08/12/25

Formazione rivoluzionaria delle Donne - Tendenze nel movimento femminista in Italia, oggi - Nudm - 1° parte

Questo testo di analisi critica delle posizioni di Nudm è contenuto sempre in questo opuscolo. Oggi pubblichiamo una prima parte, con le parti più significative di questo lavoro teorico.

La seconda parte sarà pubblicata la prossima settimana.

L'opuscolo "360" contiene tanti altri importanti testi, che affrontano una serie di altre questioni teorico, ideologiche, politiche che sono attuali nel dibattito e lotta di posizione nel movimento femminista.

Per richiedere l'opuscolo scrivere a: mfpr.naz@gmail.com o WA 3408429376

Da dove nasce il movimento Nudm in Italia

In Italia a partire dal 2016 si è sviluppato un grande movimento di donne che si è incarnato principalmente nella realtà di NUDM.

Il fatto che Nudm, oggi, per la composizione di classe, rifletta principalmente le concezioni/posizioni di fondo e generali del femminismo e sia quindi espressione e sintesi delle sue varie facce, ci permette di fare questa analisi riferendoci a Nudm;

Nei primi mesi del 2014 a Roma vari collettivi femministi, alcuni provenienti principalmente dall’esperienza delle occupazioni di case, decisero di costituirsi in rete e assunsero il nome “Io Decido”, facendo riferimento alle donne spagnole che lottavano per la libertà di scelta in materia di procreazione. Nelle prime assemblee costitutive venne messo al centro il concetto del partire da sé e della relazione tra donne fuori da meccanismi gerarchici di potere; da qui l’importanza data ai momenti assembleari come unici luoghi delle decisioni.

Altro elemento era la volontà di costruire un soggetto collettivo intersezionale, capace cioè di connettersi con i molteplici aspetti della soggettività e forme di oppressione imposte dall’attuale sistema sociale, rifiutando il binarismo sessuale, uomo-donna, e l’eterosessualità come norma imposta socialmente, ma collegandosi alle lotte delle soggettività lesbiche, gay, transessuali, bisessuali attorno al movimento LGTB-queer...

Nel corso di due anni furono organizzate molteplici iniziative, per esempio contro l’obiezione di coscienza di medici e farmacisti, per l’applicazione della 194 e il rilancio dei consultori ecc.

Il 29 maggio del 2016 a Roma ci fu il femminicidio di una ragazza di 22 anni, Sara Di Pietrantonio, uccisa e bruciata dall’ex fidanzato che fece scattare a livello nazionale una forte indignazione per la sua crudeltà. Si sentiva forte l’urgenza di trovare forme nuove per lottare contro una realtà concreta fatta purtroppo di femminicidi, di stupri e di violenza ormai quotidiana e di unire le varie realtà impegnate su questo fronte.

Da qui l’obiettivo della costruzione di una rete nazionale… il nome poi scelto di “Non una di meno” era in collegamento con il movimento “Ni una menos” delle donne argentine.

Si è man mano formato un vero e proprio movimento che è entrato nella scena pubblica a livello nazionale con la prima e grande manifestazione del 25 novembre a Roma contro la “violenza maschile sulle donne”, cui è seguita l’indomani, il 27 novembre, la prima assemblea nazionale con l’obiettivo annunciato della stesura di un Piano nazionale femminista contro la violenza maschile sulle donne costruito dal basso attraverso una pratica politica orizzontale.

Dopo la prima manifestazione nazionale, diverse iniziative sono seguite con lo sviluppo della varie diramazioni territoriali di NUDM in tante città sul tema della violenza/femminicidi, contro le sentenze sessiste dei tribunali, sul tema dell’aborto e contro la disapplicazione della 194; antirazziste, fino ad arrivare all’assunzione a livello di movimento nel 2017 della parola d’ordine dello sciopero delle donne (che in Italia l’Mfpr aveva lanciato e concretizzato in primo evento storico ed eccezionale già a partire dal 2013), anche sulla spinta propulsiva dell’appello della donne argentine e polacche di organizzare lo sciopero l’8 marzo in tutto il mondo, uno sciopero scrive NUDM “…che riconnettesse sfera pubblica e sfera privata, produzione e riproduzione…”.

In merito a queste mobilitazioni, iniziative, manifestazioni che hanno portato in piazza centinaia di migliaia di donne abbiamo scritto: “I fatti sono sempre più duri e più veri delle parole, e ci riferiamo ai ‘buoni fatti’ della combattiva opposizione al governo e alle politiche fasciste/populiste/ sessiste/razziste del movimento NUDM, ma le parole non vanno sottovalutate... necessità della lotta anche rispetto alle parole, alle ideologie, alle teorie che li accompagnano e che prima o poi possono tornare ad influire sui fatti, perché sono espressioni di classi, e in questo caso della piccola borghesia maggioritaria come concezioni, ideologia e conseguente prassi nel movimento…”.

...Un movimento che porta in piazza centinaia di migliaia di donne non si può far finta di non vederlo, o liquidarlo tout court in modo superficiale o infantile dicendo che in quel movimento sono tutte piccolo borghesi e pertanto le proletarie, le lavoratrici, le operaie non se ne devono interessare.

Ma partecipare e agire nel movimento pensando che in quanto donne siamo meccanicamente tutte uguali e unite sugli stessi obiettivi e linea di lotta, è altrettanto sbagliato, significa cadere nella rete dell’idealismo dell’opportunismo, perché in questa società capitalista divisa in classi le donne non sono tutte uguali, le donne sono borghesi, sono piccolo-borghesi, sono proletarie, e come ha affermato Mariategui, il fondatore del Partito Comunista Peruviano, che ha analizzato la questione delle donne a partire dalla condizione di oppressione nel suo paese, “…attualmente la classe distingue gli individui più del sesso… le donne sono reazionarie, centriste o rivoluzionarie e di conseguenza non possono combattere la stessa battaglia”. Il femminismo, quindi, non è una cosa unica, c’è il femminismo borghese, piccolo borghese e il femminismo proletario.

Il piano femminista

...Non Una Di Meno, in occasione della prima grande manifestazione del 25 novembre 2016 annunciò la presentazione del «Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere», ponendolo come obiettivo di fase...

La filosofia di questo piano è quella di voler migliorare/cambiare dall'interno questo sistema borghese, imperialista… Si persegue una trasformazione culturale e politica, che avverrebbe principalmente sul piano delle idee, dell'educazione.

Sulle illusioni di poter cambiare le idee, senza rovesciare il sistema capitalista, la classe borghese dominante, già tanti anni fa Marx ed Engels hanno detto parole definitive: "Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché a essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio (...)". [Marx Engels, L'ideologia tedesca]

Circa i tre quarti dell’intero piano femminista contro la violenza maschile sulle donne, sono incentrati su una trasformazione culturale e politica della società, sul potenziamento di consultori e CAV “laici e femministi”, il riconoscimento di quelli autogestiti dalle donne e il loro intervento formativo/educativo a vari livelli (scuole, nidi e università, istituzioni politiche, media e industria culturale, aziende, luoghi di lavoro, ASL, magistratura, avvocati, consulenti, forze dell’ordine, polizia penitenziaria ecc… E su intervenire sulle dinamiche strutturali da cui origina la violenza maschile e di genere sulle donne”...

Sulla questione della violenza sessuale, si dice che la "violenza è strutturale" solo per dire che non è frutto di individui ma è insita nella società, nella famiglia, ecc. Un pò poco decisamente.

Non si fa un'analisi di classe di questa società, non si denuncia che è questo sistema capitalista la causa principe inevitabile, e che quindi non si può chiedere allo stesso sistema di non essere tale, e di conseguenza non si fa, anzi si contrasta, una lotta delle donne che abbia come prospettiva il rovesciamento della società capitalista.

Non si spiega mai, in maniera esplicita, l’origine del patriarcato. Certo, si “riconosce l’intreccio tra la matrice patriarcale e quella capitalista delle oppressioni”, e si dice: “la violenza di genere non è un’eccezione o un’emergenza del momento, ma il prodotto del patriarcato che ha una storia millenaria.

Patriarcato che nel sistema capitalistico ha trovato nuova linfa vitale, a partire dalla divisione sessuale del lavoro che ha relegato le donne dapprima nella dimensione domestica - facendo così della famiglia etero-normata e mononucleare il cardine della riproduzione sociale -, in secondo luogo includendole nel mercato del lavoro al prezzo di nuove violenze, disparità e ingiustizie”; ma questa affermazione è in realtà un insidioso sofisma, che crea confusione, sia sull’origine del patriarcato, sia su quella del sistema capitalistico, e stride con l’analisi storico-materialistica della condizione di oppressione delle donne.

(L’analisi storico materialistica di Engels e Marx dimostra che c’è stato tutto un lungo periodo, dallo stato selvaggio alla fase barbara, in cui veniva riconosciuto il ruolo centrale della donna, come determinante nel sistema sociale. I mezzi di produzione (terra, strumenti rudimentali) erano di proprietà collettiva e i beni equamente distribuiti.
Nell’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato Engels dimostra che nella società di tipo comunistico la differenza sessuale non era fonte di disuguaglianza, le donne non erano in condizione di subalternità.
Con lo sviluppo della proprietà privata legata allo sviluppo degli strumenti di produzione che portarono ad un progressivo accumulo di beni oltre la necessità immediata, si pone l’esigenza di tramandare ai figli maschi questa proprietà, “le ricchezze, nella misura in cui si accrescevano, da una parte davano all’uomo una posizione nella famiglia più importante di quella della donna, dall’altro lo stimolavano ad utilizzare la sua rafforzata posizione per abrogare, a vantaggio dei figli maschi la successione tradizionale…”. Dal diritto materno si passa a quello paterno e la prima divisione del lavoro è la divisione tra uomo e donna.
La nascita della proprietà privata e il conseguente passaggio dal matriarcato al patriarcato pone per le donne la base storico-materialistica della condizione di oppressione e subordinazione “segna la sconfitta sul piano storico universale del sesso femminile”, “la monogamia fu la prima forma di famiglia (patriarcale) che non fosse fondata su condizioni naturali ma economiche, precisamente una vittoria della proprietà privata sulla originaria e spontanea proprietà comune… essa appare come un soggiogamento di un sesso sull’altro… la prima divisione del lavoro è quella tra uomo e donna per la procreazione dei figli…” 
(Marx) la prima forma di antagonismo fu quella tra uomo e donna”.)

Questa ambiguità di fondo è corroborata anche dalla parte introduttiva del piano di NUDM, quando si afferma che “La violenza maschile è espressione diretta dell’oppressione che risponde al nome di patriarcato, sistema di potere maschile che a livello materiale e simbolico ha permeato la cultura, la politica, le relazioni pubbliche e private. Oppressione e ineguaglianza di genere non hanno quindi un carattere sporadico o eccezionale: al contrario, strutturale. Non sono fenomeni che riguardano la sola sfera delle relazioni interpersonali, piuttosto pervadono e innervano l’intera società... Il patriarcato, e dunque la violenza maschile, sono inoltre da sempre funzionali alle logiche del profitto e dell’accumulazione capitalistica, all’organizzazione della società secondo rapporti di sfruttamento”. Con questo paralogismo, sembrerebbe che la divisione della società in classi, e quindi l’origine del patriarcato, sia in realtà indipendente dal sistema capitalista, quasi fosse un “di più”, che merita di essere menzionato solo a fine discorso.

Anuradha Ghandy nel suo libro, analizzando il femminismo radicale che al suo interno racchiude diverse tendenze o sottotendenze tra cui quella del femminismo culturale, scrive: “…mentre si formulano critiche estremamente forti sulla struttura patriarcale – della società – le soluzioni che si offrono sono di fatto riformiste… anche se hanno iniziato analizzando l’intero sistema – affermando che si deve trasformare e cambiare – la loro linea di analisi li porta in canali riformisti…”.

La linea ideologica/teorica alla base del «Piano femminista” di NUDM rientra in questa analisi, perché accanto all’affermazione che la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere sono sistemiche, strutturali, cioè insite nel sistema capitalista etero-patriarcale, le “soluzioni” proposte vanno nella direzione invece di voler cambiare dall'interno questo sistema borghese.


(CONTINUA)

04/12/25

Educazione sessuo-affettiva nelle scuole... Papà non vuole mamma nemmeno...

Papà non vuole

"Babbo non vuole mamma nemmeno come faremo a fare l'amor..." diceva una canzone popolare di più di 50 anni fa...
Ecco, sull'educazione sessuo-affettiva, così come fatta dal governo/Min. Valditara, siamo tornati a più di 50 anni fa. Dato che l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole, vietata per le primarie, per le medie e superiori deve avere il SI' di "babbo e mamma" (altrimenti non si fa).
Non a caso l'associazione Pro Vita "saluta con entusiasmo" il voto alla Camera.
"Una legge - scrive giustamente Il manifesto - con il chiaro marchio di «Dio, patria e famiglia»; e rivendicata ieri come tale dal deputato leghista Rossano Sasso a Montecitorio dicendo che tale slogan "è un credo che guida la nostra azione politica». 
Aggiunge poi, allargando lo scopo della legge:  «Con questa legge diciamo basta all’ideologia gender, alla bolla woke, non sarà più consentito agli attivisti politici di fare propaganda politica a scuola. Che se la facciano nelle loro sedi di partito», "la sinistra continuerebbe a portare nelle scuole «drag queen e pornoattori, gente che dovrebbe continuare, secondo loro, a poter parlare a bambini di fluidità sessuale, utero in affitto, confusione sessuale».
Per Sasso gli "attivisti politici" devono essere i loro "esperti" appartenenti alle associazioni come Pro Vita, Family Day, cattoliche integraliste che hanno detto chiaramente "il nostro obiettivo è impedire del tutto che attivisti politici travestiti da esperti del nulla entrino nelle scuole per trasformare le classi in sezioni di partito, circoli transfemministi o sedi Lgbt» E concludendo: «Questo risultato è il massimo della democrazia in ambito scolastico».
Il "massimo della democrazia" è quindi reprimere esperti, insegnanti, associazioni laiche decisi dalla studentesse e studenti.  
Anche una legge che potrebbe essere permissiva, "innovativa", con questo governo si caricherà di un forte peso repressivo, decidendo esso cosa è democrazia e cosa non deve esserlo. Questo è fascismo.
Ancora. Sasso rispondendo alle critiche delle opposizioni, con argomentazioni (rispetto a cui le "chiacchiere da bar" sembrano tesi filosofiche) da ultimo della classe in 'storia', ha detto che quelle critiche erano mosse "da una visione ideologica «per la quale lo Stato deve pensare all’educazione, come succede a Cuba, come succede in Venezuela, come succede in Iran. Lo Stato viene dopo, perché noi crediamo nel primato educativo della famiglia»
La famiglia?! Quale famiglia? Quella che uccide ogni 3 giorni donne, mogli, madri, figlie? Quella che considera le figlie come "proprietà privata" e deve decidere delle loro scelte, della loro vita? - "la difesa a spada tratta della famiglia nel bosco di Chieti è stato l’ultimo episodio in ordine di tempo" scrive il manifesto. 
E per concludere, questo miserabile parlamentare leghista fa un miscuglio da bassa demagogia, tra attacco agli insegnanti con cervello in testa e ricordo improvviso della condizione di "povere donne proletarie". «mi chiedo - ha detto questo "esperto" - è autonomia scolastica quando si giustifica, con la diffusione di fumetti, l’abominio della compravendita di bambini, sfruttando povere donne proletarie che utilizzano la propria maternità per vendere figli a gente che confonde i diritti con i propri capricci?» E tornando al "caro" slogan «Dio, patria e famiglia» ha chiarito definitivamente «per il mio gruppo e penso tutti i colleghi del centrodestra è un credo che guida la nostra azione politica»...
Stiamo veramente a posto...
Che riflettano le femministe che pongono al centro, a volte come unica via contro femminicidi, violenza sessuale contro le donne, l'educazione sessuo-affettiva nelle scuole. In questa scuola di Valditara anche l'educazione diventa sotto-cultura catto-integralista, repressiva, moderno fascista.
Perchè la scuola sia altro, bisogna lottare contro questa scuola, ma soprattutto contro questo governo, questo sistema sociale che fomenta una concezione e prassi fascista, moderno patriarcalista verso le donne. Non è una legge che risolve la violenza sessuale, la morte delle nostre sorelle, è la rivoluzione per rovesciare questo sistema capitalista di morti viventi. 

PS - a proposito dell' "utero in affitto" invitiamo a rileggere un commento fatto tempo fa https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/2023/06/proposta-di-legge-di-fdi-sulla.html

100 donne morte per il lavoro quest'anno

Carlo Soricelli aggiorna la tragica lista delle persone morte a novembre. Fra loro troppi anziani, costretti a lavorare, come mostra la storia “esemplare” di Giorgio Canetti… L’Osservatorio di Bologna chiede aiuto per realizzare due progetti: un docufilm e una “piramide” per non dimenticare.

Il mese si conclude con oltre 100 morti complessivi, 72 di questi sui luoghi di lavoro. Quello che colpisce di più è la terribile sequenza di donne che sono morte in itinere, 5 negli ultimi 5 giorni, già più di 100 le donne morte dall’inizio dell’anno. 

Nelle fotografie due di loro: Loredana Abbonizio e Benedetta Tralli

03/12/25

Massima solidarietà a Francesca Albanese - Da Controinformazione rossoperaia ORE 12 del 2 dicembre

Nella giornata di venerdì 28 nov., durante lo sciopero generale, un centinaio di manifestanti hanno fatto irruzione nella sede de “La Stampa”, giornale di Torino, al grido di “Free Palestine” denunciando in modo concreto mediante scritte con vernice spray, letame lanciato contro i cancelli, la complicità dei giornalisti in riferimento sia al genocidio in corso in Palestina e in riferimento all'arresto in CPR di Mohammed Said.

Rispetto a questo episodio la relatrice delle Nazioni unite, Francesca Albanese, ha commentato il fatto condannando l'aggressione e aggiungendo che questo evento “sia un monito per i giornalisti”.

Questa frase ha generato un'indignazione collettiva, un’insurrezione generale contro la relatrice delle Nazioni Unite, una serie di insulti nei suoi confronti considerata una fondamentalista, una istigatrice a delinquere ed un linciaggio senza uguali, che parte da lontano nel senso che già da due anni la stessa subisce insulti, aggressioni verbali, minimizzazione e screditamento dei contenuti che lei porta avanti; ma il fango e lo squallore disgustoso che si sta alimentando dopo questa frase da parte di pennivendoli al soldo di colonialisti e sionisti che oggi continuano a non raccontare che a Gaza non c'è alcuna tregua, non c’è alcuna pace, è veramente riprovevole.

Qualche giorno fa prima di questo episodio specifico Francesca Albanese era stata accusata di essere una strega dedita ai sortilegi. Ovviamente nessuna meraviglia di fronte a questo tipo di insulto perché proviene da chi da sempre si professa amico di uno Stato che da 58 anni occupa illegalmente, ferocemente territori non suoi e che mostra indifferenza se non un sovrano disprezzo per un popolo vittima di un genocidio.

In realtà non vi è nessuno scandalo nelle parole pronunciate dalla relatrice internazionale, perché fanno veramente disgusto i giornalisti che non raccontano oggi che a Gaza non c'è alcuna tregua, che non si pentono del fatto di avere iniziato a raccontare il genocidio solo dopo il 5000° bambino ammazzato. Se considerassimo questo, capiremmo che non vi è appunto nessuno scandalo nelle parole della relatrice internazionale anche perché l'Italia si colloca in una posizione veramente bassa in termini di libertà di stampa. Tra l'altro l'ultima perla di questa gogna mediatica contro la relatrice è offerta oggi dal personaggio Parenzo che propone una denuncia all'Albanese “per istigazione all'odio”, di contro potremmo denunciare i giornalisti “per omissione del loro obblighi e doveri di informare” e di raccontare la realtà così come sta avvenendo.

Le motivazioni di questa canea mediatica sono facilmente riconducibili al fatto che sono due anni che la relatrice internazionale sta svegliando il mondo dicendo che il popolo palestinese è vittima di un genocidio. Sono tre anni che per le Nazioni Unite racconta la violenza culturale continua, ossessiva, oppressiva nei confronti del popolo palestinese. Sono tre anni che racconta che la Palestina sta sparendo dalle mappe geografiche, che l'occupazione militare più lunga e violenta della storia moderna è una occupazione che sventra la vita dei palestinesi. Sono due anni che denuncia le complicità dei governi occidentali con uno Stato che perpetra il crimine di apartheid e continua ad uccidere.

Il genocidio non si è fermato e continua la pulizia etnica lontano dall'occhio vigile di tutti noi e questo non lo possiamo permettere e non lo possiamo far succedere al popolo palestinese che a casa muore nel fango della mancanza di dignità, di acqua, di cibo. Questo sta succedendo ma nulla di tutto ciò viene raccontato dalla maggiorparte dei giornalisti. Con la sua incessante denuncia dei crimini che stanno avvenendo in Palestina la relatrice ci ha fatto capire che l'economia della guerra che sta massacrando i palestinesi è la stessa che sta erodendo i diritti fondamentali di tutti i paesi occidentali e anche dell’Italia e la stampa occidentale compresa quella italiana non sta facendo il suo lavoro, anzi sta compiendo un pessimo lavoro indegno, complice di un disastro, di un massacro di bambini, dei loro genitori di tutto quello che avevano, che era vita e che non c’è più.

Questa complicità segna anche la fine dei nostri diritti ed è per questo che è importantissimo legare la protesta contro il genocidio dei palestinesi alla protesta contro un nuovo male per nulla banale che stermina inermi, colonizza istituzioni, svuota i processi democratici e si arricchisce costruendo le fondamenta di un nuovo fascismo sovranazionale.

Nel suo secondo rapporto Francesca Albanese inchioda i governi degli Stati Uniti alle loro responsabilità, non fosse stato per loro il genocidio non sarebbe stato attuabile. Gli Stati Uniti hanno effettuato 742 spedizioni di armi e munizioni, approvato decine di miliardi di nuove vendite, le amministrazioni Biden e Trump hanno ridotto la trasparenza, accelerato i trasferimenti attraverso ripetuti approvazioni di emergenza, facilitato l'accesso israeliano alle scorte di armi statunitensi detenute all'estero e autorizzato centinaia di vendite. Sia l'amministrazione Biden che quella Trump hanno consentito questo flusso costante di armi e lo stesso è avvenuto da parte di tutte le nazioni occidentali alleate con l'America. La retorica “del mondo civile” della democrazia contro il “mondo arretrato e autoritario” si scioglie con vergogna di fronte a questi dati. Ma di tutto ciò la stampa italiana non ne fa alcuna menzione. Tutto ciò viene reso pubblico proprio dalla relatrice delle Nazioni Uniti ed è per questo che la relatrice fa paura perché rappresenta il cambiamento, rappresenta il risveglio delle coscienze, per questo la criticano, per questo la linciano mediaticamente. 

L'effetto Palestina ci ha fatto capire che l'economia della guerra che sta massacrando i palestinesi è la stessa che sta erodendo i diritti fondamentali di questo paese e la stampa occidentale in generale ma anche quella italiana sta compiendo un pessimo lavoro, un lavoro indegno fatto in larga misura di omissioni e complicità con uno Stato che è un'impresa coloniale che pratica apartheid e sta massacrando un intero popolo.

Sotto questo punto di vista quindi le parole della relatrice internazionale e il suo monito alla stampa italiana sono più che condivisibili perché è un invito a raccontare il reale, un invito a non essere complici di tutto ciò, supportando il governo di Netanyahu che da due anni commette imperturbato e legittimato il genocidio di un popolo.

30/11/25

Formazione rivoluzionaria delle donne - Patriarcato o patriarcalismo?

Entriamo con questa Formazione rivoluzionaria delle donne in un dibattito che si è riaperto anche in occasione delle manifestazioni del 25 novembre - ricordiamo che nella FRD abbiamo già pubblicato il 26.6.25: "Chiarezza sul patriarcato" https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/2025/06/formazione-rivoluzionaria-delle-donne_26.html 

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Dall'opuscolo "360"

...c’è nel femminicidio contemporaneo e nelle violenze contro le donne qualcosa nuovo, perché nuova è la libertà che le donne rivendicano, e a cui gli uomini devono abituarsi, e rallegrarsene se ne sono capaci, o rassegnarsi se non altro – e troppo spesso non si abituano né si rassegnano, e se ne vendicano. Non sono uomini all’antica: sono modernissimi uomini antichi, mortificati dalla libertà delle donne, che sentono come il furto della loro libertà...”

Riportiamo stralci di una parte di un lungo documento proveniente dal Canada, uscito qualche anno fa, intitolato “In difesa del femminismo proletario”.

In esso vi è una parte che tratta della differenza tra “patriarcato e patriarcalismo” e che ci fornisce un utile contributo al lavoro teorico per una corretta linea e prassi femminista proletaria rivoluzionaria demolendo false idee, da cui provengono anche politiche, in senso lato, devianti.

Da un lato l’idea, presente anche in settori dei movimenti femministi, che la condizione di discriminazione e oppressione delle donne, il ruolo di subordinazione che viene mantenuto e anzi rafforzato nella crisi capitalista all’interno della famiglia, perchè sempre più utile come ammortizzatore sociale sia pratico che ideologico nel sistema capitalista, che il maschilismo con tutto il carico tragico di violenze sessuali e uccisioni, siano da addebitare al permanere di aspetti del patriarcato, e come tali, in contrasto con l’attuale sistema sociale. Di conseguenza a questo normalmente si risponde con proposte e politiche riformiste che vogliono mascherare la vera causa che è l’attuale sistema capitalista e deviare la lotta contro di esso.

Dall’altro l’idea, presente soprattutto nei settori della borghesia, che negando una pesante presenza di concezioni, ideologie, condizioni di vita, che potremmo definire “patriarcaliste”, vogliono negare la condizione generale e sociale di subordinazione delle donne, e nei fatti la limitano a situazioni individuali in contrasto con una società che consentirebbe alle donne un percorso emancipativo. Di conseguenza a questo si risponde con il pensiero e la politica del “gli ultimi restano indietro” (per colpa loro), e della “emancipazione” solo per una ristrettissima minoranza di donne della propria classe, e rigidamente all’interno dei canoni del sistema borghese, per cui il doppio sfruttamento e oppressione della maggioranza delle donne è uno dei puntelli principali.

Nello stesso tempo negare il permanere di ciò che possiamo chiamare “ideologie patriarcali” nega in termini antimaterialistico dialettici il rapporto tra sovrastruttura e struttura. Nel senso che è la struttura che determina le idee, ma queste a loro volta hanno influenza sulla pratica e possono diventare “forza materiale” che indirizza/devia la pratica.

Questo pone al movimento rivoluzionario proletario delle donne la necessità di una lotta articolata, ricca, a 360°, che non perdendo mai la rotta delle ragioni determinate economiche, di classe della condizione delle donne, punti sempre le sue armi contro il nero dell’ideologia che per le donne non resta affatto solo nel cielo delle idee ma avvolge pesantemente tutta la loro vita.

Infine, riprendendo una frase del testo canadese che dice “le relazioni patriarcali, intrinseche ai precedenti modi di produzione, sono state riportate e incorporate nella struttura del capitalismo realmente esistente”, noi pensiamo che non sia soltanto un “riportare e incorporare”, ma il sistema capitalista in questo ambito ha prodotto parecchio di “suo”, anche se più subdolo ma non meno pesante, per mantenere ed usare l’oppressione delle donne, che oggi potremmo sintetizzare nella neo fascista ideologia de “gli uomini che odiano le donne”. Questo richiede aggiornare ed affilare le nostre armi teoriche, di analisi e soprattutto di lotta.

Dal documento del Canada

Si “...fraintende la distinzione che viene fatta tra patriarcato e patriarcalismo… La distinzione qui è tra il patriarcato come una parte essenziale del modo di produzione e il residuo del patriarcato che si conserva nella sovrastruttura e ostacola quindi lo sviluppo della base. Il primo è essenziale per i rapporti di produzione precapitalistici in cui la posizione della donna nella società è determinata dal fatto che essa è formalmente classificata come “proprietà”, che la proprietà viene ereditata dagli uomini... e la divisione sessuale del lavoro è, in ultima istanza, intrinsecamente parte della divisione materiale del lavoro. Il secondo non nega che ci sia la continuazione dei rapporti patriarcali solo che sono stati trasformati dal capitalismo: il capitalismo come modo di produzione non richiede questa divisione di genere del lavoro al fine di mantenere il capitalismo e tuttavia, allo stesso tempo, conserva questa divisione di genere del lavoro – questo è ciò che si intende per patriarcalismo.

Quindi, sì, la "famiglia patriarcale" esiste ancora in una certa misura, ma non è identica a quella famiglia patriarcale che esisteva prima del capitalismo; anzi, nell’epoca del capitalismo si assiste a lotte femministe che non sarebbero potute esistere in epoche precedenti che in misura molto limitata, e che sono riuscite a vincere alcuni diritti borghesi. Sì, questi diritti saranno sempre tenui, possono essere autorizzati sotto il capitalismo senza compromettere il capitalismo...

...La teoria di Mao “Sulla contraddizione”, spiega come la conservazione di residui di ideologie di modi di produzione precedenti possono ostruire la base materiale e diventare “concetti autodeterminanti”.

Ancora, definire che questi residui siano solo “formali” perché fanno parte della sovrastruttura, significa ignorare tutto ciò che i maoisti dicono circa la sovrastruttura e il suo ruolo: la sovrastruttura non esiste in piani separati connessi alla base – non sono “liquidati” e quindi irrilevanti – ma sono concetti che sono conservati e vanno così a deformare lo sviluppo della base materialistica. Ma affermare che patriarcato è un elemento costitutivo della base economica del capitalismo è estremamente problematico.

Non ci sarebbe ragione logica del perché il patriarcato dovrebbe ancora esistere in quanto le donne sarebbero sfruttate proprio come gli uomini con i diritti borghesi. Eppure, ovviamente, le donne proletarie sono di solito doppiamente oppresse, nonostante la logica di quest’astratto capitalismo e quindi è necessario chiedersi il perché. Perché le relazioni patriarcali, intrinseche ai precedenti modi di produzione, sono state riportate e incorporate nella struttura del capitalismo realmente esistente.

Questa distinzione può sembrare accademica, ma è importante per due ragioni: a) dimostra che il femminismo proletario non respinge il patriarcato come qualcosa che non esiste più, ma cerca di darne significato in un modo capitalistico di produzione; b) potremmo sostenere che una rivoluzione potrebbe essere prodotta da una lotta della classe femminile contro la classe maschile? No, perchè le donne non sono una classe in sè e per sè.

29/11/25

Donne in tutto il mondo contro i governi dell'oppressione

Il Movimento Rivoluzionario Studentesco-Giovanile condanna fermamente e protesta contro le molestie sessuali, le aggressioni e gli arresti

perpetrati dalla Polizia di Delhi contro gli studenti del Bhagat Singh Chhatra Ekta Manch (bsCEM), del Nazariya Magazine e di altre organizzazioni durante la protesta ambientalista all'India Gate di Delhi!


Per molto tempo, la capitale indiana, Delhi, è stata in cima all'Indice di Qualità dell'Aria come la città con l'aria più inquinata al mondo. Il 23 novembre 2025, il Comitato di Coordinamento per l'Aria Pulita di Delhi ha organizzato una manifestazione di protesta. Il comitato includeva, tra gli altri, l'organizzazione studentesca marxista-leninista-maoista Bhagat Singh Chhatra Ekta Manch (bsCEM) con sede a Delhi e il Nazariya Magazine. Durante la manifestazione, i manifestanti hanno respinto l'ambientalismo "in stile giardino". Hanno invece puntato il dito contro la responsabilità del partito fascista Hindutva BJP, il cui Primo Ministro Rekha Gupta è un agente dell'imperialismo, e contro i cosiddetti progetti di "sviluppo" della borghesia burocratica aziendale. Hanno chiesto la formazione di comitati popolari composti da lavoratori delle baraccopoli, lavoratori migranti, residenti dei villaggi circostanti e attivisti per i diritti della società civile, che assumano un ruolo guida nella pianificazione dello sviluppo di Delhi per la tutela del suo ambiente.

Durante questa protesta, la polizia di Delhi, fedele ai fascisti Hindutva, ha lanciato molteplici attacchi. Ventitré manifestanti radunati nei pressi del sito turistico di India Gate sono stati arrestati, tra cui undici donne. La polizia di Delhi ha sporto due denunce contro questi manifestanti. In base alla prima denunzia, il tribunale ha condannato cinque manifestanti a due giorni di custodia cautelare, e una sesta persona è stata messa in una casa sicura fino alla verifica dell'età. In base alla seconda denunzia, diciassette studenti sono stati arrestati e condannati a tre giorni di custodia cautelare.

Inoltre, il 18 novembre, lo Stato indiano ha ucciso la compagna Madhavi Hidma, membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Indiano (Maoista) e comandante dell'Esercito Popolare di Liberazione (PLGA), con la falsa pretesa di uno scontro. Uno degli slogan chiave del suo partito, delle sue forze e del governo popolare era la lotta per difendere "Jal, Giungla, Zameen" (acqua, foresta, terra). Molti studenti di Delhi hanno portato la sua fotografia alla protesta come esempio di qualcuno che ha svolto un ruolo pionieristico nella lotta per la protezione dell'ambiente e della vita del popolo indiano. La polizia di Delhi ha brutalmente attaccato coloro che portavano l'immagine di Hidma. Questo rende chiaro che lo Stato indiano fascista Hindutva ha iniziato il suo assalto perché Hidma, in quanto simbolo della lotta, rappresentava un ostacolo alla loro continua distruzione della natura e della vita stessa.

Noi, il Movimento Rivoluzionario Studentesco-Giovanile, condanniamo fermamente i brutali attacchi e gli arresti da parte dello Stato indiano e della polizia di Delhi e chiediamo il rilascio immediato e incondizionato di tutti i detenuti. Chiediamo inoltre un'indagine trasparente, indipendente e con tempi certi sulle accuse di tortura durante la custodia della polizia, tra cui molestie sessuali e aggressioni fisiche.

Firmato da:

Azad

Membro Comitato Nazionale Movimento Rivoluzionario Studentesco-Giovanile