Una delegazione di lavoratrici, disoccupate del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario da Taranto è andata ieri a Barletta, perchè, come abbiamo detto ai vari giornalisti e tv, la morte delle 4 operaie e della ragazzina Maria non è un “disastro”, ma un assassinio che mette tragicamente in luce una condizione delle donne operaie che per lavorare devono rischiare anche di morire; è un assassinio che grida ribellione, giustizia, necessità di unità e lotta non solo a Barletta ma per tutte le donne. Per questo era giusto esserci a Barletta (benchè oltre la nostra non vi erano altre presenze di lavoratrici da altre città).
Quando siamo arrivate, abbiamo trovato il primo grosso contrasto: da un lato arrivavano da varie vie nella piazza A. Moro tanti spezzoni di gente che sembravano quasi dei cortei, soprattutto gruppi di donne, la maggior parte giovani, tante ragazze che portavano il loro dolore, calore, rabbia; dall'altra una piazza resa volutamente ferma, silente dall'intreccio apparati della Chiesa – tutti presenti ai massimi livelli e che hanno imposto durante la cerimonia funebre un clima da “sepolcri imbiancati” - e apparati delle forze dell'ordine.
Da un lato le operaie delle altre fabbriche tessili, le operaie della fabbrica Vinci Shoes, una delle più grandi con 100 lavoratori, venute con il loro striscione, che volevano stringersi intorno alle loro compagne uccise e ai loro familiari, operai di fabbriche che erano usciti prima dal lavoro per partecipare al funerale, ma anche commercianti che avevano tutti chiuso per lutto, e poi migliaia e migliaia di persone, sicuramente più di 10 mila solo nella piazza, ma vi era tante gente anche nelle strade laterali, in particolare nelle 2 strade vicinissime alla piazza dove vi è stato il crollo; da un lato i familiari, i parenti, le amiche delle 5 donne che esprimevano la loro disperazione, ma anche, alcuni, la loro denuncia per quelle morti annunciate. Dall'altra arrivavano quelli in “giacca e cravatta”: gli amministratori con il sindaco di Barletta, complici, o forse di più, per questi omicidi e giustificatori della “normalità” del lavoro in quelle condizioni di tutto nero; arrivavano scortati i politici e rappresentanti delle istituzioni regionali, Vendola, e nazionali, Carfagna; e uguali a questi sono arrivati anche i segretari sindacali Bonanni e Camusso, che hanno detto parole scontate. E l'ipocrisia è andata in scena!
“Vendola – ci ha detto un'operaia correggendo il nostro volantino – non è vero che ha dato 200 mila euro a famiglia. Ha dato 200mila euro in tutto! E poi per pagare il funerale e le spese dell'albergo dove ora stanno le famiglie sgomberate dalle palazzine”. Quindi, soldi dovuti (ci mancava anche che le famiglie dovessero pagare), non certo un contributo di solidarietà espressione di una politica “diversa” della Regione Puglia.
Intanto, le gerarchie della Chiesa all'inizio ogni 5 minuti facevano dal palco appelli al “silenzio”, quasi preoccupati che così non potesse essere.
Ma la stessa preoccupazione aveva la polizia, ed essa si è subito manifestata verso la nostra delegazione che aveva aperto in piazza uno striscione che diceva: “CON MATILDE, GIOVANNA, ANTONELLA, TINA E MARIA. LE NOSTRE VITE VALGONO DI PIÙ DEI VOSTRI AFFARI E COMPLICITÀ”. Striscione davanti a cui si fermavano tante persone, donne, e soprattutto le operaie della Vinci Shoes, operaie di altre fabbriche tessili, delegate sindacali, per parlare, prendere il nostro volantino/messaggio, rimanere in contatto.
Ma quella scritta, "...le nostre vite valgono di più dei vostri affari e complicità", guastava il clima di “silenzio-rassegnazione” imposto; ad un certo punto è arrivata la polizia che si è accanita sullo striscione, ha provato a strapparlo e poi a sequestrarlo, cercando anche di portare in questura una compagna di Taranto. Solo la nostra ferma determinazione e l'isolamento del dirigente della polizia dalle donne e persone vicine lo ha impedito. Ma per far rimanere lo striscione nella piazza abbiamo dovuto mettere dello shock sulla frase "pericolosa", benchè, come si può vedere da alcune foto, la frase si leggeva bene lo stesso....
Con le operaie con cui abbiamo parlato, e nelle interviste rilasciate a Tv e stampa locale e nazionale, abbiamo insistito sul fatto che queste morti sono frutto sia della speculazione edile dei padroni, come della complicità del Sindaco di Barletta - e, forse, anche più che complicità. Visto quanto sta venendo fuori circa un piano esistente che prevedeva l'abbattimento di quelle palazzine non per fare abitazioni e locali a norma, ma per farci abitazioni di lusso; piano che potrebbe nascondere un intreccio affari/tangenti.
Ma queste morti sono soprattutto frutto del lavoro nero. Chi in questi giorni sta negando questo sbaglia, o volutamente in cattiva fede, o anche in buona fede come alcuni familiari, lavoratrici, gente di Barletta.
Le 4 donne sono morte in quanto operaie, sono morte sul lavoro e per il lavoro. Anche la piccola Maria è morta sul luogo di lavoro. E sono morte per le condizioni di lavoro a “nero”, che vuol dire taglio dei costi del lavoro, del salario come dei costi per la sicurezza. Se le operaie non fossero state in quelle condizioni, non si sarebbero neanche trovate in quel sottoscala a lavorare quasi di nascosto, in locali con le crepe nei muri, senza via d'uscita a norma, ecc., per gli affari del padroncino ma soprattutto per i profitti delle 'Grandi marche'. Se non sono queste morti per il lavoro, cosa sono? Non è sicuramente un caso che sono morte solo operaie e Maria che era andata da loro. Chi nega il rischio mortale del lavoro nero, intrecciato con la speculazione affaristica dei padroni edili e la mancanza di controlli di Ispettorato, Asl, ecc., il menefreghismo, o connivenza delle Istituzioni, di fatto, come sta facendo il sindaco di Barletta, lo vuole giustificare, normalizzare, renderlo ordinario e scontato, accettabile come unica prospettiva soprattutto al sud, soprattutto per le donne. Ma così non deve essere!
Con le operaie abbiamo parlato della necessità, anche di fronte alla morte di Giovanna, Matilde, Antonella, Tina, Maria – ma c'era stata un'altra morte pochi giorni fa in Puglia tra le braccianti – dell'unità, della lotta, di uno “sciopero delle donne”, per dire Basta!, per sentirci forti, per non accettare questa vita!
Purtroppo, a Barletta, chi non c'era, a parte le delegate operaie, erano i sindacati confederali locali, regionali. Ma questa non è una ragione in meno, ma un motivo in più per non delegare la nostra lotta di lavoratrici e di donne.
Il momento più emozionante è stato verso la fine della pomposa, lunga celebrazione religiosa.
Un grande, fortissimo applauso di tutta la piazza ha salutato le bare che andavano via.
Ma nello stesso tempo all'applauso si è unita la ribellione. Striscioni sono calati dai palazzi nella piazza: da un terrazzo, lo striscione nero “E ora vogliamo la verità!!”; da un balcone di un altro palazzo: “Muore chi fa il suo dovere per colpa di chi non ha mai fatto il suo”.
I rappresentanti istituzionali sono stati “accompagnati” alla fine dalle grida di gente comune, dal minimo “Bella figura che avete fatto”, a frasi molto più pesanti “Bastardi”, “Assassini”, “Andate in galera”.
La rabbia poi si è trasferita da parte di tanti cittadini sotto il Comune, verso il sindaco che si è barricato dentro e non ha voluto neanche incontrare una delegazione. La parola principale era “Dimettetevi”, “i Profitti non valgono la vita di 5 operaie Dimettetevi” - diceva uno striscione.
Noi prima di tornare a Taranto siamo andate sul luogo del disastro, vicinissimo a p.zza A. Moro, per lasciare su quelle maledette pietre il nostro striscione, come saluto, insieme ai fiori e ai cartelli, e ad altri striscioni.
Un padre ci ha detto: “grazie di essere venute. Avete fatto una cosa bella!”.
per Le lavoratrici, disoccupate del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario – TarantoConcetta MusioFiorella MasciTA. 7.10.11