Da Espresso/Repubblica, cronache locali
di Loretta Montenero
L’appello arriva come un tuono «Possono privarmi di tutto ma non della mia dignità»
CASTEL DI SANGRO. Irrompe nell’atmosfera natalizia come un tuono l’appello della signora A.S.: «Se devo continuare a vivere in questo modo, meglio l’eutanasia». La donna di 58 anni che vive in stato d’indigenza non ha sopportato l’ultimo “no” della burocrazia che le ha bocciato l’istanza di accompagnamento presentata a fine settembre. Presentata perché ha bisogno di essere accompagnata a Pescara per sottoporsi alla chemioterapia a causa di un tumore. «Ho cresciuto da sola una figlia facendo lavori umili e mai stabili», racconta. All’ufficio per l’impiego si possono riscontrare tutte le domande presentate. «Comprese quelle alla collocazione obbligatoria della Provincia. Niente e nessuna di queste è stata mai accolta», prosegue. A.S. vive sola, la figlia cresciuta con sacrificio studia farmacia con una borsa di studio. Il suo reddito consiste in 250 euro mensili di pensione, con revisione annuale, che le è stata riconosciuta nel 2006. Amareggiata racconta delle file e delle lunghe attese negli uffici e negli ospedali. Racconta dell’amata figlia che «pur tra tante difficoltà è riuscita a portare avanti gli studi e mi dice che ritorna solo perché qui ci sono ancora io». Racconta i disagi che affronta quotidianamente. «Ho chiesto alla Commissione medica di esaminare con un’istanza d’urgenza la pratica per l’indennità d’accompagnamento. Devo affrontare 250 chilometri e devo pagare una persona che mi accompagna a Pescara e mi riporta a casa». In autunno l’istanza d’accompagnamento viene respinta. «Ho chiesto spiegazioni ad un medico legale membro della commissione. La spiegazione che ottenni è che oggi, per avere l’accompagno, bisogna stare in carrozzella». Effetti collaterali della chemioterapia, dolori che spesso le impediscono di muoversi e un reddito mensile di 250 euro non sono stati sufficienti. La donna è stanca, nella vita ha rinunciato a tutto, ma non alla sua dignità: «Se devo continuare a vivere in queste condizioni, se per me non c’è alternativa, mi si dia la possibilità di avere una morte dignitosa, con eutanasia per esempio», dice. «Se per l’Italia questo non è possibile, chiedo allo Stato di farmelo fare dove è legale. Meglio che morire di umiliazioni e di inedia. Sola». (24 dicembre 2008)
di Loretta Montenero
Povera e molto malata chiede l’eutanasia
Vive con 250 euro al mese e le hanno negato l’assegno di accompagnamentoL’appello arriva come un tuono «Possono privarmi di tutto ma non della mia dignità»
CASTEL DI SANGRO. Irrompe nell’atmosfera natalizia come un tuono l’appello della signora A.S.: «Se devo continuare a vivere in questo modo, meglio l’eutanasia». La donna di 58 anni che vive in stato d’indigenza non ha sopportato l’ultimo “no” della burocrazia che le ha bocciato l’istanza di accompagnamento presentata a fine settembre. Presentata perché ha bisogno di essere accompagnata a Pescara per sottoporsi alla chemioterapia a causa di un tumore. «Ho cresciuto da sola una figlia facendo lavori umili e mai stabili», racconta. All’ufficio per l’impiego si possono riscontrare tutte le domande presentate. «Comprese quelle alla collocazione obbligatoria della Provincia. Niente e nessuna di queste è stata mai accolta», prosegue. A.S. vive sola, la figlia cresciuta con sacrificio studia farmacia con una borsa di studio. Il suo reddito consiste in 250 euro mensili di pensione, con revisione annuale, che le è stata riconosciuta nel 2006. Amareggiata racconta delle file e delle lunghe attese negli uffici e negli ospedali. Racconta dell’amata figlia che «pur tra tante difficoltà è riuscita a portare avanti gli studi e mi dice che ritorna solo perché qui ci sono ancora io». Racconta i disagi che affronta quotidianamente. «Ho chiesto alla Commissione medica di esaminare con un’istanza d’urgenza la pratica per l’indennità d’accompagnamento. Devo affrontare 250 chilometri e devo pagare una persona che mi accompagna a Pescara e mi riporta a casa». In autunno l’istanza d’accompagnamento viene respinta. «Ho chiesto spiegazioni ad un medico legale membro della commissione. La spiegazione che ottenni è che oggi, per avere l’accompagno, bisogna stare in carrozzella». Effetti collaterali della chemioterapia, dolori che spesso le impediscono di muoversi e un reddito mensile di 250 euro non sono stati sufficienti. La donna è stanca, nella vita ha rinunciato a tutto, ma non alla sua dignità: «Se devo continuare a vivere in queste condizioni, se per me non c’è alternativa, mi si dia la possibilità di avere una morte dignitosa, con eutanasia per esempio», dice. «Se per l’Italia questo non è possibile, chiedo allo Stato di farmelo fare dove è legale. Meglio che morire di umiliazioni e di inedia. Sola». (24 dicembre 2008)
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