26/01/20

ONORE ALLA PARTIGIANA LIDIA: "La libertà è la facoltà di fare ciò che si deve e non ciò che si vuole".

Gli abitanti di Mondovì intonano Bella Ciao davanti alla porta di casa Rolfi

La manifestazione spontanea di solidarietà ieri sera
Una fiaccolata, organizzata in poche ore dall'associazione MondoQui, e poi quella canzone “Bella Ciao”, intonata davanti a quella porta, sfregiata da mano ignota con l'infame scritta “Juden Hier”. Gli abitanti di Mondovì hanno risposto così ieri sera al gesto antisemita e fascista di chi ha pensato di infamare la memoria di Lidia Beccaria Rolfi, staffetta partigiana deportata a Ravensbrück e poi per tutta la vita testimone degli orrori del nazismo...
Decine di persone si sono trovate così, fiaccole in mano, a percorrere la via che ogni giorno percorreva la maestra Rolfi e, poi, una volta sotto la casa a cantare il più note tra i canti partigiani.

Il coraggio di Lidia, sopravvissuta a Ravensbruck "per gridare a tutti che l'inferno esiste"

Deportata politica, staffetta partigiana, maestra e scrittrice testimone dell'Olocausto, Rolfi si è spesa sempre per contrastare revisionismi e il negazionismo dilagante, fino alla morte nel 1996.
La storia e il valore di Lidia Beccaria Rolfi, deportata politica - e non ebrea - sopravvissuta al lager di  Ravensbrück, sta tutta in una frase: "Voglio vivere per tornare, per ricordare, per mangiare, per vestirmi, per darmi il rossetto e per raccontare forte, per gridare a tutti che sulla terra esiste l'inferno".  Parole scritte nei "Taccuini del Lager" e che lo storico Bruno Maida ha messo come appendice al libro "Non si è mai ex deportati", biografia della maestra di Mondovì, morta nel 1996 e per tutta la vita testimone degli orrori del nazismo.

La donna iniziò a insegnare in una scuola elementare della Val Varaita nel 1943, nello stesso anno entrò in contatto con la Resistenza e coi partigiani della Brigata Garibaldi e pochi mesi dopo divenne staffetta con il nome di battaglia di "maestrina Rossana". Catturata dai repubblichini nella primavera 1944, fu consegnata poi alla Gestapo e da Torino portata Ravensbrück. Sopravvissuta ai lager tornò in Italia e affianco all'attività di insegnamento quella di testimone dell'Olocausto e degli orrori del nazismo, divenendo amica dello scrittore Primo Levi. Autrice di numerosi libri sulla Resistenza e sull'esperienza nei lager si è spesa sempre per contrastare revisionismi e il negazionismo dilagante, fino alla morte nel 1996. Un impegno ribadito ieri su un quotidiano locale dal figlio Aldo, che per questo è finito nel mirino degli antisemiti
Quella di Lidia è "una figura significativa tra le donne del Novecento, sia nella sua caparbia volontà di costruire una testimonianza femminile dell'esperienza concentrazionaria, sia nella sua ribellione rispetto ai ruoli, alle convenzioni e al conformismo, all'esclusione" sostiene Maida, che insegna Storia all'Università di Torino e ha curato diverse pubblicazioni insieme a Rolfi.   

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