Per rilanciare l'autonomia e il protagonismo organizzativo delle donne nelle lotte.
Questo è scritto su repubblica del 12 dicembre 2008, a proposito del “suicidio” delle 2 lavoratrici dell’Alitalia. Un fatto gravissimo, immediatamente silenziato con accuse ai loro colleghi di strumentalizzazione, “antipatriottismo”, disfattismo: “erano psicologicamente istabili, avevano problemi personali” si è detto…
I vostri sporchi affari, le vostre banche, le vostre ristrutturazioni e speculazioni banditesche le hanno uccise! E l’isolamento.
E lo diciamo con convinzione scientifica, perché il personale non è avulso dal politico e vivere è la tendenza naturale di ogni essere vivente. Ciò che spinge una donna o un uomo a togliersi la vita è la percezione di non avere vie di uscita, dell’impossibilità di vivere nel rispetto della propria personalità, senza sogni, senza desideri, senza libertà, senza speranza. Il suicidio in sé non esiste, esiste solo l’omicidio.
“La ragione per cui nella società ci sono persone che vogliono suicidarsi, è che la società si impadronisce delle loro speranze e le distrugge totalmente, con il risultato che esse vengono lasciate completamente senza speranza” (Mao Tse-tung)
- Questo è quanto è successo all’Alitalia: migliaia di donne e uomini che governo, opposizione e sindacati hanno lasciati soli nella giusta battaglia per il lavoro e per la vita, additandoli come “terroristi “ e “privilegiati”, isolandoli dagli altri lavoratori con ipocriti appelli al “senso di responsabilità” e al “patriottismo”, umiliandoli alla stregua di delinquenti alla consegna delle lettere di cassa integrazione e tutto per favorire un’avventura banditesco – speculativa con la svendita definitiva della ex compagnia di bandiera. Donne e uomini a cui è stato tolto tutto, esseri umani a cui questa società ha distrutto la dignità e di fatto la speranza di vivere, in un contesto in cui l’intero paese è piombato nella crisi economico-finanziaria globale, che si traduce con il caro-vita, con la perdita di valore di acquisto dei salari e con licenziamenti e contratti sempre più precari.
- Questo è quanto si apprestano a fare governo, opposizione, confindustria e sindacati nel nuovo, pesantissimo attacco alle donne, aumentando l’età pensionabile a 65 anni con il pretesto di applicare una sentenza della Corte di Giustizia Europea riguardante la parità di trattamento tra lavoratori di sesso diverso. Nessuno però si è mai pronunciato su una precedente sentenza della stessa Corte riguardante il riconoscimento dell’anzianità di servizio per le lavoratrici precarie! Questa volta lor signori e signore fanno appello alla “parità” e si beffano spudoratamente della nostra intelligenza. Chissà cosa ne pensano di questa bella trovata le loro “tate” o le loro colf, costrette a lavorare a vita presso questi signori in attesa di riscattarsi con una misera pensione per poter pagare una rata del proprio funerale, o magari di quello di un proprio congiunto che hanno assistito per tutta una vita! Anche qui il ricatto morale (salvare lo Stato sulla pelle delle donne) e la desolidarizzazione per obbligare le lavoratrici a mandar giù il veleno senza troppo obbiettare: la ministra ombra delle pari opportunità Vittoria Franco, propone un’astratta legge di scambio per il lavoro femminile. Quale lavoro potrà mai trovarci la Vittoria Franco aumentando l’età pensionabile delle donne a 65 anni? Forse quello delle becchine nei confronti delle compagne che, come noi, non arriveranno mai all’età pensionabile perché precarie a vita o per il doppio lavoro? Oggi le donne, o per lavori precari o perché vengono per prime licenziate non arrivano neanche ai 60 anni, figurasi ai 65!
- Questo è quanto sta avvenendo ovunque, nel mondo della scuola e dell’università, della sanità, dei servizi sociali e previdenziali: smantellamento del welfare, privatizzazione dei servizi e dei profitti e socializzazione delle perdite. La funzione di ammortizzatore sociale si abbatte sulla maggioranza delle donne e in maniera ancor più drammatica sulle donne migranti e se ci fosse bisogno di un capro espiatorio da mettere alla gogna per la crisi provocata dai padroni, saranno proprio loro, le donne e le lavoratrici immigrate a pagare per prime e il prezzo più alto. Poco importa sapere che il 50% delle ricchezze in questo paese è controllato dal 10% degli italiani, che la condizione femminile in Italia è la peggiore d’Europa per disoccupazione, salario, iter di carriera, anni di lavoro, pensioni ecc. Si sciacquano la bocca di “parità”, dicono di voler eliminare le “discriminazioni”, ma si guardano bene dall’eliminare la fonte di tutte le discriminazioni, il lavoro domestico, il peso tutto sulle donne della famiglia, del lavoro riproduttivo, dei servizi sociali. Si nasconde miseramente che le donne da sempre lavorano di più, arrivando a fare come minimo 60/65 ore settimanali tra attività sui posti di lavoro e lavoro di cura non pagato.
- Questo è quanto suggerisce la chiesa e l’intero sistema sociale oscurantista e patriarcale che essa benedice e fomenta, fagocitando le nostre speranze di un futuro migliore, di libertà ed autodeterminazione in una vita terrena, sostituendole con quelle di un paradiso inaccessibile se non a costo della schiavitù. Questo il ricatto e l’ipocrisia dell’appello di questi padroni (anch’essi come gli altri, secolari e temporali) che rimanda al “rispetto per la vita”, che ci vuole “angeli del focolare” al servizio della famiglia tradizionale funzionale al capitale. Una famiglia che ci uccide a tutti i livelli: col doppio lavoro, col suicidio, con il femminicidio in senso stretto.
Basta, siamo stufe dei danni e delle beffe!
Siamo stufe degli imbonitori e di tutti quelli che vorrebbero rappresentarci, senza avere, tra l’altro, alcun titolo per farlo: siamo sempre più irrapresentabili e insindacalizzabili!
Nel basso ci avete relegate e dal basso ci riorganizziamo: ci difenderemo con la lotta e l’autorganizzazione!
Non ci accontenteremo di 2 carote, vogliamo tutto: questa società è marcia e non può essere riformata, va rovesciata.
A tutti questi signori che vorrebbero mandarci in paradiso e costringerci all’obbedienza con il ricatto e l’ipocrisia rispondiamo che unite vinceremo l’isolamento, venderemo cara la nostra pelle e saranno loro a doversi suicidare, perché noi moriremo in battaglia. Se le bambine buone vanno in paradiso noi saremo cattivissime e andremo dappertutto. Combatteremo su tutti i fronti la nostra doppia rivoluzione, perché la nostra rivoluzione è la marcia di tutti i liberi del mondo!
Invitiamo tutte le donne lavoratrici, precarie, disoccupate, studentesse, migranti, pensionate, casalinghe, all’assemblea nazionale del 24 gennaio 2009 sul Tavolo "Lavoro/precarietà/reddito" della Rete "sommosse", per rilanciare l’autonomia e il protagonismo organizzativo delle donne nelle lotte concrete che già le vedono impegnate a 360° e dare a queste lotte la forza e il vigore della solidarietà di genere e di classe!
Luigia - Perugia sommosprol@gmail.com
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