"guerra popolare,
rivoluzione - scateniamo la nostra ribellione"
è stato il grido prorompente
delle donne dell'Mfpr alla conferenza internazionale di Amburgo.
Una rivoluzione nella rivoluzione
che non può più aspettare, che non si limiti all'autodifesa, ma si estenda
all'offesa
Chi ci vuole come compagne di
guerra e ci fa guerra merita la nostra guerra
Giriamo per informazione un
articolo di Repubblica da http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2012/05/28/news/congo_violenza_alle_donne_e_ora_di_rompere_il_silenzio-36106492/
IL SEMINARIO
Congo, violenza alle donne "E' ora di rompere il
silenzio"
Stupri di massa, mutilazioni,
fosse comuni non sono "effetti collaterali" di una guerra ma una vera
e propria strategia militare perpetrata ai danni di una popolazione. Circa
400.000 stupri l'anno (due donne su cinque) da moltiplicare per 16 anni di
guerra che colpiscono tutti, bambine di 3 anni (il racconto è agghiacciante
perché alle bambine spesso restano le anche rotte per gli stupri di gruppo) e
persone di 90 anni
di LAURA LANDOLFI
ROMA - E' un vero e proprio
genocidio quello che colpisce le donne del
Congo. Stupri di massa, mutilazioni, fosse comuni non sono "effetti
collaterali" di una guerra ma una vera e propria strategia militare
perpetrata ai danni di una popolazione. Atti di guerra di cui si è parlato
sabato scorso durante il seminario "Violenza contro le donne come
attentato alla vita: rompiamo il silenzio" organizzato dell'Istituto
Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il
contrasto delle malattie della Povertà (INMP), Tam Tam d'Afrique Onlus,
presenti accanto alla presidente dell'istituto Dr. ssa Concetta Mirisola, Carla
Elisa Mucavi ambasciatrice della Repubblica di Mozambico e Thenjiwe Ethel
Mtintso Ambasciatore del Sud Africa, l'onorevole Eugenia Roccella della
Commissione affari sociali e molti altri. Tra essi Suzanne Mbiye Diku, ginecologa
INMP e presidente di Tam Tam d'Afrique che ci racconta di uno stupro utilizzato
"come
strategia di guerra, infatti
l'American journal of public health lo ha definito il più grande dramma riscontrato
nella storia della civiltà".
I numeri parlano chiaro. Circa
400.000 stupri l'anno (due donne su cinque) da moltiplicare per 16 anni di
guerra che colpiscono tutti, bambine di 3 anni (il racconto è agghiacciante
perché alle bambine spesso restano le anche rotte per gli stupri di gruppo) e
persone di 90. Lo scopo è colpire chi tramanda la vita, l'origine della
popolazione "dando letteralmente fuoco agli organi genitali o costringendo
padri a violentare le figlie e i figli le madri". Il problema è
innanzitutto politico "in Congo il governo non esiste e chi comanda guarda
dall'altra parte. Il nostro scopo come associazione di donne congolesi, è far
sì che i governi si impegnino". Nel marzo 2009 la Diku, che tra l'altro è
Cavaliere della Repubblica, è stata convocata dalla Commissione straordinaria
del Senato sui diritti umani, il suo intervento verteva sulla situazione nella
Repubblica Democratica
del Congo e sul ruolo delle Ong
locali delle donne congolesi e in particolare sulle tematiche dell'emancipazione
e contro lo stupro come arma di guerra.
Perché si sappia. Ma quello che
le interessa ora è "riuscire a creare un movimento internazionale, per
questo ci siamo rapportati con la società civile, con le Ong, con la stampa:
perché si sappia".
Del resto, "come notava
l'ambasciatrice del sud Africa, l'apartheid fu fatto cadere grazie al movimento
internazionale che si era creato". Rompere il silenzio dunque serve "a
mettere il faro su
questo fenomeno, far sì che anche
solo uno di questi signori della guerra venga trascinato davanti
al tribunale internazionale
perché gli aguzzini sappiano che possono essere puniti". Non solo stupri
in realtà perché le donne vengono
fatte a pezzi e gettate nelle fosse comuni o se partoriscono il frutto dello
stupro, sia di un estraneo che di un parente costretto a prestar loro violenza,
vengono emarginate perché nessuno vuole figli dai nemici " così i bambini
che nascono finiscono per strada
mentre spesso le donne ricorrono
all'aborto". E visto che in Congo è illegale se lo procurano da sole, il
che, nella maggior parte dei casi, vuol dire morte certa.
(28 maggio 2012)
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