12/09/25

Lavoratrici asili Taranto: "non ce la facciamo più!" Stato di agitazione

A seguito del presidio/assemblea tenutosi questa mattina presso assessorato Servizi Educativi dalle lavoratrici degli asili comunali, abbiamo deciso di avviare lo stato di agitazione. 

Le lavoratrici dell'ausiliariato e pulizie non ce la fanno più! 

Alle problematiche più volte denunciate (orario troppo minimo di lavoro - attualmente ancora a 3,50 ore al giorno - bassi salari, carichi di lavoro, ecc.) si aggiunge che tra nuovi pensionamenti, lunghe malattie, problematiche di salute, le lavoratrici sono ulteriormente ridotte di numero (da 82 sono attualmente 65 e fino a fine anno saranno 60), la maggiorparte degli asili che dovevano avere 7 lavoratrici, invece oggi ne hanno 5 o addirittura 4 effettivi; mentre il carico di lavoro, la molteplicità di mansioni tra ausiliariato e pulizia aumentano, insieme alle pretese di far ruotare le lavoratrici come trottole fra le varie mansioni; le ore di chi va in pensione non vengono spalmate per aumentare l'orario di chi resta. Tutto questo ha immediate conseguenze sulla salute delle lavoratrici, mentre Comune e Ditta risparmiano sulla nostra pelle!

A questo si è aggiunto un ulteriore scippo di giornate lavorative in questo mese di settembre, in cui il lavoro doveva iniziare il 1° settembre, ma il Comune lo ha improvvisamente sospeso e solo ieri 10/9 è iniziato - con danno anche per i bambini che si troveranno un asilo igienicamente non pulito al 100%, e in violazione dello stesso capitolato d'appalto che prescrive un inizio dell'attività 15 giorni prima dell'entrata dei bambini e personale educativo. 

Questa decisione di avvio dello stato di agitazione è anche frutto del fatto che nonostante avessimo ampiamente rappresentato le varie criticità a luglio alla nuova assessora, nonostante l'impegno a nuovi incontri ravvicinati, anche per poter proporre miglioramenti nella nuova gara d'appalto, non vi sono stati altri incontri e anche questa mattina niente incontro e nemmeno comunicazione da parte del Comune di altra data.

Non si può pretendere di trattare così chi garantisce un servizio pubblico essenziale! 

Noi vogliamo l'aumento dell'orario a 5 ore giornaliere - questo sarebbe già possibile subito, trasformando una parte delle tante ore di sostituzione in orario ordinario; vogliamo il riconoscimento del 3° livello; il lavoro tutto l'anno; attrezzature di pulizia adeguate a difesa della nostra salute; distinzione di ore tra mansioni di ausiliariato e pulizia

Se non ci saranno risposte, incontri costruttivi, durante lo stato di agitazione si avvieremo iniziative di lotta.

Chiediamo un incontro diretto col sindaco Bitetti (o lo convoca o lo andremo a trovare noi).

BASTA A ESSERE TRATTATE COSI'! SE CI UNIAMO E SIAMO DETERMINATE VINCEREMO!

Martedì 16 settembre alle ore 16,30 assemblea in sede Slai cobas.

Lavoratrici asili SLAI COBAS

Commento: "Omiciattoli che odiano le donne e Stato borghese si danno la mano"

Ben detto!
A parole tutti bravi a voler ascoltare e tutelare le donne vittime di violenza.
Nei fatti non ci siamo proprio.
La magistratura deve essere formata sulla violenza maschile contro le donne. ci vogliono tribunali speciali e sentenze decorose e centrate, in grado di riconoscere e smantellare gli stereotipi che portano alla violenza. Con sentenze di questo tipo invece li rafforzano, creando precedenti molto pericolosi.
Se neanche in fin di vita veniamo rispettate, allora la giustizia a chi serve?
Avvocata Antonietta Ricci

11/09/25

Omiciattoli che odiano le donne e Stato borghese si danno la mano

Stupri dal nord al sud, di singoli uomini, di gruppo di ragazzi che "festeggiano" così la fine della scuola, come è accaduto a Malta da parte di miserabili ragazzini pugliesi in vacanza..
Lo fanno in gruppo per incitarsi l'un l'altro, e lo fanno cercando prima di rendere semi incosciente la ragazza, che però per fortuna, nonostante tutto, li ha denunciati.

Ma cosa troveranno in Tribunale? Un giudice che riconosce proprio nello stato della ragazza un'attenuante per gli stupratori? 

Purtroppo non sarebbe la prima volta.
Oggi sappiamo che a Torino - sempre quella maledetta Procura di Torino - in una sentenza per pesanti maltrattamenti di un ex marito, i giudici hanno scritto: «Non sono maltrattamenti, va compreso il contesto». Alla fine la colpa è della donna: "lei ha rotto il matrimonio”

Per lui solo un anno e mezzo di reclusione, con la condizionale, in primo grado, per l’uomo che nel luglio 2022 sferrò un pugno all’ex moglie, Lucia Regna, colpendola al volto fino causandole la frattura dell’orbita con un indebolimento della vista. La sentenza del tribunale ha escluso i maltrattamenti e riconosciuto solo le lesioni personali per quel singolo episodio - poi, neanche tanto grave...
La conclusione a cui sono giunti i giudici infatti è che si trattò di una spinta al viso con una mano». 

Frasi come «sei una puttana», «non vali niente», «non sei una madre» – rivolte alla moglie davanti ai figli – secondo i giudici sono frasi da ricondurre «nel loro specifico contesto», «l’amarezza per la dissoluzione della comunità domestica era umanamente comprensibile». Riguardo alle frasi, i giudici aggiungono che non si è di fronte al reato di maltrattamenti.

Ancora una volta, per questi giudici sessisti che dovrebbero essere cacciati, la colpa è sempre della donna che avrebbe "dissolto la comunità domestica". Quindi chi non salvaguarda la "comunità domestica" va punita, e se lo merita..., perchè per questo Stato borghese il ruolo centrale della donna è nella casa, nella famiglia. LEI E' LA COLPEVOLE, E NE DEVE SUBIRE LE CONSEGUENZE...

Cosa dice di questa vergognosa e patriarcalista sentenza la cosiddetta "donna" Meloni?! 

I due figli, che in aula stringevano la mano alla madre, non hanno dubbi: «Donne, denunciate subito», scrissero a scuola mostrando la foto della madre tumefatta. Oggi faticano a comprendere una decisione che, a loro giudizio, non restituisce giustizia.

SI' denunciate, ma questa fogna della Procura di Torino e altre fogne devono essere "bonificate" dalla mobilitazione delle donne.

07/09/25

Noi lavoratrici non possiamo essere mai zitte! Intervento della compagna del Mfpr al coordinamento nazionale Slai cobas sc


Sulla condizione delle lavoratrici. Ci sono alcune città che sono caratterizzate soprattutto da lotte di settori lavorativi, scuola, servizi, cooperative sociali, ecc., in cui la maggioranza dei lavoratori sono donne, come in Sicilia dove c'è un alto tasso di precarietà e di disoccupazione che al suo interno vede un'ampia fetta di donne coinvolte.

Per esempio, la lotta che noi portiamo avanti da anni a Palermo è quella in particolare delle precarie del settore delle cooperative sociali che è un settore a maggioranza donne; ma questa realtà della precarietà lavorativa delle donne è presente chiaramente in tutte le regioni del sud, Puglia, Campania, Calabria eccetera però è anche generale di tutto il paese.

La condizione delle donne e nello specifico delle lavoratrici subisce già un attacco generale dai padroni, dal governo. Un attacco che parte dall'aspetto economico quindi dall'aspetto lavoro/non lavoro ma che è strettamente legato all'aspetto politico e ideologico. Esso è andato avanti in tutti questi anni con i vari governi che si sono succeduti e viene aggravato oggi con il governo della "donna" Meloni, a dimostrazione che il fatto di essere donne non significa essere dalla parte delle donne, delle lavoratrici, perché sappiamo bene che non è il genere quello che comanda ma è la classe a cui si appartiene.

La questione del lavoro in particolare nelle regioni del sud è uno di quegli ambiti in cui il cosiddetto “gender gap”, come piace ai mass media dei padroni chiamarlo, cioè le differenze anche retributive sul lavoro, si manifesta con maggiore evidenza. Lo dicono le stesse statistiche borghesi, non abbiamo niente da inventarci.

Sono andata a leggere e prendere qualche dato dal rendiconto di genere del 2024 dell'Inps e già si vede che in questo paese a partire dal 2023 il tasso di occupazione femminile si è fermato al 52,5% rispetto al 70,4% degli uomini; le donne sono chiaramente meno impiegate in contratti a tempo indeterminato mentre sono più frequentemente impiegate in contratti precari, a termine e all'interno di questi anche part time. La questione del part time è legata a una scelta che spesso non è volontaria ma costretta, perché sappiamo bene che sulla maggioranza delle donne viene scaricato in maniera sempre più pesante il lavoro di cura; e oggi col maggior taglio dei servizi sociali – pensiamo al taglio che è stato fatto agli asili nido dopo che il governo Meloni aveva falsamente propagandato il loro aumento e addirittura la loro gratuità - il discorso del doppio lavoro, lavoro fuori casa e in famiglia diventa sempre più pesante.

Per il governo per i soldi da destinare ai padroni e alla guerra, per i piani di riarmo si deve tagliare sempre di più sulla sanità pubblica, sui servizi, sulla scuola pubblica.

Nel privato le lavoratrici a tempo indeterminato rappresentano soltanto il 40%. Ma se guardiamo nel pubblico, per esempio ad uno dei settori a maggioranza di lavoratrici donne quale quello della scuola, a dispetto di quello che dice il reazionario ministro Valditara, solo nel 2024/2025 il tasso di precarietà femminile è aumentato in maniera considerevole passando dal 12% al 24%.

Poi vi è tutta la fetta delle donne che non lavorano, distinte fra inoccupate e disoccupate, con tassi altissimi nelle regioni del sud, la Sicilia è una di queste. Il tasso di disoccupazione femminile nel 2025 in Italia è il più elevato rispetto alla media europea, cioè a gennaio 2025 il tasso di disoccupazione in Italia è pari all'8,2% rispetto a quello di tutta l'Unione Europea che è pari al 6%.

Quindi c'è tutta questa realtà davanti al governo Meloni che però anche nell'ultimo meeting a Rimini a cui ha partecipato si è allargata nuovamente sui risultati, sugli obiettivi che questo governo avrebbe raggiunto anche relativamente alle donne, alle lavoratrici; si tratta di dati palesemente falsi perché sono i fatti reali e concreti che dimostrano il contrario.

Per non parlare delle operaie, la cui condizione è assolutamente invisibile. Noi abbiamo fatto come lavoratrici Slai cobas sc delle inchieste tra le operaie che direttamente organizziamo, per esempio, a Bergamo le operaie della Montello, in provincia di Milano le operaie della Beretta, in maggioranza immigrate, che hanno fatto lotte esemplari, e che vivono una condizione difficilissima all'interno della fabbrica; inoltre, abbiamo fatto anche un lavoro di inchiesta diretta dalla Fiat di Melfi alla Stellantis a Torino. Attraverso l'esperienza diretta della lotta e questo lavoro di inchiesta è veramente venuta fuori una condizione di doppio sfruttamento, di precarietà, di difficoltà enorme per le operaie sotto ogni punto di vista, dalla conciliazione lavoro-famiglia, alla salute e sicurezza ma anche di discriminazione, perfino di molestie sul lavoro e di violenza sul lavoro.

Da queste inchieste sono venute fuori anche delle istanze chiarissime, una di queste, per esempio, è quella della trasformazione del lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, ma anche pari salario a parità di lavoro, la questione delle pause. Quando siamo andate a fare l'inchiesta alla Fiat di Melfi le operaie parlavano della questione del ciclo, le operaie praticamente non avevano neanche il tempo di arrivare ai bagni perché le pause erano sempre più brevi perché il padrone deve fare sempre più profitti e quindi aumentare i tempi di lavoro; e ricordo di operaie che si macchiavano le tute bianche perché appunto non avevano neanche il tempo di arrivare in bagno per cambiarsi. Su questo allora ci fu una lotta.

Ma tutta questa condizione delle operaie resta quasi invisibile. Per i sindacati confederali è come se non esistesse; quando indicono gli scioperi generali se si vanno a leggere le piattaforme c'è soltanto a volte un punto generico sulla questione delle lavoratrici; ma purtroppo lo stesso fanno molti sindacati di base; invece di entrare nel merito di una piattaforma concreta che, unitamente alle istanze che riguardano operai e operaie, prenda in considerazione la realtà specifica delle lavoratrici, per fare delle lotte sulle istanze specifiche delle operaie in questo caso.

Per esempio alla Beretta le operaie sono state discriminate e colpite sulla questione della maternità, cioè per avere i congedi di malattia del bambino venivano penalizzate nello stipendio, addirittura la Cgil ha fatto un accordo  di un aumento del salario pari a centesimi, cioè una cosa veramente vergognosa, e vi è stata la repressione contro le operaie organizzate con lo Slai cobas sc che hanno scioperato contro questo accordo.

Anche le operaie della Montello che sono organizzate con lo Slai cobas sc vivono tutta una serie di discriminazioni. Mi ricordo di un'operaia che raccontava che nonostante avesse titolo per poter guidare il muletto non lo poteva guidare perché quella era una mansione che doveva essere prerogativa dei maschi e non delle operaie donne.

Si tratta pertanto di una condizione di lavoro che peggiora di giorno in giorno.

La Meloni dice che grazie a lei l'occupazione femminile è aumentata, ma nello stesso tempo per questo governo noi donne contiamo in questa società solo se facciamo figli, se siamo macchine riproduttrici di figli, e oggi ancora di più questa concezione fascista avanza in Italia, collegata alla reazione che sta avanzando in tutto il mondo e la Meloni vediamo bene che è proprio la servetta di Trump. La Meloni dice che una donna che ha messo al mondo due figli ha dato un contributo importante alla società; ecco, questo racchiude proprio la concezione che questo governo ha delle donne.

Chiaramente poi i fatti concreti parlano e smentiscono nettamente su cosa fa concretamente il governo e come si tratti principlamente di una ideologia che vogliono imporre, quella del moderno fascismo e moderno medioevo che devono avanzare, e quindi tutte le falsificazioni sui bonus maternità, sull'assegno unico universale, ecc., cioè quelle misure che dovrebbero aiutare le lavoratrici a lavorare e a mettere al mondo figli, sono solo da un lato misure assolutamente di elemosina e dall’altro si tratta di misure da logica di guerra fra poveri perché sono soltanto indirizzate a singole fette di lavoratrici, quindi la maggioranza viene esclusa anche da queste misure ultra minime.

La propaganda continua contro il diritto di aborto e le misure concrete per attaccare l'applicazione della L.194,  non ultima l'impugnazione del governo della legge regionale in Sicilia che prevedeva un aumento dei medici non obiettori negli ospedali. 

E non ho ancora citato il lavoro in nero che c'è in Italia, con la condizione di tante badanti immigrate, o tante lavoratrici del commercio, servizi, che sono triplamente sfruttate e triplamente oppresse, eccetera eccetera.

Tutto questo noi lo raccogliamo quotidianamente attraverso le lotte che cerchiamo di organizzare e cercando di inserire le lotte anche specifiche immediate in un contesto più generale che deve avere al centro la lotta per rovesciare questo governo e la lotta contro la guerra, i piani di riarmo.

La mozione contro la guerra partita dalle fabbriche è stata presa nelle mani dalle lavoratrici. Per esempio a Palermo le lavoratrici precarie hanno portato questa mozione alla Fincantieri, perché la Fincantieri è una fabbrica che si sta proiettando sempre di più nell'economia di guerra, e qui da un atteggiamento iniziale da parte degli operai diffidente che ci dicevano: ma tu mi vuoi fare togliere il lavoro, poi si è passati ad un atteggiamento di attenzione, perché le precarie che hanno portato questa mozione nella semplicità hanno spiegato chiaramente i contenuti di questa mozione; alla fine gli operai la prendevano e hanno messo anche delle firme nella mozione. Quindi, questo scambio, da lavoratrici a lavoratori, è stato importante, è un'esperienza da generalizzare che fa capire, come ci insegna anche Lenin, che ci dobbiamo mettere in collegamento con tutti i settori lavorativi che devono lottare e ribellarsi contro il governo.

E’ poi molto importante il momento alto dello sciopero delle donne dell'8 marzo, dove tutte queste lotte delle lavoratrici confluiscono in una logica più ampia e più grande che è la lotta a 360 gradi perché “tutta la vita deve cambiare”.

Uno sciopero delle donne indetto in primis dallo Slai Cobas, che, però, a differenza di come fanno molti sindacati di base, non si limita alla mera indizione, ma si mette al servizio della lotta più generale delle donne e lavora poi concretamente perché le lavoratrici siano protagoniste; perché è un sindacato che proprio nel suo statuto ha tra i suoi punti il protagonismo delle donne lavoratrici che devono diventare uno dei cuori pulsanti della costruzione del sindacato di classe.

Anche l’8 marzo di quest'anno ha visto tante lavoratrici scioperare, seppur a livelli differenti, dal nord al sud. Le lavoratrici non sono mai state in un angolo, chiaramente siamo in un momento difficile quindi è sempre un quadro di lotte a macchia di leopardo. Però le lavoratrici non sono mai state zitte.

Il nostro sindacato Slai Cobas è un sindacato fondato sull'internazionalismo proletario, e, quindi, c’è un legame internazionalista con le altre lavoratrici che lottano nel mondo.

Oggi diciamo in particolare il nostro sindacato porta avanti la questione del legame con le donne palestinesi e quindi anche in relazione alle azioni che si faranno sulla questione dello sciopero del 7 ottobre noi lavoreremo vogliamo mandare un messaggio a tutte le lavoratrici nel nostro paese di essere sempre più legate alle donne palestinesi, e quindi di mettere anche le nostre lotte a sostegno della resistenza palestinese.

04/09/25

Donna accoltellata dal marito si difende e lo uccide, arrestata! per omicidio volontario. Per il governo fascista se ti difendi per non essere uccisa, non è legittima difesa e sei arrestata. Governo Meloni! Moderno medioevo vi spazzeremo via!

...Una volta tanto...
Luigi Sannino
L’omicidio a Forcella. La donna, ferita all’addome, ha raccontato di essersi difesa con un coltello da cucina e di aver subito altre aggressioni in passato. Ricoverata e dimessa, è stata poi trasferita in carcere
04 Settembre 2025
Omicidio nella notte in un appartamento a Forcella, in via Sant'Arcangelo a Baiano. Ciro Rapuano, meccanico di 59 anni, è stato ucciso dalla moglie nel corso di una lite furibonda scoppiata intorno alle 2.
La donna, Lucia Salemme, casalinga di un anno più giovane ha raccontato di essere stata aggredita dal marito con un coltello. Per difendersi ha reagito con prontezza: ne ha preso un altro dal cassetto della cucina colpendo a sua volta l'uomo al torace mortalmente. Ricoverata in prognosi riservata ma non in pericolo di vita, la 58enne è stata poi interrogata dal pm in ospedale e dimessa: arrestata dalla polizia, è stata trasferita nel carcere di Secondigliano. Salemme ha dichiarato di essere stata già in passato vittima di minacce e aggressioni da parte del marito e di non aver mai denunciato.
L’omicidio e le indagini
In casa c'era la figlia 28enne della coppia: stava dormendo e ed è accorsa sentendo le grida: ha trovato il padre esanime in camera da letto e la madre sanguinante e in lacrime, ma lucida.
La 58enne ha chiamato il 113 raccontando la violenta aggressione e confessando il delitto. Gli agenti hanno trovato il cadavere dell’uomo in camera da letto con numerose coltellate e sequestrato due grossi coltelli da cucina.

Terremoto Afghanistan, il dramma delle donne bloccate in casa: “Nessuno le può toccare e portare in ospedale” - Info

Da fanpage
Oltre 1400 morti e più di 3mila feriti: è il bilancio del terremoto che ha colpito l’Afghanistan. In questo scenario di emergenza, sono le donne, ancora una volta, a pagare le conseguenze di una società che ha tolto loro ogni diritto, che impedisce loro di muoversi liberamente per le strade, studiare, lavorare, vivere delle vite normali. A Fanpage.it parla Luca Lo Presti, presidente della Fondazione Pangea Onlus: “Le case sono crollate mentre erano bloccate all’interno. E nessuno sta portando in ospedale quelle che non sono morte”.
"...molte sono morte perché, anche durante le scosse, si trovavano chiuse in casa". E, come ci riferiscono i colleghi afghani che sono lì, nessuno sta portando in ospedale quelle che non sono morte perché le donne da sole non possono essere toccate, nessuno ci può parlare, non possono essere curate".
"Quelle che sono arrivate in ospedale perché accompagnate, magari anche solo da un figlio maschio, non vengono curate perché non ci sono dottoresse donne. È un disastro", aggiunge ancora Lo Presti.
"Non ci sono operatori che portino le donne in ospedale perché se è morto il marito o il figlio maschio e sono rimaste senza nessuno, se l'uomo è disperso e la donna è ferita, la lasciano lì perché nessuno può caricarla e portarla via, se non c'è personale sanitario medico e paramedico femminile".
"La cosa che è cambiata in maniera strutturale è che quelle che erano leggi tribali, quindi orali, oggi sono scritte, sono legge. – ci racconta Lo Presti – Per 20 anni con la Repubblica, anche se nelle zone rurali e montuose, nelle zone più remote, venivano comunque applicate le regole della sharia contro le donne, queste erano considerate fuori legge".
"...Oggi la legge non c'è più. Oltre alle leggi dei ministri talebani contro le donne, c'è la legge degli uomini per la strada. E tutto quello che a un uomo viene in mente di fare contro la donna è lecito". 
"Ora non c'è nessuna legge a favore delle donne. Sono ricominciate, e sono notizie che ho ricevuto pochi giorni fa, specie a Sud del Paese, le fustigazioni per strada con accuse assurde, come quelle di adulterio, mai provate".
"Ma come può una donna essere adultera in quel Paese? – commenta il presidente – Ma neanche viene voglia di innamorarsi di un uomo. Perché mai dovrebbe? Il marito dice che la moglie lo ha tradito e quindi viene lapidata in piazza, piuttosto che riceve 50 o 100 frustate. Magari perché l'uomo si vuole liberare di lei perché vuole prendere un'altra moglie".
"...Quando andiamo a fare gli incontri al Ministero, le colleghe parlano e il ministro risponde a me. E quando ci salutiamo alla fine dell'incontro, mi abbracciano mentre a loro gli fanno un gesto con la mano, come per dire: ‘Andatevene via, non dovevate neanche essere qui'"...

03/09/25

Il Quaderno/raccolta dei fogli del Mfpr è pronto - Intervento della compagna responsabile del Mfpr

Quest'anno festeggiamo il trentesimo anniversario del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario: giugno 1995, giugno 2025.
Sono trent'anni di lotta, portati bene.
A Palermo nel 2015 abbiamo, con un bellissimo seminario molto partecipato di lavoratrici, compagne, simpatizzanti, si fece un seminario per festeggiare i vent'anni dalla nascita del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario.
Da quel seminario ad oggi sono passati altri dieci anni in cui è avanzato questo percorso che abbiamo definito non facile, perché sempre siamo con i piedi per terra, ma sicuramente entusiasmante, che ci ha portato ad oggi. 
Quindi altri nuovi dieci anni di nuove lotte, di nuova esperienza, con una lotta a 360 gradi che ha toccato tutti gli ambiti di questo sistema capitalista e imperialista che fa del doppio sfruttamento e della doppia oppressione delle donne una delle sue basi per la sua conservazione e perpetuazione.
Il riferimento principale sono state sempre le donne proletarie, le lavoratrici, le disoccupate, le operaie, le immigrate, ma anche le giovani ribelli, e tutte le donne che lottano nel mondo e combattono contro questo sistema sociale che genera sfruttamento, oppressione, repressione, miseria, violenza, femminicidi, genocidi. 
Vanno restituiti questi dieci anni. C'era bisogno di evitare che si potessero disperdere tutte le nuove azioni di lotta che si sono messe in campo in questi dieci anni, considerando i tre tipi di lotta: la lotta economica, la lotta politica e la lotta teorica, che ha visto il susseguirsi di tantissime iniziative, di scioperi, di assemblee, di presidi, di iniziative, di locandine, di volantini, fogli, documenti, ecc. Non potevamo far disperdere tutto questo patrimonio.
Quindi anche per estendere, dare continuità a questo filo rosso, partito dal 1995, e anche per rafforzare questo filo rosso, abbiamo raccolto tutti i fogli che l'MFPR ha prodotto in questi dieci anni in un nuovo quaderno. Il primo quaderno che è stato fatto restituiva i primi vent'anni dell'MFPR.
Una raccolta di fogli che non sono solo semplici pezzi di carta che si distribuiscono al momento, nelle iniziative, ma fogli vivi perché da un lato sono espressione delle lotte che si sono messe in campo, sia quelle che abbiamo organizzato direttamente con le lavoratrici, con le proletarie, sia le lotte che abbiamo sostenuto perché significative nell'ambito della generale battaglia delle donne; dall'altro contengono la denuncia politica sui vari attacchi che si subiscono nei vari ambiti, dalla violenza sessuale contro le donne, con il terribile aumento dei femminicidi, alla questione dell'attacco al diritto d'aborto, alla repressione delle donne, movimenti femministi che lottano, ecc.
Ma sono fogli - abbiamo fatto anche dei numeri speciali - in cui abbiamo sviluppato una battaglia ideologica e teorica verso quelle tendenze, oggi rappresentate soprattutto dal femminismo piccolo borghese, che mirano a deviare la lotta necessaria, sempre più oggi, per la maggioranza delle donne: il percorso rivoluzionario di lotta.
Quindi, per collegare queste battaglie, estenderle e rafforzarle abbiamo fatto il nuovo quaderno.
Abbiamo avuto delle difficoltà per stamparli perché in pieno ferragosto non era facile, ma la cosa bella è stata che chi ce li ha stampati ha voluto anche contribuire a questa tappa importante del percorso delle donne, non facendoci pagare la versione grande della raccolta che sarà presente nelle sedi del Mfpr.
Le altre raccolte sono in formato A4. Dobbiamo diffonderle, portarle laddove agiamo, proprio perché non stiamo parlando di "carta morta" che si racchiude in un cassetto, ma di lotta viva che abbiamo portato avanti in tutti questi anni a 360°, perchè sia la risposta che noi donne dobbiamo mettere in campo contro l'attacco che a 360° ci viene scagliato dai padroni, dal governo, oggi in particolare dal governo moderno fascista Meloni che vuole farci avanzare in un moderno medioevo.
Questa attività pone la necessità strategica della prospettiva rivoluzionaria per la maggioranza delle donne che devono essere protagoniste di questo percorso, di questa prospettiva rivoluzionaria. 
Si tratta, come dice il titolo della raccolta, di una "Marcia in più delle donne" che pone l'inconciliabilità della lotta delle donne, proletarie in primis, con il riformismo.
La condizioni di doppia oppressione che subiamo in questa società ci devono dare quella marcia in più. E in questo percorso le donne proletarie possono e devono diventare anche un'avanguardia del movimento più generale delle donne.
Siamo molto contente di questa nuova tappa che abbiamo raggiunto
Il movimento femminista proletario rivoluzionario non è solo la lotta, ma anche una concezione, una politica, una teoria, una prassi per avanzare nel percorso che ci deve portare a una reale liberazione delle donne. 
Questo Quaderno/raccolta si può richiedere a: mfpr.naz@gmail.com o WA 3408429376, inviando un piccolo contributo di 5 euro.
30 anni di MFPR non sono facili però è un percorso entusiasmante ed era giusto ricordarli in questo senso.