08/03/15

Pisa. Donne dei quartieri popolari bloccano la coop. L(')otto sempre.

Questo pomeriggio (ndr. 7 marzo) una cinquantina di donne dei quartieri di Pisa hanno bloccato la Coop di Cisanello chiedendo un assegno sociale e protestando contro il nuovo regolamento della Società della Salute che prevede di affidare la gestione dei buoni pasto alla Caritas. Le donne dopo aver riempito i carrelli con beni di prima necessità per l'alimentazione e la salute alle casse hanno “pagato” con un fac-simile di assegno sociale, bloccandole e chiedendo un incontro con l'assessore al sociale Sandra Capuzzi. L'assessore ha tergiversato non fissando una data precisa e la mobilitazione è proseguita bloccando prima l'ingresso del supermercato poi tutte le casse. Al grido “l(')otto tutti i giorni contro la povertà basta sacrifici vogliamo dignità” e “non basta mai il denaro al supermercato vogliamo buoni spesa ed il pasto già pagato” per più di un'ora e mezzo la Coop è rimasta bloccata. L'assessore ha dovuto concedere l'incontro richiesto, fissato per mercoledì 11 marzo alla Società della Salute. L'entusiasmo e la determinazione non si è fermata dopo aver strappato l'incontro e le donne si sono riversate fuori dal supermercato bloccando la strada. “Capuzzi alla Caritas ci vai tu, noi vogliamo di più” è uno degli slogan scanditi durante il pomeriggio di lotta. È il primo momento di mobilitazione verso una primavera in cui l'assessore e le istituzioni dovranno fare i conti con le campagne per la giustizia sociale delle donne e degli uomini dei quartieri popolari.

Di seguito il volantino della mobilitazione.

L(')otto sempre.

L'otto marzo è da sempre una data simbolica: il giorno in cui le donne si mobilitano per difendere e far valere i propri diritti. Nel tempo è diventata sempre più una ricorrenza impregnata di consumismo, perdendo il suo reale significato. Noi ci rifacciamo a quel vecchio significato, oggi più necessario che mai e riprendiamo in mano le nostre vite lottando per ciò che riteniamo giusto. Oggi ci mobilitiamo.
Siamo quattro generazioni di donne che vivono una condizione comune di sfruttamento. Abbiamo deciso di dire basta, di iniziare a rifiutare tutti i comportamenti umilianti ed impoverenti che ci vengono imposti.
Siamo quelle donne che lavorano all'ospedale e vedono la sanità cadere a pezzi. Siamo quelle donne che lavorano nelle scuole e le vedono cadere in testa ai propri figli.
Siamo quelle donne che si prendono cura di bambini e anziani, senza l'aiuto di nessun servizio. Siamo quelle donne che per sopravvivere fanno le babysitter e le badanti.
Siamo quelle più sfruttate e meno retribuite.
Facciamo tutto questo per riuscire a sopravvivere, e comunque non basta. Sui posti di lavoro non ci pagano abbastanza, siamo costrette a rivolgerci ai servizi sociali per sbarcare il lunario, veniamo umiliate, dobbiamo dividerci tra mille domande ed uffici per poter ottenere i sussidi minimi per condurre, alla fine, una vita piena di difficoltà e a stento dignitosa. Siamo l'anello forte della catena dello sfruttamento, siamo quelle su cui guadagnano. Ma abbiamo il potere di dire basta, di rifiutare il comportamento vittimista che ci impongono sia per mantenere il posto di lavoro, sia per ottenere i contributi dagli assistenti sociali.
Oggi questo basta lo gridiamo con forza tutte insieme. Ci siamo conosciute nei quartieri, abbiamo condiviso i nostri problemi ed elaborato insieme una risposta corale: chiediamo un assegno sociale per tutte e tutti. Una forma di reddito sottratto ai meccanismi di autoumiliazione e giudizio da parte degli assistenti sociali. Pretendiamo che la Società della Salute elargisca i buoni spesa non vincolandoli alla Caritas. Pretendiamo che i nostri bisogni vengano presi in considerazione e soddisfatti, perché noi non vogliamo l'assistenzialismo, non vogliamo la carità. Vogliamo solo che il nostro lavoro sia riconosciuto e ci venga pagato, perché lo svolgiamo già.  

Donne dei quartieri popolari

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