Traduzione da rabble.org
Il
10 settembre le detenute di Yarl’s Wood hanno annunciato l’inzio di uno
sciopero della fame. Yarl’s Wood è un centro di detenzione per migranti
situato in Bedfordshire, gestito da Serco e con una capienza di 400
posti.
Lo sciopero della fame segue l’ennesima manifestazione ‘Shut down Yarl’s Wood’, organizzata da Movement for Justice nello stesso pomeriggio
, dove centinaia di persone hanno circondato il centro facendo molto
casino e comunicando con le detenute attraverso il telefono.
Mentre
era in corso la manifestazione, i secondini hanno rinchiuso in cella le
prigioniere al fine di indebolire la solidarietà, ma le donne hanno
risposto con la loro resistenza.
Da Detained Voices:
Abbiamo deciso di entrare in sciopero della fame. È una
scelta dell’ultimo minuto a causa di ciò che ci hanno fatto. Ci hanno
rinchiuse. In tutte le sezioni siamo in sciopero della fame. Non siamo
sicure per quanto tempo. Se dobbiamo andare avanti lo faremo anche
domani. Abbiamo il diritto di fare una manifestazione pacifica. È nostro diritto, è la nostra libertà d’espressione.
Quando all’1:30 i/le manifestanti sono arrivat*, ci hanno rinchiuse in cella e non volevano farci gridare dalle finestre ai/alle solidali.
Già siamo rinchiuse in questo centro e ci hanno rinchiuse di nuovo
dentro. Non volevano che gridassimo all’esterno – noi siamo dalla parte
opposta dell’edificio rispetto i/le manifestanti. Noi siamo rinchiuse
nella sezione “Crane”. Le donne della sezione “Dove” sono state
rinchiuse lì. Anche nella sezione “Avocet” è così. Dobbiamo tutte
restare rinchiuse nelle nostre sezioni. È la prima volta che si comportano così.
Perché sono spaventati se pensano di non avere nulla da nascondere? Perché sono andati così nel panico?
Ci sono molti agenti, alcuni tra le differenti sezioni, alcuni nei corridoi, sorveglianti e agenti per controllare che nessuna possa né gridare né fare qualsiasi altra cosa. Non è mai succeso prima.
Volevamo
ringraziare le persone che ci hanno dimostrato il supporto ma siamo
state rinchiuse. Siamo trattate come oggetti e non come esseri umani.
Vedremo che ne risulterà da oggi e se continuare domani.
Abbiamo chiesto perché ci hanno rinchiuse. È la nostra libertà d’espressione. È un nostro diritto. Vogliamo una risposta.
Vorremmo vedere la fine di questa detenzione illimitata.
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