30/08/16

(Dal blog Proletari Comunisti) Bikini e burkini, quando il patriarcato nega la libertà


GIOVEDÌ 25 AGOSTO 2016


Bikini e burkini, quando il patriarcato nega la libertà


Commento da un nostro compagno che vive e lavora in Tunisia

Da settimane imperversa un dibattito indotto sul tema burkini/bikini alimentato dalla condotta delle autorità amministrative e di polizia francesi.
La giustificazione é ancora una volta la "laicità" intesa alla francese quindi un esasperato laicismo che si abbatte non su tutti i cittadini ma solo su quelli di serie B ovvero i non cristiani, i non bianchi, i non "francesi" se per francese intendiamo il cittadino bianco, cristiano e non di origine extraeuropea.
La "laica" Francia con tutto il proprio apparato ideologico e militare attacca ancora una volta e in particolare la libertà delle donne.
La borghesia imperialista francese pretende che le masse popolari di fede musulmana, che da decenni vivono in Francia, lavorano, contribuiscono al pubblico risparmio pagando le tasse, non debbano essere libere di professare la propria fede.
L'hijab (il velo che copre la testa ma non il viso) é un simbolo religioso che le donne musulmane indossano al pari di una catenina con crocifisso, una donna musulmana puo' disporre del proprio corpo e sentirsi più a proprio agio coprendosi (eccetto mani, piedi e viso).
I valori occidentali si conformano alla struttura della società capitalista in cui la tendenza é quella alla mercificazione di tutto o quasi, compreso il corpo delle donne che deve essere sempre disponibile e ad uso e consumo del maschio.
Quindi laicità fa rima con nudità.
Andare in una spiaggia nella laica Francia coprendo il proprio corpo non é quindi conforme ai valori occidentali e "laici", al contrario dubitiamo che una donna in bikini ma indossante un crocifisso sia oggetto dello zelo della polizia francese di questi giorni.

polizia francese obbliga una donna musulmana a spogliarsi del burkini. La foto gira recentemente in rete con la didascalia "Francia, 2016, non perdoneremo mai"

Una donna dovrebbe essere libera di andare in spiaggia come meglio crede, in bikini o burkini, disponendo del proprio corpo, infatti finché non interviene lo stato, che a tutte le latitudini rimane patriarcale, il dibattito attuale non si sarebbe neanche posto. Negli ultimi servizi giornalistici sulla questione, ragazze in burkini stanno tranquillamente in spiaggia accanto a ragazze in bikini senza la pretesa di dare lezioni morali ed etiche.
In Tunisia, il paese in cui vivo e lavoro, sta avvenendo qualcosa di simile che in Francia.
In alcune spiagge del paese le ragazze vanno in spiaggia come meglio credono, chi col bikini, chi col burkini, chi con pantaloncini e magliettina.

Giocatrici delle squadre di beach volley femminile egiziana e italiana alle ultime olimpiadi brasiliane

Nelle ultime settimane è successo che in alcuni hotel di Hammamet sia stato vietato il burkini, per non offendere il sentimento di "laicità" del turista occidentale, contemporaneamente in alcune spiagge di Nabeul la polizia ha intimidito delle ragazze tunisine perché indossavano il bikini che a detta loro non era rispettoso nei confronti delle famiglie frequentanti la spiaggia.
In tutti questi casi, dalla Francia alla Tunisia, dalla spiaggia pubblica in entrambi i paesi all'hotel turistico, é lo stato patriarcale e maschilista che dice alle donne come devono vestirsi conformemente alla morale dell'uomo-padrone.
Il patriarcato a certe latitudini prende la forma del laicismo esasperato in altre del fondamentalismo religioso: in entrambi i casi sono dinamiche subite dalle donne.
Il braccio armato dello stato é ugualmente odioso sia se intima a scoprirsi che se fa il contrario nel nome di una "moralità" imposta alle donne.
Ugualmente odiose le "femministe" borghesi occidentali al servizio dell'Occidente che in nome di questa "laicità" esultano di fronte alla violenza poliziesca in Francia contro le donne musulmane inneggiando alla "libertà".
Queste donne "libere" pensano che una donna musulmana sia direttamente costretta ad indossare un hijab, al contrario di una ragazza occidentale che invece é "totalmente libera", nonostante sia  cresciuta in un contesto di incitamento alla mercificazione del proprio corpo, e mostra sempre piu le proprie grazie rispettosa della "laicità".
I comportamenti sociali sono sempre socialmente determinati, in una società non libera dallo sfruttamento e in cui la donna e ancor più assoggettata dal patriarcato, sia in Francia che in Tunisia come anche in Italia ecc., la  libera scelta "individuale"é sempre relativa e mai assoluta.
É sicuro pero' che la supposta libertà individuale tanto propugnata dagli esegeti della società attuale è incompatibile con l'imposizione poliziesca.
Queste finte femministe dovrebbero preoccuparsi di più del fatto che nella società di cui difendono i valori, cresce sempre più il fenomeno del femminicidio e della violenza contro le donne: proprio qualche giorno fa nell'Italia cattolica, una ragazza é stata gambizzata dal fratello per aver indossato una minigonna e non aver obbedito al divieto di farlo da parte di quest'ultimo.
Questo sistema discriminante che attacca tutto cio' che non rientra nei canoni occidentali di "libertà" e "democrazia" semina vento e raccoglie tempesta.
Ad ogni azione (leggi repressione di stato) corrispondono periodicamente rivolte popolari da Parigi a Londra, da Stoccolma alle metropoli americane.
Noi come sempre tifiamo rivolta, sperando che il sistema oppressivo venga colpito dagli oppressi e dagli sfruttati che non si facciano deviare e confondere da finte e facili "soluzioni" come potrebbe essere l'islam politico nella sua versione salafita rappresentata ultimamente da Daech.



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