30/01/13

Il 31 gennaio a L’Aquila: ultima udienza del processo per lo stupro di Pizzoli

Il 31 gennaio 2013 si tiene a L’Aquila l’ultima udienza del processo per lo stupro di “Rosa”, una ragazza di 20 anni, che nella notte del 12 febbraio scorso, fuori della discoteca di Pizzoli (AQ), fu brutalmente violentata, seviziata e abbandonata sulla neve seminuda e insanguinata, fino a rischiare di morire.
Accusato di questa aggressione e tentato omicidio è Francesco Tuccia, un militare del 33/o reggimento Artiglieria Acqui, impiegato nell’operazione “strade sicure” a L’Aquila.

Sicure da morire, ma in fondo è colpa nostra!

Le atrocità commesse sul corpo di Rosa da militari impiegati nell’operazione “Strade sicure”, gli stupri, i femminicidi in continuo aumento e sempre più efferati nel nostro paese e nella nostra città (solo un paio di settimane fa, proprio vicino al tribunale di L’Aquila è stata uccisa Hrjeta Boshir dal suo ex- marito), rendono questa vicenda emblematica di quale “sicurezza” questo Stato parli.
  • quella delle aule di tribunale, dove la donna viene stuprata e offesa una seconda volta con affermazioni del tipo “se succede le donne se la sono cercata", "si è trattato di un rapporto amoroso consensuale"…
  • delle questure, dove le donne vengono scoraggiate a denunciare i loro stupratori, soprattutto se appartenenti alle forze dell’ordine: “non è il caso di sporgere denuncia”, hanno risposto dalla Questura di L’Aquila a una ragazza che voleva denunciare il tentativo di stupro da parte dell’amico e commilitone di Tuccia, Stefano Buccella, poi coinvolto insieme a Tuccia nello stupro di Pizzoli.
  • delle procure, dove si va dagli arresti domiciliari per gli stupri anche reiterati, all’istigazione allo stupro e ai femminicidi, con affermazioni come quella del Procuratore di Bergamo, Francesco Dettori: "sarebbe bene che di sera le donne non uscissero da sole..."
  • delle caserme, delle carceri e dei cie, dove sempre più donne, senza diritti (perché prostitute, o immigrate, o semplicemente prigioniere), vengono ricattate e stuprate impunemente
  • della chiesa, che giustifica il femminicidio con “l'atteggiamento provocante delle donne” (vedi Don Corsi, parroco di San Terenzo a Lerici)
  • del governo, dello Stato dei padroni, della sacra famiglia, embrione e puntello di questo sistema sociale, dove si amplificano le contraddizioni e si concentra la violenza (7 donne su 10 uccise in famiglia) e i governi, di destra e di sinistra, continuano a propinare interventi a “favore della famiglia” con licenziamenti - soprattutto di donne - carovita, tagli a scuola, sanità, servizi sociali, ecc., ricacciando le donne tra le mura domestiche, condannandole al continuo ricatto, ad un futuro senza prospettive di emancipazione e di liberazione dalla violenza domestica. Intanto fuori, con la militarizzazione, creano città invivibili e desertificate, in cui sono bandite le normali libertà, la socialità tra i giovani, tra le persone, spingendo a una concezione individualista, antisociale della vita, compagna di strada della sopraffazione, di una ideologia comunque reazionaria, razzista e fascista che nei confronti delle donne si esprime sempre come maschilismo e violenza...
Le violenze contro le donne poi si amplificano negli ambienti militari, improntati costituzionalmente al machismo, al rambismo, ad una ideologia maschilista e fascista, in cui gli stupri, le violenze sulle donne sono considerati “normali”,  “medaglie” da mettersi sul petto e coperte da tutta la struttura militare (vedi tutta la feccia emersa nell’inchiesta sull’omicidio di Melania Rea).
Non di isolate "mele marce", dunque, si tratta, ma di una guerra sistemica contro le donne!

Dall’India all’Italia, al mondo intero
scateniamo la furia delle donne come forza poderosa della rivoluzione!
  
Non è quindi questo Stato che può difendere noi donne, che può reprimere i “suoi” stupratori e impedire le violenze sessuali. Questo Stato borghese è la causa, non la soluzione del clima moderno fascista che alimenta stupri e femminicidi.
Solo noi donne possiamo e dobbiamo invertire questa rotta! Con la nostra lotta complessiva e radicale contro questa società capitalista, che produce e si alimenta di violenze sessuali e femminicidi, che ci vuole “puttane” o “angeli del focolare” ricacciandoci in un moderno medioevo.
Noi che non abbiamo alcun sistema da difendere, noi che non abbiamo voti da conquistare, diciamo oggi con più forza che siamo chiamate a rispondere direttamente a questa guerra scatenata contro le donne. E di fronte a una guerra sistemica, la nostra lotta non può che essere rivoluzionaria.
Siamo al fianco di Rosa e vogliamo la condanna dello stupratore, come  passo in avanti della lotta complessiva delle donne contro questo sistema sociale.

Per ogni donna stuprata e offesa, siamo tutte parte lesa!

movimento femminista proletario rivoluzionario

29/01/13

Processo per stupro

Dalle compagne di AMAZORA (BO)
riceviamo e diffondiamo:

Il 31 gennaio si terrà all’Aquila l’ultima udienza del processo per stupro ai danni di una ragazza e che vede come imputato uno dei militari impiegati nell’operazione “Strade sicure”
Le atrocità commesse sul corpo di “Rosa”e il fatto che a commetterle fossero dei militari rende questa vicenda emblematica di come le donne vengono vissute dalla società in cui viviamo.
Lo stupro è sempre stato il Mezzo con cui annientare la volontà delle donne e appropriarsi dei loro corpi, ma è anche stato per la società maschile e maschilista uno strumento di controllo sia della sessualità femminile che della libertà di movimento delle donne. Tutti gli uomini acquistano vantaggio sociale nei confronti delle donne quando una di noi viene ammazzata o violentata. D’altro canto in noi cresce la paura e la debolezza.
Violentando una ne educano cento.
Purtroppo ne violentano molte Cosi ci controllano meglio.
Gli esecutori di questo controllo possono essere i mariti i padri ma anche tutti gli uomini con cui condividiamo spazi ambienti di lavoro e città.
Primeggiano nel controllo e normalizzazione dei nostri comportamenti i cosiddetti operatori della sicurezza pagati per mantenere l’ordine (patriarcale) e la sicurezza (del capitale); ovverosia militari poliziotti etc possono controllare e normare i nostri comportamenti senza subire alcuna conseguenza penale come può succedere ( anche questo è molto raro) invece a qualsiasi uomo “civile” . Non è un caso che la maggior parte degli uomini che uccidono le donne sono poliziotti e affini. Come non e una novità che troppo spesso nelle Questure gli operatori di giustizia usano abusare sessualmente delle indagate o delle prigioniere nei carceri o nei centri di espulsione. Gli uomini in divisa comunque non hanno l’esclusiva in fatto di violenza alle donne.
Lo si capisce da tutte le violenze botte e femminicidi che sentiamo ogni giorno e sono tante e orribili. E lo vediamo nelle relazioni deleterie fra i sessi sempre più a discapito delle donne.
 
 E’ ora di costruire una risposta efficace a questa guerra palese contro le donne che inizia nelle mura domestiche e arriva davanti a una discoteca dell’Aquila, andiamo in forze sotto il tribunale dell’Aquila a sostenere “Rosa” che ha avuto la fortuna di sopravvivere e il coraggio di denunciare ad alta voce i suoi stupratori.

 
 
NON CONTATE SUL NOSTRO SILENZIO MA SOLO SULLA NOSTRA RABBIA


Se volete venire con noi all'aquila da bologna, scriveteci al più presto, così ci organizziamo con le macchine :
la punta- at-inventati.org


28/01/13

Donne stuprate a Piazza Tahrir da squadre di uomini antiproteste


 
Durante le proteste contro il presidente Morsi al Cairo, il 27 gennaio. (Mohamed Abd El Ghany, Reuters/Contrasto)

I violenti scontri in Egitto degli ultimi cinque giorni hanno portato a un aumento degli abusi sulle donne. Dopo i “test di verginità” sulle attiviste da parte dell’esercito nel 2011, almeno venticinque donne hanno subìto violenze sessuali nel corso delle proteste a piazza Tahrir, denunciano le organizzazioni per i diritti umani.
La dinamica è sempre la stessa: un gruppo di uomini circonda una donna e comincia a spogliarla e a palpeggiarla. La donna aggredita è poi abbandonata nuda per strada. Nei casi più gravi ha subìto uno stupro o è stata ferita con armi da taglio.

Per combattere questa pratica gli attivisti si sono organizzati in gruppi per fornire alle vittime assistenza medica, legale e psicologica. Uno di questi è l’Operation anti-sexual harassment, che il 25 gennaio ha registrato diciannove casi di violenze in cui le donne erano state spogliate e violentate in pubblico. “È stata una delle peggiori giornate di cui siamo testimoni”, ha detto al Guardian Leil-Zahra Mortada, portavoce dell’organizzazione.

“Tra gli attivisti ci sono donne che in passato hanno subìto violenze. Pur conoscendo il pericolo a cui vanno incontro, si mettono lo stesso a disposizione”, scrive Tom Dale del sito Egypt Independent, che ha assisto personalmente a un attacco durante le manifestazioni di venerdì.
“Stavo camminando in un’area della piazza dove di solito viene posizionato il palcoscenico e, trenta metri più avanti, ho visto formarsi un crocicchio di persone con al centro una donna che urlava. Ho cercato di avvicinarmi. Quando l’ho vista era completamente nuda e terrorizzata. Era difficile avvicinarsi perché molti di quelli che dicevano di volerla aiutare erano in realtà i suoi aggressori”, racconta il giornalista.
Il racconto di Dale è simile a quello che una vittima ha scritto per il sito del gruppo femminista Nazra ed esperienze simili sono state raccolte su Twitter da @TahrirBodyguard, un’altra organizzazione in difesa delle donne.
“Mi vergogno per l’Egitto, il paese in cui vivo da ormai dieci anni”, scrive Ursula Lindsey sul blog The Arabist. “Questi atti dobbiamo chiamarli per quello che sono: stupri di gruppo. Non corrispondono alla mia esperienza dell’Egitto, dove le continue molestie e la misoginia sono sempre state bilanciate da una sensazione generale di sicurezza”.

Non è chiaro chi siano i responsabili delle violenze sessuali, ma secondo Operation anti-sexual harassment, sono commesse da chi si oppone alle proteste. “Si tratta di attacchi organizzati perché capitano sempre negli stessi angoli di piazza Tahrir e seguono lo stesso schema”, sostiene Mortada.

Secondo un rapporto del 2008 redatto dall’Egyptian centre for women’s rights, l’83 per cento delle egiziane ha subìto molestie sessuali. Il problema è reso più grave dal fatto che i colpevoli raramente sono puniti.
“Non possiamo più accettare che succeda”, dichiara un esponente di Tahrir Bodyguard, secondo cui gli attacchi derivano da una cultura maschilista dominante: “Dobbiamo affrontare il problema non solo al Cairo, ma in tutto l’Egitto”.

http://www.internazionale.it/news/egitto-africaemedioriente/2013/01/28/gli-stupri-di-piazza-tahrir/

ancora giovanissime operaie uccise dallo sfruttamento assassino del capitale


Rogo in fabbrica, morte 7 minorenni - le porte di sicurezza erano bloccate
indennità ai familiari delle vittime: 184 € 
                       
ROMA - Sette operaie minorenni di una fabbrica di abbigliamento di Dacca, capitale del Bangladesh, hanno perso la vita ieri negli sviluppi di un incendio scatenatosi all'inizio del pomeriggio nella zona, dove era immagazzinata una gran quantità di spugna.
Porte di sicurezza bloccate. Un responsabile dei vigili del fuoco ha detto che l'incendio ha interessato all'inizio del pomeriggio la fabbrica Smart Export Garnment Ltd a Beribadh, nel distretto di Moahammadpur, e che apparentemente tutte le porte di sicurezza erano bloccate per cui le centinaia di operai, per lo più donne, hanno potuto mettersi in salvo solo in un secondo momento. Nella calca le sette ragazze sono rimaste schiacciate e i medici non hanno potuto fare nulla per salvarle.
 Una ragazza sul luogo della tragedia
184 euro di indennità alle famiglie delle vittime. Si è appreso che ognuna delle famiglie delle vittime riceverà dal ministero per la Gestione dei disastri 184 euro di indennità. Questo nuovo incidente mortale, dovuto alle approssimative misure di sicurezza esistenti, è avvenuto in Bangladesh ad appena due mesi da quello che lo scorso 24 novembre causò 112 morti nella fabbrica di abbigliamento Tazreen Fashions di Ashulia.

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/bangladesh_incendio_fabbrica_operaie_minorenni_morte_indennita/notizie/247282.shtm

27/01/13

L’Aquila, giovedì 31 gennaio, ore 9,00 presidio davanti al tribunale - Appello

L’Aquila, giovedì 31 gennaio, ore 9,00
PRESIDIO davanti al tribunale
per “Rosa” e per tutte le donne che lottano anche per noi


 

“..Cerchiamo di essere in tante il 31 gennaio, nonostante i tempi stretti e forse la neve
Cerchiamo di essere in tante, di ricoprire “Rosa” di solidarietà e di qualcos’altro i bastardi stupratori:”

Alle compagne, alle donne no TAV, alle donne in lotta

Raccogliamo l'appello che ci viene dall' Aquila, dai presidi davanti al Tribunale in solidarietà con “Rosa” bestialmente stuprata e lasciata sanguinante sulla neve davanti la discoteca di Pizzoli. Sosteniamo le donne, le femministe che, sobbarcandosi tra mille difficoltà, in un ambiente non facile, per non dire ostile, caparbiamente si sono sobbarcate viaggi, sono state in presidio.
Ora sappiamo la data dell'udienza finale del processo e non possiamo disertare quello che è e deve diventare un'iniziativa simbolicamente significativa, in una città dove la militarizzazione del territorio, la desertificazione successiva al terremoto le donne l'hanno pagata pesantemente.
Sopratutto, vogliamo, qui, ricordare gli sforzi di tante compagne che si sono spese per costruire una iniziativa nazionale all' Aquila, ma anche la bella iniziativa delle donne in movimento della Val Susa. Diamo continuità e senso a queste iniziative: è ora necessario e rendiamolo possibile, rovesciare l'esito negativo dell'assemblea nazionale convocata a questo scopo il 28 ottobre a Roma. Nel comunicato da L'Aquila, si dice:

“Loro non hanno alzato muri alla solidarietà, ma di certo questa è stata un po’ timida da queste parti…”

E' del tutto evidente, necessaria la solidarietà davanti e dentro i tribunali anche per tutte le altre donne rese timide da oppressione, da un humus reazionario, come abbiamo ben visto a Montalto di Castro, dove, se pur in poche, abbiamo mostrato la caparbietà di costruire una mobilitazione a carattere nazionale con delegazioni da diverse città italiane. Possiamo e dobbiamo farlo anche ora a L'Aquila!

Con spirito collettivo costruiamo questa giornata: certo raggiungere L'Aquila è difficile, molte hanno problemi per il lavoro o per il non lavoro, in forme diverse tutte possiamo contribuire a risolvere problemi di diverso tipo che ingabbiano le donne, le ostacolano quotidianamente e contribuiscono al progredire della guerra di bassa intensità contro le donne non solo in questo paese, come l'esempio dei giorni scorsi dall' India ci dimostra.

Per tutto questo andiamo “insieme” dalle diverse città. Mettiamo mente e cuore per “Rosa” e per tutte le donne che lottano anche per noi


movimento femminista proletario rivoluzionario

25/01/13

Arresti a Napoli : casa pound vigliacchi nazisti e stupratori

LO STUPRO A STUDENTESSA EBREA
Alcuni degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sul movimento Casapound progettavano di violentare una studentessa universitaria ebrea: è quanto emergerebbe da intercettazioni telefoniche contenute nell' ordinanza di custodia cautelare. Nelle conversazioni si parlava anche della possibilità di dare fuoco a un'oreficeria di proprietà di un ebreo. Nel corso dell'operazione, i carabinieri hanno sequestrato la sede in cui gli indagati si riunivano, l'ex sezione "Berta" del Msi in via Foria, a Napoli.

Colpiscono per la particolare violenza e crudeltà le intercettazioni dei colloqui tra indagati sul mancato stupro. Picchiare o violentare una ragazza ebrea perchè era stimata persino dai palestinesi: è il proposito espresso da uno dei frequentatori della sezione "Berta".

Dell'argomento si discusse in una conversazione intercettata il 15 dicembre 2011. "Da me in facoltà - esordisce Angelo D'Alterio - ci sta una che non la tocca nessuno, non la guardano nessuno perchè non so di quale tribù fa parte. Tribù ebraica". Si inserisce Andrea Coppola, leader di "Blocco studentesco": "Se tu vedi, questa passa e tu vedi tutti gli israeliani, pure i palestinesi, cioè i palestinesi... Gli arabi che la salutano con rispetto proprio... La cosa infatti mi sta facendo stizzire troppo. Infatti io a questa la devo vattere (picchiare, ndr). O la picchio o me la chiavo e gli faccio uscire il sangue dal c... Però davanti a tutta la facoltà". 
Queste le vili carogne:

In carcere

Enrico TARANTINO
Giuseppe SAVUTO (candidato alle liste di casa pound)
Ai domiciliari
Emanuela Florino (detta la ducessa), figlia di un ex senatore di An e candidata alla Camera con Casapound Italia
Giuseppe GUIDA (detto Mentadent o Mentos)
Giovanni SENATORE (detto dragone)

Aniello FIENGO (detto Nello o' corallino)
Massimo MARCHIONNE


Obbligo di dimora
Andrea COPPOLA
Raffaele PALLADINO
Alessandro MENNELLA (detto sanciullo)

24/01/13

Il Tribunale di Istanbul condanna all'ergastolo Pinar Selek

Ascolta la corrispondenza con alcune compagne presenti ad Istanbul dalla radio del Mfla

Si è aperto questa mattina ad Istanbul il quarto processo a carico di Pinar Selek, sociologa femminista ed antimilitarista turca, accusata di aver partecipato ad un attentato avvenuto nel 1988 nel mercato della capitale.
La vicenda giudiziaria che la vede coinvolta arriva da lontano, precisamente da quando, negli anni ’90, decise di indagare sul conflitto tra Turchia e Kurdistan e sulle possibili soluzioni; da allora ha già affrontato diversi processi e, nonostante le due assoluzioni, ha trascorso due anni e mezzo in carcere e continua ad essere nel mirino della repressione turca.
L’udienza di questa mattina era stata fissata dopo l’ennesimo rinvio a giudizio dello scorso 13 dicembre, conclusosi con una richiesta a 36 anni di detenzione; in occasione del processo di oggi numerosi osservatori internazionali erano stati chiamati a presenziare sotto il Tribunale, data la rilevanza che il caso di Pinar Selek ha raggiunto negli anni per l’accanimento giudiziario a cui è andata incontro e per l’inconsistenza delle accuse a suo carico.
Al momento della sentenza, che ha stabilito l’ergastolo per la donna con l’accusa di terrorismo, i sostenitori di Pinar presenti in aula sono esplosi in grida di rabbia contro l’ennesimo processo farsa consumatosi sulla pelle dell’attivista turca.
Pinar al momento si trova in esilio a Strasburgo.
Per approfondire la vicenda giudiziaria che ha coinvolto Pinar Selek rimandiamo all’appello di solidarietà diffuso nei giorni scorsi sul sito di Mfla.
Segnaliamo inoltre l'intervista alla giornalista Murat Cinar in merito alla vicenda di Pinar e a quella della morte delle tre militanti curde uccise a Parigi la scorsa settimana (intervista realizzata durante la mattinata informativa di Radio Blackout).




21/01/13

L'Aquila: uccide l'ex moglie perchè "gli disobbediva" e intanto che la schiavizzava molestava anche altre donne

...ma per le donne del PD di L'Aquila solo di "distorsione culturale" si tratta e pur ammettendo che il fenomeno dei femminicidi in Italia sta assumendo caratteristiche di vero e proprio allarme sociale, dopo aver premesso che loro non sono razziste lanciano un appello a "donne e uomini, partiti e Istituzioni per una battaglia di civiltà".
Parlare di battaglie di civiltà quando il femminicidio lo commette un albanese è razzista e deviante
Così come richiedere più polizia quando il tentato femminicidio lo commettono dei militari, magari apparentati e coperti dalle forze di polizia, significa impunità per gli stupratori e in fin dei conti istigazione allo stupro.

Ma se di allarme sociale si tratta - e lo è - non è più sensato parlare di guerra sociale?

Contro stupri, femminicidi, oppressione, dall'India, all’Italia, al mondo intero
scateniamo la ribellione delle donne come forza poderosa della rivoluzione!

Questo l'articolo

Burhan Kapplani, il piccolo imprenditore albanese in cella per avere ucciso giovedì scorso l’ex moglie, Hrjeta Boshi, e il nuovo fidanzato, Shpetim Hana, molestava anche altre donne.
Era stato denunciato da una persona che abita a San Gregorio, l'uomo che ha sparato all'ex moglie e al suo nuovo compagno nel parcheggio del supermercato di Bazzano.

 L’AQUILA. L’inchiesta sul duplice omicidio di Bazzano dovrà approfondire oltre alla dinamica (che sembra ormai abbastanza chiara) anche le risibili motivazioni che l’assassino ha addotto per cercare di dare un senso (ammesso che possa esserci) al suo gesto. Sia davanti ai carabinieri che davanti al giudice, Bruno Kapplani ha cercato di far passare l’idea che lui si era da tempo opposto al tentativo di sua moglie di “sfasciare” la famiglia accogliendo in casa sua il fidanzato con il quale Orietta aveva iniziato un rapporto quando il divorzio era ormai cosa fatta. È l’ennesima bugia di un uomo che al contrario ha portato quella ragazza, sposata per procura quando lei aveva solo 15 anni, all’esasperazione a colpi di tradimenti, botte, offese. A sostenere questa tesi non c’è solo il racconto dei fratelli, a cui non va proprio giù il meschino tentativo di un assassino di infangare il nome della sorella, ribaltando la frittata.

Ci sono anche prove documentali fra cui la denuncia di una donna che qualche mese fa si era rivolta alle forze dell’ordine per segnalare un uomo (Bruno Kapplani) che la molestava con epiteti volgarmente galanti, le chiedeva esplicitamente rapporti sessuali e le telefonava in continuazione. Tutto questo avveniva a poca distanza dalla casa dove c’erano anche i suoi figli e sua moglie che era, tra l’altro, venuta a sapere della vicenda. È la famosa doppia morale: la moglie non deve nemmeno uscire di casa, il marito può permettersi di tutto anche di umiliare pubblicamente la consorte vantando rapporti con altre donne. Anche su questa ossessione che con la gelosia c’entra poco ci sono riscontri.

L’estate scorsa Orietta aveva deciso di andare un giorno al mare con il fidanzato (che era stato accettato bene dalla famiglia di lei e anche dai figli). Bruno arriva come una furia e trova a casa la figlia grande e gli altri più piccoli. Chiede della madre. La figlia replica che la madre non c’è. E allora lui si arrabbia e se la prende con la ragazza minorenne “alzando le mani”. Vengono avvertiti i carabinieri che stilano un rapporto e lo inviano in Procura. L’accusa è percosse in famiglia. Ma è probabile che durante l’istruttoria e il processo, vengano fuori tante altre storie come queste. Intanto i carabinieri stanno cercando di ricostruire come la pistola, usata per il duplice delitto, sia arrivata all’uomo. Si sa per certo che l’arma è stata rubata nell’ottobre 2012 in una casa inagibile al Torrione. L’uomo, che evidentemente aveva premeditato l’assassinio della moglie e del suo fidanzato già da qualche mese, acquista l’arma (da qui il reato di ricettazione) da personaggi – forse albanesi, ma non è certo – che hanno a che fare con il mondo della malavita locale.

Gli investigatori su questo punto mantengono uno strettissima riserbo. Chi ha fornito l’arma potrebbe essere accusato di favoreggiamento di un omicidio (un reato pesante), ma i carabinieri vogliono capire se dietro a tutto non ci sia una vera e propria organizzazione criminale in grado di fornire armi. Cosa questa molto più preoccupante dal punto di vista dell’allarme sociale. In queste ore vengono esaminati i filmati di due telecamere: una che guarda nel parcheggio di Md e un’altra posta davanti ai locali di «Sapore di Mare», che confina con il supermercato. Sembra che una delle due telecamere ha parzialmente ripreso la scena del delitto e in particolare il momento in cui l’uomo si avvicina alla macchina della moglie.

16/01/13

"sarebbe bene che di sera le donne non uscissero da sole..." a Bergamo giudice istigatore di stupro


Questa volta è il Procuratore di Bergamo, Francesco Dettori a indicare le donne come di fatto loro responsabili per i comportamenti, la vita che fanno delle violenze sessuali - e spesso uccisioni - che subiscono.
Per tutta risposta alla violenza sessuale subita nei giorni scorsi da una donna di 24 anni a Bergamo, e mentre lo stupratore subito è stato messo agli arresti domiciliari, come se avesse fatto un reato di poco conto, ieri questo Procuratore rilasciando un'intervista a L'Eco di Bergamo ha affermato:
"Le donne sono l'anello debole di una società in cui è parzialmente ancora inculcata l'assurda mentalità della femmina come oggetto del possesso. Lo dico con tutto il rammarico, ma sarebbe bene che di sera non uscissero da sole... Non voglio penalizzare la giovane che ha subito violenza... ma a volte bisogna ragionare in termini realisti".

Queste parole sono di fatto un via libera a delinquere! Se sono le donne che col loro stile di vita provocano gli stupri, gli stupratori sono giustificati. Con questo aberrante ragionamento è chiaramente normale aver mandato lo stupratore agli arresti domiciliari, perchè non è lui che può
reiterare il reato, ma se mai sarà un'altra donna a farlo ricadere nella violenza sessuale.
Le donne, per questo "uomo di legge" sono e devono RESTARE l'"anello debole della società". Se ne convincano e restino a casa! Visto che questo sistema sociale non può ma soprattutto non deve cambiare!

Poche settimane fa, a proposito delle altre odiose dichiarazioni del prete di Lerici, avevamo parlato dell'"Infamia originaria". Quanto sta accadendo a Bergamo conferma in pieno che non di casi isolati si tratta, ma di punte più visibili ed oscene di un humus maschilista, fascista di odio verso le donne
che è presente dovunque, dalla Chiesa alle Istituzioni, interno, prodotto e alimento a sua volta di un sistema sociale in cui le donne, la loro condizione di vita le si vogliono riportare a 50 anni indietro, perchè funzionali, sia praticamente che ideologicamente, a uno Stato da moderno fascismo, di aperti attacchi di classe verso le masse.Questo spiega perchè fatti di questo genere, giustificazioni alle violenze sessuali , possono avvenire nel piccolo paese come in una delle città "evolute" del nord.
E mai come oggi, in Italia, come in ogni parte del mondo (vedi India), la condizione delle donne è la cartina di tornasole del livello del grado di inciviltà, abbrutimento di questo sistema sociale capitalista, che non può essere fermato o migliorato, ma solo distrutto.
Contro questo "odio" sociale, istituzionale verso le donne, contro questa guerra di bassa intensità che ha esecutori e mandanti, non servono le lamentale e le prese di distanza delle donne dei partiti, come sta accadendo a Bergamo. Il minimo sono le immediate dimissioni di questo Procuratore.

 Ma è necessario molto di più, la ribellione delle donne si deve scatenare!

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

mfpr.naz@gmail.com

11/01/13

Una poesia di Giulia Marziale dal carcere di Rebibbia

CI sono momenti

Ci sono momenti in cui arriva il sole, attraversa le sbarre, filtra dal vetro, attraversa la bottiglia che hai sul tavolo, si allunga in stralci sul tavolo, ti scalda un po’ l’orecchio.

Ci sono momenti in cui di notte guardi il soffitto, ascolti il silenzio, senti il rumore del vuoto del corridoio, ascolti il sibilo di una porta chiusa.

Ci sono momenti in cui ti siedi a fumare una sigaretta all’aperto e guardi il cielo e pensi che se credessi in Dio lo ringrazieresti di poter godere di tanta bellezza anche da qui.

Ci sono momenti in cui cammini per i corridoi e pensi che non ti usciranno più dai polmoni.

Ci sono momenti, tanti momenti, in cui il tuo corpo è fermo e la tua mente ti sta immaginando mentre distruggi tutto quello che ti capita tra le mani.

Ci sono momenti in cui pagheresti oro per una bella birra fresca.

Ci sono momenti in cui ti arriva, da non sai bene dove, un odore di terra, di foglie, di autunno e ti ricordi.

Ci sono momenti in cui il sole del cielo d’autunno ti fa ripensare alle montagne e al fiato dei tuoi cani.

Ci sono momenti in cui finalmente tutte le parole vuote scompaiono, tutte le maschere cadono.

Ci sono momenti in cui cadono tutte quelle degli altri senza che loro lo sappiano.

Ci sono momenti in cui ti accorgi che questo posto ti ha cambiato e altri in cui pensi di essere sempre la stessa; e ti scopri  e ti riscopri.

Ci sono momenti in cui riconosci l’ora della giornata dal rumore che senti nei corridoi e ti accorgi che sta diventando normale.

Ci sono momenti in cui di notte ti svegli di soprassalto perché una luce ti spia il sonno.

Ci sono momenti in cui vedi una madre piangere perché non può fare la cosa più naturale su questa terra: stare con i suoi figli.

Ci sono momenti in cui piangi per il pianto di quella madre, per gli abbracci negati, per i rapporti mutilati, perché pensi che per tanto dolore nessuno pagherà mai.

Ci sono momenti in cui pensi che potresti guardare per ore il viso delle compagne  che sono con te, perché sai che è solo per quegli occhi che non hai mai avuto paura di questo inferno.

Ci sono momenti in cui pensi al dolore di chi viene a trovarti; alle loro facce che, tutte le volte che se ne vanno, sbigottite, dicono “la stiamo lasciando qui”.

Ci sono momenti in cui il sangue si gela al pensiero della libertà perché pensi che non potrai portare fuori con te le tue compagne.

Ci sono momenti, tanti momenti, in cui una risata irrompe come un tuono, come una cascata da un dirupo e si dipana fresca sulla pelle, sul viso, nella testa.

Ci sono momenti in cui vedi tornare il sorriso sul volto di una compagna e pensi di non voler altro dalla giornata.

Ci sono momenti in cui ti arriva la voce che qualcuno è uscito o evaso e le sbarre si incrinano e il sorriso è beffardo.

Ci sono momenti, tanti, costanti, ripetuti in cui pensi ad un cumulo di macerie, a chiavi spezzate, a divise bruciate e senti la freschezza dei piedi nudi sull’erba e il respiro è profondo.

L'Aqula 10 gennaio - terza udienza processo per stupro di Pizzoli:racconto

Carissime donne e compagne
Mi spiace ma oggi (ormai ieri) proprio non riesco a fare il classico report, oggettivo, distaccato, impersonale, perché oggi ho conosciuto donne forti e fantastiche, che mi hanno emozionato fino a lasciarmi quasi senza parole. Ho conosciuto Elisabetta, la mamma di “Rosa” e ho conosciuto “Rosa”.
“Ci sono molte donne che non possono parlare, chi può parlare lo faccia, gridi forte anche per chi non può”. Questo mi ha detto Elisabetta, con gli occhi lucidi e la bocca piena di sorriso e di “grazie”, quando le ho consegnato il messaggio mandato ieri in rete.
Loro non hanno alzato muri alla solidarietà, ma di certo questa è stata un po’ timida da queste parti…
Si poteva fare di più ma “va bene lo stesso, grazie a tutte per esserci vicine”
Ci siamo scambiate i numeri di telefono e le e-mails
“Rosa” aveva chiesto di non vedere più il suo carnefice e invece lo hanno fatto presenziare alla sua deposizione, per logorarla ulteriormente, per farla cadere nella trappola della vergogna. Ma lei è stata forte e combattiva: ha alzato la voce quando le si tendevano trabocchetti rivolti a spacciarla per “consenziente” e quando il giudice le ha chiesto di guardare in faccia Francesco Tuccia, lei lo ha guardato dritto negli occhi e lui ha abbassato lo sguardo.
Lei non ricorda niente di quella notte, perché si sarebbe dovuta vergognare a guardarlo in faccia?
Lui invece si ricordava eccome e allo sguardo di lei ha abbassato la testa il vigliacco.
L’udienza è terminata verso le 14,00
“Rosa” è uscita dall’aula e ci ha stretto la mano
Non dimenticherò mai più i suoi occhi, quelli di tante donne e compagne che hanno coraggio da vendere e che purtroppo a volte lo vendono per poco.
Ma la sua vita non è poco:
l’hanno quasi uccisa, l’hanno scacciata via da questa città, l’hanno umiliata in tanti modi
Ma lei è tornata a testa alta per sé stessa e per tutte.
Cerchiamo di essere tante alla prossima e ultima udienza che sarà il 31 gennaio

Un ultimo incontro quasi ravvicinato di questa giornata è stato quello con Tuccia, sgattaiolato sotto scorta dall’uscita posteriore dell’aula. Si è beccato per ora insulti e slogans anche quando era dentro la volante che quasi investiva Elisabetta

Stupratore, non lo dimenticare, la furia delle donne dovrai scontare!

Cerchiamo di essere in tante il 31 gennaio, nonostante i tempi stretti e forse la neve
Cerchiamo di essere in tante, di ricoprire “Rosa” di solidarietà e di qualcos’altro i bastardi stupratori

Luigia, per l’mfpr

selezione rassegna stampa:

09/01/13

Francesco Tuccia non lo dimenticare: la furia delle donne dovrai scontare!

L'Aquila 10 gennaio h 9,00: Presidio davanti al tribunale
per la terza udienza del processo per stupro a Pizzoli, per non lasciarla sola

No, "Rosa" non sarà sola ad affrontare il processo contro il militare stupratore. Ci saranno le donne, le compagne dell'mfpr.
Perchè questo è un processo "Simbolo", ma potrebbe anche essere un processo "pilota" se avesse degli  sbocchi positivi nel senso dell'incriminazione dei militari complici di Tuccia.
Non ci facciamo illusioni nella giustizia classista e sessista, spetta a noi donne smascherare tutte le connivenze, l'omertà delle istituzioni e dei responsabili della nostra "sicurezza", e dobbiamo farlo con forza almeno in questa occasione, superando la "timidezza" con cui, anche da parte delle donne che si sono mobilitate qui per lo stupro di Pizzoli, è stato affrontato questo caso.
Sappiamo che la ragazza è stata stuprata e seviziata almeno da 3 militari (in presenza della fidanzata del commilitone aquilano), ma che solo uno di loro, Francesco Tuccia, è incriminato per stupro e tentato omicidio
Sappiamo che il commilitone aquilano, Stefano Buccella, figlio del sostituto commissario di PS, aveva già tentato di stuprare un'altra ragazza, ma è stato coperto dalle forze dell'ordine quando quella ragazza provò a denunciarlo. Costui ora è incriminato solo per falsa testimonianza e per calunnia nel processo a Tuccia.

Cosa vogliamo? Vogliamo tutto!
Non ci basta un capro espiatorio e un'ammissione in parte civile.
Vogliamo che paghino TUTTI i responsabili dello stupro.Dai commilitoni, alla questura, a tutto questo Stato di polizia, che non è la soluzione, ma il problema, con le sue operazioni "strade sicure" sguinzagliate per l'Italia a dare la caccia agli immigrati, alle donne, ai proletari

"l'India non è poi così lontana
arriverà fin qui la rossa tramontana
che spazzerà via in poche ore
ogni militare, bastardo stupratore"

"Francesco Tuccia non lo dimenticare
la furia delle donne dovrai scontare"

Saluti a tutte le donne e le compagne in mobilitazione a L'Aquila, nelle altre città, in tutto il mondo contro lo stupro e la violenza di Stato

Luigia.


Contro femminicidi e violenza la lotta rivoluzionaria delle donne 
per spazzare via questa società che li produce

POLIZIA E GOVERNO INDIANO COMPLICI DEL FEMMINICIDIO

tratto dal blog di proletari comunisti http://proletaricomunisti.blogspot.it/ 

Pubblichiamo ampi stralci di un articolo scritto da Milena Gabanelli, sulla cronologia di quanto è accaduto in India per lo strupro e uccisione della ragazza di 23 anni. Da questa descrizione viene fuori in maniera chiara il ruolo complice della polizia nella morte della ragazza e che l'unica preoccupazione del governo è sempre stata solo quella di impedire, reprimere le manifestazioni di rabbia, dolore, di ribellione, e che ora le sue soluzioni di militarizzazione della città sono peggiori del male o sono solo una toppa ad una sistema che strutturalmente è contro le donne.

NEW DELHI -

 Questa è la cronologia dei fatti successi in un Paese dall‘invidiabile crescita economica.  Il 16 dicembre scorso, alle 8 di sera, Nirbhaya, insieme a un suo amico sale su un autobus dai vetri oscurati; il proprietario non è in regola con la licenza e l'autista è un abusivo. Sull’autobus ci sono 6 ragazzi ubriachi; uno dice: «Dove vai? Le ragazze di sera stanno in casa!». Iniziano a molestarla. L’amico tenta di difenderla, ma loro lo picchiano con una spranga di ferro, poi si accaniscono su di lei, la violentano e la torturano per due ore, mentre l'autobus continua il suo giro, a porte chiuse. Alle 10.30 li buttano nudi sulla strada. Lui ferito, lei sanguinante, rimangono stesi a terra, nel freddo di una notte invernale. Per un’ora transitano veicoli e biciclette; i guidatori rallentano, guardano, poi tirano dritto. A mezzanotte arrivano 3 macchine della polizia. I poliziotti scendono e per mezz'ora discutono di questioni burocratiche (“Ce ne dobbiamo occupare noi? I vigili? La sicurezza stradale?”). Nessuno di loro si avvicina, nessuno li ascolta. Quando il ragazzo, ferito alla testa e contuso in tutto il corpo, prende l’amica in braccio e la infila a forza dentro una macchina della polizia, un uomo in divisa gli porge un telo per coprirla.  Nelle vicinanze c'è un rinomato ospedale privato, ma i poliziotti preferisco portarla in un più lontano e malmesso ospedale governativo. Un chirurgo si prende cura di lei: «Nella mia carriera di medico non ho mai visto nulla di più devastante, nulla di più brutale su un corpo umano». Il basso ventre è spappolato, in pochi giorni viene operata due volte: le rimangono 2 cm di intestino sano, il resto è stato asportato, ma l’infezione comincia a corrodere anche gli altri organi.

Mentre Nirbhaya sopporta dolori atroci, sul suo letto d’ospedale, gli inquirenti la interrogano e lei ricostruisce i fatti. Il suo amico riconosce i colpevoli, così le “bestie“ vengono identificate: una è minorenne. Mentre la notizia rimbalza su tutti i giornali e le tv del pianeta e per le strade di Delhi esplode la rabbia, le condizioni di Nirbhaya peggiorano. Lei però non perde la lucidità, non si chiude nel silenzio che in India copre questi drammi, perché una cultura distorta li considera vergognosi per la vittima e umilianti per la sua famiglia. Lei chiede giustizia. Il suo grido corre nelle piazze di Delhi, toglie il velo ad un’omertà culturale che dura nei secoli, e la parola “stupro” diventa una emergenza nazionale sul tavolo del Primo Ministro. Probabilmente la ragazza non se la caverà, meglio prendere in mano la situazione e recuperare terreno agli occhi della popolazione: la caricano su una aeroambulanza in direzione di uno dei più prestigiosi ospedali di Singapore. Cesserà di vivere 3 giorni dopo, la notte del 29 dicembre. A Delhi scatta il coprifuoco, e in poche ore viene decisa la “strategia funebre”. Un aereo governativo riporta la salma in patria la notte del 30 dicembre, alle 3.30. La città è coperta da una nebbia fitta, due auto senza il corteo di scorta si avviano verso l’aeroporto militare per ricevere la salma: sono quelle del Primo Ministro e del Presidente del congresso, Sonia Gandhi. Si trattengono 30 minuti per esprimere le condoglianze a un povero padre, e a una madre che non tocca cibo da 10 giorni. Non si è mai allontanata dal capezzale di quella giovane figlia dalla mente libera, che voleva diventare fisioterapista e risollevare le sorti di una famiglia povera. C’è anche una parola di consolazione per il fratello di 18 anni, che vedeva in lei un modello da seguire.

 Nel frattempo la città viene militarizzata: 1000 poliziotti e i corpi speciali dell’esercito blindano il quartiere dove vive la famiglia e tutti gli snodi cruciali della capitale. Alle 4 l’ambulanza, protetta dalla nebbia, trasporta la bara fino all’abitazione della vittima, dove ai parenti sono concessi 30 minuti di raccoglimento. La stessa ambulanza alle 5.30 si dirigerà al crematorio pubblico, dove i becchini si fanno luce con le torce per preparare la pira. Fuori un cordone di polizia chiude l’accesso. Solo i più stretti familiari possono assistere alla cremazione. La madre sviene. Alle 7 del mattino la cerimonia è finita. Nirbhaya non c’è più. «Problemi di ordine pubblico» dirà il Primo Ministro... E così, con la stessa rapidità con cui ha fatto sparire il corpo della vittima, ora il governo sta preparando una legge che ne porterà il nome (che però si continua a non rivelare). Da una parte si invoca la pena di morte per i colpevoli, (più probabile, ed auspicabile, l’ergastolo), dall’altra si sta definendo un programma che rivela l’orrore in cui vivono le donne indiane.
 “I poliziotti dovranno essere addestrati ad avere con le donne un approccio sessuale più rispettoso”; se ne deduce che finora erano autorizzati a molestarle, se non a violentarle. Ogni corpo di polizia deve prevedere personale femminile; il trasporto pubblico deve garantire una sorveglianza di sicurezza; deve essere attivato un numero verde a cui le vittime possono rivolgersi per far scattare un immediato intervento; i centri di intervento devono prevedere personale femminile specializzato; negli ospedali deve essere garantita l’assistenza di medici donne (perché finora le vittime di stupro venivano liquidate come “chi è colpa del suo mal pianga sé stessa”); infine nei tribunali saranno giudici donne ad occuparsi di questi reati.... È passata una settimana ed ogni giorno, su tutti i quotidiani del paese, il governo ostenta la sua preoccupazione sfornando proposte tranquillizzanti, inclusa la castrazione chimica... Parliamo di una nazione che, come tutte quelle asiatiche, oggi conta più uomini che donne. Allora quali leggi potranno mai modificare l’implicito riconoscimento della superiorità del maschio?...

 - Milena Gabanelli

Melania rea ... ancora un vile tentativo di deviare la verità


"Secondo il giudice si è trattato di un delitto d'impeto che non avrebbe nulla a che vedere con le relazioni extraconiugali di Parolisi, maturato a causa della frustrazione vissuta dall'uomo nei confronti di Melania, "figura dominante" della coppia..." frustrato per un rapporto sessuale negato, il femminicida Parolisi "sconvolto" l'avrebbe massacrata.
Un'altra sentenza maschilista e sessista le cui motivazioni   vorrebbero capovolgere i fatti trasformando Melania Rea da vittima in colpevole e il Parolisi da donnaiolo incallito in in "povero uomo frustrato" il quale non ottenendo quello che vuole esce fuori di senno fino ad uccidere... Parolisi comunque resta in galera per "mancato pentimento"!
Ancora un vergognoso tentativo di deviare l’attenzione dalle reali cause del femminicidio di una donna che forse aveva scoperto il marciume del mondo militare maschilista e sessista di cui il marito omicida faceva parte diventando una reale minaccia alla salvaguardia “dell’onore” dell’arma.
Mfpr
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Percorso:ANSA.it > Cronaca > NewsParolisi uccise per rapporto sessuale negato - Depositate le motivazioni della sentenza di primo grado - 03 gennaio, 14:30

Ergastolo Parolisi 'Ora dica verità'Un rapporto sessuale negato avrebbe scatenato la furia di Salvatore Parolisi, il caporal maggiore dell'Esercito condannato in primo grado all'ergastolo per avere ucciso a coltellate, il 18 aprile 2011, la moglie Melania Rea, nella pineta di Ripe di Civitella (Teramo): è questa la conclusione alla quale è arrivato il giudice di Teramo, Maria Tommolini, nelle motivazioni della sentenza. 

Secondo il giudice si è trattato di un delitto d'impeto che non avrebbe nulla a che vedere con le relazioni extraconiugali di Parolisi, maturato a causa della frustrazione vissuta dall'uomo nei confronti di Melania, "figura dominante" della coppia. Nella ricostruzione fornita dal magistrato l'omicidio si sarebbe consumato in pochi momenti, quando Melania si è spostata dietro al chiosco della pineta per fare pipì: la vista della moglie seminuda - sempre secondo il giudice - avrebbe verosimilmente eccitato Parolisi che si è avvicinato e ha baciato la donna, per avere un rapporto sessuale. Melania però avrebbe rifiutato l'avance, forse rimproverando il marito, che a quel punto ha reagito all'ennesima umiliazione, sferrando i colpi con il coltello a serramanico che aveva in tasca.
Nella sentenza di condanna a Parolisi, il Gup Tommolini parla anche del rapporto tra il caporal maggiore e la soldatessa Ludovica Perrone e pur escludendo implicazioni dirette sul'omicidio, afferma che la relazione tra i due era ancora in atto. Per dimostrare probabilmente che Salvatore ha detto troppe bugie anche sul rapporto tra i due agli inquirenti, cita le telefonate intercorse tra i due: dal 2 settembre 2009, data presumibile dell'inizio del rapporto, al 27 aprile 2011 Salvatore e Ludovica si sono scambiate 5395 chiamate e 4012 sms. Il che significa che nei 603 giorni del loro rapporto tra i due c'é stata una media di 8,9 telefonate al giorno e 6,6 messaggi tale da spingere il giudice ad affermare che "vi era da circa due anni una stabile relazione sentimentale ancora in corso".
"Nel tentativo di allontanare i sospetti", Parolisi "ha fornito, con proprie dichiarazioni e interviste televisive, una mole di menzogne che, inconsapevolmente, hanno costituito una sorta di confessione". E' quanto sostiene il Gup nelle sue motivazioni. "Una mole di menzogne (così come era solito fare nella propria vita quotidiana) - scrive il magistrato - che ha offerto al giudicante una chiave di lettura che ha consentito di ricostruire la dinamica dell'accaduto, il movente e l'effettiva personalità di un uomo che ha vissuto e vive una propria realtà, che prende spunto dal vero, lo rielabora e, quindi, lo eleva a verità tanto da essersi già assolto dai terribili delitti commessi".

08/01/13

In centinaia in India al tribunale al processo contro gli stupratori delle giovane donna morta mentre studentesse e studenti si mobilitano nelle unversità

Il processo per lo stupro della giovane studentessa in India, avviatosi ieri,  è stato subito rinviato per il caos in aula e davanti il tribunale, contemporaneamente in questi giorni sono continuate, e non si fermano, le manifestazioni di massa contro stupri e violenza contro le donne, fino ad ieri nuovi gravi violenze su bambine, in particolare quelle delle studentesse e studenti universitari a New Delhi con cortei e assemblee pubbliche nelle università udienza 
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07/01/2013

Caos e subito un rinvio: è cominciato così a New Delhi il processo per lo stupro e l’uccisione della studentessa 23enne che ha fatto esplodere le proteste in India contro le aggressioni alle donne. La presidente della Corte Distrettuale di Saket, nella capitale indiana, ha ordinato che si tenga a porte chiuse la prima comparizione alla sbarra di cinque dei sei imputati per lo stupro e il conseguente omicidio: troppo caos in aula, che ha determinato un grave ritardo nell’inizio della seduta. Ma centinaia di manifestanti si sono radunati davanti il tribunale.
In uno spazio angusto, dove si erano potute sistemare appena una trentina di sedie, si erano ammassate infatti non meno di centocinquanta persone: non solo giornalisti, operatori e fotografi, indiani e stranieri, ma anche e soprattutto avvocati, in massima parte assolutamente estranei al processo, che per di più si sono messi a litigare furiosamente tra loro. A creare la barando è stata una rissa fra avvocati. Da un lato, un gruppo di legali che protestavano contro i colleghi i quali, dall’altro, si sono fatti la guerra a vicenda pur di assumere la difesa degli imputati, probabilmente per guadagnarne in pubblicità, violando il boicottaggio del procedimento proclamato dai 2.500 iscritti al locale Ordine Forense. «Questa corte si è trasformata in una baraonda!», è sbottata a un certo punto il magistrato, esasperata. «È diventato impossibile procedere». E così ha deciso: fuori tutti. Nel frattempo però, dalla tarda mattinata prevista in origine per il via al giudizio, si era già arrivati al pomeriggio inoltrato. Il sesto stupratore, che avrebbe 17 anni, se l’età ne sarà confermata sarà comunque giudicato separatamente da un tribunale per i minori.
Ad alimentare il clima surriscaldato è arrivato anche il seguitissimo guru Asaram Bapu, che ha preso le difese degli aggressori: «Anche la vittima deve essere ritenuta responsabile – ha detto in un discorso in Rajastan -. Avrebbe dovuto prendere il braccio del suo aggressore, chiamarlo fratello, implorandolo di smettere. Avrebbe così salvato la sua dignità e la sua vita». Il guru ha auspicato una condanna «non troppo pesante» per i sei imputati. 

WWW.INFONEWSMONDO.IT
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Marciare per la libertà senza paura - gennaio 2012 - Studenti in marcia di protesta e assemblea pubblica contro la violenza sulle donne a Università di Delhie
 
"Celebrare la liberta' delle donne e dare il benvenuto al nuovo anno
Contro i crescenti casi di molestie sessuali all'universIta' di Delhi
Formare una cellula attiva di genere per assicurare la sensibilita' di genere e la punizione per ogni caso di violenza sessuale
Mettere fine alla violenza contro le donne e alle impunita' di chi perpetra questi crimini
Diciamo no alle politiche sulla morale
Diciamo no al termine di accesso alle case degli  studenti
 

 
 

 
 
 
http://aipwa-aipwa.blogspot.it/2013/01/walk-for-freedom-without-fear-on-jan-4.html

03/01/13

India al processo gli stupratori mentre un politico rischia il linciaggio dalle donne


E’ iniziato oggi in India in un tribunale speciale di New Delhi, il processo per direttissima al gruppo di stupratori della studentessa 23enne, morta in ospedale il 28 dicembre scorso in seguito alle gravissime ferite riportate durante l’aggressione. Alla sbarra cinque uomini, che oggi sono stati accusati formalmente di omicidio e stupro: rischiano la pena di morte. Un sesto stupratore, 17enne, sarà invece giudicato dal tribunale dei minori. Il padre della ragazza chiede l’impiccagione dei colpevoli e il varo di leggi speciali contro gli autori di crimini sessuali. 
Intanto un politico, un deputato  del partito del Congresso viene quasi linciato da molte donne per avere tentato di stuprare una giovane donna.

Sosteniamo la lotta del sempre più esteso movimento di donne che in India lotta contro la violenza e gli stupri, sosteniamo la grande guerra popolare in India  nella quale  migliaia di donne  sono parte integrante  nella lotta rivoluzionaria per un reale cambiamento della società di cui la violenza sulle donne fino alla loro uccisione è il frutto più marcio

Dall'India al mondo intero che le donne scatenino la loro ribellione come forza poderosa della rivoluzione 

Mfpr

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India: politico accusato di stupro rischia il linciaggio
ultimo aggiornamento: 03 gennaio, ore 19:30

Nuova Delhi, 3 gen. (Adnkronos) - Cresce la rabbia e la protesta popolare in India contro i continui casi di violenza contro le donne. Ed in un villaggio dello stato di Assam un deputato del partito del Congresso, Bikram Singh Brahma, ha rischiato di essere linciato da una folla di donne dopo essere stato accusato di stupro. A salvarlo l'arrivo nel villaggio nel distretto di Chirang, sul confine con il Butan, della polizia che lo ha arrestato.

03/01/2013, 20:08
India, arrestato per stupro, deputato rischia linciaggioL’india è sconvolta. Non trova fine l’ondata di stupri che sta investendo lo stato asiatico l’ultimo in ordine cronologico, riguarda un deputato, Bikram Singh Brahma, accusato di aver violentato una donna nella provincia di Assam. Le grida disperate della donna hanno attirato l’attenzione degli abitanti dell'area che sono intervenuti, catturandolo. Intorno al noto politico si è accalcata una folla di persone che avevano intenzione di linciarlo. L’intervento della polizia ha fermato la folla inferocita.
La violenza sarebbe accaduta verso le due di notte, durante una visita del deputato al villaggio. Filmati della televisione indiana hanno mostrato donne della zona che hanno circondato il deputato strappandogli gli abiti e schiaffeggiandolo al volto. La polizia lo ha prelevato l'uomo salvandolo dal linciaggio.
“Stiamo prendendo la questione molto seriamente”, ha dichiarato G.P. Singh, alto ufficiale della polizia locale. Contro le forze di polizia prende sempre più piede l’accusa di sottovalutare il problema delle violenze sulle donne, problema sempre più grave e diffuso. Accettano infatti con difficoltà le denunce e usano un atteggiamento che tende a sminuire e a zittire le vittime. Dopo lo scalpore destato dal caso della studentessa stuprata da sei uomini su un bus a Nuova Delhi e morta dopo due settimane di agonia, che ha scatenato proteste in tutta l'India, la polizia sta tentando di mostrare un atteggiamento più corretto rispetto al problema.

sostenere il possente movimento delle donne contro le violenze sessuali in India, sostenere la guerra popolare in India


Nel mese di gennaio, il Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario lancerà una campagna di informazione e mobilitazione nazionale e internazionale a sostegno delle donne indiane in lotta contro gli stupri.
 Questa campagna si intersecherà - in forme autonome - con gli ulteriori sviluppi della campagna internazionale di sostegno alla guerra popolare in India, promossa dal Comitato Internazionale di sostegno, che ha tenuto il 24 novembre scorso una importante e riuscita Conferenza Internazionale ad Amburgo, a cui ha partecipato un folto numero di donne di diversi paesi e una forte delegazione del Mfpr Italia

Movimento femminista proletario rivoluzionario
 gennaio 2013

 info mfprnaz@gmail.com