto da convulsioni. Mi sono avvicinata per soccorrerlo e gli ho tenuto la testa in attesa dell'ambulanza che ci ha messo 40 minuti per arrivare dall'interno del campo, solo duecento metri più in là.
Ma non sarà l'ultimo. Torneremo presto, l'abbiamo promesso.
2.4.2011
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