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| Papà non vuole |
"Babbo non vuole mamma nemmeno come faremo a fare l'amor..." diceva una canzone popolare di più di 50 anni fa...
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| Papà non vuole |
Carlo Soricelli aggiorna la tragica lista delle persone morte a novembre. Fra loro troppi anziani, costretti a lavorare, come mostra la storia “esemplare” di Giorgio Canetti… L’Osservatorio di Bologna chiede aiuto per realizzare due progetti: un docufilm e una “piramide” per non dimenticare.
Il mese si conclude con oltre 100 morti complessivi, 72 di questi sui luoghi di lavoro. Quello che colpisce di più è la terribile sequenza di donne che sono morte in itinere, 5 negli ultimi 5 giorni, già più di 100 le donne morte dall’inizio dell’anno.
Nelle fotografie due di loro: Loredana Abbonizio e Benedetta Tralli
Nella giornata di venerdì 28 nov., durante lo sciopero generale, un centinaio di manifestanti hanno fatto irruzione nella sede de “La Stampa”, giornale di Torino, al grido di “Free Palestine” denunciando in modo concreto mediante scritte con vernice spray, letame lanciato contro i cancelli, la complicità dei giornalisti in riferimento sia al genocidio in corso in Palestina e in riferimento all'arresto in CPR di Mohammed Said.
Rispetto a questo episodio la relatrice delle Nazioni unite, Francesca Albanese, ha commentato il fatto condannando l'aggressione e aggiungendo che questo evento “sia un monito per i giornalisti”.
Questa frase ha generato un'indignazione collettiva, un’insurrezione generale contro la relatrice delle Nazioni Unite, una serie di insulti nei suoi confronti considerata una fondamentalista, una istigatrice a delinquere ed un linciaggio senza uguali, che parte da lontano nel senso che già da due anni la stessa subisce insulti, aggressioni verbali, minimizzazione e screditamento dei contenuti che lei porta avanti; ma il fango e lo squallore disgustoso che si sta alimentando dopo questa frase da parte di pennivendoli al soldo di colonialisti e sionisti che oggi continuano a non raccontare che a Gaza non c'è alcuna tregua, non c’è alcuna pace, è veramente riprovevole.
Qualche giorno fa prima di questo episodio specifico Francesca Albanese era stata accusata di essere una strega dedita ai sortilegi. Ovviamente nessuna meraviglia di fronte a questo tipo di insulto perché proviene da chi da sempre si professa amico di uno Stato che da 58 anni occupa illegalmente, ferocemente territori non suoi e che mostra indifferenza se non un sovrano disprezzo per un popolo vittima di un genocidio.
In realtà non vi è nessuno scandalo nelle parole pronunciate dalla relatrice internazionale, perché fanno veramente disgusto i giornalisti che non raccontano oggi che a Gaza non c'è alcuna tregua, che non si pentono del fatto di avere iniziato a raccontare il genocidio solo dopo il 5000° bambino ammazzato. Se considerassimo questo, capiremmo che non vi è appunto nessuno scandalo nelle parole della relatrice internazionale anche perché l'Italia si colloca in una posizione veramente bassa in termini di libertà di stampa. Tra l'altro l'ultima perla di questa gogna mediatica contro la relatrice è offerta oggi dal personaggio Parenzo che propone una denuncia all'Albanese “per istigazione all'odio”, di contro potremmo denunciare i giornalisti “per omissione del loro obblighi e doveri di informare” e di raccontare la realtà così come sta avvenendo.
Le motivazioni di questa canea mediatica sono facilmente riconducibili al fatto che sono due anni che la relatrice internazionale sta svegliando il mondo dicendo che il popolo palestinese è vittima di un genocidio. Sono tre anni che per le Nazioni Unite racconta la violenza culturale continua, ossessiva, oppressiva nei confronti del popolo palestinese. Sono tre anni che racconta che la Palestina sta sparendo dalle mappe geografiche, che l'occupazione militare più lunga e violenta della storia moderna è una occupazione che sventra la vita dei palestinesi. Sono due anni che denuncia le complicità dei governi occidentali con uno Stato che perpetra il crimine di apartheid e continua ad uccidere.
Il genocidio non si è fermato e continua la pulizia etnica lontano dall'occhio vigile di tutti noi e questo non lo possiamo permettere e non lo possiamo far succedere al popolo palestinese che a casa muore nel fango della mancanza di dignità, di acqua, di cibo. Questo sta succedendo ma nulla di tutto ciò viene raccontato dalla maggiorparte dei giornalisti. Con la sua incessante denuncia dei crimini che stanno avvenendo in Palestina la relatrice ci ha fatto capire che l'economia della guerra che sta massacrando i palestinesi è la stessa che sta erodendo i diritti fondamentali di tutti i paesi occidentali e anche dell’Italia e la stampa occidentale compresa quella italiana non sta facendo il suo lavoro, anzi sta compiendo un pessimo lavoro indegno, complice di un disastro, di un massacro di bambini, dei loro genitori di tutto quello che avevano, che era vita e che non c’è più.
Questa complicità segna anche la fine dei nostri diritti ed è per questo che è importantissimo legare la protesta contro il genocidio dei palestinesi alla protesta contro un nuovo male per nulla banale che stermina inermi, colonizza istituzioni, svuota i processi democratici e si arricchisce costruendo le fondamenta di un nuovo fascismo sovranazionale.
Nel suo secondo rapporto Francesca Albanese inchioda i governi degli Stati Uniti alle loro responsabilità, non fosse stato per loro il genocidio non sarebbe stato attuabile. Gli Stati Uniti hanno effettuato 742 spedizioni di armi e munizioni, approvato decine di miliardi di nuove vendite, le amministrazioni Biden e Trump hanno ridotto la trasparenza, accelerato i trasferimenti attraverso ripetuti approvazioni di emergenza, facilitato l'accesso israeliano alle scorte di armi statunitensi detenute all'estero e autorizzato centinaia di vendite. Sia l'amministrazione Biden che quella Trump hanno consentito questo flusso costante di armi e lo stesso è avvenuto da parte di tutte le nazioni occidentali alleate con l'America. La retorica “del mondo civile” della democrazia contro il “mondo arretrato e autoritario” si scioglie con vergogna di fronte a questi dati. Ma di tutto ciò la stampa italiana non ne fa alcuna menzione. Tutto ciò viene reso pubblico proprio dalla relatrice delle Nazioni Uniti ed è per questo che la relatrice fa paura perché rappresenta il cambiamento, rappresenta il risveglio delle coscienze, per questo la criticano, per questo la linciano mediaticamente.
L'effetto Palestina ci ha fatto capire che l'economia della guerra che sta massacrando i palestinesi è la stessa che sta erodendo i diritti fondamentali di questo paese e la stampa occidentale in generale ma anche quella italiana sta compiendo un pessimo lavoro, un lavoro indegno fatto in larga misura di omissioni e complicità con uno Stato che è un'impresa coloniale che pratica apartheid e sta massacrando un intero popolo.
Sotto questo punto di vista quindi le parole della relatrice internazionale e il suo monito alla stampa italiana sono più che condivisibili perché è un invito a raccontare il reale, un invito a non essere complici di tutto ciò, supportando il governo di Netanyahu che da due anni commette imperturbato e legittimato il genocidio di un popolo.
Entriamo con questa Formazione rivoluzionaria delle donne in un dibattito che si è riaperto anche in occasione delle manifestazioni del 25 novembre - ricordiamo che nella FRD abbiamo già pubblicato il 26.6.25: "Chiarezza sul patriarcato" https://femminismorivoluzionario.blogspot.com/2025/06/formazione-rivoluzionaria-delle-donne_26.html
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Dall'opuscolo "360"
“...c’è nel femminicidio contemporaneo e nelle violenze contro le donne qualcosa nuovo, perché nuova è la libertà che le donne rivendicano, e a cui gli uomini devono abituarsi, e rallegrarsene se ne sono capaci, o rassegnarsi se non altro – e troppo spesso non si abituano né si rassegnano, e se ne vendicano. Non sono uomini all’antica: sono modernissimi uomini antichi, mortificati dalla libertà delle donne, che sentono come il furto della loro libertà...”
Riportiamo stralci di una parte di un lungo documento proveniente dal Canada, uscito qualche anno fa, intitolato “In difesa del femminismo proletario”.
In esso vi è una parte che tratta della differenza tra “patriarcato e patriarcalismo” e che ci fornisce un utile contributo al lavoro teorico per una corretta linea e prassi femminista proletaria rivoluzionaria demolendo false idee, da cui provengono anche politiche, in senso lato, devianti.
Da un lato l’idea, presente anche in settori dei movimenti femministi, che la condizione di discriminazione e oppressione delle donne, il ruolo di subordinazione che viene mantenuto e anzi rafforzato nella crisi capitalista all’interno della famiglia, perchè sempre più utile come ammortizzatore sociale sia pratico che ideologico nel sistema capitalista, che il maschilismo con tutto il carico tragico di violenze sessuali e uccisioni, siano da addebitare al permanere di aspetti del patriarcato, e come tali, in contrasto con l’attuale sistema sociale. Di conseguenza a questo normalmente si risponde con proposte e politiche riformiste che vogliono mascherare la vera causa che è l’attuale sistema capitalista e deviare la lotta contro di esso.
Dall’altro l’idea, presente soprattutto nei settori della borghesia, che negando una pesante presenza di concezioni, ideologie, condizioni di vita, che potremmo definire “patriarcaliste”, vogliono negare la condizione generale e sociale di subordinazione delle donne, e nei fatti la limitano a situazioni individuali in contrasto con una società che consentirebbe alle donne un percorso emancipativo. Di conseguenza a questo si risponde con il pensiero e la politica del “gli ultimi restano indietro” (per colpa loro), e della “emancipazione” solo per una ristrettissima minoranza di donne della propria classe, e rigidamente all’interno dei canoni del sistema borghese, per cui il doppio sfruttamento e oppressione della maggioranza delle donne è uno dei puntelli principali.
Nello stesso tempo negare il permanere di ciò che possiamo chiamare “ideologie patriarcali” nega in termini antimaterialistico dialettici il rapporto tra sovrastruttura e struttura. Nel senso che è la struttura che determina le idee, ma queste a loro volta hanno influenza sulla pratica e possono diventare “forza materiale” che indirizza/devia la pratica.
Questo pone al movimento rivoluzionario proletario delle donne la necessità di una lotta articolata, ricca, a 360°, che non perdendo mai la rotta delle ragioni determinate economiche, di classe della condizione delle donne, punti sempre le sue armi contro il nero dell’ideologia che per le donne non resta affatto solo nel cielo delle idee ma avvolge pesantemente tutta la loro vita.
Infine, riprendendo una frase del testo canadese che dice “le relazioni patriarcali, intrinseche ai precedenti modi di produzione, sono state riportate e incorporate nella struttura del capitalismo realmente esistente”, noi pensiamo che non sia soltanto un “riportare e incorporare”, ma il sistema capitalista in questo ambito ha prodotto parecchio di “suo”, anche se più subdolo ma non meno pesante, per mantenere ed usare l’oppressione delle donne, che oggi potremmo sintetizzare nella neo fascista ideologia de “gli uomini che odiano le donne”. Questo richiede aggiornare ed affilare le nostre armi teoriche, di analisi e soprattutto di lotta.
Dal documento del Canada
Si “...fraintende la distinzione che viene fatta tra patriarcato e patriarcalismo… La distinzione qui è tra il patriarcato come una parte essenziale del modo di produzione e il residuo del patriarcato che si conserva nella sovrastruttura e ostacola quindi lo sviluppo della base. Il primo è essenziale per i rapporti di produzione precapitalistici in cui la posizione della donna nella società è determinata dal fatto che essa è formalmente classificata come “proprietà”, che la proprietà viene ereditata dagli uomini... e la divisione sessuale del lavoro è, in ultima istanza, intrinsecamente parte della divisione materiale del lavoro. Il secondo non nega che ci sia la continuazione dei rapporti patriarcali solo che sono stati trasformati dal capitalismo: il capitalismo come modo di produzione non richiede questa divisione di genere del lavoro al fine di mantenere il capitalismo e tuttavia, allo stesso tempo, conserva questa divisione di genere del lavoro – questo è ciò che si intende per patriarcalismo.
Quindi, sì, la "famiglia patriarcale" esiste ancora in una certa misura, ma non è identica a quella famiglia patriarcale che esisteva prima del capitalismo; anzi, nell’epoca del capitalismo si assiste a lotte femministe che non sarebbero potute esistere in epoche precedenti che in misura molto limitata, e che sono riuscite a vincere alcuni diritti borghesi. Sì, questi diritti saranno sempre tenui, possono essere autorizzati sotto il capitalismo senza compromettere il capitalismo...
...La teoria di Mao “Sulla contraddizione”, spiega come la conservazione di residui di ideologie di modi di produzione precedenti possono ostruire la base materiale e diventare “concetti autodeterminanti”.
Ancora, definire che questi residui siano solo “formali” perché fanno parte della sovrastruttura, significa ignorare tutto ciò che i maoisti dicono circa la sovrastruttura e il suo ruolo: la sovrastruttura non esiste in piani separati connessi alla base – non sono “liquidati” e quindi irrilevanti – ma sono concetti che sono conservati e vanno così a deformare lo sviluppo della base materialistica. Ma affermare che patriarcato è un elemento costitutivo della base economica del capitalismo è estremamente problematico.
Non ci sarebbe ragione logica del perché il patriarcato dovrebbe ancora esistere in quanto le donne sarebbero sfruttate proprio come gli uomini con i diritti borghesi. Eppure, ovviamente, le donne proletarie sono di solito doppiamente oppresse, nonostante la logica di quest’astratto capitalismo e quindi è necessario chiedersi il perché. Perché le relazioni patriarcali, intrinseche ai precedenti modi di produzione, sono state riportate e incorporate nella struttura del capitalismo realmente esistente.
Questa distinzione può sembrare accademica, ma è importante per due ragioni: a) dimostra che il femminismo proletario non respinge il patriarcato come qualcosa che non esiste più, ma cerca di darne significato in un modo capitalistico di produzione; b) potremmo sostenere che una rivoluzione potrebbe essere prodotta da una lotta della classe femminile contro la classe maschile? No, perchè le donne non sono una classe in sè e per sè.
perpetrati dalla Polizia di Delhi contro gli studenti del Bhagat Singh Chhatra Ekta Manch (bsCEM), del Nazariya Magazine e di altre organizzazioni durante la protesta ambientalista all'India Gate di Delhi!
Durante questa protesta, la polizia di Delhi, fedele ai fascisti Hindutva, ha lanciato molteplici attacchi. Ventitré manifestanti radunati nei pressi del sito turistico di India Gate sono stati arrestati, tra cui undici donne. La polizia di Delhi ha sporto due denunce contro questi manifestanti. In base alla prima denunzia, il tribunale ha condannato cinque manifestanti a due giorni di custodia cautelare, e una sesta persona è stata messa in una casa sicura fino alla verifica dell'età. In base alla seconda denunzia, diciassette studenti sono stati arrestati e condannati a tre giorni di custodia cautelare.
Inoltre, il 18 novembre, lo Stato indiano ha ucciso la compagna Madhavi Hidma, membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Indiano (Maoista) e comandante dell'Esercito Popolare di Liberazione (PLGA), con la falsa pretesa di uno scontro. Uno degli slogan chiave del suo partito, delle sue forze e del governo popolare era la lotta per difendere "Jal, Giungla, Zameen" (acqua, foresta, terra). Molti studenti di Delhi hanno portato la sua fotografia alla protesta come esempio di qualcuno che ha svolto un ruolo pionieristico nella lotta per la protezione dell'ambiente e della vita del popolo indiano. La polizia di Delhi ha brutalmente attaccato coloro che portavano l'immagine di Hidma. Questo rende chiaro che lo Stato indiano fascista Hindutva ha iniziato il suo assalto perché Hidma, in quanto simbolo della lotta, rappresentava un ostacolo alla loro continua distruzione della natura e della vita stessa.
Noi, il Movimento Rivoluzionario Studentesco-Giovanile, condanniamo fermamente i brutali attacchi e gli arresti da parte dello Stato indiano e della polizia di Delhi e chiediamo il rilascio immediato e incondizionato di tutti i detenuti. Chiediamo inoltre un'indagine trasparente, indipendente e con tempi certi sulle accuse di tortura durante la custodia della polizia, tra cui molestie sessuali e aggressioni fisiche.
Firmato da:
Azad
Membro Comitato Nazionale Movimento Rivoluzionario Studentesco-Giovanile
Da ORE 12 Controinformazione rossoperaia del 27/11
Il giorno del varo di questa legge è come se c'è stato una sorta di “colpo al cerchio, colpo alla botte”. Infatti contemporaneamente all'approvazione della legge sul reato di femminicidi c’è stato il rinvio del Disegno di Legge sul “consenso libero e attuale ad un atto sessuale”, altrimenti è sempre violenza.
Una cosa che unisce questi due provvedimenti è il fatto che sono in un certo senso bipartisan, come è stato detto anche da alcuni giornali. Cioè i provvedimenti hanno visto una unità tra la destra rappresentata esplicitamente dal governo della Meloni e la sinistra in Parlamento.
Questa unità non è affatto positiva. Sappiamo bene che l'ideologia della destra è reazionaria, conservatrice e quindi contro la maggioranza delle donne e sappiamo tutti quello che il governo Meloni sta facendo in termini di mettere al centro il ruolo delle donne nella famiglia, nel fare figli. Pensiamo al rapporto tra numero di figli e misure a favore dei datori di lavoro perché assumano donne.
Per cui questa unità è una sorta di “compromesso al femminile”; e non si tratta di un passo indietro per il governo, ma di un passo a suo favore da parte del PD e delle opposizioni. Sulle donne avviene di fatto un accordo e va avanti una concezione che è l'opposto di quello che è la realtà della maggioranza delle donne. Non è il fatto di essere donne ma la classe sociale a cui si appartiene che pesa realmente e che stabilisce quali interessi si portano avanti e verso chi. Invece ci troviamo che sotto la bandiera delle “donne”, che sotto il “non possiamo dividerci sulla difesa delle donne”, le donne di destra e di sinistra si uniscono in una ideologia e politica interclassista, fortemente deleteria per la maggioranza delle donne.
Quindi su questa “unità” non possiamo affatto essere contente.
L'altro aspetto è che questi provvedimenti, guarda caso, vengono varati o vengono annunciati quando ci sono delle giornate importanti per la lotta sia immediata sia soprattutto futura, strategica per la liberazione delle donne. Appunto, il 25 novembre, in cui pochi giorni prima si era annunciato il disegno di legge sul consenso contro gli stupri e l’8 marzo; ricordiamoci che anche il reato di femminicidio fu annunciato addirittura il giorno stesso dell'8 marzo scorso. Quindi con un vergognoso, ipocrita, inaccettabile uso di autopropaganda. E oggi di propaganda a fini elettorali.
In questo senso la questione del rinvio dell'approvazione del disegno di legge sul consenso attuale e libero sugli atti sessuali è il frutto di queste questioni bassamente elettorali. Salvini, la Lega, che di fatto ha proposto e ottenuto questo rinvio, vuole incamerare il vantaggio che ha avuto nelle recenti elezioni regionali per avere più peso all'interno del governo.
Tornando al “reato di femminicidio”. Siamo ad una guerra di bassa intensità contro le donne che aumenta – lo mostrano anche i dati che ci fornisce l'Istat, che comunque sono parziali perché si basano su dati ufficiali, sulle denunce e non sulla realtà che spesso viene oscurata - ma la risposta del governo si limita ad essere essenzialmente punitiva, repressiva.
Certo, noi siamo perché gli uomini che assassinano le donne – i femminicidi ormai stanno diventando quasi una “normalità” a fronte di un rifiuto della donna di un rapporto, di scelta da parte delle donne di una vita diversa, lontana dal proprio marito, dal proprio partner, ecc., di ribellione a una vita fatta, spesso per anni e anni, di violenze verbali, fisiche, di subordinazione, oppressione – abbiano condanne esemplari. Perché nella maggiorparte dei casi non avviene, non è possibile un loro cambiamento; anzi vediamo che se invece non ci sono delle condanne anche dure, questi uomini dopo un po' possono liberamente circolare, possono tornare a uccidere, possono tornare a minacciare di morte le proprie mogli, le ex compagni (se prima non ci sono riusciti). Noi non siamo per una giustizia che poi diventa ingiustizia per le donne.
Ma chiaramente un intervento puramente repressivo, puramente punitivo non risolve affatto i femminicidi, non è un freno ai femminicidi.
Oltretutto questa legge interviene a posteriori su una situazione già accaduta, già con le donne uccise, morte.
Quando la legge parla dei tribunali che devono dare l'ergastolo, quando parla degli altri provvedimenti, verso i figli orfani, verso la famiglia che era intorno alla donna, tutto questo mostra che in realtà la legge non prevede alcun intervento per evitare che ci siano i femminicidi, per impedire che le donne muoiano. Sono interventi a “fatto compiuto”, che chiaramente non fanno ritornare in vita le donne, né danno un conforto ai figli o ai familiari che restano. Quindi questo aspetto non può essere un aspetto che può farci rassicurare.
A fronte del fatto che il 30% delle donne subiscono uccisioni o tentativi di uccisioni o induzione al suicidio, questa legge non oppone realmente nessun intervento preventivo.
Certo, si tratterebbe comunque di interventi sempre parziali, perché il clima e la politica generale di questo sistema sociale capitalista sempre più barbaro, sempre più marcio, in crisi, fomenta i femminicidi, aumenta la condizione di oppressione verso le donne, vuole impedire che le donne possano scegliere la propria vita. (Una brevissima parentesi: come possiamo considerare avanzata questa legge quando nello stesso tempo si sta andando verso un attacco al diritto d'aborto che vuol dire libertà di scelta delle donne?
Ci potrebbero essere degli interventi parziali, che riguarda per esempio il problema delle case per le donne che rompono i legami, il problema delle condizioni lavorative - tanto per dire, ci sono alcuni settori economici che stanno ponendo dei provvedimenti per cui le donne che minacciate di violenza devono avere un vantaggio nelle assunzioni; invece ci troviamo a dei provvedimenti da parte del governo che dà sostegni, sgravi, contributi alle aziende se le donne hanno due o meglio tre figli.
Quindi siamo in una situazione in cui tutto quello che potrebbe essere di prevenzione, di difesa della condizione delle donne, anche in termini di indipendenza economica, non è previsto, non è nella legge; anzi, ci sono delle azioni del governo che invece vanno proprio nel senso contrario, quello di confermare, riaffermare, esaltare il ruolo delle donne nella famiglia e per la nascita di più figli.
Per questo non possiamo essere d'accordo con questa legge.
Poi vedremo anche, quando diventerà legge, la questione del “consenso”, in che cosa effettivamente può servire alle donne nella battaglia contro la violenza sessuale, per la loro libertà, e in cosa invece è inutile, o peggio, in linea con una concezione che rimane conservatrice, rimane reazionaria sulla pelle delle donne.