28 settembre, International Safe Abortion Day.
Il 28 settembre si celebra la giornata internazionale dell'aborto libero sicuro e garantito.
Un diritto che bisogna dare sempre meno per scontato, in Europa infatti si stima che più di 20 milioni
di donne non abbiano ancora accesso all'aborto libero e sicuro.
In Polonia per esempio non si può
accedere all’IVG nemmeno in caso di malformazione del feto mentre a Malta è possibile abortire solo
in caso di pesanti rischi per la gestante.
In Italia sebbene l'aborto sia legale, le donne sono spesso costrette a percorsi lunghi e complicati a
causa dell'enorme diffusione dell'obiezione di coscienza tra il personale medico.
Oggi infatti sono 11
le regioni italiane in cui c'è almeno un ospedale con il 100% di obiettori di coscienza, questo si traduce
in attesa e spostamenti, vessazioni e incontri con le associazioni antiabortisti e rappresenta un grande
rischio per la salute mentale e corporea delle donne. Proprio pochi giorni fa a Montecitorio è stato
presentato un report dal titolo “aborti e ostacoli” che raccoglie decine di testimonianze di donne
italiane che hanno incontrato difficoltà e subìto violenze psicologiche e persino ci sono donne a cui è
stato impedito di fatto l'accesso a un diritto. Sotto il governo Meloni infatti l'accesso all'aborto sta
diventando sempre più un percorso a ostacoli.
All'obiezione di coscienza si è aggiunta la
progressiva istituzionalizzazione delle associazioni antiabortiste che appoggiate e finanziate dalle
istituzioni portano avanti una vera e propria politica di deterrenza minando un diritto acquisito da
oltre quarant'anni.
Dobbiamo riaffermare il diritto di decidere sui nostri corpi e sulla nostra sessualità. La legge 194 è
un testo controverso che non garantisce un diritto di scelta e di interruzione di gravidanza, un diritto
che è impedito anche alle persone trans, non binarie, intersex e alle persone migranti per le limitazioni
in cui incorrono se possiedono il visto turistico. Un diritto che in questo modo diventa sempre più
privilegio di classe. Dal suo insediamento il governo Meloni ha sostenuto apertamente di non voler
toccare la legge ma ha sfruttato le sue debolezze assegnando fondi economici, dando legittimità
politica a movimenti anti scelta e antiabortisti aumentando gli ostacoli per accedere all’IVG. Proprio
di questi giorni è la notizia dell'apertura della stanza per l'ascolto presso l'ospedale Sant’Anna di
Torino.
Contemporaneamente nel dibattito pubblico ha preso sempre più spazio la retorica a favore
della difesa della vita e dell'embrione, contro ogni principio di autodeterminazione: dalla proposta di
disegno di legge di Gasparri con l'intento di “riconoscere capacità giuridica al concepito” al tour
italiano di Provita e Famiglia, aspramente criticato da collettivi e realtà dei territori dove finora è
approdato. Il governo Meloni sostiene campagne per la natalità che nei fatti oltre a non supportare
materialmente i genitori, promuovono discorsi razzisti e omofobi per cui si difende solo un tipo di
famiglia tradizionale, eterosessuale e bianca. Noi invece vogliamo una difesa della genitalità tutta,
libera, consapevole desiderata supportata e mai imposta. Tutto ciò si inserisce in un quadro desolante
di tagli alla sanità pubblica in favore di quella privata, in un'ottica di aziendalizzazione del servizio
sanitario che mette al centro i profitti e non la cura il benessere delle persone. In tale contesto si scrive
l'approvazione della legge per l'autonomia differenziata che andrà ad aumentare il divario già enorme
tra nord e sud del paese e lo smantellamento dei consultori pubblici, fondamentali presidi territoriali
per la tutela della salute pubblica
L'aborto è una pratica medica essenziale: deve essere gratuita, sicura e accessibile a tutti.
Abbiamo sempre abortito e sempre abortiremo: pretendiamo però di farlo in condizioni di sicurezza,
senza subire giudizi e discriminazioni, anche di natura paternalista, razzista, abilista, transfobica,
grassofobica e ageista. Vogliamo che sia una scelta autodeterminata, chiediamo che l'aborto
farmacologico sia disponibile in tutti i consultori familiari come sancito dalla legge, che la RU 486 si
possa assumere fino alla 12esima settimana come dalle linee guida dell'Organizzazione Mondiale
della Sanità, che chi vuole ne abbia la possibilità possa abortire a casa, in telemedicina o in
autogestione. Ma senza consultori per tutte, tutto questo resta lettera morta.
Non abbiamo bisogno di associazioni antiabortiste che cerchino di dissuadere le persone esercitando
violenza psicologica. Abbiamo bisogno di finanziamenti pubblici ai percorsi di maternità,
contraccezione, aborto e prevenzione già forniti dai consultori che vengono però gestiti con difficoltà
e fatica dal personale sanitario ormai stremato a causa di tagli e definanziamenti continui e con rabbia
ricominceremo a ribadire che il corpo è mio e lo gestisco io!
da una compagna del Mfpr di Taranto
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