12/08/12

ILVA: assemblea popolare ai Tamburi ricca di interventi di donne proletarie

ASSEMBLEA POPOLARE AI TAMBURI

Il “Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti” ha tenuto l’8 agosto, dopo una prima assemblea, una nuova assemblea in piazza ai Tamburi – il quartiere più vicino all’Ilva e più inquinato con un tasso di morti di tumore da record nazionale - di oltre 200 persone, dando così continuità alla contestazione del 2 agosto e anche una prima risposta alle 41 denunce con cui questura e sindacati confederali hanno risposto alla contestazione.
Operai Ilva, pensionati Ilva, giovani disoccupati, rappresentanti dei miticultori danneggiati dalla diossina, ma soprattutto donne del quartiere e anche di altre realtà che hanno raccontato in forme vive, molto commoventi quanto alto sia il prezzo di vite che si sta pagando per responsabilità dei padroni (privati e prima pubblici) del siderurgico e delle Istituzioni, dei politici e dei sindacati confederali, che si sono posti al loro servizio, fino a vendersi anche concretamente, come comincia ad emergere anche dall’inchiesta parallela sulla corruzione. Sono proprio le donne, insieme ai giovani, ad essere l’anima nuova di questa battaglia del quartiere con 18 mila abitanti e a 200 metri da uno dei settori più nocivi dell’Ilva: i parchi minerali. Le donne, prendendo coraggio anche dal loro dolore per i morti, le sofferenze, le preoccupazione dei figli - alcune parlavano in piazza per la prima volta – hanno fatto forti appelli a scendere in piazza tutti, ad alzare la testa e riprendere la dignità, perché indietro non si può tornare; dall’altra hanno posto con più nettezza il fatto che la battaglia per la salute e il lavoro devono andare insieme, che i lavoratori Ilva continuino a lavorare ma la fabbrica si deve mettere realmente a norma.
Questa chiarezza è necessaria a fronte di altri interventi e posizioni che in maniera superficiale e oggettivamente demagogica sostenevano che l’Ilva deve chiudere, che se si perde il lavoro basta poi “rimboccarsi le maniche”, che a Taranto vi sarebbero “tante possibilità di lavoro” se ci si libera delle fabbriche inquinanti, dei territori occupati dalla Marina, ecc.
I giovani, provenienti anche dall’area ultras, hanno dato linfa alla volontà di ribellione e rivolta che non tocca solo il problema di non volere una fabbrica produttrice di morte e inquinamento ma anche di volere una città libera dalla disoccupazione, precarietà, mancanza di futuro – a Taranto – ha detto un operai Ilva vi sono tante grandi aziende, ugualmente inquinanti (vedi Eni, Cementir, Evergreen, Marcegaglia, ecc.), ma c’è il 40% di disoccupazione.
Forte è stata anche la denuncia del voluto disinteresse, abbandono del quartiere da parte di Comune, Provincia, politici, del ruolo connivente di Tv e stampa locale, sui libri paga di Riva; così come del fatto che gli abitanti dei Tamburi stanno subendo tutti i mali e i guasti delle scelte economiche e politiche e gli viene negato anche un minimo di contropartita – Tamburi – ha detto qualcuno – dovrebbe essere almeno considerata “zona franca” per gli abitanti, perché non paghino le tasse, l’Imu sulle case piene di minerale dell’Ilva, perché i malati per l’inquinamento ambientale abbiano le cure gratuite, ecc.
Tornando all’Ilva si è denunciato il legame governo/Riva: come fa un governo che ha avuto soldi freschi da Riva per l’Alitalia ad andargli contro? Come mai oggi si dice che l’Ilva è un bene di tutto il paese, ma nel ’95 si è svenduta a Riva e oggi non si dice che sia lo Stato a riprendersi la fabbrica? Si è denunciato, infine, in più interventi che lo stanziamento da parte del governo di 336 milioni è una presa in giro, tenuto conto poi che una parte di questi soldi è destinata ad altro, al porto.

Un’assemblea popolare nel senso pieno della parola che si prende il diritto di parola e intende chiamare a raccolta anche gli altri quartieri della città. L’assemblea si è aggiornata dopo ferragosto.
Effettivamente pensiamo che una rete popolare di Comitati di quartiere, a partire dai Tamburi, serva a far avanzare questa battaglia, ed essere parte di un fronte unito con gli operai in fabbrica. Questa battaglia cominciata deve andare fino in fondo.

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