30/03/13

OGGI MANIFESTAZIONE NAZIONALE NO MUOS A NISCEMI

CONTRO IL MUOS-TRO RIBELLARSI è GIUSTO!


Oggi siamo qui per appoggiare senza se e senza ma la causa del movimento popolare NO Muos che lotta con dignità contro l’arroganza degli occupanti americani e dei governi italiani loro alleati  e per dire forte e chiaro che le popolazioni hanno il sacrosanto diritto di decidere circa il proprio destino, per questo esprimiamo solidarietà e sosteniamo con forza la lotta di tutti quei giovani, delle mamme no muos, dei lavoratori e  della popolazione in generale che lotta contro quest’ennesimo attacco alla nostra terra.
Nonostante ormai siano note le ricadute negative di una tale installazione (tumori, leucemie, tiroide ecc), gli imperialisti americani d’accordo con i governi di qualsiasi colore della borghesia italiana vogliono imporre questo strumento di morte sia per la popolazione locale che per quei popoli vittime delle aggressioni militari di entrambi i governi.
In tempi di crisi economica e di “guerra globale al terrorismo”, l’armamento e il militarismo rappresentano una “soluzione” per uscire dalla loro crisi economica mentre contemporaneamente le classi dominanti tagliano la spesa sociale e i diritti conquistati a discapito dei lavoratori e delle masse popolari il cui standard di vita sta tornando ai livelli di quelli del secondo dopo guerra.
La barbarie del sistema capitalista continua a uccidere per i propri interessi guidati da un solo principio: il profitto!
Se ultimamente i lavori per l’installazione del muos procedono a rilento non è certo per il falso interessamento del governatore Crocetta e dei grillini (i quali nei mesi scorsi rilasciavano dichiarazioni concilianti con gli americani, scagliandosi solo contro il governo regionale per i loro fini politici) bensì unicamente per la mobilitazione popolare dal basso che si è concretizzata nella forma di lotta del presidio/blocco permanente che dura ormai da mesi.                                                                                                 È questa la vera e unica opposizione ai calcoli politici che si fanno dentro i palazzi del potere!
Ciò spaventa i governanti che hanno provato con tutti i mezzi a piegare la volontà manifesta della popolazione tramite cariche indiscriminate a mamme e bambini, minacce e intimidazioni come usano fare spesso tramite le denunce o le perquisizioni e controlli ad hoc agli attivisti noti, anche la dichiarazione giunta ieri dal governatore Crocetta è un mezzo per confondere con il fine di far smobilitare la mobilitazione popolare dei blocchi, unica garanzia e via da seguire per rafforzare il movimento e avvicinarsi all’obiettivo: la revoca definitiva dei lavori.
W LA LOTTA NO MUOS, NO TAV, NO PONTE E TUTTE LE LOTTE CONTRO I GOVERNI DEI PADRONI!
LA SICILIA NON E’ ZONA DI GUERRA, VIA LE BASI NATO DALLA NOSTRA TERRA! YANKEE GO HOME!
RESPINGERE LE FARSE DEL GOVERNO CROCETTA, DEL M5S: DELL’ANTIPOPOLARE “MODELLO SICILIA”!
SOLO LA LOTTA ORGANIZZATA DAL BASSO PAGA!


Circolo proletari comunisti Palermo

Aldrovandi, l'ultimo schiaffo gli agenti torneranno in servizio

DI JENNER MELETTI

FERRARA - La notizia è arrivata ieri in serata, quando il grande abbraccio per la famiglia Aldrovandi era finito. Dal prossimo gennaio - secondo fonti della commissione disciplinare del dipartimento della Pubblica sicurezza - i quattro agenti oggi in carcere per la morte di Federico potranno riprendere servizio. Questo perché, dopo il carcere che finirà a giugno, scatterà una sospensione di soli 6 mesi, decisa dalla stessa commissione.

Con il nuovo anno i quattro condannati per «eccesso colposo nell’omicidio colposo» - e per un reato colposo non è prevista la radiazione - potranno dunque risalire sulle volanti.

Ferrara si stringe alla famiglia Foto 1 | Foto 2

In piazza, Patrizia Moretti non si dichiara sorpresa: «Sapevo già, qualcuno mi aveva informato di questa decisione. Ma non credo davvero che finirà così. Io spero, e ne ho motivo, che questi poliziotti non torneranno mai più
in servizio. Stasera non voglio dire di più. Ma se questo ritorno ci fosse davvero, se le promesse non fossero mantenute, cambierei radicalmente il mio atteggiamento. Stasera voglio continuare a credere nelle istituzioni e nelle dichiarazioni di chi ci ha espresso solidarietà».

Intanto, muove i primi passi l’ispezione decisa dal Viminale. Si vuole accertare se l’assurda protesta dei poliziotti del Coisp sotto le finestre del municipio, dove lavora Patrizia Moretti, potesse essere evitata. Al centro dell’indagine c’è l’autorizzazione “Nr. 338/A.4.2013 /Gab.” concessa dalla questura il 25 marzo. È inviata a tutti gli uffici della polizia, ai carabinieri, alla guardia di finanza e alla polizia municipale. «Oggetto: Sindacato di polizia Coisp, iniziative di solidarietà ai dipendenti della Polizia di Stato condannati in relazione alla nota vicenda “Aldrovandi” ». Si prevede il sit-in alle 10.30 in piazza Savonarola. Si precisa che il servizio d’ordine e vigilanza diretto dall’ispettore superiore XY avrà a disposizione 6 elementi
della Polizia di Stato (tre dei quali in uniforme) e tre elementi dei Carabinieri, che «dovranno recarsi nella piazza alle ore 9,30».

Leggendo le due pagine, appare evidente che la Questura era preoccupata non dalla protesta del Coisp, ma dalle reazioni che avrebbe potuto provocare. Tutte le pattuglie in servizio debbono infatti «accentuare la vigilanza nei luoghi dove si svolgeranno le iniziative per prevenire eventuali azioni illecite o dimostrative come affissioni di manifesti o imbrattamenti dei muri». Nell’ultima riga, un’avvertenza importante. «Di ogni novità di rilievo dovrà essere data tempestiva comunicazione all’Ufficio di Gabinetto della Questura ».

Una domanda è ovvia. Quando alle 10.30 il sindaco Tiziano Tagliani scende in piazza e chiede a quelli del Coisp di allontanarsi di qualche metro, «perché lì sopra lavora Patrizia Moretti», l’ufficio di Gabinetto è stato avvertito? In quel momento, ammesso che non lo sapessero prima, la presenza della madre di “Aldro” diventava nota a tutti. Bastava l’intervento della Questura per evitare la provocazione. E invece la signora Moretti ha dovuto poi scendere con la foto del figlio massacrato.

(30 marzo 2013)

29/03/13

Mamma Aldrovandi querela il Coisp

E stasera il sit-in degli amici di Federico

Patrizia Moretti: "Maccari è arrivato a sostenere che la foto del viso di mio figlio martoriato fosse un fotomontaggio. Le scuse non bastano". Per oggi la manifestazione per il giovane ucciso. E Anonymous attacca il sito del sindacato

 FERRARA - Non bastano le scuse per la manifestazione promossa dal sindacato indipendente di polizia Coisp davanti al comune di Ferrara. Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, ha deciso di querelare il segretario del Coisp Franco Maccari. E intanto Ferrara si prepara al sit in promosso per oggi alle 18 in piazza Savonarola a Ferrara dagli amici di Federico. "Spero che ci siano anche uomini in divisa, il questore di Ferrara, le Autorità cittadine" ha detto Patrizia.

E Anonymous manifesta la solidarietà alla madre di Aldrovandi attaccando il sito del Coisp

I poliziotti hanno voluto esprimere solidarietà ai quattro colleghi condannati in via definitiva per omicidio colposo. Per protesta Moretti, che lavora nell'ufficio comunale a pochi metri da dove si è svolto il sit-in, ha esposto l'immagine del figlio ucciso. "Maccari è arrivato a sostenere che la foto del viso martoriato di mio figlio sarebbe addirittura un fotomontaggio - ha scritto sulla sua pagina Facebook Moretti -, mi piacerebbe tanto che lo fosse, ma purtroppo così non è". Quindi le scuse del sindacalista sono state respinte al mittente. "Maccari risponderà di queste affermazioni di fronte all'autorità giudiziaria - ha spiegato la mamma di Aldrovandi - perché ho dato già incarico al mio avvocato Fabio
Anselmo di sporgere querela nei suoi confronti e d'ora in poi parlerà lui per me". Intanto il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri ha già annunciato che "è già partita un'ispezione per vedere le responsabilità della manifestazione e di chi ha concesso lo spazio. Vogliamo capire esattamente tutto. Un ispettore è già a Ferrara e sta facendo il suo lavoro. Dobbiamo molto ai nostri poliziotti, può esserci qualcuno che sbaglia e se l'errore viene riconosciuto, l'autore pagherà le conseguenze".

Ilva, un altro incidente sul lavoro

Ilva, incidente sul lavoro: operaio ferito tra le lamiere
L'episodio questa mattina nel reparto finiture: un dipendente è rimasto incastrato con il piede tra i macchinari e si è fratturato la caviglia. I sindacati proclamano lo sciopero fino alle 7 di domani
di MARIO DILIBERTO


Nuovo incidente sul lavoro all'Ilva di Taranto. A distanza di un mese dalla tragedia del 28 settembre scorso in cui morì un operaio e un altro rimase ferito, torna l'allarme sicurezza nello stabilimento. L'incidente è accaduto questa mattina nel reparto finitura della Pla2 (Produzione lamiere). Gli operai stavano sistemando delle barre laterali all'impianto quando, per cause in corso d'accertamento, è partita una delle lamiere e uno dei dipendenti si è trovato con il piede incastrato tra un rullo e la lamiera. L'uomo, che si chiama Mario Gelo e ha 36 anni, si è fratturato la caviglia ed è stato ricoverato in ospedale, nel reparto di Ortopedia, con una prognosi di 35 giorni.

Il reparto produzione lamiere 2 era ripartito nei giorni scorsi, dopo un periodo di fermo, per preparare le lamiere che dovranno consentire, ai primi di aprile, la rimessa in marcia dei tubifici 1 e 2 del siderurgico. L'episodio di questa mattina riporta l'attenzione sull'emergenza sicurezza all'interno dello stabilimento.

Le segreterie territoriali di Fim, Fiom e Uilm di Taranto hanno proclamato uno sciopero immediato, che terminerà alle 7 di domani, dei dipendenti del reparto Pla2 dell'Ilva dove stamani è avvenuto l'ultimo infortunio sul lavoro. Secondo i sindacati sarebbero state ignorate le norme di prevenzione nonostante i solleciti della prefettura sull'adozione di un protocollo di sicurezza.

28/03/13

Lettera per Patrizia Moretti

Ilaria Cucchi, Domenica Ferrulli, Lucia Uva. Tre donne a testimoniare tragedie simili a quella vissuta dalla madre di Federico Aldrovandi. Che oggi scrivono una lettera aperta per chiedere che sia fermato lo "stalking istituzionale". Ma Lucia è indagata a Varese per diffamazione delle forze dell'ordine. Manconi: "Indagate anche me"

Ilaria, Domenica e Lucia, lettera per Patrizia. La sorella di Uva indagata per diffamazione


VARESE - Il sit-in del Coisp che, a sua "insaputa", manifesta in solidarietà con gli agenti che picchiarono a morte Federico Aldrovandi proprio sotto gli uffici comunali dove è impiegata la madre del giovane, riapre altre ferite e smuove nuove e ulteriori polemiche. Donne che hanno vissuto storie simili a quella di Patrizia Moretti - Ilaria Cucchi, Domenica Ferrulli e Lucia Uva - scrivono una lettera aperta chiedendo che finisca lo "scempio", lo "stalking istituzionale" contro la madre di Federico Aldrovandi. Ma una delle tre firmatarie dell'appello si ritrova a sua volta indagata per diffamazione delle forze dell'ordine.

E' Domenica Uva, sorella di Giuseppe, morto nel giugno del 2008 all'ospedale di Varese dopo essere stato fermato dai carabinieri. La donna è indagata dalla Procura di Varese per diffamazione e istigazione a disobbedire alle leggi. Accuse che le sono piovute addosso dopo l'intervista rilasciata alla trasmissione televisiva Le Iene e gli insulti rivolti alle forze dell'ordine attraverso il suo profilo Facebook.

Nel corso del servizio delle Iene andato in onda nel 2011, Lucia Uva ha accusato i carabinieri di aver percosso il fratello in caserma, dove aveva trascorso parte della notte. I parenti hanno sempre sostenuto che l'uomo, fermato ubriaco per strada, è morto anche a causa di violenze subite da parte delle forze dell'ordine. "Ho ricevuto oggi l'avviso di garanzia - ha spiegato Lucia Uva - sono indagata solo perché ho detto la verità, ma supereremo anche questo".

"Continuo a portare avanti la mia battaglia - ha sottolineato Lucia - e a chiedere che venga riaperto il caso per fare chiarezza su quello che è successo quella notte". Il processo che si è aperto dopo la morte di Giuseppe ha portato all'assoluzione di uno dei medici dell'ospedale di Varese, accusato di aver somministrato al paziente farmaci incompatibili con il suo stato di ubriachezza.

Con Lucia Uva si schiera il senatore del Pd Luigi Manconi. "Il fascicolo relativo a questa vicenda tragica - spiega Manconi - resta tenacemente e immotivatamente chiuso, mentre il pm che ne è titolare denuncia la sorella della vittima. Ma se Lucia Uva è colpevole, io che seguo la vicenda da anni e che conosco bene Lucia Uva, mi dichiaro corresponsabile e correo".

Manconi, presidente dell'associazione A Buon Diritto, non esitò a spalleggiare anche l'iniziativa di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, geometra romano trentunenne deceduto il 22 ottobre 2009 durante la custodia cautelare, vicenda giudiziaria che ha coinvolto agenti di polizia penitenziaria e medici del carcere di Regina Coeli.

Domenica Ferrulli è invece la figlia di Michele, morto per arresto cardiocircolatorio il 30 giugno del 2011, poco prima di mezzanotte. Qualche ora prima aveva reagito all'intervento dei carabinieri, allertati per schiamazzi. Un video girato dal telefonino di uno sconosciuto aveva mostrato all'opinione pubblica Michele a terra, ammanettato, colpito a mani nude sulla testa.

Lettera aperta a difesa di Patrizia Moretti. Ilaria, Domenica e Lucia scrivono: "Qualcuno può fermare questo scempio? Questo stalking istituzionale in danno di Patrizia Moretti? Come si può tollerare che un sindacato di polizia vada sistematicamente a manifestare sotto le finestre di Patrizia per rappresentare la propria solidarietà a coloro che le hanno ucciso il figlio?".

"Bravo il Sindaco - dicono le tre donne - che interviene civilmente per porre termine a una vera e propria violenza morale cui viene sottoposta quella madre coraggiosa ma terribilmente provata. Viene allontanato a male parole con atteggiamenti chiaramente intimidatori. Intollerabile. Incivile tutto ciò".

"Patrizia, Donna con la D maiuscola - aggiungono -, prende la terribile foto del volto sfigurato di Federico dai colpi assassini inferti e la mostra ai poliziotti manifestanti ed alla gente disgustata da quanto stava accadendo sotto i loro occhi. Patrizia non riesce a trattenere le lacrime, ma i poliziotti di fronte a quella foto si girano. Le voltano le spalle. Patrizia li osserva, con rabbia, ferita. Noi chiediamo a gran voce: perché? Perché? Che senso ha tutto questo? Quali sono i motivi di questa ennesima violenza tipicamente maschile su quella madre?"

"Forse - rispondono Ilaria, Domenica e Lucia - perché è stata troppo forte nello sfidare tutto e tutti, con il suo avvocato, ed è riuscita per una volta a far emergere la verità? Questore, capo della polizia ministro, possono non rendersi conto della violenza continuata e persistente di questi ripetuti atti di vera nuda e cruda provocazione? O ritengono anch'essi che sia il momento di fare capire a tutti che anche se si ottiene eccezionalmente giustizia, per i cittadini normali contro gli abusi di Stato non vi potrà mai essere pace? Questa lezione dovrebbe esser data anche per noi?".

(28 marzo 2013)

27/03/13

L'Aquila, ma quale apologia di reato: TUTTI ASSOLTI PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE!

“la fabbrica ci uccide, lo Stato ci imprigiona che cazzo ce ne frega di Biagi e di D’Antona”.


Questo slogan, il corpo del reato contestato a 11 compagne e compagni, condannati in primo grado il 16 novembre 2010 a due anni di carcere ciascuno per l’articolo 414 cpp, apologia di reato.

I fatti risalgono al corteo del 3 giugno 2007 a L’Aquila contro il carcere, il 41 bis, in solidarietà ai rivoluzionari prigionieri e alle lotte di tutti i detenuti.


Presenti in aula oggi, gli avvocati Giannangeli, Calia, Andrea e altri avvocati dei compagni, che hanno smontato pezzo pezzo il castello accusatorio ordito dalla digos di L'Aquila in combutta con la digos di altre città per offrire al sistema repressivo altri capi espiatori da immolare sull'altare padronale del capitale.

Non ce l'hanno fatta e questa è una vittoria importante per tutti e tutte!


Fuori dall'aula si è tenuto un presidio con volantinaggio ed esposizione di uno striscione con sù scritto: contro carcere, isolamento, 41 bis, uniti nella lotta. Assemblea di lotta “Uniti contro la repressione”

Leggi il resoconto scritto da alcuni imputati del processo.

"La qualità di fascista non può essere depurata dalla qualità di razzista e nazista"

di seguito pubblichiamo uno scritto di Alberto Aleandri, segretario dell’A.N.P.P.I.A. (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) per la provincia di L'Aquila, in merito alla sentenza del giudice Giuseppe Grieco, che lo ha condannato per aver "diffamato" casa pound.
Il 31 gennaio 2013, lo stesso giudice ha ridotto la pena al militare stupratore Francesco Tuccia di circa 1/2 di quanto aveva chiesto il PM, stralciando dall'accusa il reato di tentato omicidio.
Fascisti e stupratori, uscite fuori adesso, ve lo facciamo noi un bel processo!

***

In merito alla sentenza emessa dal Tribunale dell’Aquila in relazione alla querela di Casa Pound nei confronti di Aleandri Alberto, segretario provinciale dell’A.N.P.P.I.A. per aver pubblicato su facebook una foto di un manifesto affisso all’Aquila recante la scritta “Il raduno neonazista  di Casa Pound a L’Aquila è un’offesa per i 309 Martiri del terremoto”, si precisa quanto segue.
Il sig. Aleandri Alberto è stato assolto dall’accusa di aver affisso il manifesto e condannato, come si è detto, per averlo divulgato su  face book con  l’irrogazione della multa di mille euro e la contestuale non menzione. Il Pubblico Ministero aveva chiesto l’assoluzione con formula piena.  La sentenza contrasta di conseguenza con le valutazioni del Pubblico Ministero e con la sentenza della Corte di Cassazione n. 19449 dell'8 gennaio 2010 che ha sancito: «sussiste l’esimente dell’esercizio del diritto di critica storica e politica» nel caso in cui si utilizzino «le espressioni “nazifascisti” e “neonazisti”, in quanto, alla luce dei dati storici e dell’assetto normativo vigente durante il ventennio fascista […] la qualità di “fascista” non può essere depurata dalla qualità di razzista e ritenersi incontaminata dall’accostamento al nazismo». Oltre ciò, va rilevato che nel caso specifico è stata sostanzialmente non riconosciuta la libertà di espressione garantita dalla Carta Costituzionale repubblicana e antifascista.
Considerando anche il recente  comportamento di una moltitudine di militanti  ed esponenti di spicco di Casa Puond (dall'assassinio dei due senegalesi a Firenze per mano del militante di Casa Pound Gianluca  Casseri, alla premeditazione di stuprare a Napoli una universitaria ebrea  ed altre violenze messe in atto sempre da appartenenti a  Casa Pound), si può affermare che in qualsiasi occasione del convivere civile e in qualsiasi luogo,le manifestazioni di Casa Pound sono state sempre un’ offesa alla dignità umana.
Inoltre, Il responsabile dell’Aquila di Casa Paound  Simone Laurenzi  intervistato dalla televisione “ la 7” il 1/4/2012 (si veda youtube) portava in bella mostra un grande fascio littorio appeso al collo fregiandosi di essere fascista. Da rilevare che all’Aquila vengono affissi  continuamente manifesti inneggianti  al fascismo. La sede di Casa Pound è intestata a Italo  Palesse, storicamente riconosciuto come  collaborazionista delle SS hitleriane,
Aleandri Alberto
A.N.P.P.I.A

"Solidarietà" criminale

mentre continuano a caricare lavoratori in sciopero, mentre continuano nei sopprusi dentro dentro e fuori le caserme, mentre si schierano -moderni robocop- a difesa degli interessi dei padroni assassini come Riva o quelli della Thyssen, questi soggetti si permettono di offendere il dolore di una madre a cui hanno ammazzato il figlio

27 mar. – Un presidio in solidarietà con gli agenti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi proprio sotto le finestre del Comune di Ferrara in cui lavora la mamma del giovane ucciso il 25 settembre 2005 da quattro poliziotti. E’ quello che sta accadendo a Ferrara.
Ad organizzare il presidio è il Coisp, sindacato di destra, che ha organizzato per oggi nella città estense il congresso regionale, dedicandolo proprio ai colleghi detenuti per l’omicidio. Il sindacato ha anche organizzato un convegno che si terrà in mattinata dal titolo “Poliziotti in carcere, criminali fuori, la legge è uguale per tutti?” a cui hanno invitato il senatore Pdl Alberto Balboni e l’europarlamentare Pdl Potito Salatto.
Le foto sono state pubblicate sul proprio profilo facebook da Patrizia Moretti, madre di Federico, che le ha commentate così: “Ecco il gruppo coisp che manifesta sotto il mio ufficio la solidarietà a pontaniforlanisegattopollastri responsabili dell’omicidio di mio figlio. Sono poliziotti. Sono come quei 4?”


26/03/13

Stupro di Montalto: ingiustizia è fatta!!

Stupro di Montalto: ingiustizia è fatta!!  Passa la linea "son bravi ragazzi e di famiglia buona.."

Al fianco di Marinella e delle donne che osano denunciare e ribellarsi.

 Al fianco di Marinella che ha subito un intero paese schierarsi al fianco dei "bravi ragazzi" 

 Mfpr

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 Violenza sessuale di gruppo - L'ordinanza del tribunale dei minori - Stupro di Montalto, messa in prova per gli otto ragazzi

http://roma.ogginotizie.it/

  Il tribunale dei minori di Roma ha accolto stamattina la richiesta di  una nuova messa

in prova per gli otto ragazzi accusati di aver  violentato una ragazzina di 15 anni nella pineta di Montalto Marina, la  notte tra il 31 marzo e il primo aprile del 2007. Cio’ portera’ ad un  nuovo stop del processo proprio quando era imminente la sentenza. Pochi  giorni fa il pm Carlo Paolella aveva chiesto una pena di quattro anni  per sette imputati, ridotta per l’ottavo ragazzo per motivi di salute. I ragazzi all’epoca dei fatti avevano tra i 14 e i 17 anni.

 Gli accusati erano stati arrestati dopo due mesi di indagini, poi nel  2009 il tribunale dei minori aveva concesso la prima messa in prova per  due anni agli imputati che avevano dichiarato di essere pentiti. Con la messa in prova si era arrivati alla sospensione del processo: cio’ aveva  creato molte polemiche, gia’ divampate con la decisione dell’allora  sindaco PD di Montalto, Salvatore Carai, di coprire le spese processuali  dei ragazzi.
 L’anno successivo, nel 2010, la Corte di Cassazione aveva bloccato la  messa in prova, facendo riprendere il processo. La richiesta di condanna  a 4 anni e’ arrivata pochi giorni fa.
 Oggi il tribunale dei minori, a poche ore dalla sentenza, ha invece  concesso di nuovo la messa in prova, che verrà discussa il prossimo 11  luglio singolarmente per ognuno degli otto ragazzi coinvolti. Verranno  stabiliti caso per caso tempi, modalita’ e luogo di svolgimento. Nel frattempo, va avanti il procedimento civile in corso a  Civitavecchia.

 Nel 2009, alla sentenza di appello, queste le reazioni della  popolazione locale alla presenza della troupe del tg5:http://www.reset-italia.net/2013/03/25/stupro-montalto-marinella-branco-sentenza/#.UVFSkDetY7q 

 Nel frattempo Marinella non ce l'ha fatta, ha lasciato la scuola, prima è  stata mandata a Roma poi in Sicilia ma non è stato sufficiente.
 Chi vive o ha vissuto in provincia sa cosa vuol dire la logica del  branco, della difesa dei legami di
sangue.
L'allora sindaco PD diede 5000 euro alle famiglie dei ragazzi (uno era un suo  parente) per sostenere le spese legali. Alla famiglia della ragazza  nulla.

25/03/13

Il profitto del capitale uccide ancora! Morta sul lavoro un'operaia tessile

Il profitto del capitale uccide ancora! Ancora una vita, quella di una operaia, spezzata dalla sete inarrestabile dei padroni di accumulare ricchezza sempre e solo sulla pelle degli operai sfruttati.
Basta! Contro le morti e gli infortuni sul lavoro per mano padronale, a morte il sistema del capitale!

Incidente mortale sul lavoro in un'azienda tessile del biellese. Questa mattina, durante il primo turno, un'operaia é rimasta incastrata nei meccanismi di una macchina industriale mentre stava lavorando ed ha perso la vita. Secondo le prime ricostruzioni, sarebbe rimasta impigliata in un orditore a causa di una maglia larga. E' stato un collega che si trovava nello stesso reparto a sentirla urlare ed a chiamare i soccorsi che però quando sono arrivati non hanno potuto fare altro che constatare la morta della donna, 39 anni, madre di due figli.

La vittima si chiamava Maria Elena Toppan ed era residente a Quaregna. L'azienda dove è rimasta uccisa é la Anordibiella di  Cerreto Castello, di proprietà dei fratelli Zanello.

24/03/13

L'Aquila - Fascisti e stupratori, uscite fuori adesso ve lo facciamo noi un bel processo!


L'Aquila - ancora una volta il Giudice Giuseppe Grieco sceglie da che parte stare: dopo aver ridotto la pena al militare stupratore Francesco Tuccia di circa 1/2 di quanto aveva chiesto il PM, ieri, 22 marzo, contro una richiesta di assoluzione mossa dallo stesso PM, Ilaria Prezzo, verso Alberto Aleandri, accusato di diffamazione da Casa Pound, il giudice Grieco ha inflitto all'imputato una multa per aver postato sul suo profilo facebook un manifesto con scritto «Il raduno neo-nazista di Casapound all'Aquila è un'offesa per i 309 martiri del terremoto».

Casa Pound offesa? - Casa Pound è un'offesa!

22/03/13

Patriarcato e patriarcalismo

Riportiamo stralci di una parte di un lungo documento proveniente dal Canada, intitolato "In difesa del femminismo proletario" uscito sul blog: www.moufawad-paul.blogspot.com.es/.
Questa parte che tratta della differenza tra "patriarcato e patriarcalismo" fornisce un utile contributo al lavoro teorico per una corretta linea e prassi femminista proletaria rivoluzionaria che affronti la questione delle donne in termini di classe e di genere, demolendo false idee, da cui provengono anche politiche, in senso lato, devianti.

Da un lato l'idea, presente anche in settori dei movimenti femministi, che la condizione di discriminazione e oppressione delle donne, il ruolo di subordinazione che viene mantenuto e anzi rafforzato nella crisi all'interno della famiglia perchè sempre più utile come ammortizzatore sociale sia pratico che ideologico nel sistema capitalista, il maschilismo con tutto il carico tragico di violenze sessuali e uccisioni, siano da addebitare unicamente al permanere di aspetti del patriarcato, e come tali, in contrasto con l'attuale sistema sociale; di conseguenza a questo normalmente si risponde con proposte e politiche riformiste che vogliono mascherare la vera causa che è l'attuale sistema capitalista e deviare la lotta contro di esso.

Dall'altro l'idea, presente soprattutto nei settori della borghesia, che negando una pesante presenza di concezioni, ideologie, condizioni di vita, che potremmo definire "patriarcaliste", vogliono negare la condizione generale e sociale di subordinazione delle donne, nei fatti la limitano a situazioni individuali in contrasto con una società che consentirebbe alle donne un percorso emancipativo; di conseguenza a questo si risponde con il pensiero e la politica del "gli ultimi restano indietro" (per colpa loro), e con la "emancipazione" solo per una ristrettissima minoranza di donne della propria classe, e rigidamente all'interno dei canoni del sistema borghese, per cui il doppio sfruttamento e oppressione della maggioranza delle donne è uno dei puntelli principali.

Nello stesso tempo negare il permanere di ciò che possiamo chiamare "ideologie patriarcali", "concezioni maschiliste" nega in termini antimaterialistico dialettici il rapporto tra sovrastruttura e struttura. Nel senso che è la struttura che determina le idee, ma queste a loro volta hanno influenza sulla pratica e possono diventare "forza materiale" che indirizza/devia la pratica.

Questo pone al movimento rivoluzionario proletario delle donne la necessità di una lotta articolata, ricca, a 360°, che non perdendo mai la rotta delle ragioni determinate dal modo di produzione capitalista, di classe della condizione delle donne, punti sempre le sue armi contro il nero dell'ideologia che per le donne non resta affatto solo nel cielo delle idee ma avvolge pesantemente tutta la loro vita.

Infine, riprendendo una frase del testo canadese che dice "le relazioni patriarcali, intrinseche ai precedenti modi di produzione, sono state riportate e incorporate nella struttura del capitalismo realmente esistente", noi pensiamo che non sia soltanto un "riportare e incorporare", ma il sistema capitalista in questo ambito ha prodotto parecchio di "suo", anche se più subdolo ma non meno pesante, per mantenere ed usare l'oppressione delle donne, che oggi potremmo sintetizzare nella neo nazista ideologia de "gli uomini che odiano le donne". E questo richiede aggiornare ed affilare le nostre armi teoriche, di analisi e soprattutto di lotta.


Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

DAL DOCUMENTO PROVENIENTE DAL CANADA "IN DIFESA DEL FEMMINISMO PROLETARIO"
Si "...fraintende la distinzione che viene fatta tra patriarcato e patriarcalismo... ...La distinzione qui è tra il patriarcato come una parte essenziale del modo di produzione contro il residuo del patriarcato che si conserva nella sovrastruttura e ostacola quindi lo sviluppo della base. Il primo è essenziale per i rapporti di produzione precapitalistici in cui la posizione della donna nella società è determinato dal fatto che essa è formalmente classificata come "proprietà", che la proprietà viene ereditata dagli uomini invece delle donne... e dove la divisione sessuale del lavoro è, in ultima istanza, intrinsecamente parte della divisione materiale del lavoro. Il secondo non nega che ci sia la continuazione dei rapporti patriarcali solo che sono state trasformati dal capitalismo: il capitalismo come modo di produzione non richiede questa divisione di genere del lavoro al fine di mantenere il capitalismo e tuttavia, allo stesso tempo, conserva questa divisione di genere del lavoro - questo è ciò che si intende per patriarcalismo. E quindi, sì, la famiglia patriarcale esiste ancora in una certa misura, ma non è identica a quella famiglia patriarcale che esisteva prima del capitalismo; anzi, nell'epoca del capitalismo si assiste a lotte femministe che non sarebbero potute esistere in epoche precedenti, se non in misura molto limitata, e che sono riuscite a vincere alcuni diritti borghesi. Sì, questi diritti saranno sempre tenui, possono essere autorizzati sotto il capitalismo senza compromettere il capitalismo; non avrebbero potuto esistere per le donne sotto, per esempio, il feudalesimo senza compromettere il feudalesimo....
La teoria di Mao "Sulla contraddizione", spiega come la conservazione di residui di ideologie di modi di produzione precedenti possono ostruire la base materiale e diventare "concetti autodeterminanti". Ancora, definire che questi sono solo "formali", perché fanno parte della sovrastruttura, significa ignorare tutto ciò che i maoisti dicono circa la Sovrastruttura e il suo ruolo: la sovrastruttura non esiste in piani separati connessi alla base - non sono "liquidati" e quindi irrilevanti - ma sono davvero concetti autodeterminanti che sono conservati e vanno così a deformare lo sviluppo della base materialistica. Affermare che patriarcato è un elemento costitutivo della base economica del capitalismo è estremamente problematico. Possiamo immaginare un mondo possibile in cui il capitalismo, astrattamente, funzioni senza il patriarcato: secondo i dettami del capitalismo astratto, non ci sarebbe ragione logica del perché il patriarcato dovrebbe ancora esistere in quanto le donne sarebbero sfruttate proprio come gli uomini con i diritti borghesi. Eppure, ovviamente, le donne proletarie sono di solito doppiamente oppresse, nonostante la logica di quest'astratto capitalismo e quindi è necessario chiedersi il perché.
Perché le relazioni patriarcali, intrinseche ai precedenti modi di produzione, sono state riportate e incorporate nella struttura del capitalismo realmente esistente. Questa distinzione può sembrare accademica, ma è importante per due ragioni: a) dimostra che il femminismo proletario non respinge semplicemente il patriarcato come qualcosa che non esiste più, ma cerca di dare un significato in un modo capitalistico di produzione, b) allora potremmo sostenere che una rivoluzione potrebbe essere prodotta da una lotta di classe della classe femminile contro la classe maschile? - proprio l'argomento delle femministe radicali criticato dalle femministe proletarie - quando è evidente che le donne come classe sociale di questo storico frangente non possono essere unite come classe..."

18/03/13

Da NOMUOS in Sicilia all'Ilva tamburi taranto 22 marzo ...

...LA LOTTA E' UNA!

Ieri a Niscemi presente al presidio permanente in lotta No Muos una delegazione dello Slai Cobas per il s.c. aderente alla Rete Nazionale per la sicurezza e salute nei posti di lavoro e sul territorio, tra cui alcune lavoratrici e giovani studentesse.

Buona accoglienza di alcuni abitanti e giovani soprattutto, attivi nel comitato in lotta contro l'installazione del Muos, che ci hanno fatto fare un giro nella zona circostante al luogo del presidio "occupata" dalle forze militari statunitensi, già deturpata dalla presenza di altissime antenne (47), per la cui installazione sono stati abbattuti ettari ed ettari di pregiati alberi da sughero tipici della zona con uno scenario da vero e proprio paesaggio lunare in pieno contrasto con l'opposto folto e verdissimo bosco. Ci hanno raccontato della lotta in corso che soprattutto in questi ultimi mesi ha dato davvero fastidio per la pratica concreta dei blocchi del passaggio dei camion con i materiali da utilizzare per l'installazione del Muos e in alcuni casi gli operai, pratica che ha iniziato a scatenare la repressione di digos e polizia al servizio del governo italiano complice e colluso con gli interessi imperialisti e belligeranti degli Stati Uniti, una lotta in cui in particolare i giovani e le donne ne costituiscono la parte più determinata e coraggiosa anche nel contrastare le recenti cariche delle forze dell'ordine, "...non ci facciamo intimidire... anche se siamo scossi" diceva una mamma No Muos "dalle ultime perquisizioni fatte nelle case ai nostri figli... ma noi siamo davanti e dietro a loro e non molleremo... speramo che la partecipazioen popolare aumenti di giorno in giorno perchè è solo la spinta dal basso che ci ha portato ad ottenere qualche risultato come il blocco temporaneo voluto da Crocetta (ma ricordiamoci che era sotto elezioni!).
Bello scambio di solidarietà e sostegno con le donne in lotta No Muos alle quali abbiamo portato i saluti di lotta delle lavoratrici, precarie, disoccupate, giovani in lotta a Palermo.

Siamo stati invitati alla manifestazione del 30 alla quale abbiamo dato la nostra adesione.

Abbiamo quindi informato loro della giornata di mobilitazione nazionale a Taranto/Ilva/Tamburi il 22 Marzo prossimo dando anche materiali tra cui l'appello e gli ultimi dossier sull' Ilva... ne è scaturita una discussione in cui ci sono state fatte domande in particolare su cosa stanno facendo concretamente in termini di lotta gli operai in fabbrica ma anche su come si può conciliare la questione difesa del lavoro e dell'ambiente senza incorrere nel rischio di perpetuare una situazione che al pieno servizio dei profitti del capitale ha portato al disastro che si vive oggi a Taranto...
In particolare alcuni attivisti/e giovani No Muos che abbiamo conosciuto poi in piazza a Niscemi al banchetto informativo , condividendo in generale che le lotte a partire dalla No Tav al No Ponte passando per Taranto, sito strategico (non solo per il governo!), sono legate da un filo che si deve rafforzare giorno dopo giorno, quello della lotta contro governo, padroni al servizio di questo sistema, hanno mandato i loro saluti alla giornata di mobilitazione e di lotta a Taranto e invitato gli operai e gli abitanti di Taranto alla manifestazione del 30 a Niscemi.

Palermo, 18/03/2013

17/03/13

Papa Francesco: "Donne inadatte per compiti politici. Possono solo supportare l'uomo"

Presentato e osannato come papa che sarebbe alternativo alla politica conservatrice/reazionaria di Ratzinger, Papa Bergoglio invece per la sua storia passata e presente, al di là degli atteggiamenti - che appunto restano solo forme - per tutta una serie di posizioni politiche, sociali è in continuità con Ratzinger. Già sappiamo la sua contrarietà a divorzio, coppie gay, ecc., aggiungiamo la sua breve ma chiarissima posizione sul donne e sul rapporto donne/uomini.
Certo la sua dichiarazione aveva anche ragioni politiche, ma figurarsi cosa pensa delle altre donne...


MFPR


da controlacrisi.org

Meno di ventiquattro ore sono trascorse dall'elezione del primo papa latino americano, Jorge Mario Bergoglio, Francesco I. Sul suo silenzio negli anni della dittatura e su diverse posizioni intrasigenti sui gay e le donne se ne sta già parlando molto, con l'invito ai cittadini fedeli e non a documentarsi, anche leggendo L'isola del silenzio, il libro edito nel 2006 da Fandango libri.

Il papa si è infatti dichiarato più volte contro i matrimoni gay: "Sono un segno del diavolo e un attacco devastante ai piani di Dio".
E' così giunta netta la denuncia di un'associazione omosessuale cilena, una delle principali, che in un comunicato stampa: "Ancora una volta - dichiarano - la Chiesa pone a capo del Vaticano a un promotore dell'odio verso la diversità sociale e una figura del riferimento dell'omofobia e del disprezzo delle minoranze sessuali".
Ma poi a venir fuori è anche un'altra verità.
Una dichiarazione dell'allora arcivescovo di Buenos Aires che si è scagliato negativamente sulla candidatura allle presidenziali di Crisitina Kirchner. "Le donne sono naturalmente inadatte per compiti politici - dichiarò Berdoglio - L'ordine naturale ed i fatti ci insegnano che l'uomo è un uomo politico per eccellenza, le Scritture ci mostrano che le donne da sempre supportano il pensare e il creare dell'uomo, ma niente più di questo. Abbiamo avuto una donna come presidente della nazione e tutti sappiamo cosa è successo", riferendosi al l'ex presidente Maria Estela Martinez de Peron.
Arrivano poi anche i toni sobri, decisamente formali da parte della presidente brasiliana, Dilma Rousseff, sull'elezione del papa e che hanno origine dalla presa di posizione di Bergoglio proprio al momento dell'elezione della Rousseff.

I legami tra politica e chiesa brasiliana dunque sono freddi, nonostante il numero di fedeli, da quando il neo Papa ha appoggiato  Benedetto XVI, proprio nel 2010 nella vigilia delle elezioni brasiliane, a non votare i candidati che difendevano l'aborto. Un riferimento nemmeno troppo velato contro l'allora candidata Rousseff, che ha ricambiato lo "sgarbo" con un gelido silenzio all'annuncio choc delle dimissioni di Ratzinger.

La crociata dimenticata del cardinale Ratzinger

di Maurice Lemoine, Le Monde Diplomatique, marzo 2013

In America Latina a partire dagli anni 70’ la Santa Sede ha contrastato con forza le nascenti correnti cristiano-progressiste come i teologi della liberazione, di ispirazione marxista. Papa Wojtyla e papa Ratzinger hanno portato avanti vere e proprie crociate contro le fazioni più radicali rafforzando la tendenza conservatrice della Chiesa. Vista la tendenza a vedere l’America Latina come la culla del socialismo del 21° secolo, l’elezione di Papa Francesco non è forse il segno chiaro di una offensiva ancora più aspra nei confronti del consolidamento della sinistra nei paesi sud-americani?

Nei commenti sulla rinuncia di Papa Benedetto XVI domina una tonalità: lasciando il suo trono con «coraggio e piglio brioso», il Sovrano pontefice si conforma ai criteri della modernità. Eppure, in America Latina, il ricordo che l’ex cardinale Joseph Ratzinger ha lasciato rimarrà collegato a un grande balzo all’indietro.
Ritorno agli anni ’60 – epoca in cui dom Hélder Câmara, l’arcivescovo di Recife che incarna la coscienza dei cattolici progressisti del Continente, fece la constatazione restata celebre: «Quando do da mangiare ai poveri dicono che sono un santo; quando chiedo perché sono poveri mi trattano da comunista». La miseria, l’analfabetismo, la marginalizzazione di decine di milioni di abitanti hanno provocato la radicalizzazione di un gran numero di cristiani e di alcuni membri della Gerarchia. In un clima di aggiornamento, sotto il pontificato di Giovanni XIII e soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II (1962-1965), l’enciclica Populorum Progressio porta, nel marzo 1967, l’appoggio di Roma alle prese di posizione del clero progressista, in particolare quello brasiliano.
Dal 26 agosto al 6 settembre 1968, inaugurata da Paolo VI, la Seconda Conferenza generale dell’episcopato latino-americano si riunisce a Medellín (Colombia). Durante la prima assemblea un giovane teologo peruviano, Gustavo Gutiérrez, presenta un rapporto sulla «teologia dello sviluppo». Poiché l’idea seguiva il suo corso, il documento finale, dopo aver affermato che il Continente è vittima del «neocolonialismo», dell’ «imperialismo internazionale del denaro» e del «colonialismo interno», riconosce la necessità di «trasformazioni audaci, urgenti e profondamente innovatrici» (1). Questa professione di fede segna l’atto di nascita della Teologia della liberazione. Procedendo a una lettura impegnata del Vangelo, una delle sue convinzioni centrali è che esiste, accanto al peccato personale, un peccato collettivo e strutturale, vale a dire una pianificazione della società e dell’economia che causa sofferenza, miseria e morte di innumerevoli «fratelli e sorelle umani». Nelle campagne, nei quartieri popolari e nelle bidonville una generazione di membri del clero s’impegna concretamente, e quindi politicamente, al fianco dei più impoveriti.
Di solito tetra, l’espressione dei vescovi conservatori si incupisce ancor più. Si manifestano tre poli di resistenza: l’Argentina e il Brasile, governati dai militari senza che quei prelati se ne emozionino, e la Colombia. Nessuno quindi resta sorpreso quando il tentativo di riconquista del terreno perduto a Medellín mette in prima linea un cittadino di quel paese, Alfonso López Trujillo. Il suo ruolo si allarga quando, vescovo ausiliare di Bogotá; viene eletto segretario generale del Consiglio episcopale latino-americano (Celam), nel novembre 1972, prima di diventarne ulteriormente il presidente fino al 1983. A partire dal 1973 i dirigenti di quell’organismo denunciano una «infiltrazione marxista» nella Chiesa. Eppure i teologi della liberazione lo avevano ripetuto molte volte: del marxismo essi utilizzano solamente i concetti che appaiono loro essere pertinenti – la fede nel popolo come artefice della sua storia; alcuni elementi di analisi socio-economica; il funzionamento dell’ideologia dominante; la realtà del conflitto sociale (2). Non per questo mons. López Trujillo si sforza meno di silurare questa corrente di pensiero. E presto riceverà una grande spinta: l’aiuto del Vaticano.
Dopo la morte di Paolo VI è il polacco Karol Wojtyla, diventato Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1978, colui che guida la terza Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano di Puebla (Messico). A quell’epoca tutti i Paesi della regione, salvo quattro, sono sottoposti a regimi militari. Mentre i vescovi confermano la «scelta prioritaria dei poveri», il nuovo Papa evita qualsiasi dichiarazione sulle tensioni che attraversano la Chiesa latinoamericana. Ma si astiene altrettanto dal denunciare i regimi dittatoriali. Segnato dalla sua esperienza di un Paese del Blocco orientale, ferocemente anticomunista, adotta una lettura semplicistica degli avvenimenti e, nel 1981, chiama a Roma un teologo tedesco con il quale ha stretto rapporti personali, il cardinale Ratzinger, che diviene Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede – l’antica Inquisizione.
Con alle spalle, quale massima esperienza pastorale sul territorio, un anno di vicariato in una parrocchia di Monaco, il nuovo «ideologo in capo» diventa il migliore sostenitore di mons. López Trujillo (che lo raggiungerà nel 1983 quale membro della Congregazione). In un ambiente di guerra fredda, il Nicaragua in particolare diventa una specie di «modello polacco», nel quale la Gerarchia è chiamata all’aperta resistenza contro il regime sandinista – d’ispirazione tanto cristiana quanto marxista – e un partenariato informale si annoda fra il Vaticano e gli Stati Uniti di Donald Reagan per combattere, fra l’altro, la «minaccia comunista» in America Centrale.
In occasione di un discorso pubblico pronunciato in Vaticano nel settembre 1983, Ratzinger si lascia andare a una violenta requisitoria: «L’analisi del fenomeno della Teologia della liberazione lascia apparire chiaramente un pericolo fondamentale per la fede della Chiesa (3)», denunciando un radicalismo «la cui gravità è spesso sottostimata, perché questa teologia non entra in alcuno schema di eresia presente fino a oggi». «Il mondo viene a essere interpretato alla luce dello schema della lotta di classe (…). Il “popolo” diventa così un concetto opposto a quello di “gerarchia”, antitetico a tutte le istituzioni qualificate come forze di oppressione». I termini vivaci di una prima istruzione della Congregazione, datata 3 settembre 1984, risuonano come una condanna per la sinistra del clero latinoamericano.
Precedentemente il «Grande Inquisitore» aveva indirizzato all’episcopato peruviano un documento in dieci punti sul lavoro di padre Guttiérez, prima di obbligarlo a «revisionare» le sue opere, con procedimento degno di quello riservato a Galileo. Nel marzo 1985 la folgore si abbatte sull’opera Chiesa, carisma e potere, del francescano brasiliano Leonardo Boff. Messo al bando dalla casa editrice che dirigeva, il padre Boff si vede vietare l’insegnamento e la presa di posizione pubblica. In un Paese – il Brasile – che esce da vent’anni di censura militare, questa sanzione provoca indignazione (4).
Di fronte all’amarezza che questi diktat provocano, Giovanni Paolo II cerca di mettere sotto controllo l’incendio sul quale il «Panzerkardinal» getta benzina a interi bidoni. Evocando la teologia contestata, in una lettera del 9 aprile 1986 all’episcopato brasiliano il Papa giudica che essa «non è soltanto opportuna, ma utile e necessaria». Arriva perfino a condannare la nuova ideologia dominante, il capitalismo liberale. Resta il fatto che, con una volontà ben ferma di liquidarne l’eredita, Roma smantella le conquiste di Medellín. Con nomine di vescovi conservatori e di membri dell’Opus Dei (5), con l’accresciuto spazio accordato a movimenti come i neocatecumenali, i Legionari di Cristo, il Rinnovamento Carismatico, il duo Wojtyla-Ratzinger rafforza la tendenza conservatrice. Per ridurre l’influenza di pastori giudicati troppo contestatori, alcune diocesi, come quella del cardinale Paulo Evaristo Arns, in Brasile, vengono sapientemente ridimensionate. Nel 1985 mons. José Cardoso, paracadutato dalla Curia romana, rimpiazza dom Hélder Câmara, raggiunto dai limiti d’età. Il nuovo venuto si porta dietro rapidamente tutto il suo clero e le sue squadre di laici militanti.
Se i preti che partecipano al governo sandinista sono biasimati, questo non sarà mai il caso per quelli che hanno collaborato con la Giunta militare argentina. E ci si ricorderà per lungo tempo del giorno in cui Giovanni Paolo II, visitando in più riprese l’America Latina, ha dato la comunione alla coppia Pinochet [ndt.: per non parlare del Papa e del sanguinario Dittatore insieme sul balcone della Moneda]. È meno noto il fatto che, quando l’ex dittatore cileno fu arrestato a Londra dal novembre 1998 al marzo del 2000, il cardinale cileno Jorge Medina avviò negoziati riservati a favore della sua liberazione e del suo ritorno immediato a Santiago. Occorre precisare che questi negoziati furono appoggiati dalla Santa Sede da parte dei cardinali López Trujillo e Ratzinger. meno fortunati, centoquaranta teologi che avevano tentato di mettere in pratica le apertute del Concilio Vaticano II, sono stati sanzionati durante il pontificato di Giovanni Paolo II.
Diventato Benedetto XVI e ricevendo il 5 dicembre 2009 un gruppo di prelati brasiliani, l’ispiratore e teorico delle misure conservatrici di Wojtyla inveiva, sempre evocando la Teologia della Liberazione: «Le ripercussioni più o meno visibili di questo comportamento, caratterizzate dalla ribellione, dalla divisione, dal disaccordo, l’offesa e l’anarchia, perdurano tutt’oggi, producendo nelle vostre comunità diocesane una grave sofferenza e una forte perdita di forze vive (6)…». Si può essere Santo Padre ed essere poco incline al ravvedimento o al perdono.
(1) Conférence générale de l’épiscopat latino-américain, L’Eglise dans la transformation actuelle de l’Amérique latine à la lumière du concile Vatican II, Editions du Cerf, Paris, 1992. 
(2) « Théologie de la Libération. Pourquoi cette méfiance ? », Etudes, no 3851-2, Paris, juillet-août 1996. 
(3) Diffusion de l’information sur l’Amérique latine (DIAL), D 930, Paris, 19 avril 1984. 
(4) Leonardo Boff chiedrà la propria «riduzione allo stato laicale» nel luglio 1992.. 

(5) Il cui fondatore, mons. Josemaría Escrivá de Balaguer, sarà beatificato nel 1992. Leggere Juan Goytisolo, « Un saint fasciste et débauché », Le Monde diplomatique, octobre 2002. 
(6) Vatican Information Service, Rome, 7 décembre 2009.

Un papa gesuita e restauratore alla testa della Chiesa


Il nuovo papa, Jorge Mario Bergoglio, ha deciso di chiamarsi Francesco. E’ l’apoteosi dell'ipocrisia per il monarca assoluto di una delle istituzioni più ricche e potenti del pianeta, non solo per il controllo ideologico-religioso che essa esercita su centinaia di milioni di esseri umani, ma anche per la sua influenza politica e per i capitali che possiede. La Chiesa cattolica possiede il secondo tesoro aureo del mondo; le sue riserve finanziarie (visibili) superano i 300 miliardi di euro; è proprietaria di innumerevoli immobili, industrie elettroniche, siderurgiche, del cemento, tessili, chimiche, alimentari, di costruzioni; detiene migliaia di miliardi di titoli di proprietà nei più disparati settori (ferro, distillerie, acqua potabile, gas, sanità, scuole, alberghi, apparecchiature industriali); è il maggiore latifondista del mondo; possiede molte banche, e lo Stato della Città del Vaticano è un paradiso fiscale. Come ha accumulato tanta ricchezza e potere l’impero che Francesco ha accettato di governare? L’indiscutibile evidenza storica ha mostrato il ruolo nefasto svolto dalla Chiesa cattolica durante i secoli nei processi di sfruttamento e saccheggio dei popoli, specie quelli sudamericani. Sono ricchezze bagnate di sangue, quelle che Francesco eredita. Se seguisse l’esempio del «poverello di Assisi» dovrebbe rinunciarvi. Ma non lo farà mai, perché il Vaticano è un pilastro fondamentale per il mantenimento del sistema capitalistico. Per i poveri (che con la crisi sono sempre di più e sempre più affamati, mentre i ricchi aumentano i loro guadagni), per i migranti, per coloro che vivono nelle zone di guerra, ci saranno solo carità e preghiere. E il mondo disumano del capitalismo che Francesco e la Chiesa perpetuano. Bergoglio è latinoamericano. La scelta della sua elezione è evidentemente politica, volta a frenare l'avanzata della sinistra rivoluzionaria e dei comunisti in un subcontinente che la Chiesa cattolica considera una riserva da preservare a tutti i costi (dopo la perdita dell’Europa), da tenere in pugno per subordinare i popoli all’imperialismo, ai latifondisti, alla borghesia locale, per accumulare ricchezze, come ha sempre fatto. E il nuovo papa ha una certa esperienza in materia, visto il ruolo giocato nel periodo del dittatore fascista Videla. Bergoglio è gesuita e si è subito presentato come il vescovo che vuol dare impulso all'evangelizzazione e catechizzare i ceti subalterni con le vecchie tradizioni cattoliche: lo scontro col mondo moderno sarà particolarmente duro sul terreno dell'insegnamento e dei diritti delle donne e degli omosessuali.

16/03/13

La crisi ha il volto delle donne. Spunti di riflessione per un dibattito su violenza di genere e crisi economica


Pubblichiamo un interessante documento firmato da clashcityworkers.org, caunapoli.org, spaziometi.org su "La crisi ha il volto delle donne. Spunti di riflessione per un dibattito su violenza di genere e crisi economica"

"La crisi ha il volto delle donne" si trova da qualche parte scritto sui muri. Ed è proprio vero, mai come in questa fase di profonda crisi economica è necessario tornare a riflettere sul nesso tra subordinazione di genere e sfruttamento economico, tra violenza domestica e violenza sui posti di lavoro, tra la "spietatezza" degli uomini - dei mariti, dei padri - e "spietatezza" dei padroni, sul rapporto/scontro di genere in relazione al modo di produzione capitalistico che lo informa e lo impiega a suo uso e consumo. Soprattutto è necessario, di fronte al proliferare dei presunti paladini dei diritti delle donne, all'inserimento - almeno formale - nell'agenda politica di tutti i partiti della "questione femminile", smascherare alcuni luoghi comuni che non consentono, a nostro avviso, di inquadrare la questione nei termini dovuti.

Confidiamo nel progresso! Ovvero l'emancipazione femminile e l'illusione illuminista

Questa crisi economica ha avuto il merito (sic!) di mettere in luce una delle grandi aporie del pensiero dominante: l'idea che il patriarcato, la violenza sulle donne, la loro esclusione dal mercato del lavoro non fossero che fattori residuali destinati ad assorbirsi, ad essere superati "naturalmente" e in maniera indolore col susseguirsi delle generazioni.
L'idea illuminista di progresso - sulla quale ha fatto perno la borghesia in ascesa due secoli fa - quella dello svolgersi necessario delle forze storiche verso un futuro più radioso, sono idee arrugginite, ma ancora non da buttar via. Se la Storia si fa da sé, allora non serve che aspettare, pazienti, che ogni cosa vada al suo posto: perché ribellarsi? Perché fare forzature? Il libero mercato sovrappone il suo orizzonte a quello del regno dei cieli.
Così il percorso di emancipazione della donna, la sua fuoriuscita dalle mura domestiche, è stato raccontato, dalle soglie della modernità, dalla rivoluzione industriale del 1700 ai giorni nostri, come una linea sempre crescente: le donne iniziano a lavorare, ad avere un'istruzione sempre più simile a quella dei maschi, acquisiscono i diritto di voto, il divorzio etc. etc.

15/03/13

8 MARZO 2013 - CONTRO STUPRI, SFRUTTAMENTO OPPRESSIONE... UN PONTE VERO CON L'INDIA!

Riceviamo da All India progressive women's Association - For a women's
movement with a revolutinary left orientation

Thank you!




On Mon, Mar 11, 2013 at 11:05 PM, mfprpa@libero.it  wrote:

Universities Palermo



March 8 - from India to Italy to the whole world against rapes Exploitation and oppression of women by unleashing the rebellion revolution

initiatives of solidarity to the Indian Consulate in Milan and Rome embassy



 












 

14/03/13

Jorge Mario Bergoglio è papa, MA NON E' FRANCESCO

Da Il Manifesto del 14.03.2013

DAL PASSATO - In un libro le accuse di rapporti con la dittatura dei generali
Quando guidava la chiesa argentina torture e morte per i preti del popolo
di Filippo Fiorini

Aveva mancato di un soffio l’ultimo conclave, ma non ha sbagliato quello di ieri, l’uomo che oggi il mondo conosce come Francesco I. Tuttavia, dietro a quel nome che sbandiera un voto di povertà, ce n’è un altro, Jorge Mario Bergoglio, che proprio nel suo rapporto con i poveri nasconde quello che per alcuni è il suo peccato più grave. Nel libro El Silencio, l’intellettuale e giornalista argentino Horacio Verbitsky racconta che quando a Buenos Aires correvano i tempi della dittatura militare, i generali al governo, per lo più intenti a sterminare gli oppositori politici, si resero conto della presenza scomoda di alcuni preti che passavano le loro giornate nelle baraccopoli.
Davanti alla fame e l’ignoranza del loro gregge, questi sacerdoti mandati nelle chiese a cielo aperto della città di lamiere, avevano compiuto il gesto rivoluzionario di affiancare alla messa anche qualche corso d’istruzione elementare e qualche pentolone da cui chiunque potesse mangiare. Un fatto di per sé innocente, non fosse che queste azioni venivano compiute alla luce della Teologia della liberazione, quell’idea strana che mette nel fru]latore il Vangelo di San Matteo e il Capitale di Carlo Marx, tirandone fuori una guida all’azione che non proibisce l’uso combinato di pistole e crocefissi.
I generali, guidati in quel momento da Jorge Rafael Videla, pensarono che la pratica fosse controproducente: i poveri è meglio che restino poveri e ignoranti, sia mai che si accorgano di essere sfruttati e decidano di rovesciare il governo. La Curia argentina, d’altra parte, che già all’epoca era guidata da Bergoglio, si trovò d’accordo: andava bene tutto, ma i preti comunisti proprio no. Fu così che, sempre secondo le testimonianze raccolte ne El Silencio, iniziarono le intimidazioni e le minacce da parte della Casa Rosada e della Chiesa nei confronti dei missionari delle baraccopoli. Don Yorio, don Jalics, don Douron e don Rastellini furono prima accusati di essere fiancheggiatori della guerriglia, poi sequestrati, portati in un campo di concentramento e torturati per giorni. Due di loro sopravvissero, mentre altri due no.

13/03/13

Sono bravi ragazzi e di famiglia buona, chi stupra le donne non si perdona! Al fianco di Marinella

Al fianco di Marinella stuprata anche nelle aule del tribunale

Stupro di Montalto - Arringhe finali delle difese - Sentenza il 25 marzo
“Sono ragazzi normali, non mostri”



Ragazzi di buona famiglia. Sani. Senza alcun disturbo di personalità. In una sola parola: normali.

E’ così che le difese descrivono gli otto ventenni accusati di aver violentato una coetanea a una festa nel 2007.

Il processo al tribunale dei minori per il presunto stupro di Montalto di Castro è alle battute finali. All’udienza di ieri hanno parlato i difensori di sei dei ragazzi alla sbarra. La conclusione è stata la stessa per tutti: richiesta di assoluzione per non aver commesso il fatto o, in caso di condanna, l’avvio di un percorso di reinserimento sociale attraverso la messa in prova.

I difensori hanno contestato punto per punto la requisitoria del pm Paolella. Complessivamente, la pubblica accusa aveva chiesto oltre ventott’anni di carcere per gli otto ventenni. Ma, per gli avvocati, la ricostruzione del pubblico ministero poggia su basi estremamente fragili. A confermare quella serie di violenze in un angolo della pineta di Montalto, la notte del primo aprile 2007, ci sono solo i racconti della ragazza. La sua parola contro quella degli imputati e di tutti quei testimoni che sostengono che la presunta vittima fosse in realtà consenziente.

Su questo hanno puntato maggiormente le difese. Sui contrasti tra la versione della ragazza e i ricordi di alcuni invitati alla festa che escludono la violenza. L’accusa ritiene siano testimonianze “di parte”: per la ragazza lo stupro c’è stato, ne ha sofferto e ne soffre ancora. Le difese controbattono anche sul piano medico. Non esiste un referto del pronto soccorso che attesti gli abusi. Né una positività degli imputati a un qualche disturbo di personalità che li renda inclini a commettere reati sessuali. Gli psicologi e i neuropsichiatri che li hanno visitati parlano di loro come di ragazzi normali, che studiano e lavorano.

Il pubblico ministero ha già annunciato di voler replicare. Lo farà alla prossima udienza del 25 marzo. L’ultima. Dopodiché, i giudici si ritireranno per la sentenza.

11/03/13

Più di 70 lavoratrici delle pulizie strappano le tessere del Sindacato Ggil e Cisl e si organizzano in autonomia


Lascia un segno decisivo la lotta delle "Leonesse" del presidio permanente Sodexo nella forma dei rapporti tra Sindacato e Lavoratori della città di Pisa. Un altro tassello si aggiunge alla dissoluzione di quel potere Piddino

che tanto conta sulla capacità del più grande sindacato confederale - la CGIL - di tenere "a bada" quell'enorme mole di operatori dei servizi, che a colpi di spending review, tagli e licenziamenti vede sottrarsi reddito, diritti, dignità.



Ancora una volta il marchio indelebile di una sonora sconfitta lo infligge il conflitto sociale: dopo mesi di occupazioni, scioperi e presidi permanenti decine di lavoratrici delle pulizie hanno deciso insieme di revocare l'iscrizione alla CGIL. Una decisione collettiva comunicata nella giornata di mercoledì 6 marzo con un presidio e volantinaggio all'interno
del proprio luogo di lavoro, nell'ospedale di Cisanello, e con la diffusione di un comunicato (che riportiamo in fondo all'articolo).



Ricordiamo quanto la città di Pisa sia stata positivamente scossa dal coraggio di centinaia di donne che da quest'autunno hanno posto al centro dell'attenzione pubblica la questione della Sanità, partendo da un'opposizione senza mediazioni a 78 provvedimenti di licenziamento per i servizi  in appalto all'ospedale di Cisanello. Lotta che ha vinto nel mese di gennaio la propria vertenza, ma che continua a produrre una reale e potente trasformazione nei soggetti che l'hanno condotta e degli equilibri di potere in città. Il primo a farne le spese è stata proprio "mamma CGIL",
che ha pagato la compromissione con i vertici di Sodexo ed Azienda Ospedaliera; ha influito l'atteggiamento iniziale remissivo e rassegnato nei confronti del licenziamento;  il discredito derivati dall'incapacità e dalla non volontà di essersi mai opposta a tutte le misure che negli anni avevano già pesantemente precarizzato il lavoro; la scarsa qualità dei quadri sindacali referenti del settore e soprattutto la manifesta e palese opposizione alla propria delegata Marzia Ricoveri, bersaglio di vessazioni di ogni tipo solo perchè ha osato interpretare correttamente la propria
funzione. Un RSU non ubbidiente, non devota alle "gerarchie" nè agli "ordini", mai pecora nei confronti dei propri superiori; bensì capace di stimolare e di indirizzare al meglio la volontà di riscatto e di partecipazione di tutti i lavoratori e le lavoratrici (testimonianza ne è lo schiacciante risultato nelle elezioni rsu). Il comportamento dei più alti funzionari Provinciali  CGIL nei confronti della delegata più attiva ha toccato il limite del ridicolo: tentativi di agguato al presidio permanente per tentare di convincere a "smobilitare" tende e gazebo; mancate comunicazioni dell'orario e del luogo della trattativa; vere e proprie minaccie di ritorsione, e la solita immancabile dose di falsità e calunnie messe in giro per provare a denigrare la lotta (memorabile fu la "voce" che calunniava il presidio di essere diventato luogo di festini hard e sbronze colossali). A contribuire all'ostilità operaia nei confronti della CGIL è stata anche la sua identificazione con il Partito Democratico, laddove quest'ultimo è presente come nemico e diretta controparte delle lavoratrici: 1)come Funzionari del Sindacato (provinciale, regionale e nazionale) manifestatamente Pd; 2)come politici che hanno votato la spending review (origine dei licenziamenti), 3) come Istituzioni locali che si sono - nella pratica - dimostrate avverse a schierarsi dalla parte di chi manifesta (vedi porte del comune sbarrate da polizia il 14N), 4) come corpo baronale e
feudale che amministra i "livelli alti" dell'azienda ospedaliera (dai primari fino ai dirigenti - sono tutti del Partito).



Scrivevamo a novembre a proposito del potenziale di rottura di questa lotta: "che colpisce in primo luogo il legame tra lavoratori e delegati con le segreterie del sindacato confederale, riconosciuto dapprima come "passivo", e con il procedere delle iniziative ritenuto un vero e proprio ostacolo alla costruzione di un movimento capace di incidere positivamente sulle proprie condizioni di vita e di lavoro. Rottura nei confronti di un atteggiamento comune incline alla rassegnazione, all'isolamento ed alla paura riguardo le possibilità di soddisfazione dei propri bisogni. Rottura delle tradizionali forme di delega e di organizzazione verticale delle vertenze, con l'irruzione della dimensione sociale che la fa da padrone nel determinare scelte, decisioni, incontri ed esperienze di lotta."



Dopo 4 mesi lo sviluppo di questa lotta ha coinvolto differenti forme di organizzazione, protesta e coinvolgimento, ed ha maturato una propria autonomia che prende distanze e marca differenze sostanziali da un Sindacato incapace di riprodurre in questa crisi la funzione di corpo intermedio e di tappo all'emergere di rivendicazioni. Con l'avanzare della "crisi", dei tagli, dell'austerità, il carattere "clientelare" del Sindacato  (la sua capacità di associare alla "tessera" un posto di lavoro per sè o i propri familiari) ha perso via via la sua tinta di "normalità": nella lotta contro i licenziamenti Sodexo, la scelta di "parteggiare" dalla parte del Sindacato era sintomo di "cercare di sistemare" o migliorare la propria collocazione lavorativa o la possibilità di far entrare qualche parente... viceversa le lavoratrici più attive nella lotta, hanno visto, da parte delll'azienda, revocare "accordi" già presi, tentando di osteggiare e peggiorare le condizioni di lavoro.



Significativo è il fatto che la fuga dal Sindacato sia stato un elemento tendenziale che, in modo più o meno evidente, è stato sempre presente nella materialità di questa composizione del lavoro. Proprio il primo giorno del presidio permanente - il 26 ottobre - con queste parole veniva descritta la situazione da parte dei lavoratori che avevano occupato il piazzale di fronte al pronto Soccorso:



"78 persone a casa! Nessuno si è preoccupato dell'appalto, nessuno ci ha detto niente. E dove siete voi sindacati, dove siete,  in questo momento di crisi? E siamo noi lavoratori perchè lo viviamo sulle nostre spalle.  E loro vivono con i nostri stessi stipendi, ci hanno rotto i coglioni anche loro. SIAMO ALLA FAME E SI DEVE DARE DA MANGIARE ANCHE A LORO ...PER NIENTE, VERGOGNA!"  (guarda il video)



Riepilogando: lavoratrici iscritte in massa alla CGIL decidono con i delegati più attivi CGIL di non seguire le linee "attendiste" del sindacato e iniziano a lottare sperimentando modalità inedite ed autonome su "come organizzarsi". Il potere di decidere si trasferisce direttamente tra le lavoratrici, e si forma il Comitato Lavoratori e Cittadini per il Diritto
alla Salute, assieme alle assemblee delle Sodexo in Lotta. Diventano epicentro dei momenti cittadini di mobilitazione - come il 14N con l'occupazione della torre di Pisa; ed iniziano a contestare i Partiti (Bersani a Livorno) per la complicità con un sistema economico che le vuole licenziare ed impoverire. In questo processo si formano nuovi legami,
esperienze, si corrono rischi forzando il campo della legalità perchè "ci si sente dalla parte della ragione". In tutto questo la frattura con la CGIL aumenta sempre di più. Ad un mese dalla "vittoria" contro i licenziamenti, più di 70 tra le protagoniste del presidio, abbandonano il loro Sindacato. E ora? Hanno scelto di costruire una nuova organizzazione per consolidare e estendere i principi, lo spirito ed i risultati della loro lotta. Nasce A.L.D.: Associazione Lavoro e Dignità, che si propone di sviluppare quella forza, basata su una differente pratica di partecipazione e soprattutto
nella giusta direzione verso cui tante hanno già iniziato a marciare: quella di combattere per decidere insieme sulle proprie vite, non accettando soprusi nè ricatti, mettendosi in gioco per far rispettare una dignità che chi comanda ed i suoi sgherri vorrebbero sempre più calpestare dentro e fuori i posti di lavoro.




Infoaut Pisa come al solito seguirà da dentro lo sviluppo di questi nuovi percorsi autonomi...