20/12/08

Alitalia: Pioggia di lettere che annunciano la cassa integrazione

ECONOMIA INCHIESTA/ Pioggia di lettere che annunciano la cassa
integrazione. Scelte senza logica

Il timore e il disagio dei lavoratori di fronte un'azienda in piena autodistruzione

Tra caos, sofferenza e paura gli ultimi giorni tristi di Alitalia. In una settimana, due hostess si sono suicidate: non si può collegare i loro gesti alla situazione, ma il clima, di certo è seriamente deteriorato

di MASSIMO RAZZI

ROMA - Le lettere dell'Alitalia che annunciano la cassa integrazione arrivano a pioggia, senza senso e senza una spiegazione. Le ricevono l'assistente di volo vicino alla pensione, ma anche la coppia sulla quarantina o il pilota giovane appena passato comandante: "Sembra che lo facciano apposta, sembra che oltre a toglierci il lavoro debbano anche umiliarci - dice A. U., hostess con una ventina d'anni di anzianità - Io non l'ho ricevuta, ma altri che hanno la mia stessa età e anzianità, sì. E allora, le voci girano, tutti fanno congetture, si fanno domande, si chiedono il significato...".

"Il significato non c'è - spiega Paolo Marras, della segreteria nazionale Sdl, uno dei sindacati degli assistenti di volo che non hanno firmato l'accordo con Cai - Anche noi stentiamo a trovare una logica in tutto questo. E' l'intera procedura sulla cassa integrazione che è sbagliata.
D'altra parte, è figlia dell'assoluta genericità dell'accordo di novembre che dice: 'l'azienda, progressivamente, collocherà in cassa integrazione il personale utilizzando, ove possibile, il criterio di rotazione...". Le lettere, dunque, arrivano da martedì 9 dicembre e quasi nessuno riesce a capire se saranno le ultime: se significano il preludio del licenziamento, o se servono solo a far fronte alla riduzione dell'operatività (il taglio dei voli) che la compagnia sta attraversando in questi giorni. "Ci voleva poco - aggiunge Marras - a spiegare, nelle stesse missive o in un comunicato a parte, il senso di questo modo di agire". Ieri, un centinaio di dipendenti dell'Alitalia ha occupato gli uffici del personale per avere delle risposte
dirette. "Hanno detto che le lettere riguardano solo l'operatività e non hanno altro significato. Ma vallo a spiegare alla gente...".
Effettivamente, le buste che sono arrivate a diverse centinaia di lavoratori contengono brevi testi che si limitano a comunicare: "a partire da... lei è in cassa integrazione. Distinti saluti, il commissario Augusto Fantozzi". Le altre lettere, quelle delle eventuali assunzioni alla Cai, non sono ancora partite. Si lavora, dunque (o si sta a casa), in un limbo, come sospesi.

Lettere appena un po' più articolate, con qualche riferimento all'attività svolta e ai diritti maturati e un augurio "per il prosieguo della sua attività professionale" sono arrivate da un giorno all'altro, a 45 manager dell'azienda. E da un minuto all'altro questi dirigenti hanno avuto il "pass" aziendale disattivato e sono stati accompagnati alla porta da un uomo della sicurezza.

"La gente - spiega A. U. - vive da mesi in uno stato di tensione continua.
Prima ci hanno detto che eravamo la rovina della nazione. Non è così: abbiamo lavorato tanto e fatto sacrifici per questa azienda... Ma nessuno ci crede. Poi, a poco a poco, siamo precipitati nel baratro: le promesse elettorali, gli errori del sindacato... Tutto pagato solo da noi, sulla nostra pelle".

Pelle che, adesso, brucia. Si vive con la paura, il clima è pesante. In volo e nei trasferimenti, non si parla d'altro. Le regole, intanto, sono già cambiate. Non c'è ancora un nuovo accordo contrattuale, ma Alitalia (ormai eterodiretta da Cai) applica criteri molto più pesanti: "Utilizzano gli standard minimi europei - spiega A. U. - , quelli al di sotto dei quali non possono volare senza perdere le licenze. Sugli MD80 e sugli Airbus 320 si vola anche con due o tre persone in cabina. Prima eravamo in quattro. Sono livelli da compagnia 'low cost', non da compagnia di bandiera...".

Chissà quanto è pesata la paura del futuro e dell'ignoto nelle scelte estreme di B.B. una hostess romana di 39 anni e di F. P. una sua collega genovese. Entrambe si sono suicidate nel giro di una decina di giorni (il secondo caso è dell'altro ieri). Nessuno osa collegare direttamente i loro gesti con la crisi della compagnia, ma tutti, parlandone a bassa voce tra un volo e l'altro, fanno ragionamenti tanto ovvi quanto agghiaccianti: "Ne discutevamo ieri con dei colleghi - racconta A. U. - Ci guardavamo, cercavamo di capire. E' vero, nessuno può dir nulla di quello che succede nella testa e nel cuore di una persona... di quello che ti porta a una scelta così. Ma tutti eravamo d'accordo che se uno ha dentro una grossa fragilità, una sofferenza, un dolore personale; se uno sta male, tutto questo che sta accadendo a noi e intorno a noi può diventare una spinta importante, se non determinante a un gesto così grave e terribile". Oltre, nessuno si sente di andare, ma qualcuno dovrà cominciare a pensare se due suicidi in dieci giorni in una categoria di poche migliaia di persone unite da un destino drammatico, sono ascrivibili alla normalità.

La normalità, all'Alitalia, se n'è andata da tempo. Con i turni di dicembre, ad esempio: uguali per tutti; tutti di "riserva". Il programma dei voli di dicembre, dunque, non esiste. La compagnia non è stata in grado di assegnare un solo lavoratore a una tratta: "Di giorno in giorno ti chiamano e ti dicono cosa farai domani - spiega A. U. - se volerai, dove andrai, se sarai di riposo. Impossibile programmare alcunché nella propria vita. Se hai dei bambini, non sai nemmeno se domani potrai accompagnarli a scuola". E pensare che in altre compagnie europee, il dipendente può collegarsi da casa al sistema aziendale, verificare i suoi voli, proporsi, se gli conviene per tratte e orari che preferisce. In Alitalia non è mai stato così: "Hanno sempre voluto gestire turni e orari come una riserva di potere senza che i dipendenti potessero avere voce in capitolo in modo trasparente. Così anche questo è diventato oggetto di favori, di scambi, di clientele". E favori, scambi, clientele sono sicuramente fra le cause della morte della compagnia.

Ai lavoratori tutto questo suona come una punizione inutile: "Perché - spiega ancora A. U. - una persona può fare i conti con la perdita del posto di lavoro, può elaborarla come si fa con un lutto. Ma se a tutto questo si aggiungono fatti incomprensibili, caos, disorganizzazione e umiliazioni e se tutto continua ormai da mesi, allora uno non capisce più niente e comincia a perdere anche autostima, a chiedersi cosa ha fatto di male per meritarsi una punzione così".

"Vede - conclude Marras - questa non è una ristrutturazione industriale...E' un disastro, un disastro aereo è l'esplosione di un'azienda. Noi cerchiamo di informare la gente, diciamo a tutti di non attribuire alcun valore definitivo alle lettere di cassa integrazione, di restare uniti, per quanto possono.... E speriamo, perché Cai, alla fine, si accorgerà che i 12.689 assunti non basteranno per la piena operatività e dovranno cominciare ad prendere gente dai cassaintegrati e dai precari".

(12 dicembre 2008)

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