La dimensione della violenza e degli omicidi di donne mostra in maniera evidente che non si tratta affatto di singoli episodi in cui le ragioni vanno trovate nella condizione specifica, ma di una condizione generale delle donne.
La società imperialista è arrivata ad un grado di putrefazione, in cui l'oppressione verso la donna, che sempre è la cartina di tornasole del grado di inciviltà del sistema sociale, assume la forma della violenza, della brutalità. Non si tratta che questo sistema sociale non fa nulla per impedire violenze e omicidi, ma si tratta che è esso la causa principale delle violenze e omicidi.
La maggior parte degli omicidi, delle violenze avvengono all'interno della famiglia o dei rapporti di coppia. Esse trovano ragione in una famiglia sempre più "esaltata" da Governi, Chiesa, partiti borghesi che ne fanno luogo di conservazione di questo sistema sociale e quindi un suo importante puntello; famiglia come ammortizzatore sociale delle contraddizioni sempre più laceranti della società imperialista, famiglia che lenisce le "ferite", che addomestica, controlla, normalizza le spinte di rottura; una "istituzione" di difesa/sicurezza/ordine, di chiusura verso l'esterno considerato "il male". Tornano tutti gli aspetti di oppressione della donna nella famiglia, ma in peggio, perché interni concezioni da moderno fascismo/medioevo, in cui l'aspetto più evidente è la diffusione di un individualismo disperante che non fa considerare la persona essere sociale, parte e in rapporti con le altre persone, uomini e donne, ma un singolo individuo che arriva a considerare "umani" i suoi istinti bestiali e "bestiali" i desideri umani delle persone, e in primo luogo delle donne.
Questa realtà non ha soluzione se non in una rottura rivoluzionaria di questo sistema ormai pieno di metastasi.
Non una lotta per chiedere provvedimenti a chi ne è causa, ma una lotta per far sentire ad ogni donna la forza collettiva delle donne "per ogni donna stuprata e offesa siamo tute parte lesa": come se ogni violentatore trovasse sotto la sua casa una ma tante donne.
Una lotta contro: il sistema sociale, lo Stato, e tutte le sue propaggini culturali, ideologiche, parte integrante della lotta generale rivoluzionaria per rovesciare lo stato di cose esistente.
La maggior parte degli omicidi, delle violenze avvengono all'interno della famiglia o dei rapporti di coppia. Esse trovano ragione in una famiglia sempre più "esaltata" da Governi, Chiesa, partiti borghesi che ne fanno luogo di conservazione di questo sistema sociale e quindi un suo importante puntello; famiglia come ammortizzatore sociale delle contraddizioni sempre più laceranti della società imperialista, famiglia che lenisce le "ferite", che addomestica, controlla, normalizza le spinte di rottura; una "istituzione" di difesa/sicurezza/ordine, di chiusura verso l'esterno considerato "il male". Tornano tutti gli aspetti di oppressione della donna nella famiglia, ma in peggio, perché interni concezioni da moderno fascismo/medioevo, in cui l'aspetto più evidente è la diffusione di un individualismo disperante che non fa considerare la persona essere sociale, parte e in rapporti con le altre persone, uomini e donne, ma un singolo individuo che arriva a considerare "umani" i suoi istinti bestiali e "bestiali" i desideri umani delle persone, e in primo luogo delle donne.
Questa realtà non ha soluzione se non in una rottura rivoluzionaria di questo sistema ormai pieno di metastasi.
Non una lotta per chiedere provvedimenti a chi ne è causa, ma una lotta per far sentire ad ogni donna la forza collettiva delle donne "per ogni donna stuprata e offesa siamo tute parte lesa": come se ogni violentatore trovasse sotto la sua casa una ma tante donne.
Una lotta contro: il sistema sociale, lo Stato, e tutte le sue propaggini culturali, ideologiche, parte integrante della lotta generale rivoluzionaria per rovesciare lo stato di cose esistente.
movimento femminista proletario rivoluzionario
25-11-08
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