29/07/14

La guerra di Israele contro le donne di Gaza e i loro corpi ·

Pubblichiamo la traduzione di un articolo scritto il 23 luglio da David Sheen su http://muftah.org, che rende bene l'idea e fa chiarezza su come la guerra di Israele contro la Palestina - e in particolar modo su Gaza - si faccia largo su più fronti, compreso quello del corpo delle donne. Un'attitudine spregevole che altro non fa che rivelare aspetti squallidi e cruenti dell'ennesima operazione di guerra intrapresa da parte di Israele.

Al cominciare della terza settimana dell'ultimo assalto di Israele a Gaza, la forza distruttiva scatenata sulla Striscia ha preso un tributo enorme, con oltre 650 palestinesi morti, più di 4.200 feriti - per lo più civili - e centinaia di migliaia di senzatetto. Come vede da Gaza, il livello di incitamento razzista anti-palestinese da parte dei maggiori esponenti politici, religiosi e culturali israeliani raggiunge ogni giorno nuovi picchi, ed ha assunto anche un tono misogino.

PROMUOVERE LO STUPRO DI GAZA E DELLE DONNE GAZAWI
Il 21 luglio i media israeliani hanno riferito che Dov Lior, rabbino capo dell'insediamento Kiryat Arba in Cisgiordania, ha emesso un editto religioso sulle regole di ingaggio in tempo di guerra, che ha poi inviato al ministro della Difesa del Paese. L'editto dichiara che secondo la legge religiosa ebraica, è lecito bombardare innocenti civili palestinesi e "sterminare il nemico."
Mentre Lior è tenuto in grande considerazione, è anche associato con il sionismo religioso di "ala conservatrice." Al contrario, David Stav, rabbino capo della città di Shoham è considerato un leader di una corrente "liberale" del sionismo. In un editoriale pubblicato lo stesso giorno dell'editto precedente, Stav definiva l'assalto a Gaza come una guerra santa, comandata dalla Torah stessa e che quindi deve essere spietata.
Mentre queste importanti figure religiose urlano in favore di una guerra di sterminio, alcuni israeliani laici hanno suggerito di effettuare attacchi di natura più perversa.
Il giorno dopo queste dichiarazioni di Lior e Stav, è emersa la notizia che il Comune di Or Yehuda, situato nella regione costiera di Israele, ha stampato e affisso uno striscione di sostegno ai soldati israeliani. La scelta dei termini dello slogan suggerisce lo stupro delle donne palestinesi. Il testo dello striscione recita: "Soldati israeliani, gli abitanti di Or Yehuda sono con voi! Sbattete la loro madre e tornate a casa sicuri dalle vostre madri."
Questa traduzione inglese (italiano, Trad.) del ebraico "Gansu" come "Sbattere" (in inglese "pound", sinonimo di "bang") significa letteralmente battere,alt ma ha anche un significato colloquiale che connota la penetrazione sessuale. Nell'originale ebraico, il doppio senso è invertito: "Gansu B" ha il significato colloquiale di attaccare fisicamente qualcuno, ma letteralmente significa entrare, sessualmente o in altro modo - questa connotazione sessuale si trova in ebraico nelle espressioni linguistiche dei blog sessuali.
La frase "la madre", "ima shelahem" in ebraico, ha anche il significato colloquiale di "con grande intensità." Questa espressione si è diffusa proprio perché, per molte persone, ammettere che la loro madre sia stata aggredita è più doloroso che ricevere un colpo diretto alla propria persona. Nel contesto dello striscione della città, il linguaggio della violenza sessuale è preso in prestito per articolare la sottomissione spietata della popolazione palestinese di Gaza.
Chiaramente l'intento del Consiglio della città di Or Yehuda è stato quello di mostrare il sostegno per l'esercito israeliano con quello che ritenevano essere un intelligente gioco di parole. Scegliendo l'espressione volgare "Gansu ba-ima shelahem" - che significa "batterli con grande intensità" e anche "entrare nel loro madre"- suggeriva sia un'incoraggiamento alla violenza verso i palestinesi ed anche un riferimento alla cultura dello stupro, che è molto diffusa in Israele.
L'affissione dello striscione in Or Yehuda è venuto pochi giorni dopo la comparsa di un'immagine composita che suggerisce violenza sessuale nei confronti di Gaza, che è stata ampiamente condivisa da civili israeliani sulla popolare app WhatsApp.
Nell'immagine, una donna con l'etichetta "Gaza", che indossa un vestito islamico conservatore dalla vita in su e quasi nulla dalla vita in giù, ritratta in posa ammiccante e con uno sguardo allusivo verso l'osservatore. Il testo ebraico che accompagna l'immagine recita: "Bibi, finisci dentro questa volta! Firmato, i cittadini in favore dell'assalto da terra." Di nuovo, un doppio senso è stato utilizzato per promuovere la guerra, con riferimento stupro. In ebraico, il significato colloquiale di "finire" è eiaculare.
Se nel manifesto di Or Yehuda lo stupro è solamente accennato, e l'immagine WhatsApp gioca allusivamente con esso, un eminente accademico israeliano ha clamorosamente lanciato l'idea di usare violenza sessuale contro le palestinese proprio all'inizio di queste ostilità.
Il 1° luglio, subito dopo il ritrovamento dei corpi dei tre ragazzi israeliani dispersi in Cisgiordania, il docente dell'Università di Bar Ilan, Mordechai Kedar, ha parlato alla radio israeliana in merito alla possibilità di violentare le donne palestinesi al fine di scoraggiare il "terrorismo", dicendo che solo la consapevolezza che Israele potrebbe inviare agenti di violentare la madre o la sorella di un militante palestinese, come punizione per i suoi crimini, lo potrebbe dissuadere dal compiere tali azioni.
Nessuno di questi ultimi riferimenti allo stupro dovrebbe sorprendere dopo che l'esercito israeliano ha promosso Eyal Qarim al secondo cappellano più potente nei suoi ranghi, anni dopo la sua decisione di stabilire che lo stupro sulle palestinesi era ammissibile in tempo di guerra. Solo dopo che il famoso blogger israeliano Yossi Gurvitz aveva esposto pubblicamente la ripugnante sentenza del marzo 2012, il rabbino è stato costretto a tornare indietro sul suo vile verdetto.

"SLUT-SHAMING" (LA COLPEVOLIZZAZIONE DELLA VITTIMA, N.D.T): DONNE EBREE ISRAELIANE IN SUPPORTO DELLA PALESTINA
Nell'ultimo mese, le donne palestinesi non sono state le uniche ad essere minacciate di violenza sessuale da figure pubbliche di Israele. Lo stesso giorno in cui Kedar ha rilasciato l'odiosa intervista, Noam Perel, Rabbino leader mondiale del Bnei Akiva (il più grande gruppo di giovani ebrei religiosi nel mondo), si rese autore di un post di Facebook in cui chiedeva l'assassinio di massa dei palestinesi e la raccolta dei loro prepuzi come trofei. Perel subito la censura del sito per i suoi commenti orribili.
Come nella maggior parte delle società scioviniste, sono le donne che portano il peso della violenza sessuale maschile, e le donne ebree israeliane non sono state risparmiate. Quelle donne che professano pubblicamente supporto per i palestinesi, richiedenti asilo africani, o di qualsiasi altro gruppo non-ebrei in Israele sono spesso vittima di "slut-Shaming" e costantemente bersaglio degli ultra-nazionalisti con minacce di varie forme di violenza sessuale, tra cui lo stupro di gruppo.
La violenza sessuale contro le donne ebree-israeliane è perpetrata non solo da scheggie impazzite della destra. Oggi (il 23 luglio, N.d.T) è l'ultimo giorno in cui Shimon Peres sarà presidente di Israele. Il suo immediato predecessore Moshe Katsav, che si trova attualmente in carcere, sta scontando una condanna per stupro e altri reati sessuali. Domani a Gerusalemme, Peres sarà sostituito da Reuven Rivlin. Rivlin si è guadagnato il titolo in gran parte perché i suoi due principali rivali, Silvan Shalom e Meir Shitrit, erano entrambi credibilmente accusati di aver commesso gravi crimini sessuali durante la campagna elettorale presidenziale. Allo stesso modo, l'attuale capo della polizia di Gerusalemme è stato scelto per sostituire Nisso Shaham, dopo che egli è stato incriminato con l'accusa di aver commesso una serie di crimini sessuali.
Al crescere a livelli terrificanti dell'incitamento anti-palestinese nella società israeliana, esso si è mescolato con la misoginia per creare un cocktail di odio di sconosciuta potenza. Forse, come sostengono molti sionisti, tutto questo discorso sono solo spacconate e gli ebrei israeliani sono per lo più incapaci di commettere lo stupro come un atto di guerra. Vale la pena di ricordare, però, che queste stesse persone hanno fatto affermazioni identiche su torture e omicidi fino a un mese fa, quando un gruppo di ebrei ha rapito l'adolescente palestinese Mohammed Abu Khdair, lo ha costretto a bere del carburante, e gli diede fuoco bruciandolo vivo.

27/07/14

Dalla Spagna: al fianco delle donne salvadoregne in carcere perchè hanno abortito

In Spagna continua la mobilitazione al fianco delle donne salvadoregne in carcere perchè hanno abortito.
Di seguito il resoconto della mobilitazione, compreso l'incontro con l'ambasciatore di El Salvador
Portada del sitio > Noticias > Movilizaciones > Acciones > Las17.Una lucha Global¡

Las17.Una lucha Global¡

#LibertadparaLas17 Articulando Red de Solidaridad Internacional
Martes 22 de julio de 2014
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Diversas asociaciones del Movimiento Feminista, Asamblea Feminista de Madrid, Catolicas por el Derecho a Decidir, Red de Mujeres Latinoamericanas han ido articulando una red de solidaridad internacional, de lucha global, por el caso de las 17 mujeres salvadoreñas injustamente encarceladas que enfrentan penas hasta de 40 años de cárcel en El Salvador, debido a complicaciones obstétricas. Esta es una consecuencia de la absoluta penalización del aborto.
Ver más info:http://www.feministas.org/las-17-el-salvador-libertad-para.html
El dia 1 de Julio, hubo una concentración frente a la embajada de El Salvador en Madrid, y ese mismo dia tambien en Barcelona, dias antes las compañeras La Plataforma Feminista de Euskal Herria repartia flores y se suma a la campaña internacional en favor del indulto para 17 mujeres encarceladas por abortar en El Salvador.
http://www.eldiario.es/norte/euskadi/aborto-El_Salvador-solidaridad-indulto_0_271923546.html.
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Al día siguiente de la concentración en Madrid, se presentó en la embajada de El Salvador el manifiesto de apoyo a las 17, firmado por diversas organizaciones en el cual se solicitaba una cita, que fue concedida para el día 17 de julio.
En estas mismas fechas 14 y 15 se celebra el curso de verano de
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Amnistia Internacional por los Derechos Sexuales y Reproductivos son Derechos Humanos, en el que participa Alejandra Burgos
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miembra de la Colectiva Feminista y de la Agrupación Ciudadana por la despenalización del aborto terapéutico, ético y eugenésico.
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El 16 de Julio, se celebró un conversatorio con Alejandra Burgos, en la sede de la Asamblea Feminista de Madrid.Se habló del proceso de lucha por la despenalización del aborto en El Salvador y su relación con la lucha que se está desarrollando en España contra la Ley Gallardón. A partir de este encuentro surge la invitación a Alejandra de participar en la entrevista con el embajador de El Salvador.
Compartiendo con feministas salvadoreñas y españolas, hablando de Las17 y se discutió como articular esta lucha por nuestros DDSSRR juntas. Todas dijimos: #LibertadparaLas17

Asi el dia 17 de Julio, activistas de diversas asociaciones feministas tuvimos un encuentro con el embajador de El Salvador en el que se le comenta´la situación de las 17 mujeres salvadoreñas denunciadas por aborto y condenadas por homicido agravado a penas altamente desproporcionadas, representando una acción violenta del Estado, ya que estas mujeres se enfrentaron a procesos judiciales en las que su defensa se caracterizó por la deficiencia y la desidia.Ante esta violación de derechos humanos, respaldamos la solicitud de indultos presentados a la Asamblea Legislativa el 1 de abril de 2014,y asi se lo hicimos saber, a continuación extracto transcripción de la reunión mantenida:
(Alejandra Burgos )bien nosotras entendemos cuáles son sus mandatos y cuáles son las limitaciones de actuación bueno decir que yo soy activista de DDHH en el Salvador soy defensora de DDSSRR y bueno estoy aquí porque he estado toda la semana en una serie de actividades con Amnistía Internacional, decirles que no solamente es la comunidad de salvadoreños/as en España no solamente son las feministas españolas las que están enteradas de lo que está sucediendo en el Salvador que creo que hay que nombrarlo no es una situación no es un asunto es una problemática social real, hay 17 mujeres, de hecho entre el año 2000 a 2011 hay 129 mujeres que han sido procesadas de aborto acusada de aborto muchas de ellas lo que tuvieron fueron abortos espontáneos emergencias obstétricas realmente no es una situación que pase que una decida que haya una emergencia obstetrica, las condiciones que hay en el Salvador que Ud. las conoce como salvadoreño son unas situaciones de precariedad son unas condiciones de insalubridad muchas de estas mujeres han llegado desangrándose a los hospitales por qué no han tenido los cuidados necesarios para llevar a buen término su proceso de gestación el mismo personal médico las han denunciado estando en el hospital a estas mujeres se les ha violado de manera sistemática sus derechos humanos no se ha contemplado su presunción de inocencia no se ha contemplado el debido proceso judicial no han tendió una defensa eficiente, ni eficaz, ni oportuna, es decir ha sido el ministerio publico el que ha estado detrás de las defensa de estas mujeres muchos de ellos han conocido a la victima cinco minutos o sea creo que en todo el mundo a través de los ddhh universal toda persona es inocente mientras se demuestre lo contrario en el caso de estas mujeres ninguna ha sido considerada inocente en ninguna parte del proceso ha estas mujeres les ha fallado el estado al no garantizar que lleven a buen término su embarazo, a estas mujeres les ha fallado asimismo también el ministerio de salud al no poder tener así mismo los debidos cuidados, y el debido secreto profesional que debiera de tener el personal médico, y les ha fallado también el aparato judicial o sea la fiscalía ha cambiado la tipificación del delito por aborto la condena es de 2 a 8 años según al artículo 133 del código penal sin embargo a estas mujeres no se les procesa y se les condena por aborto a 8 años de cárcel se les está condenando por homicidio agravado que tiene una pena de 30 a 50 años.
Algunas de ellas tienen 11 años de estar privadas de libertad, seis años, cuatro años, todas y cada una de ellas han dejado fuera quizás hijos alguna de ellas como es el caso de María Teresa una empleada de maquila de mejicanos está condenada a 40 años de cárcel ella fue condenada gracias a la declaración de la encargada de rrhh de la empresa, si conoce el caso? (no pero…) a ver los jueces de verdad que yo creo que deberíamos de preocuparnos por la manera en que los jueces en eso están actuando, es realmente alarmante, es preocupante, es indignante, o sea, condenan sin tener pruebas directas y podemos mostrar las sentencia, nosotras hemos hecho una investigación con el centro de DDSSRR de Nueva york, por ejemplo, con Ipas Centroamérica, con CEJIT de Costa Rica que creo que a nivel de ddhh es altamente reconocido, Amnistía Internacional está apoyando y de hecho y de echo va ser a partir en los próximos dos años es va a ser uno de los países prioritarios de especial preocupación.
En el último examen periódico universal el Salvador es la segunda vez que recibe recomendaciones para que atienda esta temática, es una temática de criminalización, es una situación de criminalización extrema y realmente es el momento de que se haga saber a el Salvador, es lo que pueden hacer desde aquí, hacerles saber que realmente es importante que se empiece a hablar sobre la temática, sabemos que un indulto responde a una ley especial de recurosos de gracia y eso no les compete a las embajadas eso le compete a los tres órganos del estado pero sí que es importante que reciban correspondencia es importante que reciban información si es importante que sepan que no estamos solas y que para la izquierda en el Salvador para el grupo en el poder digamos oficialmente en el Salvador está empezando a generar costos políticos él no apoyar los temas de derechos humanos es una cuestión de derechos humanos, en los indultos hay razones y motivos específicos y motivos generales para solicitarlos en cada una de las sentencias hay condiciones para otorgar a estas mujeres su libertad, ya sea por que han tenido una pena desproporcionada, ya sea por que las pruebas no han sido suficientes para condenarlas ya sea por que la única razón para condenarlas a sido el puro prejuicio religioso conservador porque a muchas de ellas los jueces les han dicho de que aunque no hay pruebas directas para demostrar que son culpables lo contrario pero que ellas debieron de haber estado atentas a salvar y guardar la vida del productos de su gestación mientras se estaban desangrando entonces creo que es realmente digno de considerar y creo que bueno a mi me preocupa de verdad me preocupa que los ojos del mundo estén puesto en el salvador por esa temática, porque es el país, bueno hay siete países nada mas, en America Latina que tienen absolutamente penalizado el aborto pero el único país que criminaliza de manera tan severa a las mujeres es el Salvador y actúa de manera indulgente con los hombres es terrible, hay una ley especial para una vida libre de violencia a las mujeres pero los jueces siguen condenando y conciliando a partir del código de familia que es insuficiente y que permite conciliar.
Entonces ante esta situación estamos, y esa es nuestra preocupación y ese es el motivo por el que las compañeras aprovechando que yo estaba por aquí haciendo una serie de visitas y una serie de actividades en materia de ddhh pues me invitaron para venir a acompañarlas.
(Embajador) Nosotros también tenemos nuestro punto de vista, yo de forma personal lo tengo lo que pasa que estas son leyes de nuestro país y lo que ustedes están haciendo pues es totalmente valido de hacer llegar ese sentir para allá, porque si no hay reacción de la sociedad pues se asume que todo está bien y continua pero posiblemente al saber de esta reacción pues algún cambio puede darse puede generarse pues como digo, independientemente que yo tenga mi posición al respecto pero es donde se toman las decisiones que hay que hacer llegar pues esta posición de ustedes y es lo que nosotros estamos en toda la disposición de hacerlo independientemente de otro tipo de actividades que ustedes hagan que vayan en esa misma dirección, verdad, que bueno que pudo estar usted aquí para que apoye también esta moción y eso le da fuerza cualquier otro elemento que se agregue y que vaya en la misma dirección pues le dará fuerza y es precisamente lo que queremos hacer sentir a donde nosotros enviamos esto, por ejemplo, la actividad que se hizo aquí dentro de lo que informamos era que era una actividad simultanea con la que se estaba haciendo en Barcelona, o sea, en dos partes, no es en una, para hacer ver que no es algo aislado sino que es algo que está coordinado y que pues quizás hay un poco mas de presión que es lo que legalmente se puede hacer presión y esto pues hasta una gotita de agua al final de tanto pues en una piedra hace algún hueco ahí, entonces es lo que yo les animo a ustedes somos el medio para hacer llegar donde corresponde la posición de cada una de ustedes.
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MANIFIESTO EN SOLIDARIDAD CON LAS MUJERES DE EL SALVADOR
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Las organizaciones y entidades abajo firmantes, queremos manifestar nuestra solidaridad con las 17 mujeres presas por delito de aborto en El Salvador. Estas mujeres han sido condenadas a penas de entre 30 y 40 años y algunas de ellas ya han cumplido hasta 12 años de cárcel y han agotado los recursos legales.
Denunciamos el trato cruel al que las legislaciones vigentes en diferentes partes del mundo someten a las mujeres. Para los legisladores somos meras incubadoras y nos niegan el derecho a decidir sobre nuestros cuerpos y nuestras vidas. Así ocurre en países como El Salvador donde el recorte de libertades a las mujeres se ha debido a la presión de la jerarquía católica romana y a los grupos ultraconservadores integristas y fundamentalistas; denunciamos la pérdida de derechos de estas mujeres.
Las 17 de El Salvador son mujeres en su mayoría pobres, que no disponen de la información ni de la cobertura social necesaria para hacer frente a una situación de embarazo no deseado o de complicaciones durante un embarazo que sí pudo ser deseado. Además de violarse la presunción de inocencia y darles un trato vejatorio transitando del hospital a la cárcel. Allí como aquí las leyes son tremendamente clasistas, niegan a todas las mujeres el derecho a decidir, pero se ceban especialmente con las mujeres sin recursos.
Lo que está en juego es el uso que los gobiernos hacen del cuerpo de las mujeres como moneda de cambio con los sectores más ultras de la sociedad. La legislación en materia de derechos reproductivos de las mujeres criminaliza completamente el aborto, lo estigmatiza, lo convierte en tabú y busca que las mujeres sientan culpa.
Es necesario acabar con el mito del trauma y la culpa, desmitificar que todas las mujeres que han abortado están traumatizadas y dejar bien claro que el trauma lo produce no el hecho en sí mismo sino las condiciones en las que se practica el aborto y las terribles consecuencias que tiene para la vida de las mujeres: cárcel y muerte.
El día 1º de abril organizaciones feministas de El Salvador junto a la Agrupación Ciudadana por la Despenalización del Aborto, presentaron a la Asamblea Legislativa 17 solicitudes de indulto, uno por cada mujer condenada en circunstancias sumamente injustas. Para todas ellas no hay otro camino al haberse agotado las posibilidades de defensa judicial por otras vías.
La campaña internacional pide la solidaridad de las personas que desean que las 17 recuperen su libertad y tengan la oportunidad de volver con sus familias y rehacer sus vidas.
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CONCENTRACIÓN: el martes 1 de julio a las 19h. enfrente de la Embajada de El Salvador, P° de la Castellana n° 178.
Para adherirse a la carta y al manifiesto comunicarlo al correo: apoyoalas17_madrid@hotmail.com
Mas información sobre la campaña de apoyo a las 17: http://www.las17.org/ unaflorporlas17@gmail.com

25/07/14

Donne carne da macello!

In ogni parte del mondo, in tempi di “pace”, ma ancor più in tempi di guerra, le donne sono considerate carne da macello!

L’incitamento da parte di ministri e illustri professori israeliani all’assassinio di tutte le madri e allo stupro delle donne,palestinesi, finalizzati a fermare l’eroica lotta/resistenza del popolo dell’intifada,è uno dei tantissimi esempi eclatanti

Dopo Hitler, non si era mai sentito nulla di così efferato, sanguinario,DISUMANO!

Con la scusa della Shoah, fin dal 1947, Israele, stato fantoccio USA, con la complicità anche dell’imperialismo europeo, Italia compresa, cerca di annientare il popolo palestinese per impossessarsi di tutto il territorio, della “terra santa”.
Il bilancio di oltre 60 anni della guerra genocida di Israele contro il popolo arabo-palestinese è di 800 mila morti, 700 mila profughi e decine di migliaia di feriti, a maggioranza donne,bambini,vecchi.

La crudeltà e la barbarie perpetrati dai governi sionisti finora succedutisi ha inorridito finanche noti giornalisti, insegnanti e scrittori israeliani, tra cui  Gideon Levy e  Nurit Peled-El Hanan,  che da anni denunciano gli orrori commessi dallo stato nazista israeliano, il quale, mentre parla di pace, continua con il massacro, con la guerra militare, politica, economica,poliziesca, coloniale, contro i palestinesi, sottoposti ad un regime di apartheid, costretti a condizioni disumane.  Siccità, fame, abitazioni fatiscenti e minuscole, pochi ospedali, strade militarizzate che impediscono gli  spostamenti degli abitanti di Gaza, stupri, esecuzioni sommarie, bombardamenti, su ospedali, scuole,abitazioni, continui massacri; è questa la “vita” a cui è costretto il popolo palestinese, da più di 60 anni.


Ma quel che è ancora più insopportabile è l’uso del corpo e della vita delle donne palestinesi, come carne da macello,  nel tentativo di arrestare l’eroica  lotta di resistenza del popolo.


L’incitamento alle uccisioni di tutte le madri per impedire che nascano altri ribelli, e alla violenza sessuale contro le donne della Palestina, non è una novità.  Già in marzo 2009, il quotidiano israeliano “Haaretz”, pubblicava una denuncia sconvolgente sui soldati israeliani che  andavano in giro con addosso magliette con riferimenti sessuali e sullo stupro delle donne palestinesi. Inoltre, il suddetto giornale continuava affermando che l’esercito israeliano ( Israeli Defens Forces) andava pazzo anche per le t-shirt con foto di donne incinta, con un mirino puntato alla pancia e sotto uno slogan che recita : “I shot, 2 kills”, ovvero, “con un tiro due morti”. Poi, vi erano anche le magliette con foto di bambini palestinesi morti, con disegni di bimbi presi nel mirino, moschee rase al suolo e madri che piangevano sulle tombe dei loro figli. Ed ancora, con immagini di uccisioni di bambini e donne disarmate e, per finire, con foto agghiaccianti di palestinesi feriti e uccisi con un colpo alla nuca, a distanza ravvicinata, per essere sicuri della loro morte.

Tutto questo si chiama NAZISMO,RAZZISMO,BARBARIE,TERRORISMO, altro che democrazia, che diritto alla difesa dello stato Israeliano, così come invece asseriscono i paesi imperialisti occidentali,tra cui l’Italia,  per giustificare e legittimare il vile e disumano operato dei nazisionisti.
La morte dei tre coloni ebrei è stata solo un pretesto per rilanciare l’attacco già pianificato da tempo contro Gaza e la Cisgiordania, e le potenze imperialiste, Italia compresa,  hanno anch’esse le mani sporche di sangue; del sangue versato di tantissimi innocenti, donne, bambini, anziani,giovani, masse popolari.

Gli insediamenti, l’espropriazione della terra palestinese e il genocidio del suo popolo, sono un grande CRIMINE. Lo stato di Israele NON HA IL DIRITTO DI ESISTERE e i palestinesi HANNO IL DIRITTO DI ABBATTERLO!| Le donne, che sono quelle maggiormente colpite da questa guerra, dall’oppressione e dalla violenza dell’invasore,  continueranno ad essere come sempre in prima fila nella lotta di RESISTENZA e per la libertà e l’autodeterminazione del popolo di Gaza.


Al fianco delle donne e dell’eroica resistenza del popolo palestinese
Contro lo stato nazisionista e genocida di Israele e gli stati imperialisti,
a cominciare dall’Italia, che lo sostengono

Pa, 24.07.14
Lavoratrici SLAI Cobas s.c. –Policlinico Palermo

India, ancora una bambina stuprata e impiccata

(ANSA) - NEW DELHI, 25 LUG - Una bambina di 8 anni e' stata stuprata e impiccata ad un albero in un villaggio del West Bengala, lo stato indiano dove sorge Calcutta.

Lo riferiscono oggi i media indiani. Tre uomini sospettati di esseri gli autori della violenza sono stati linciati dalla folla prima dell'arrivo della polizia. Uno di loro, il guaritore del villaggio, e' morto all'ospedale. Lo scioccante delitto e' venuto alla luce ieri e ricorda la tragedia delle due cuginette trovate impiccate nell' Uttar Pradesh.

24/07/14

A quanto pare lo ha rifatto...

A quanto pare lo ha rifatto. Era già indagato per stupro il soldato statunitense di stanza a Vicenza Gray Jerelle Lamarcus, ora accusato di aver violentato, picchiato e rapinato, con il commilitone Edil McCough, una giovane donna romena, incinta di sei mesi. Fatto accaduto la scorsa settimana, la giovane è ancora in ospedale.
Dove in un altro corridoio è ricoverato anche il soldato Gray, che avrebbe tentato il suicidio un paio di giorni dopo. Piantonato, anche se non risulta in stato di fermo: i carabinieri pare siano lì per proteggerlo, e non per evitare la fuga.
A novembre 2013 il soldato Gray avrebbe aggredito e stuprato una ragazza minorenne. All'esterno di una discoteca, con una modalità che ricorda tristemente quanto già accaduto l'anno prima all'Aquila. Anche lì il protagonista della violenza vestiva una divisa, dell'Esercito Italiano, e non poche sono state le polemiche seguite alle decisioni “morbide” della procura e dell'Esercito nei suoi confronti: il militare restò regolarmente in servizio. Qui la divisa è degli Stati Uniti d'America, e le cose si fanno ancora più complicate.

«Il militare aveva da poco ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari», è l'aggiornamento di Anna Silvia Zanini, avvocato della minore, «la buona notizia è che la richiesta del comando Usa di poter celebrare il processo in una corte americana è stata respinta dal ministero della Giustizia. Non era per nulla scontato, visti i precedenti». L'avvocato non si sorprese allora della mancata custodia cautelare del soldato, nonostante l'imputazione di violenza sessuale aggravata e sequestro di persona, ancor meno si stupisce di fronte al fatto che non venga applicata ora.

In procura la titolare del fascicolo Silvia Golin non smentisce né conferma che i due indagati per lo stupro della giovane donna incinta siano sottoposti a qualche limitazione della libertà. Fatto sta che non lo sono, dice Alessandra Bocchi, avvocato della vittima. Caricata in auto dai due commilitoni dopo aver concordato una prestazione, la donna è stata aggredita e trattenuta per oltre due ore e derubata e poi abbandonata in un campo nella periferia di Vicenza (la denuncia è per violenza sessuale, lesioni, percosse, sequestro di persona e rapina). Ma aveva memorizzato la targa dell'auto, perciò i due sono stati identificati in fretta: non si erano neppure preoccupati di far sparire la sua biancheria intima, che si erano portati via e che nell'auto, ora sequestrata, è stata ritrovata.

I due soldati sono in forze alle caserme Ederle e Del Din, nota anche come Dal Molin. Nel caso di reati commessi da loro militari, accordi prevedono che il comando Usa possa richiedere al Ministero della Giustizia italiano la rinuncia al diritto di priorità alla giurisdizione penale. Ovvero che i processi vengano celebrati in una corte statunitense (il che a volte significa non celebrarli per nulla, dato che può venire meno l'obbligatorietà dell'azione penale). «Per quasi tutti i reati commessi a Vicenza veniva riconosciuto il difetto di giurisdizione», anche per questo l'avvocata Zanini definisce una buona notizia che per la sua assistita, la minore, si sia deciso diversamente. Ora a sperare, con la vittima recente, è l'avvocato Bocchi: per il momento la procura per i due soldati ha disposto il divieto di espatrio, «e credo sia evidente che gli accordi Italia Usa non possano riguardare cittadini statunitensi che commettono reati, tantomeno di questa fattispecie, al di fuori dell'esercizio delle proprie funzioni di militari».

Le decisioni sull'ultimo caso spettano ora al Ministero della Giustizia e alla procura di Vicenza. Una cittadina di poco più di centomila abitanti chiamata a fare i conti con una massiccia presenza militare, tradotta nelle frotte di soldati che la sera e la notte popolano bar e locali notturni, spesso non sobriamente. E i procedimenti giudiziari, per reati che vanno dalla rissa all'aggressione agli incidenti stradali con fuga e omissione di soccorso, non sono mai mancati. I loro protagonisti sono talvolta militari di ritorno da missioni sui fronti di guerra, le due caserme ne sono piene e lo stesso Comando è consapevole dei rischi che questo comporta. Ha infatti istituito servizi di sostegno, per loro e per le loro famiglie. Fece scalpore nel 2006 il caso di James Michael Brown, parà della Ederle condannato per stupro a 5 anni e 8 mesi, al quale furono riconosciute le attenuanti in virtù dello stress a cui era stato sottoposto nella missione in Iraq.

Le donne minacciate dagli attivisti no-choice: dagli Usa e UK, ci riguarda tutte

da The Guardian  del 21-07-2014
“Gli attivisti anti-aborto minacciano guerra contro le donne
Alcune cliniche degli Stati Uniti ora forniscono accompagnatrici per le pazienti che frequentano i centri delle donne, per proteggerle da manifestanti militanti anti aborto, le cui tattiche ora minacciano di infiltrarsi nel Regno Unito.
Non sono ancora le 7:00 di un sabato mattina a New York e sto di fronte a un gruppo di persone in piedi di fronte a un portone anonimo, che agitano cartelli alti quattro piedi gridando: “Qui si uccidono bambini!” Ci sono già una dozzina di manifestanti anti-aborto al di fuori della clinica e la giornata è appena iniziata. Agire qui come “un’accompagnatrice” – garantendo la sicurezza delle pazienti, che stiano per abortire o meno, al momento dell’entrata nella clinica – mi fa sentire intimidita. Per cui immaginate di essere una donna che ha abortito e che qualcuno vi gridi contro: “Portare i bambini dentro l’utero è un dono di Dio”; o semplicemente immaginate di andare dal medico e di sentirvi dire che “andrai all’inferno”. Immaginate di essere una donna afro-americana diretta ad una clinica della salute delle donne circondata da persone che gridano: “Vogliono uccidere i bambini neri.” Potete immaginare quanto possa essere sconvolgente ed emotivamente stressante? Per aiutare queste donne, sono sorte negli USA organizzazioni volontarie di supporto. Una volta entrata dentro il Choices Women’s Medical Center, nel Queens, Mary Lou Greenberg, la direttrice volontaria delle accompagnatrici, mi dà le linee guida sulla privacy (per la sicurezza, nessuno si riferisce a chiunque altro per nome); istruzioni su come scortare (l’approccio con le pazienti, ovvero informarle con dolcezza che fai parte la clinica e che sei lì per guidarle all’interno); e avvertimenti circa la vicinanza (mai stare di fronte o bloccare il percorso di una paziente; mai avere contatti con un manifestante, proteggere la paziente, agendo come “cuscinetto”). Mi viene poi consegnato un camice medico bianco (in modo da essere chiaramente visibile per i pazienti) e un grande distintivo con “Accompagnatrice Choices Clinic” attaccato sopra. Mi sento come un bersaglio a piedi – Sono negli Stati Uniti, qui hanno le armi. Che cosa succede se un anti-abortista esce fuori di testa? Eliza, un’altra accompagnatrice, rafforza la mia preoccupazione. “So che ci sono stati episodi di violenza fuori da altre cliniche, che le persone sono venute con le armi, che le persone sono morte … Dicono: ‘La gente in camice bianco – sono macellai’, così se qualche ragazzo arriva su di giri e armato, se la prende con noi. “Sono consapevole che la mia paura è niente in confronto alle donne che hanno, in molti casi, viaggiato grandi distanze per raggiungere la clinica e la cui sicurezza abbiamo il dovere di proteggere. Quando andiamo fuori, noi accompagnatrici – un gruppo variegato di donne e uomini tra i 20 ei 60 anni, di diversi background e professioni – siamo in inferiorità numerica rispetto ai manifestanti. La clinica deve confrontarsi regolarmente con oltre 40 manifestanti al giorno. Fino ad ora, la mia unica esperienza con gli anti-abortisti era stato con le (relativamente tranquille manifestanti fuori della clinica Marie Stopes di Bloomsbury, che per lo più pregano e distribuiscono volantini dai contenuti discutibili; qui la situazione è molto diversa. “Stai uccidendo bambini!” gridano i manifestanti (per lo più maschi) mentre aspettiamo, in silenzio. Ma è quando una donna cammina verso la clinica che si scatena l’inferno: lei viene immediatamente circondata e le si urla contro. Molte volte ho visto pazienti scoppiare in lacrime quando gli si urla contro. Ho potuto solo tentare di avvicinarmi e di offrire parole di conforto, ma che non li proteggono dagli abusi e aggressioni. Eliza mi dice: “Qualcuna era venuta per un follow-up, avendo avuto un aborto la settimana prima, e lei ha detto un manifestante, ‘Il mio bambino non aveva un battito cardiaco, quindi abbiamo dovuto interrompere,’ e il manifestante ha risposto dicendo: ‘Oh, hanno mentito a te il tuo bambino ha avuto un battito cardiaco era vivo e tu lo hai ucciso. Il livello di odio diretto a queste donne – molte delle quali non sono nemmeno sempre lì per abortire- è inconcepibile Se non le hai mai accompagnate, non puoi immaginare quanto dure possano essere le intimidazioni.. .. Un’altra accompagnatrice della clinica, Cathy, aggiunge, “E ‘molto stressante: sono stata spintonata più volte da alcuni di loro perché cerco di proteggere le pazienti. Sai sempre c’è un po’ di rischio fisico – la possibilità che vogliano rompere le regole in primo luogo – e questo è spaventoso “. Tutti coloro con i quali ho parlato sono rimasti sconvolti da cosa siano diventate le ritorsioni anti abortiste e spesso non ci si rendeva conto che ciò stava accadendo in una grande città come New York, lontana dall’ortodossia della Bibbia . Potrebbe il tipo di molestie sperimentato nelle città liberali di New York diffondersi nel Regno Unito? “Non abbiamo raggiunto questo livello in Gran Bretagna, dove ancora sono necessarie accompagnatrici alle cliniche, anche se questo non significa che i manifestanti non causino ad alcune donne notevole disagio”, dice Ann Furedi, Dirigente della British Pregnancy Advisory Service. “Il numero dei manifestanti coinvolti è relativamente piccolo, e all’interno del movimento anti-scelta stessa ci sono molti che non credono che manifestare contro le donne in gravidanza è un modo morale o produttivo per procedere., Ma molte persone sono scioccate per il fatto che possano accadere queste cose. siamo un paese pro-choice e il fatto che anche una sola donna possa trovarsi un manifesto sbattuto in faccia o possa essere spintonata mentre fa la propria scelta per accedere a un servizio sanitario previsto dalla Legge provoca preoccupazione “. Furedi ammette che il Regno Unito potrebbe essere diretto verso una protesta antiabortista sempre più aggressiva. “Il movimento anti-scelta sta sempre più prendendo a prestito le tattiche dagli Stati Uniti, protestando contro i protocolli e contro i medici. Tutto ciò finora non ha avuto molto successo, ma dobbiamo essere sempre vigili “. Anche se non ci sono ancora piani in atto per avere scorte a cliniche abortiste britanniche, sarebbe possibile un’ulteriore protezione per le pazienti delle cliniche. Kate Smurthwaite, comica, attivista e vice presidente di Abortion Rights UK mi dice che “la politica della campagna su tutte le attività pro-scelta è guidata dalla volontà del personale della clinica. Se le cliniche vogliono assistenza contro le proteste, possono averla. Abbiamo una rete nazionale di sostenitori e dei gruppi pro-choice locali che possono essere mobilitate anche a breve termine per sostenere il personale e le pazienti in qualsiasi modo “. È essere reattivi, piuttosto che proattivi, la via da seguire? Greenberg a Choices suggerisce che i diritti delle donne sono state compromesse perché “la gente nei movimenti delle donne che si considerano pro choice non ha reale contezza della situazione … Nel complesso, il clima è tale che incoraggia i manifestanti a venire fuori. Questa è solo una parte di una battaglia politica assai più ampia: la guerra contro le donne.”

E se Dio fosse una donna?

Dall'Iraq a Israele, all'Europa cristiana, gli stati teocratici che odiano le donne: Dio è maschio, il diavolo è femmina!
Ma se Dio fosse una donna?
Illustrazione di Andrea Camiciola

"Infibulazione obbligatoria per tutte le donne del califfato". L'editto di al-Baghdadi, leader degli jihadisti Isil


Mutilazioni genitali per tutte le donne del "califfato". È l'ultimo ordine arrivato dal leader dei jihadisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isil), Abu Bakr al-Baghdadi che nei giorni scorsi avrebbe diramato un editto valido sul territorio autoproclamato a cavallo tra la Siria e l'Iraq.

L'Aki-Adnkronos International ha preso visione del comunicato dell'Isil, nel quale il leader degli jihadisti al-Baghdadi spiega come la pratica sia stata imposta dal profeta Maometto. A conferma di questo, nel testo sono riportati i 'detti' maomettani nei quali sarebbe contenuto l'ordine di infibulazione.

Il comunicato risale ad alcuni giorni fa, è l'ennesimo che riguarda le donne dopo quello che impone il 'jihad del sesso' (vale a dire, concedere le ragazze vergini della propria famiglia ai jihadisti) e quello che impone la segregazione dei sessi nelle università. Mentre negli altri comunicati si faceva riferimento a Mosul, città irachena controllata dall'Isil, in quello sulle mutilazioni genitali si fa un esplicito riferimento ad Aleppo, nel nord della Siria.

"Una notizia agghiacciante". Così Souad Sbai, giornalista e scrittrice italo-marocchina, commenta l'ordine di Abu Bakr al-Baghdadi di infibulare tutte le ragazze e le bambine presenti sul suolo iracheno al fine di allontanarle dalla prostituzione e dal peccato. Secondo la Sbai, che cita fonti di stampa arabe, "almeno 28 ragazzine hanno già patito questa sorte nei giorni scorsi e due donne sono state lapidate".

23/07/14

Per la Palestina, manifesto maoista internazionale

Manifesto maoista internazionale per la Palestina

Roma 24 luglio: corteo per la Palestina a piazza Vittorio ore 18

Un massacro, sì.
Questo è sotto gli occhi di tutti, specialmente di chi lo vuol vedere.
Non bastano foto di corpi dilaniati, giovani o meno che siano, o edifici distrutti a raccontare l’ennesimo violento attacco di Israele alla Striscia di Gaza. Non basta romanzare o indurre a compassione intorno una manciata d’immagini strazianti, con il calcolo gelido che quella foto “venda” o che faccia il giro del mondo, regalando qualche migliaio di click al sito web di riferimento.
Non basta a chi dentro a quest’attacco muore o resiste, non basta a chi dietro quest’attacco riconosce 66 anni di violenza coloniale, per mano militare. La Striscia di Gaza, pezzo di terra palestinese che tutti i media acconsentono a tener separato dalla Palestina quasi fosse un’isola, è stata occupata dai coloni e dall’esercito israeliano fino al 2005 e successivamente messa sotto assedio militare in tutte le frontiere: terra, mare e cielo.
“Protective edge” è solo l’ultima accelerazione della pulizia etnica della Palestina perché il progetto sionista vuole: conquistare tutte le terre palestinesi, espellere, uccidere o costringere alla schiavitù la popolazione palestinese, e saccheggiare tutte le risorse, tra cui gas, acqua e terre coltivabili.
66 anni di colonialismo brutale sono 24161 giorni di colonialismo brutale.
Massacri, prigionia, deportazioni, segregazione, campi profughi e diaspora in 66 lunghi anni che non potete ridurre a una guerra tra Hamas e lo stato israeliano. Giornali e televisioni, seppur con sgomento davanti l’ennesima carneficina, stanno accettando la solita tesi difensiva di Israele.
Ogni giorno l’informazione rende totalmente invisibile il colonialismo sionista e tutta la popolazione palestinese che, quando uccisa dai bombardamenti incessanti, viene considerata un “danno collaterale nella guerra contro il terrorismo di Hamas”.
Data la vostra passiva accettazione, veniamo a dirvelo in faccia: non restiamo immobili a contare i morti, domani 24 luglio, alle 18 da Piazza Vittorio, saremo in corteo per le vie di Roma, al fianco di chi resiste in Palestina contro il colonialismo di Israele.

Antifascisti e Antifasciste di Roma

Con il popolo e la resistenza palestinese, oggi più che mai


Con le donne palestinesi e con tutti i palestinesi nel cuore

Da una compagna di Bologna:

Un genocidio organizzato voluto fatto passare sotto silenzio dagli assassini che ci governano.
Da decine e decine di anni questi assassini sionisti e loro sostenitori e foraggiatori vanno avanti. Da cosi' tanto tempo giriamo nelle nostre citta' ma con la palestina nel cuore, consapevoli di quello che da sempre succede la'. Compagne, Luigia Giovanna compagne tutte nn se ne puo' piu'. Che cosa possiamo fare? La solidarieta' l'abbiamo sempre data, la rivoluzione sembra lontana. Ma invece mi avete insegnato a osare anche quando sembra irrealizzabile.
Allora dobbiamo osare e credere fermamente che tutto questo sangue e queste lacrime diventeranno davvero armi contro chi vuole cancellare questo popolo che ha sempre eroicamente combattuto anche solo con le pietre. Con le donne palestinesi credendo che ce la faranno. Ce la faremo. Dobbiamo ribaltare il mondo.
Un abbraccio strettissimo di lotta.

Catia,
Bologna

Il sonno della ragione genera mostri, il risveglio spettri...

"Il sonno della ragione genera mostri"


E nei palazzi del potere, dove si decide il destino dei popoli, questi mostri hanno molte facce, ma parlano un’unica lingua, quella della menzogna, della negazione della verità, della mistificazione della storia, dell’ipocrisia di un sistema economico, politico e sociale che di umano non ha nulla, tanto meno la ragione e la memoria.

Il sistema capitalistico, nei suoi fronti di guerra aperta al proletariato resistente, svela tutto il suo cinismo nei confronti della vita umana. Parla con le parole di disprezzo e di odio razziale di una parlamentare israeliana o di quelle di un “insigne” professore israeliano, che incitano agli stupri di massa, allo sterminio di tutte le donne e i bambini palestinesi per dare il via alla soluzione finale: il genocidio di un popolo.

Questo sistema giustifica la pulizia etnica in Palestina con il famigerato diritto di difesa di Israele, con il negazionismo della Nakba, con la complicità politica, economica e militare degli USA e dei governi europei.

Questo sistema in Italia, parla con l’ipocrisia, la menzogna e il negazionismo delle sue massime istituzioni, con la violenza e il razzismo delle sue leggi, con il cinismo della sua industria bellica e degli enormi interessi economici nel medio oriente.

Quando nel suo discorso alla cerimonia del Ventaglio Napolitano afferma: “Spontaneo e profondo è l'orrore che suscitano in ogni persona sensibile notizie e immagini come quelle delle stragi di disperati, adulti, donne, bambini, nei nostri mari”, offende la memoria di quei morti e la nostra. E’ stato lui il precursore dei CIE nel 1998!

Quando parla delle stragi “di tanti incolpevoli e inermi uccisi nei bombardamenti su Gaza in una spirale di uso indiscriminato della forza di cui è innegabilmente parte il fittissimo lancio di missili su Israele”, Napolitano usa macchinosamente e in maniera insidiosa il linguaggio, come se i 620 morti palestinesi sinora causati dall’operazione “Protective Edge” fossero dovuti al lancio di missili su Israele, negando la verità sulla responsabilità di questi crimini, la memoria della Nakba e il diritto alla resistenza del popolo palestinese.

Ma negando il diritto alla resistenza del popolo palestinese, nega anche il diritto alla resistenza di quello italiano e conclude con un avvertimento che sa di beffa: “rivolgo un pacato e fermo appello a superare un'estremizzazione dei contrasti […] nella legittima espressione del dissenso. E per serietà e senso della misura nei messaggi che dal Parlamento si proiettano verso i cittadini, non si agitino spettri di insidie e macchinazioni autoritarie”

Il “senso della misura” di Napolitano è quello che emerge anche dal suo discorso, esso sì macchinoso e pieno di insidie.
Per quanto riguarda gli “spettri”, mi piace concludere con quello di Marx, sempre più attuale e necessario:

« Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro del comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro: il papa e lo zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi. [...] È ormai tempo che i comunisti espongano apertamente in faccia a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro fini, le loro tendenze, e che contrappongano alla favola dello spettro del comunismo un manifesto del partito stesso. »

22/07/14

Non lasciamola sola

Riceviamo e pubblichiamo, dal Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute Onlus:



Comunicato Stampa


Il Comitato per i Diritti Civili  delle Prostitute chiederà ai giudici di potersi costituire parte civile a sostegno della giovane M.U. la cittadina Romena barbaramente aggredita e violentata da due soldati americani di stanza presso le caserme Del Din e Ederle  di Vicenza.
L’aggressione violenta contro la giovane, che aveva concordato con i due militari una prestazione di servizi sessuali in cambio di pagamento, è è un atto di brutale inciviltà aggravato anche dal fatto che la giovane M.U. è visibilmente al sesto mese di gravidanza. Non possono e non debbono esserci attenuanti per il comportamento dei responsabili. Chiediamo alle nostre Autorità di non consentire che queste persone che sono per ora pesantemente indiziate si sottraggano alla giustizia italiana come troppo spesso avviene. 
Molti americani sono convinti che il sesso a pagamento sia un reato in Italia e per questo si sentono in posizione di abusare delle persone che lo praticano. Abbiamo purtroppo constatato spesso questa realtà nei pressi delle basi militari occupate da Statunitensi. Già nel 1982 abbiamo denunciato pubblicamente la violenza dei soldati americani a Pordenone. Anche lo scorso anno c’è stata una condanna di cittadino americano  per stupro di una minore a Pordenone.
Chiediamo pubblicamente anche al Sindaco di Vicenza se non ritiene che le politiche di esclusione messe in atto dalla sua amministrazione con le ripetute ordinanze antiprostituzione, non siano da ritenersi causa di aggressioni e ruberie che spesso non vengono denunciati dalle giovani  per paura di ritorsioni da parte dei tutori dell’ordine. Quanti cittadini anche italiani, si fanno l’idea che si possa impunemente violentare e derubare una persona che viene considerata una “indesiderata” per ordinanza e  priva di qualsiasi tutela? Chiediamo anche all’Assessore ai servizi sociali  se  è al corrente di altre e quante  aggressioni hanno subito le lavoratrici del sesso in questi due anni. Non basta dichiarare che si è predisposto programmi contro la tratta e poi essere indifferenti a quello che succede a chi non è trafficato/a. Così come non è corretto far diventare due volte vittima una persona che è stata aggredita affibiandole anche l’ettichetta di “prostituta  trafficata” insieme a quella di violentata per mettere in atto l’assistenza  sociale che le è dovuta comunque in quanto donna che ha subito violenza. Infine non capiamo  perché i militari dell’Arma continuino ad “interrogare” informalmente M.U. che si trova in ospedale senza la presenza del suo avvocato. La nostra lunga esperienza ci insegna che accanto a quella donna dovrebbe esserci sempre qualcuno che la tutela.  Insieme all’avvocata  Alessandra Bocchi faremo in modo che le leggi che ci sono nel nostro Paese vengano appliccate correttamente nell’interesse della sua assistita.
 Non deve essere lasciata sola. Oggi cittadine/i davanti alla caserma Ederle  manifesteranno in un Sit In  per dire basta alla violenza su tutte le donne, ci uniamo a loro perché la misura è davvero troppo colma e ricordare che la sicurezza non si ottiene ne con gli eserciti ne con le ordinanze.
SE NE TOCCATE UNA, CI TOCCATE TUTTE E TUTTI!
DON’T TOUCH OUR SISTERS!

Pia Covre- rappresentante del Comitato per I Diritti Civili delle Prostitute Onlus
3355400982
Pordenone 22-7-2014

21/07/14

Ancora attacchi dei nazisionisti contro le donne palestinesi: "stuprate le mogli e le madri dei combattenti"

Dopo l'invito della parlamentare israeliana Ayelet Shaked ad uccidere tutte le madri palestinesi durante l'attacco via terra, arriva quello del professore Mordechai Kedar, insegnante israeliano di letteratura araba presso l’Università Bar-Ilan, che in in'intervista oggi a Radio Bet, da dichiarato che “stuprare le mogli e le madri dei combattenti palestinesi impedirà gli attacchi”. “La sola cosa – ha detto Kedar – che fermerà un attentatore suicida è quella di sapere che se catturato, sua sorella o sua madre verrà stuprata”.
Al commento stupito del presentatore Yossi Hadar (“non va bene, non possiamo ovviamente prendere queste iniziative”), Kedar ha rincarato la dose: “non parlo di cosa facciamo o non facciamo. Io parlo della realtà: ‘unica cosa che dissuaderà un attentatore suicida è sapere che se preme il grilletto, la sorella sarà violentata”.

PALESTINA. La “normalità” degli abusi sui minori

Sotto le bombe a Gaza, target dell’esercito in Cisgiordania: numerosi rapporti analizzano le gravi violazioni israeliane del diritto internazionale, dall’assedio della Striscia al trattamento delle centinaia di bambini arrestati in Cisgiordania.

Roma, 21 luglio 2014, Nena News – Dall’inizio dell’operazione “Barriera Protettiva” contro la Striscia di Gaza, ogni giorno abbiamo avuto notizia della morte di uno o più minori. In molti casi si tratta di bambini molto piccoli, colpiti dai bombardamenti o, da tre giorni a questa parte, dal fuoco delle truppe di terra israeliane.

L’uccisione di civili ed, in particolar modo, di minorenni, anziani e invalidi, costituisce una grave violazione del diritto internazionale in generale e delle convenzioni di Ginevra in materia di diritto umanitario in situazioni belliche in particolare. Per far fronte a questa terribile accusa i portavoce israeliani hanno affermato che sono state messe in atto tutte le misure necessarie a minimizzare le vittime civili attraverso la comunicazione preventiva degli attacchi e che la responsabilità di queste morti deve essere esclusivamente imputata ad Hamas perché utilizzerebbe i civili come scudi umani. Nel caso dei quattro bambini colpiti sulla spiaggia da un missile sparato dal mare, il governo israeliano ha persino porto le sue ufficiali scuse perché le vittime civili sono state collaterali rispetto all’eliminazione di un obiettivo “legittimo”, un militante di Hamas. Israele afferma, dunque, di aver fatto tutto ciò che è necessario per cercare di proteggere i soggetti deboli al meglio in un contesto difficile come quello attuale.

La realtà è, però, ben diversa. La Striscia di Gaza è uno dei territori con la maggiore densità demografica al mondo, chiusa su tutti i lati, con valichi di confine dai quali è possibile uscire solo con il beneplacito di Israele, o dell’Egitto per quanto riguarda il valico di Rafah.  I minori e le loro famiglie hanno possibilità di fuga quasi nulle, soprattutto in frangenti come quello attuale e, anche se riuscissero ad allontanarsi, mancherebbe loro un posto dove andare e l’assicurazione della tutela dei loro diritti fondamentali. In tale senso si era già espresso il Comitato internazionale sui diritti del fanciullo che, l’anno passato, aveva sottolineato come un attacco in un territorio come Gaza violava sia il principio di proporzionalità sia quello di distinzione (civili-combattenti) date le condizioni fisico-demografiche dell’area. Nei rapporti di organizzazioni come Save the Children viene, inoltre, evidenziato quanto vivere nella Striscia, anche normalmente, comporti un disagio fisico e psicologico, soprattutto dei minori, che tende ad aggravarsi nelle fasi di conflitto: mancanza d’acqua e medicine; senso di insicurezza dovuto alla persistente possibilità di attacco; limitazione della libertà di movimento/emigrazione.

La condizione dei minori palestinesi è, infatti, molto difficile anche durante i periodi di non belligeranza. E’ di fine giugno la pubblicazione di un rapporto dell’Euro-mid Observer For Human Rights, organizzazione non governativa con base a Ginevra, nel quale si evidenziavano le numerose violazioni dei diritti dei minori palestinesi perpetrate da Israele. Attraverso testimonianze dirette, analisi dell’UNICEF e dichiarazioni di operatori internazionali, il rapporto presenta la condizione dei minori palestinesi, principalmente nella Cisgiordania, e cerca di descrivere il trattamento al quale può essere soggetto un minore al momento dell’arresto da parte israeliana.

Sottolineando prioritariamente che, tra inizio 2010 e metà 2014, i minori presi in custodia dalle forze armate israeliane sono stati circa 2500, di cui 400 tra i 12 e i 15 anni, il rapporto descrive in maniera analitica i diversi passaggi della presa in custodia, dall’arresto all’interrogatorio, alla detenzione. I reati generalmente contestati riguardano il lancio di sassi e molotov contro militari israeliani, la partecipazione a manifestazioni pacifiche non autorizzate, la vicinanza a gruppi considerati illegali o anche solo la conoscenza di persone appartenenti a suddetti gruppi. La contestazione delle accuse non è, però, un passaggio fondamentale al momento dell’arresto. Secondo molte testimonianze, infatti, i minori vengono portati via dalle loro case in piena notte, ammanettati e a volte bendati, senza che ai genitori venga comunicato il motivo dell’arresto o consentito di accompagnarli. Davanti alla richiesta di maggiori informazioni sulla natura del reato o sulla localizzazione del minore le risposte rimangono vaghe e, spesso, solo dopo la confessione del soggetto sotto custodia, alle famiglie viene concesso di visitare il minore e di conoscere le accuse.

A questo si aggiunga che le modalità di interrogatorio portano quasi sempre ad una piena confessione. In primo luogo mancano avvocati difensori e traduttori e i minori, in molti casi, vengono interrogati in ebraico e obbligati a firmare documenti nella stessa lingua. Se questo non bastasse, alle violazioni procedurali, spesso, si aggiunge vera e propria coercizione fisica. Nel rapporto di monitoraggio dell’UNICEF sulla condizione dei minori sotto detenzione militare israeliana di ottobre 2013, ad esempio, venivano elencati una serie di casi di minori che, sotto custodia, sono stati sottoposti a violenza fisica, anche con bastoni, e molti organismi internazionali, come il Defense for Children International – Palestine (DCI-Palestine), sottolineano come la perquisizione corporale, l’intimidazione, l’umiliazione e l’isolamento siano pratiche normalmente utilizzate benché vietate dalla Convenzione internazionale dei diritti del Fanciullo siglata da Israele nel 1991.

La mancata tutela dei minori palestinesi non si estrinseca, però, solo nel momento della presa in custodia. Proprio il comitato internazionale delegato a monitorare la messa in atto della Convenzione sopracitata, nel suo ultimo rapporto, datato giugno 2013, esprime grande preoccupazione per i trattamenti riservati ai minori palestinesi dalle forze armate israeliane. In questo senso condanna l’utilizzo dei minori come scudi umani, protezione di veicoli militari dal lancio di pietre e avanguardie in edifici potenzialmente pericolosi, ed informatori (14 casi segnalati tra gennaio 2010 e marzo 2013) e sottolinea come i responsabili di tali atti in passato non siano stati processati per tali violazioni.

Mancata garanzia dei diritti minimi dei minori, violenze sistematiche nei loro confronti e uno stato di latente conflitto fanno si che, nonostante in questi 11 giorni di attacco i minori che hanno perso la vita siano già più di 100 e che tra le decine di arresti effettuati in Cisgiordania moltissimi siano minori, questa non debba essere considerata una situazione eccezionale. Per i giovani palestinesi quello che succede in questi giorni è molto simile alla normalità.

20/07/14

BASTA CON GLI STUPRI E LE VIOLENZE IMPUNITE! Iniziativa martedì 22 luglio alle ore 19, davanti alla caserma Ederle in viale della Pace a Vicenza

BASTA CON GLI STUPRI E LE VIOLENZE IMPUNITE!
Iniziativa martedì 22 luglio alle ore 19, davanti alla caserma Ederle in viale della Pace a Vicenza
All’indomani della notizia di un nuovo stupro da parte di militari statunitensi a danno di una donna, ci appelliamo alla città, ugualmente offesa e colpita ancora, affinché reagisca chiedendo che questi reati non restino impuniti.
Nel corso degli anni, la presenza delle caserme e delle basi a stelle e strisce a Vicenza ha generato molti casi di soprusi, violenze e crimini compiuti da militari e civili statunitensi a danno della popolazione locale, ferita, oltraggiata e trascurata dalla giustizia italiana.
Sebbene non si trattasse di reati commessi nell’esercizio delle funzioni militari, ma di delinquenze comuni o violenze aggravate spesso a sfondo sessuale, gli Stati Uniti hanno preteso per prassi l’affidamento in patria dei procedimenti legali; a distanza di anni dallo svolgimento dei fatti, molte vittime non sono state risarcite e per altre non si conosce l’esito degli sviluppi giudiziari.
L’Italia si è liberata volentieri di certe responsabilità e per gli indiziati sono stati adottati altri pesi e altre misure. Il risultato evidente presenta vittime abbandonate dalla giustizia italiana e una città ferita nella sua sovranità.
Una città militarizzata non è una città più sicura, ma vede aumentare molti crimini fra cui quello della violenza contro le donne, per questo è anche tempo che siano gli uomini a scendere in piazza per prendersi la responsabilità di schierarsi contro la violenza sessuale. Invitiamo a farlo senza moralismi e paternalismi, non per difendere le donne, ma per difendere sé stessi dall’accusa di essere complici della mentalità dello stupro.
Anche se il processo relativo a questo ultimo caso di violenza pare si svolgerà a Vicenza e che sia stata rifiutata la richiesta del Comando americano di trasferire i soldati in un’altra base o negli Stati Uniti, chiediamo alla cittadinanza di partecipare numerosa all’iniziativa che si terrà martedì 22 luglio alle ore 19, davanti alla caserma Ederle in viale della Pace a Vicenza, in segno di rifiuto e condanna di questi crimini che non devono costituire la normalità a cui abituarsi e per pretendere finalmente garanzie per uno svolgimento giudiziario equo e giusto.
Venite vestiti con qualcosa di rosso!
SE NE TOCCATE UNA, CI TOCCATE TUTTE E TUTTI!
DON’T  TOUCH OUR SISTERS!
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SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA’ VICENZA