21/09/17

"FINO ALLA FINE"... - INTERVISTA ALLA RAPPRESENTANTE DELLE COOP. SOCIALI DI PALERMO

Riportiamo l'intervista fatta ad agosto alla rappresentante delle lavoratrici delle cooperative sociali di Palermo dello Slai cobas per il sindacato di classe, Giorgia, sulla lunga e importante lotta che stanno portando avanti da anni, ripresa e in corso anche in questi giorni. 
 

Come è nata la vostra lotta di lavoratrici precarie?
La lotta dei precari di Palermo nasce anni fa principalmente, dalla necessità della rivendicazione di diritti basilari quali lo stipendio perché non prendevamo lo stipendio puntualmente e inizialmente stavamo anche 4-5 mesi senza prenderlo. Molti di noi tra l'altro erano pure inconsapevoli degli altri vari diritti basilari, proprio perché non avevamo conosciuto un'organizzazione sindacale, lo Slai cobas per il sindacato di classe, con una linea diversa, e alcuni di noi erano stati iscritti alla Cgil che poi faceva le telefonate ai padroncini dicendogli: vabbè li tengo buoni io! E 8 anni fa abbiamo avuto questo cambiamento totale. Quindi una distinzione netta della linea sindacale ufficiale, che comunque ha portato ad una lotta molto più osservata.

La vostra lotta si scontra anche con le politiche nazionali del governo
La lotta dei precari è una lotta che poi si trova a scontrarsi con la politica Istituzionale e inizia proprio con uno scontro con la politica; risolto, infatti, il problema degli stipendi, iniziamo a capire che c'è la necessità di affermare quelli che sono i diritti del posto di lavoro e di contrastare i tagli ai posti di lavoro, perché iniziamo a subire degli attacchi forti da parte delle istituzioni ad iniziare dalla Provincia, ora chiamata città metropolitana, alla stessa Regione, sino ad arrivare quest'anno al MIUR.
Quindi si può dire ormai che è una lotta al livello nazionale, adesso ci troviamo a scontrarci col MIUR perché all'interno della legge sulla “buona scuola” c'è una delle leggi delega che è la 378 che vorrebbe trasferire le competenze di questo servizio ai collaboratori scolastici.
Per evitare questo abbiamo iniziato una dura lotta già l'anno scorso, perché il governo regionale aveva anticipato quella che era la legge delega attraverso l'approvazione dell'articolo 10 a firma del governo Crocetta e Baccei e del Movimento 5 Stelle, delle due deputate Foti e Zafarana. Quindi l'anno scorso abbiamo fatto una lotta a 360 gradi.
Come dicevo prima, questa lotta non è più una lotta a livello locale. A volta nelle nostre riunioni
diciamo che abbiamo una responsabilità molto grande perché noi stiamo lottando sul campo per 2000 assistenti in tutta la Sicilia e su questo abbiamo cercato di fare comunque un lavoro di coinvolgimento. Siamo stati pure a Messina l'anno scorso, e subito dopo l'abrogazione dell'articolo 10, molti dei precari di Messina, o non iscritti a nessun sindacato o ritiratisi dalla Cgil, si sono messi in contatto con noi; invece quelli di Catania hanno una posizione un pò oscillante, sono male consigliati e altri sono addirittura inconsapevoli di tutto quello che sta succedendo perché comunque chi guida pensa sempre di prendere decisioni per loro, e vanno dai lavoratori dicendogli per esempio “stai buono lì che poi ci penso io”, ma in realtà fanno accordi col padroncino.

In questa lotta quanto pesa il fatto che siete soprattutto donne?
Un elemento distintivo di questa lotta è che siamo in maggioranza donne, anche perché in questo tipo di servizio siamo più donne che uomini e siamo l'elemento che spicca di più in tutte le manifestazioni e le giornate di lotta come determinazione e rabbia proprio perché come donne siamo doppiamente oppresse.

Racconta dei momenti più significativi della vostra battaglia
All'inizio abbiamo fatto dei blitz nei Palazzi andando a trovare i vari politici di turno, tra Crocetta e Orlando, cercando anche di capire come si muovessero questi tizi e quindi ogni occasione era buona per noi farci trovare lì, in modo che loro ci vedessero, per creare quella suspence e fargli chiedere: ma che sta succedendo? ma questi cosa vogliono? Questa lotta e continuate così fin quando siamo “entrati nel cuore di Crocetta”. Siamo andati al Gay Pride perché sapevamo che Crocetta non ci voleva incontrare; sapevamo che sarebbe stato lì e ci sarebbe stato Orlando e altri politici, e quindi ne abbiamo approfittato e ci siamo fatti trovare sul bordo del marciapiede di via Roma con le locandine che abbiamo organizzato in sede con le facce di Baccei e Crocetta e della Foti e Zafarana, gridando a gran voce e denunciando il fatto che comunque il diritto al lavoro e il diritto dei ragazzi allo studio non si tocca assolutamente, che noi non siamo disposti ad accettare tutto questo, le loro sporche manovre fatte solo per risparmiare. I diritti sono diritti e voi non c'è li potete toccare!
Quella è stata una delle giornate di lotta più importanti dal punto di vista strategico, perché da lì qualcosa è iniziata a smuoversi, perché poi hanno iniziato a risponderci.
Ma in realtà non si quagliava, i loro interessi sono troppo grandi e inoltre anche all'interno della politica ci sono delle contraddizioni, perché è vero che fanno parte dello stesso sistema, però Orlando ragione in un modo e Crocette in un altro e i vari deputati dell'Ars hanno interessi con la cooperativa, il Movimento 5 Stelle difende gli interessi dei padroncini, tanto che questo hanno detto chiaro che se dovessero salire loro saremmo tutti fuori. Quindi dovevamo cercare di capire bene per proseguire una lotta che è di resistenza e di difesa del posto di lavoro ma che ha tanti punti per attaccare. Siamo anche in un momento particolare in Sicilia, si stanno preparando alle elezioni regionali e noi dobbiamo utilizzare questa fase a nostro favore. Perché comunque loro non sono così forti come pensano di essere, o meglio, appaiono forti perché il potere è nelle loro mani, ma una forte lotta riesce a metterli sulla difensiva.

La lunga lotta crea anche problemi all'interno dei lavoratori?
La nostra è una lotta molto difficile, estenuante e questo lo vediamo in tutte le lotte dei precari. In generale le lavoratrici, i lavoratori, precari sono molto combattivi, ma rischiano di crollare perchè si tratta comunque di una condizione di vita di ultra precarietà; quindi può capitare di crollare proprio quando avremmo bisogno di un momento ideologicamente forte per lottare di più. Facciamo per esempio delle riunioni molto corpose, ideologicamente forti e sembra che tutti abbiano capito, ma appena escono da lì perdono quella determinazione e sembra che siamo di nuovo al punto di partenza. Abbiamo tutti gli stessi pesanti problemi di vita, e come donne si raddoppiano, si triplicano, ma chiaramente non va bene che c'è chi si fa i fatti suoi, cioè chi è opportunista, chi addirittura non partecipando alle lotte viene solo per parlare destabilizzando pure i nostri compagni e cercando di rompere quell'equilibrio che abbiamo raggiunto. Per esempio, un lavoratore che viene da fuori senza un minimo di esperienza vuole venire a comandare su quello che stiamo facendo a livello sindacale, quando noi sappiamo di essere nel giusto e siamo legittimati, non può venire a dire: “a me lo sai... secondo me sarebbe meglio così...”. Io allora gli dico: E tu dove sei? Non ci sei e vieni a criticare pure il nostro operato!? Non esiste questo discorso e comportamento. Ma per fortuna le lavoratrici che ogni giorno lottano non si fanno imbrogliare.

Siete riuscite ad ottenere dei risultati? Qual'è ora l'obiettivo immediato della lotta?
L'anno scorso per lo Slai Cobas per il sindacato di classe c'è stata una vittoria politica di importanza non indifferente, Abbiamo fatto una lotta politica a 360 gradi dove ci siamo scontrati e siamo stati sotto i Palazzi per mesi, dalle 10:00 di mattina alle 11:00 di sera, con fischietti e tutto quello che avevamo per fare casino, bloccando le macchine di Baccei, ecc. Il 10 agosto dell'anno scorso finalmente l'articolo 10 è stato abrogato.
Quest'anno la lotta è ancora più difficile perché ci scontriamo appunto con il governo nazionale e noi in tutti i modi dobbiamo cercare di trovare una soluzione definitiva, la stabilizzazione di questi servizi. Si tratta di servizi obbligatori ed essenziali, ma loro continuano a votare queste leggi illegali.

Avete subito azioni repressive?
Al di là della repressione della polizia in generale che abbiamo spesso subito nei vari momenti di lotta, siamo arrivati anche a scontrarci con la polizia più e più volte, con una Digos sempre più arrogante – ma noi donne li mettiamo sempre a posto - l'anno scorso è successo qualcosa molto particolare perché ad alcune di noi precarie sono arrivate delle denunce. Non hanno toccato in questo caso i coordinatori dello Slai cobas sc, è stato, volutamente, un tipo di repressione individuale che aveva il senso di spaventarci di più, per farci arretrare. Ma è successo esattamente il contrario! Quando siamo state convocate in questura per ritirare la denuncia, abbiamo fatto un casino anche là dentro. Loro pensano che ci spaventiamo ma in realtà non è così.

Quindi, la lotta continua?
Ripeto è una lotta dura non sappiamo se ce la faremo perché noi dobbiamo essere sempre con i piedi per terra e non possiamo dire è semplice, ma noi ce la stiamo mettendo tutta e stiamo continuando a farlo in tutte le forme perché una lotta 360°. Dal punto di vista mediatico facciamo girare molto i nostri comunicati a livello locale in televisione ma anche a livello regionale; a livello nazionale l'anno scorso siamo arrivati addirittura alla Rai. Ma quello che importa di più è che dobbiamo andare avanti senza se e senza ma, non gliela daremo vinta, questo è sicuro. C'è un mio collega che comunque parla sempre poco, però dice ogni volta “fino alla fine”! E almeno così, noi abbiamo anche la coscienza pulita di aver fatto il possibile e di aver fatto quello che è giusto che deve essere fatto da parte di tutti. Quindi ribellarsi con tutti i mezzi possibili e immaginabili.

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